TAR Catania, sez. III, sentenza 2010-06-30, n. 201002616
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N. 02616/2010 REG.SEN.
N. 00996/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 996 del 2009, proposto da:
Dussmann Service Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti A E e F F, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, viale XX Settembre,45;
contro
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico G. Martino di Messina, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. V P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Giovanni Giuffrida in Catania, via Rindone, 4;
per l'accertamento
del diritto della società ricorrente ad ottenere la revisione prezzi conseguente al contratto d'appalto stipulato in data 22.12.2005 relativo al servizio di pulizia e sanificazione presso la sede del Policlinico Martino, aggiudicato a Dussman, per la durata di anni cinque a decorrere dal 1.11.2005 e cessato alla data del 29.2.2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico G. Martino di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2010 il Consigliere dott.ssa Alba Paola Puliatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente Società deduce di essere rimasta aggiudicataria della gara di appalto per l’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione presso la sede del policlinico “ G. Martino” di Messina, di cui alla delibera n. 757 del 12.10.2005, e di avere svolto il servizio con decorrenza dall’1.11.2005 fino al 29.2.2008.
Nel corso del rapporto emetteva apposite fatture concernenti la revisione del prezzo per un importo complessivo di euro 163.217,43, rimaste però inevase.
Afferma in ricorso di aver diritto alla revisione dei prezzi in forza di norma imperativa contenuta nell’art. 6 della l. 24.12.1993, n. 537, che integra il contratto anche in mancanza di espressa previsione contenuta nello stesso, a far data dal secondo anno di vigenza del contratto e in misura corrispondente all’indice di variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati pubblicato dall’ISTAT.
Resiste in giudizio l’Azienda convenuta che solleva eccezione di difetto di giurisdizione e di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della nota del 9.5.2008, che rigettava la domanda di revisione prezzi avanzata dalla ricorrente, nonché la decadenza dal diritto perché non tempestivamente esercitato ed, infine, l’inapplicabilità dell’art. 1339 c.c. perché la norma invocata è priva della concretezza necessaria ad integrare legalmente il contratto. Nel merito, deduce la mancanza di prova circa la quantificazione degli importi pretesi e chiede, in subordine, l’ammissione di C.T.U. o di verificazione al fine di accertare le somme eventualmente dovute.
All’udienza del 26 maggio 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento.
Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione.
In materia di appalti spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 6 comma 19, l. 24 dicembre 1993 n. 537, come sostituito dall'art. 44, l. 23 dicembre 1994 n. 724, tutte le controversie sia sull’an che sul quantum relative all’istituto della revisione del prezzo prevista dal comma 6 del cit. art. 6 (riprodotto dal comma 4 dell'art. 44), sia quelle attinenti alla clausola contrattuale, sia quelle concernenti il provvedimento applicativo della revisione, considerato che, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata di tali norme, come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste con riferimento ad ipotesi in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collochino in un'area di rapporti in cui la Pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo, come nel caso della detta revisione. (Consiglio Stato , sez. V, 17 febbraio 2010, n. 935)
Peraltro, la giurisdizione esclusiva del giudice Amministrativo sulla revisione prezzi nei contratti ad esecuzione continuata o periodica è stata espressamente prevista dagli art. 115 e 244 comma 3, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163.
Pertanto, è superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (diritto soggettivo/interesse legittimo), fatta propria dall’Azienda che ha sollevato l’eccezione e, di conseguenza, infondata è anche l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata con riguardo alla anticipata caducazione del contratto stipulato dalla Società ricorrente, per effetto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione in suo favore, pronunciata dal C.G.A. con sentenza n. 2001/2007. (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 15 giugno 2009 , n. 1498).
Preliminarmente, va anche rigettata l’eccezione di improponibilità dell’azione per decadenza dal diritto, sollevata dall’Azienda, avendo la ricorrente presentato la relativa domanda tardivamente, a nulla rilevando le fatture emesse, in mancanza di tempestiva istanza, che invece sarebbe stata presentata solo dopo alcuni mesi dalla cessazione del rapporto.
La ricorrente ha prodotto in giudizio, invece, le domande rivolte all’azienda per il pagamento del compenso revisionale nel gennaio 2007 ( prot. 05 OCP del 4.1.2007), in costanza di rapporto, e nel gennaio 2008 ( prot. OCP/ 09/2008 dell’11.1.2008), con riguardo al periodo decorrente dall’1.11.2007. Non è contestabile perciò la tempestività della domanda, ove si consideri tra l’altro che la ricorrente ha emesso fatture mensilmente a decorrere dal gennaio 2007 relative agli importi revisionali, sicchè l’Azienda era posta in grado di conoscere la pretesa della controparte nel corso del rapporto.
Infine, quanto all’inammissibilità del ricorso, perché non sarebbe stata impugnata la nota racc. n. 0019889 del 9.5.2008, con cui l’Azienda rigettava la domanda con la motivazione che l’adeguamento dei prezzi contrattuali non era previsto contrattualmente, il Collegio ne rileva l’infondatezza, in quanto la natura di diritto soggettivo della revisione prezzi e la natura paritetica degli atti adottati dall'amministrazione in materia escludono che possano trovare ingresso le regole della tempestiva impugnazione propria degli atti autoritativi e che possa presumersi una sorta di acquiescenza dell'interessato che non abbia tempestivamente impugnato gli atti di diniego dell'Amministrazione. (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 marzo 2010 , n. 1085)
Nel merito, la domanda è fondata.
L'art. 6 della l. n. 537 del 1993, come sostituito dall'art. 44 della l. n. 724 del 1994 e l'analoga disposizione del codice dei contratti pubblici (art. 244, comma 3, del d. lgv. n. 163 del 2006) costituiscono norme imperative che si inseriscono automaticamente e prevalgono sulla regolamentazione pattizia, sicché non è ipotizzabile preclusione alcuna alla rivendicazione di diritti che trovano titolo e regolamentazione nella legge.(T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 marzo 2010 , n. 1085;C.G.A. 18 novembre 2009 , n. 1106).
Come osserva il Consiglio di Stato, sez. V, 2 novembre 2009 , n. 6709: “Scopo primario della disposizione ex art. 6, co. 4 , l. 537/1993, come modificato dall’art. 44 l. 724/1994, confermata dall’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, è chiaramente quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni. Il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa cui si applicano gli artt. 1339 e 1419 cod. civ., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l’obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo.”
Tuttavia, in mancanza di tale precisazione e regolamentazione pattizia, anziché ritenere non sussistente l’obbligo, come vorrebbe l’Azienda intimata, è corretto ancorare l'adeguamento del prezzo d'appalto all'incremento del costo della vita e, in particolare, agli indici F.O.I. che, redatti annualmente dall'Istat, rilevano l'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 80).
L'Amministrazione resistente evidenzia che nel nel capitolato speciale d'appalto contratto era inserita una clausola che teneva fisse le condizioni di aggiudicazione, da ciò desumendo una pattuizione contraria alla revisione. Ma il collegio, in aggiunta a quanto sopra osservato, evidenzia che tale clausola faceva anche salve le disposizioni di legge in materia, con ciò evidentemente richiamando ogni diversa previsione di legge che prevedesse la revisione delle originarie condizioni di aggiudicazione.
Né può rilevare, in contrario, l'argomentazione di parte resistente secondo cui il contratto sarebbe da ritenersi illegittimo in quanto derivante da varie proroghe, dato che - come precisato dalla ricorrente e non contestato - il periodo di validità del contratto andava dall'1.11.2005 al 29.2.2008, mentre la richiesta di revisione va dal secondo anno in poi: ossia dall'1.11.06 al 28.2.2008.
Quanto, poi, alla difesa della resistente secondo cui la richiesta di revisione sarebbe intervenuta dopo la scadenza del contratto trattasi di mera affermazione che viene altresì smentita dalla note del 2007 e del 2008 con cui la ricorrente ebbe tempestivamente a richiedre la revisione (d'altronde con nota del 9.5.2008 l'Amministrazione ha respinto l'istanza di revisione senza fare alcun riferimento alla scadenza contrattuale, limitandosi solamente a richiamare la inesistenza clausola revisionale).
Conclusivamente, la domanda della ricorrente va accolta, risultando dimostrata la lievitazione dei prezzi al consumo nel periodo considerato dalla variazione dell’indice ISTAT, che la ricorrente prova mediante deposito in giudizio dell’estratto della pubblicazione sul sito www.istat.it.
Circa il quantum, il Collegio ritiene che nel caso in esame possa essere fatta utile applicazione del disposto dell'art. 35, co. 2, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205, e di ordinare pertanto all’Azienda Policlinico intimata di proporre a favore della ricorrente, entro quarantacinque giorni dalla notifica della presente decisione, il pagamento di una somma determinata sulla base dei seguenti criteri:
per il periodo 1.11.2006- 28.2.2008 il canone mensile contrattuale andrà revisionato con l’applicazione dell’indice Istat relativo a ciascun mese;
sulle somme così determinate andrà calcolata la rivalutazione e gli interessi moratori.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.