TAR Torino, sez. I, sentenza 2018-04-03, n. 201800399

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2018-04-03, n. 201800399
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201800399
Data del deposito : 3 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2018

N. 00399/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00072/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 72 del 2012, proposto da:
R B, rappresentato e difeso dagli avvocati B F T, B O, con domicilio eletto presso lo studio B F T in Torino, corso V. Emanuele II, 52;

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, via Arsenale, 21;
COMANDO CARABINIERI PER LA TUTELA DEL LAVORO;

per l'annullamento

del provvedimento disciplinare del 18/7/2011, emesso dal Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro Gruppo di Milano, notificato in data 20/7/2011 (n.47/7 di prot.), con cui veniva irrogata la sanzione di giorni 1 (uno) di consegna in quanto era stata ravvisata nel comportamento del ricorrente la violazione di cui agli artt. 717 e 723 c. 1 del D.P.R. 90/2010, T.U. delle disposizioni regolamentari in materia di Ordinamento Militare;

di ogni altro atto eventualmente presupposto, preordinato (avviso di avvio del procedimento disciplinare del 13/4/2011, notificato l'11/5/2011) connesso e consequenziale (rigetto ricorso gerarchico del 19/10/2011, notificato il 15/11/2011, pronunciato dal Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, n. prot. 111/7-3 di prot.) al provvedimento impugnato;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2018 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con provvedimento prot. n. 47/7, del 18 luglio 2011, il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro– Gruppo di Milano ha inflitto al maresciallo capo Roberto B la sanzione disciplinare di giorni uno di consegna per la seguente motivazione: “ Comandante del Nucleo CC Ispettorato del Lavoro di Asti, deteneva proprio materiale militare consentendo la detenzione anche di armamento al personale dipendente, all’interno di un armadio blindato, non ancorato alle pareti, di proprietà di Ente pubblico in stabile privo di vigilanza ed allarmi, di cui ignoti si appropriavano, asportando l’intera cassaforte nella notte tra il 30 ed il 31 marzo 2011 ”, con riscontrata “ violazione degli artt. 717 e 723 c. 1° del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 ”. Promosso ricorso gerarchico, questo è stato tuttavia respinto con provvedimento prot. n. 111/7-3, del 19 ottobre 2011, nel quale, rivendicata la correttezza dell’istruttoria compiuta e dell’ iter logico seguito, nonché la regolarità del procedimento sanzionatorio, si è ribadita, nel merito, l’inadeguatezza della scelta di depositare il proprio materiale militare all’interno di una cassaforte non ancorata alle pareti ed in locale non vigilato, vieppiù in considerazione del fatto che “ il Comandante del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano in data 9 settembre 2010, in sede di rapporto, presente anche il militare ricorrente, raccomandò di non lasciare armi in dotazione individuale e altro materiale assimilabile negli uffici dei Nuclei Ispettorato del Lavoro, arredi compresi [...] anche alla luce di un furto di armi avvenuto in un Nucleo Ispettorato del Lavoro dell’Italia centrale ”;
si è, inoltre, escluso che detto locale potesse considerarsi idoneo ed affidabile solo perché era adibito all’installazione di una rete telematica dell’Arma ed è stata, infine, ritenuta non sussistente una presunta disparità di trattamento rispetto alla sanzione che era stata irrogata, nella stessa misura, ad altri militari coinvolti nella medesima vicenda.

Il sig. B ha quindi impugnato entrambi i provvedimenti a lui sfavorevoli dinnanzi a questo TAR, domandandone l’annullamento per i seguenti motivi: violazione degli artt. 1046 e 1032 del d.P.R. n. 90 del 2010, per mancato rispetto del termine di 90 giorni previsto per l’intero svolgimento del procedimento disciplinare (conclusosi, come detto, in data 18 luglio 2011, a fronte della data della lettera di contestazione, assunta il 13 aprile 2011);
violazione di legge per “mutazione della contestazione disciplinare in itinere”, riscontrandosi una “discrasia tra quanto contestato con l’avviso di procedimento disciplinare e quanto contenuto nella motivazione a sostegno della sanzione irrogata”;
eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità nell’applicazione delle sanzioni disciplinari e per disparità di trattamento.


2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, depositando documenti e chiedendo il rigetto del gravame, previa disamina delle censure di parte ricorrente.

Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.


3. Il ricorso è fondato.

Le censure di parte ricorrente devono trovare il favore del Collegio, anzitutto, per la parte in cui è stata rimproverata al ricorrente la condotta di aver permesso ai dipendenti di detenere armi ed altro materiale militare all’interno dell’armadio blindato. Si ravvisa qui un’evidente discrasia tra quanto era stato contestato in sede di avviso di procedimento disciplinare e quanto è stato poi contestato nell’atto finale: quel rimprovero non era, invero, stato specificato in sede di lettera di contestazione degli addebiti, nella quale l’irrogazione della sanzione era stata giustificata solo con riferimento alla negligenza nella detenzione del materiale proprio del ricorrente. Né può in alcun modo dirsi che tale ulteriore specificazione sia dipesa dal contenuto delle difese che quest’ultimo aveva svolto in sede procedimentale. In tal modo sono state lese le prerogative di difesa dell’incolpato, nell’ambito del procedimento disciplinare, con ciò delineandosi un’autonoma causa di illegittimità dell’atto finale.

Per la restante parte del provvedimento, portata assorbente – ai fini della sua illegittimità – assume, poi, la censura di eccesso di potere per sproporzionalità nell’applicazione della sanzione disciplinare. Pacifici sono i seguenti dati di fatto: i locali dove era ubicata la cassaforte, con dentro il materiale militare del ricorrente, costituivano la sede della Direzione Provinciale del Lavoro di Asti, dove risultava installata la rete telematica dell’Arma;
l’armadio in questione, peraltro, era un armadio blindato dotato di particolari standards di sicurezza (si trattava della marca “ Lips Vago ”, serie 3300, che il ricorrente – in ciò non smentito dall’amministrazione resistente – afferma essere rispondente “ai più elevati standard di sicurezza”, con deposito di apposita brochure ). La condotta contestata al militare, ossia di essere venuto meno al senso di responsabilità (art. 717 d.P.R. n. 90 del 2010) in punto di custodia e di sicurezza del proprio materiale militare (art. 723, comma 1, del d.P.R. n. 90 del 2010), allora, se considerata ex ante , non appare oggettivamente connotata da tratti di così spiccata negligenza, posto che – al contrario – egli aveva dimostrato di aver adottato le necessarie e sufficienti cautele, secondo l’ id quod plerumque accidit , per impedire possibili sottrazioni del materiale militare. Tale materiale, in effetti, era stato riposto all’interno di un armadio blindato, tale da offrire sufficienti rassicurazioni in punto di sicurezza, a sua volta collocato all’interno di un locale che, in quanto ospitante sia la sede di un pubblico ufficio sia, soprattutto, un’infrastruttura particolarmente sensibile (quale la rete telematica dell’Arma), poteva senz’altro essere definito, con adeguato senso di ragionevolezza, come un locale sicuro ed al riparo da incursioni non permesse di terze persone (o, almeno, un locale che, in tal modo, era già stato valutato dall’Arma stessa), anche a prescindere dal fatto che, di notte, esso non fosse sorvegliato.

Non giova, peraltro, all’amministrazione ricordare che, in una riunione con il Comandante del Gruppo, alla presenza del ricorrente, fosse stato raccomandato di non lasciare armi od altro materiale miliare all’interno degli uffici dell’Ispettorato, essendosi verificato un furto in altri e diversi locali dell’amministrazione;
deve infatti ribadirsi che, nella specie, le condizioni di sicurezza dei locali e dell’armadio blindato apparivano oggettivamente, ex ante , tali da escludere, ragionevolmente, che una simile possibilità potesse lì verificarsi;
a ciò deve aggiungersi, come provato in giudizio dal ricorrente (cfr. il verbale di denuncia sub doc. n. 1), che pochi giorni prima la sua abitazione aveva subito un furto ad opera di ignoti con forzatura dell’entrata, ragione che sicuramente può aver giocato un ruolo decisivo nelle scelte del militare, inducendolo condivisibilmente a ritenere più sicuro, come luogo di custodia del suo materiale, proprio i locali dell’Ispettorato – in quanto dotati di armadio blindato e già ritenuti sicuri dalla medesima amministrazione al punto da installarvi la rete telematica – piuttosto che la propria abitazione.

Alla luce di queste circostanze, deve concludersi che l’eventuale sottrazione fisica dell’intero armadio si palesava come una circostanza davvero eccezionale ed imprevedibile (pure considerando che l’armadio non era fissato al muro;
particolare, quest’ultimo, non facilmente riconoscibile ex ante e, comunque, da solo non idoneo a far venir meno la presunzione di assoluta affidabilità dell’arredo), come tale non imputabile al militare il quale, anzi, a giudizio del Collegio, così comportandosi ha dato dimostrazione di sufficiente cautela.

Deve qui ricordarsi – con la giurisprudenza dominante – che, in tema di sanzioni disciplinari per impiegati delle forze armate, l’amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità nell'apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare, fermo però restando che l'applicazione della misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell'illecito ascritto;
di conseguenza, se normalmente il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella della competente autorità amministrativa, sono però fatti salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e/o arbitrarietà della valutazione dell’autorità procedente (cfr. questa Sezione, sent. n. 1102 del 2016 cui adde , tra le tante, anche TAR Friuli- Venezia Giulia, sent. n. 2 del 2015 e TAR Puglia, Bari, sez. I, sent. n. 136 del 2016), limiti che, nella presente fattispecie, per quanto appena detto, appaiono valicati.


4. Il ricorso, pertanto, va accolto, con annullamento degli atti impugnati.

Le spese di lite, tuttavia, possono essere compensate, attesa la natura della controversia.

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