TAR Catania, sez. IV, sentenza 2019-08-19, n. 201902003

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2019-08-19, n. 201902003
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201902003
Data del deposito : 19 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/08/2019

N. 02003/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00796/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 796 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
G M, R M M, rappresentati e difesi dagli avvocati G S, A M S, domiciliati per legge presso la Segreteria del Tar Catania;

contro

Comune di Venetico, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

ricorso introduttivo

per l’annullamento del provvedimento n. 1459 del 9 febbraio 2017, comunicato il 15 febbraio 2017, con il quale con il quale il Comune di Venetico “ avverte ” che “ non sussistono i presupposti di legge per il rilascio della richiesta autorizzazione in sanatoria ” e “ precisa ” che trascorso il termine di dieci giorni “ la ditta dovrà procedere immediatamente alla demolizione delle opere abusivamente realizzate, come già intimate con l'ordinanza di ingiunzione n. 1 del 19/04/2016 ” con la quale era stato ordinato ai ricorrenti “ la demolizione a propria cura e spese, entro novanta giorni dalla notifica…di quanto realizzato abusivamente come da relazione su presunta violazione edilizia redatta ..in data 19 aprile 2016, prot.gen.4716 ” avvertendo che “ non provvedendo nel termine sopra indicato alla demolizione ed al ripristino dei luoghi, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti gratuitamente al patrimonio del comune ”;

di ogni altro atto presupposto o consequenziale;

Per il riconoscimento

della autorizzazione in sanatoria assentita per silenzio ai sensi del 3° comma dell' art. 14 della legge regionale 10 agosto 2016 n. 16, che ha recepito con modifiche l’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, a seguito dell' istanza avente ad oggetto “ richiesta autorizzazione in sanatoria ex art. 20, comma 5 LR 16.4.2003 n. 4 per la realizzazione di una chiusura con strutture precarie di collegamento ad un vano preesistente sul cortile retrostante l' abitazione sita in via Nino Gazzara n. 11 del Comune di Venetico ”, presentata il 25 luglio 2016 e registrata al protocollo del Comune al n. 8944;

della concessione in sanatoria assentita per silenzio ai sensi del 3° comma dell'art. 14 della legge regionale 10 agosto 2016 n. 16 che ha recepito con modifiche l' art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, a seguito dell' istanza avente ad oggetto “ richiesta concessione edilizia in sanatoria ex art. 36 del d.PR 380/2001 per l' accertamento di conformità di un vano in muratura ad una elevazione ft adibito a deposito occasionale e sito in via Nino Gazzara, 9 del Comune di Venetico ”, presentata il 25 luglio 2016 e registrata al protocollo del Comune al n. 8945;

motivi aggiunti

per l’annullamento del verbale di accertamento dell’inottemperanza al provvedimento n.1 del 19.4.2016, redatto dal Comando di Polizia Municipale di Venetico, prot. 5815 del 14.5.2018;

dell’atto n. 6163 del 21 maggio 2018 del Comune di Venetico, col quale si è accertata l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Magazzù Gaetano e Magazù Rosa Maria espongono di essere proprietari di un immobile sito in Venetico, via Nino Gazzara, costituito da un appartamento ed un garage siti al piano terra con retrostante cortile.

In data 19 aprile 2016, a seguito di sopralluogo, l’amministrazione comunale ha ingiunto la demolizione di due manufatti in muratura realizzati senza titolo nel cortile retrostante l’abitazione, e nel terreno retrostante al garage, assegnando il termine di 90 giorni per provvedere, pena l’acquisizione al patrimonio comunale.

In data 25 luglio 2016, i sigg. Magazzù hanno presentato due distinte istanze di sanatoria – ai sensi dell’art. 20, co. 5, della L.R. 4/2003, la prima, e dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001, la seconda - per regolarizzare i manufatti abusivi per i quali era stata emessa l’ingiunzione di demolizione. Stante il silenzio serbato dall’ufficio competente sulle predette istanze, i richiedenti hanno ritenuto essersi formato il silenzio/assenso previsto dall’art. 36, co. 3, del D.P.R. 380/2001, come recepito in Sicilia dalla L.R. 16/2016.

Il 9 febbraio 2017, con provvedimento n. 1459, il Dirigente dell’Ufficio Tecnico ha rigettato la domanda di autorizzazione in sanatoria limitatamente alla prima delle due istanze (quella presentata ai sensi della L.R. 4/2003), assegnando termine per eventuali osservazioni e/o controdeduzioni, ed avvertendo che trascorsi i dieci giorni assegnati la ditta dovrà provvedere alla demolizione, come ingiunta con la precedente ordinanza. Nella stessa data – con riferimento alla seconda istanza di sanatoria – con provvedimento n. 1461, l’amministrazione ha dichiarato che sussistono gli estremi per l’applicazione dell’art. 36 invocato, riservandosi di comunicare gli oneri concessori ed i diritti necessari per l’adozione del titolo.

I sigg. Magazzù hanno allora impugnato col ricorso introduttivo del presente giudizio il provvedimento n. 1459 del 9 febbraio 2017, e gli atti ad esso sottostanti, chiedendo sia l’annullamento, sia l’<accertamento>
dell’avvenuta formazione del silenzio/assenso sulle due istanze di sanatoria relative ai due manufatti.

In dettaglio, col ricorso i ricorrenti deducono:

1.- insufficienza della motivazione, poiché il provvedimento impugnato ha disposto il rigetto dell’istanza di sanatoria richiamandosi al fatto che le previsioni progettuali contenute nella richiesta di autorizzazione edilizia sarebbero in contrasto con l’art. 17, commi 11 e 12 di cui alle vigenti norme di attuazione ed il Regolamento edilizio, cioè con norme che si limitano alla definizione degli indici e dei parametri urbanistico/edilizi;

2.- violazione dell’art. 36, co. 3, del DPR 380/2001 recepito i Sicilia e dell’art. 20 della L.R. 4/2003, poiché sull’istanza di sanatoria - accompagnata dal versamento della somma prevista dall’art. 20, co. 2, e dagli elaborati progettuali – si era già formato, alla data di adozione del provvedimento impugnato, il silenzio/assenso;

3.- avvenuta formazione del silenzio assenso anche con riferimento alla seconda istanza di sanatoria (riguardante l’altro manufatto), con la conseguenza che sarebbe illegittimo il provvedimento 1459 del 9 febbraio 2017 nella parte in cui intima la demolizione delle opere (tutte) indicate nella precedente ordinanza ingiunzione del 19 aprile 2016. Il provvedimento sarebbe illegittimo anche per contrasto con quanto affermato dalla stessa amministrazione con il coevo provvedimento n. 1461 del 9 febbraio 2017, laddove dichiarava accoglibile l’istanza di sanatoria del secondo manufatto;

4.- violazione di legge (art. 37 del D.P.R. 380/2001) ed eccesso di potere poiché l’amministrazione – dopo l’esame della domanda di sanatoria, ed il rigetto di quest’ultima – avrebbe dovuto emettere una nuova ingiunzione di demolizione (comprensiva di un termine per adempiere), dato che quella precedente, risalente al 19 aprile 2016, aveva perso efficacia proprio a seguito della presentazione della domanda di sanatoria.

Successivamente, con motivi aggiunti, i ricorrenti hanno impugnato: il verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione n.1 del 19.4.2016, redatto dal Comando di Polizia Municipale di Venetico, in data 14.5.2018;
l’atto n. 6163 del 21 maggio 2018 col quale il Dirigente del competente settore ha accertato l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione.

I motivi aggiunti si articolano sia su vizi di invalidità derivata, discendenti dalle violazioni già denunciate col ricorso introduttivo del giudizio;
sia su censure autonome;
in dettaglio:

- violazione dell’art. 31 del DPR 380/2001 - sostengono i ricorrenti che la prospettata acquisizione dell’immobile avrebbe potuto essere disposta solo alle condizioni previste dal citato art. 31, e cioè, in assenza di permesso di costruire abilitante la realizzazione dell’opera, e solo se questa costituisse un organismo suscettibile di autonomo utilizzo. Le circostanze previste dalla legge non ricorrerebbero nel caso in esame, poiché viene in rilievo un’opera di carattere pertinenziale, soggetta a regime meramente autorizzatorio.

In aggiunta, i ricorrenti rilevano una contraddizione tra la prospettata acquisizione, ed il fatto che il provvedimento abbia irrogato anche la sanzione pecuniaria di cui all’art. 37 del DPR 380/2001.

Il Comune di Venetico, evocato in giudizio sia col ricorso che con i motivi aggiunti, non si è costituito.

Con ordinanza n. 659/2018 la Sezione ha sospeso l’efficacia degli atti impugnati “ Considerato che, avuto precipuo riguardo al pregiudizio dedotto, appaiono sussistenti i presupposti per la concessione di misura cautelare, atteso che l’esecuzione degli atti impugnati potrebbe importare effetti di carattere anche irreversibili ”.

All’udienza del 27 giugno 2019 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso ed i motivi aggiunti risultano infondati, e vanno quindi respinti.

1.- Con riguardo alla dedotta insufficienza della motivazione posta a base del provvedimento col quale è stata respinta l’istanza di sanatoria per uno dei due edifici abusivi, la censura non risulta fondata. Invero, il provvedimento indica le prescrizioni contenute nelle NTA ed il regolamento edilizio che risulterebbero violati a seguito della realizzazione della costruzione;
in relazione a ciò, parte ricorrente ha dimostrato di aver ben inteso quali siano le ragioni ostative all’ammissibilità della domanda di sanatoria, avendole individuate nel mancato rispetto della distanza rispetto alle costruzioni di terzi poste nelle vicinanze: tanto si ricava dall’articolazione del motivo in esame, nel quale appunto i ricorrenti sottolineano la collocazione del manufatto all’interno di un cortile, nonché la sua natura di costruzione precaria, quasi a voler sminuire l’impatto dell’organismo rispetto agli edifici circostanti, ed a voler minimizzare quindi la rilevata violazione delle regole sulle distanze.

A fronte di tale prospettazione dello stato di fatto e della lettura del provvedimento impugnato resa dalla parte ricorrente, deve ritenersi che il diniego di rilascio della sanatoria risulti adeguatamente motivato ed intellegibile, sicchè non sussiste il dedotto vizio.

2.- Con riguardo alla asserita formazione del silenzio assenso su entrambe le istanze di sanatoria, dedotta con i motivi di ricorso 2° e 3°, deve osservarsi quanto segue.

In relazione all’applicazione dell’art. 20 della L.R. 4/2003 è ben vero che lo stesso legislatore regionale abbia previsto una applicazione retroattiva – ossia, in funzione di sanatoria - delle disposizioni sulle cd. <strutture precarie>
indicate nei primi due commi dell’art. 20. Tanto si ricava dal testo del 5° comma dello stesso articolo, laddove dispone che “ Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, altresì, per la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate ”. Tuttavia, va anche rilevato che tale applicazione in sanatoria non è regolamentata da alcuna disposizione che introduca una forma di silenzio/assenso nelle ipotesi di silenzio dell’amministrazione. E difatti, in assenza di un dato normativo che qualifichi in termini di assenso l’inerzia dell’amministrazione, gli stessi ricorrenti si limitano a postulare l’avvenuta formazione tacita del titolo in sanatoria, senza tuttavia individuare il referente normativo che produrrebbe tale fictio iuris .

Analogamente, risulta infondata la tesi secondo la quale si sarebbe formato il titolo tacito anche sulla domanda presentata ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 (cd. <accertamento di conformità>).

Questa disposizione è stata recepita in Sicilia con l’art. 14 della L.R. 16/2016;
invero, all’atto del recepimento (e, dunque, nella formulazione originaria del testo regionale) era stata introdotta nel comma 3° dell’articolo una forma di silenzio/assenso, che si sarebbe formato alla scadenza di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza corredata dai necessari pareri, ove l’amministrazione non si fosse entro quel termine pronunciata. Tuttavia, detta disposizione del comma 3° è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 232/2017;
ne consegue che – in mancanza di una specifica disposizione regionale derogatoria – trova applicazione nella fattispecie la norma nazionale contenuta nell’art. 36, co. 3, del D.P.R. 380/2001, che prevede l’opposto istituto del silenzio/rigetto, allorquando la domanda di accertamento di doppia conformità non sia riscontrata dall’ufficio entro i termini di legge. A ben vedere, comunque, la questione agitata non assume rilevanza determinante per i ricorrenti, atteso che - seppur dopo la scadenza del termine – l’amministrazione si è poi favorevolmente pronunciata sull’istanza, ammettendo l’accertamento di doppia conformità, e riservandosi di comunicare l’entità dei versamenti dovuti dai richiedenti. Ne consegue che non vi sarebbe interesse ad ottenere una pronuncia di accertamento sull’avvenuta formazione tacita del titolo in sanatoria, in presenza di un accoglimento espresso della domanda.

In conclusione, il secondo motivo di ricorso è infondato in relazione ad entrambe le prospettazioni.

3.- Con riguardo alla censura con cui si assume che – dopo la presentazione delle istanze di sanatoria – l’ingiunzione di demolizione originaria sarebbe divenuta inefficace ed avrebbe dovuto essere rinnovata con un nuovo atto comprensivo di un nuovo termine per demolire l’abuso, deve riconoscersi che tale ricostruzione corrisponde ad una certa elaborazione giurisprudenziale (ad esempio, v. Tar Napoli 4631/2011), che ha avuto qualche diffusione egli anni passati;
oggi, tuttavia, il quadro giurisprudenziale è già da tempo mutato, e la tesi più diffusa (Tar Roma 1594/2019;
Cons. Stato, VI, 3417/2018;) seguita anche da questo Tar (cfr. sentenza n. 1877/2016) è nel senso che la presentazione dell’istanza di sanatoria determina una mera sospensione temporanea dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione, che torna ed essere efficace dopo il rigetto della domanda di sanatoria, senza che risulti necessario adottare una nuova ingiunzione.

D’altra parte, i ricorrenti non possono nemmeno dolersi di alcun effetto “sorpresa” conseguente ad una efficacia immediata dell’ordine di demolizione, atteso che con l’impugnato atto del 9 febbraio 2017 è stato loro assegnato un termine congruo per provvedere alla demolizione delle irregolarità già riscontrate in precedenza.

Sempre restando nell’ambito del motivo oggetto di esame, va anche detto che parte ricorrente erra allorquando afferma che l’amministrazione abbia agito in modo contraddittorio, avendo affermato da una parte che l’ordinanza/ingiunzione di demolizione avrebbe dovuto essere eseguita dalla parte obbligata, nella sua interezza, e dall’altra parte avrebbe dichiarato sussistenti le condizioni per accogliere l’istanza di sanatoria del secondo manufatto. Una attenta lettura dei provvedimenti in esame consente di comprendere che il richiamo all’ingiunzione di demolizione, ed alla sua necessaria esecuzione, contenuto nel provvedimento n. 1459 del 9 febbraio 2017, riguarda solo la costruzione per la quale è stata respinta l’istanza di sanatoria, e non anche – ovviamente – quella che è stata dichiarata sanabile.

Pertanto, la censura risulta infondata.

4.- In relazione ai motivi aggiunti, va detto in primo luogo che non sussiste alcun vizio di invalidità derivata, essendosi dimostrata supra l’infondatezza delle censure sollevate col ricorso introduttivo del giudizio.

Per quanto concerne il vizio autonomamente dedotto – consistente nella violazione dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001 – deve affermarsene l’insussistenza. Invero, diversamente da quanto opinato dai ricorrenti, sussistono nella fattispecie entrambe le condizioni di legge che legittimano la sanzione acquisitiva del manufatto abusivo: questo, infatti, è stato realizzato senza titolo abilitativo (prova ne sia il rigetto della domanda di sanatoria);
ed è un edificio suscettibile di autonomo utilizzo, avendo una propria autonomia funzionale, a nulla rilevando il fatto che abbia carattere pertinenziale rispetto all’abitazione principale. A seguire il ragionamento dei ricorrenti dovrebbe invece concludersi – in modo inaccettabile – che nessuna costruzione abusiva possa essere acquisita dall’ente pubblico, sol perché assume carattere pertinenziale rispetto ad altro legittimo edificio (si pensi, ad esempio, alla costruzione di un grande garage abusivo, accessorio rispetto alla casa di abitazione).

5.- Infine, con riguardo alla contestata irrogazione di due inconciliabili sanzioni – quella pecuniaria, e quella acquisitiva – deve osservarsi che, diversamente da quanto censurato dai ricorrenti, nessuno degli atti impugnati con i motivi aggiunti dispone l’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 37 del D.P.R. 380/2001;
infatti, gli impugnati atti si limitano ad accertare l’inadempimento all’ingiunzione di demolizione;
a dare atto dell’avvenuta acquisizione al patrimonio comunale;
ed a preannunciare l’immissione in possesso.

D’altronde, ove la sanzione ex art. 37 - di cui oggi solo ora si contesta la legittima irrogazione - trovasse fonte nella originaria ingiunzione di demolizione n. 1 del 19 aprile 2016 (come si ricava dalla seconda pagina dell’atto impugnato con motivi aggiunti), sarebbe agevole concludere per l’inammissibilità della censura sollevata solo adesso, a fronte della mancata impugnazione della citata ingiunzione di demolizione, notificata ai ricorrenti oltre due anni prima della proposizione dei motivi aggiunti.

In definitiva, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno respinti.

Nulla va disposto in ordine alle spese processuali, stante la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato.

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