TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-01-27, n. 201600444

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-01-27, n. 201600444
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201600444
Data del deposito : 27 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04432/2015 REG.RIC.

N. 00444/2016 REG.PROV.COLL.

N. 04432/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4432 del 2015, proposto da:
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rapp.te pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti R N, A B e R P, con i quali è elettivamente domiciliata in Napoli alla Via Loggia dei Pisani n. 13;

contro

- MINISTERO DELL’INTERNO e PREFETTURA – U.T.G. DI NAPOLI, in persona dei legali rapp.ti pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale sono domiciliati per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;
- COMUNE DI AFRAGOLA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Rosa Balsamo dell’Avvocatura Municipale, con la quale è elettivamente domiciliato presso la Segreteria di questo Tribunale;

per l'annullamento

a) dell’informativa interdittiva della Prefettura di Napoli Area 1/Ter/OSP del 24 novembre 2014, recante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente;

b) della nota della Prefettura di Napoli prot. n. 116866 Area 1/Ter/OSP del 5 dicembre 2014 di trasmissione della suddetta informativa, nonché degli atti a quest’ultima presupposti, ed in particolare: b1) dei verbali del Gruppo Ispettivo Antimafia della Prefettura di Napoli del 25 settembre 2014, del 28 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014;
b2) delle note Questura di Napoli del 22 settembre 2014 e del 20 ottobre 2014;
b3) della nota della Guardia di Finanza di Napoli del 4 settembre 2014;
b4) delle note del Comando Provinciale Carabinieri di Napoli del 24 settembre 2014, del 21 ottobre 2014 e del 24 ottobre 2014;

c) della determinazione dirigenziale del Comune di Afragola n. 488 del 10 giugno 2015, con la quale, a seguito della suddetta informativa, è stato disposto di non aggiudicare il servizio di trasporto pubblico locale alla società ricorrente e di revocare l’intera gara;

d) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente;

e per la condanna

1) in via principale, al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittima adozione degli atti gravati, anche in forma specifica attraverso l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale per la durata prevista negli atti di gara;

2) in via subordinata, in caso di ritenuta legittimità degli atti gravati, al risarcimento dei danni per il ritardo manifestato dal Comune di Afragola nel conformarsi alla sentenza di questo Tribunale n. 1153/2013 ed al successivo giudicato formatosi sulla stessa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni resistenti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente impugna l’informativa interdittiva emessa nei suoi confronti, gli atti della relativa serie procedimentale e la conseguente determinazione dirigenziale del Comune di Afragola di non aggiudicazione del servizio di trasporto pubblico locale e di revoca dell’intera gara, atti tutti meglio individuati in epigrafe, di cui viene contestata la legittimità per una serie di ragioni attinenti alla violazione della normativa in tema di informazioni antimafia, alla violazione della legge sul procedimento amministrativo, all’invalidità derivata, nonché all’eccesso di potere sotto svariati profili.

All’impugnativa sono accluse le istanze risarcitorie parimenti indicate in epigrafe.

Resistono il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Napoli, concludendo nei propri scritti difensivi per la reiezione del ricorso.

Il Comune di Afragola eccepisce nella sua memoria di costituzione l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

La ricorrente ha prodotto memorie ad ulteriore sostegno delle sue tesi;
in particolare, nella memoria di replica depositata il 30 dicembre 2015 sono formulate alcune osservazioni tese a confutare l’impianto motivazionale della sentenza di questo Tribunale n. 4843 del 15 ottobre 2015, con cui è stato respinto analogo ricorso proposto dalla ricorrente avverso l’informativa gravata in questa sede.

La causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 13 gennaio 2016.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va disatteso, dovendosi integralmente confermare quanto statuito da questo Tribunale nella citata sentenza n. 4843/2015, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi.

Ciò, peraltro, rende superfluo lo scrutinio delle eccezioni di rito opposte dalla difesa comunale.

1.1 Il Collegio osserva che l’informativa interdittiva impugnata si regge su una pluralità di circostanze e fatti, ai quali – sia singolarmente che complessivamente considerati – va assegnato sicuro rilievo ai fini dell’applicazione della normativa antimafia.

In particolare, sono imputabili alla società ricorrente i seguenti fattori indicativi del pericolo di infiltrazioni mafiose: i) la società è gestita di fatto da G.M., padre di uno dei due soci, come risulta confermato dalla sentenza di questo Tribunale n. 4466 del 4 agosto 2014 (peraltro passata in giudicato per improcedibilità dell’appello: cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 3076 del 17 giugno 2015), che ha annullato per insufficienza di alcuni elementi indiziari una recentissima interdittiva (datata 8 gennaio 2014) emessa nei confronti della ricorrente;
ii) l’esistenza di un rapporto di stabile frequentazione intercorrente tra G.M. e soggetti ritenuti affiliati al clan camorristico Moccia, nella specie il reggente del suddetto clan e suo genero, tal G.C., come acclarato nella sentenza del GIP del Tribunale di Napoli n. 1677 del 7 ottobre 2014, che ha visto la condanna di G.M. per detenzione illegale di arma da fuoco per fatti risalenti al 2010;
iii) la sussistenza di un rapporto di fiducia, sempre emergente dalle maglie della suddetta sentenza, instaurato tra G.M. ed i predetti affiliati, tanto che G.C. interveniva armato, in qualità di guardia del corpo di G.M., per dirimere una controversia per ragioni di viabilità insorta nel novembre 2010 con un soggetto malavitoso, a sua volta armato.

2. Si tratta di un quadro indiziario sufficiente, ad avviso del Collegio, per ritenere correttamente formulato il giudizio della Prefettura di Napoli circa la pregnanza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’attività svolta dalla società ricorrente, ove si consideri la funzione di tutela sociale significativamente anticipatoria assegnata dal legislatore alle misure previste dalla normativa antimafia.

Una volta acclarata la presenza di una pluralità di fattori che attestano l’esistenza di una conduzione di fatto dell’azienda e di legami dell’effettivo gestore con soggetti intranei alla criminalità organizzata di tipo camorristico, non merita condivisione l’assunto difensivo attoreo che insiste nella critica – essenzialmente appuntata sulle prerogative formali della figura del direttore tecnico, sulla mancanza di comunanza di interessi e di convivenza tra padre e figlio, sulla risalenza nel tempo delle operazioni di cessione aziendale, sui titoli professionali acquisiti dal figlio socio di G.M., nonché sull’estraneità della -OMISSIS- S.r.l., impresa riconducibile allo stesso G.M., dal circuito del trasporto scolastico – degli specifici elementi che la sentenza di questo Tribunale n. 4466/2014 ha ritenuto di valorizzare per imputare a G.M. il ruolo di gestore di fatto;
invero, tali elementi devono essere riguardati non singolarmente ma nel loro complesso, alla luce di circostanze estrinseche come la giovanissima età del figlio socio (appena 23 anni), che è indice di assenza di consolidata esperienza nel settore, e della posizione ancora occupata da G.M. nel più ampio ambito imprenditoriale del trasporto privato, tramite la società -OMISSIS- a lui riferibile.

Ne discende che devono in questa sede essere ribadite, perché assolutamente plausibili, le osservazioni contenute nella ora citata sentenza circa il ruolo gestorio rivestito da G.M. all’interno della -OMISSIS-, osservazioni che di seguito si riportano per comodità di lettura: “(…) va condivisa la prospettazione dell’UTG di Napoli che ha individuato in M(…) G(…) una persona stabilmente preposta alla gestione ed inserita nel tessuto della società ricorrente;
trattandosi di un rapporto gestorio di fatto, tanto è desumibile dalla sua presenza come direttore tecnico della -OMISSIS- srl fino ad epoca recentissima, ossia al 4.6.2012, nonché dall’acquisto nel 2008 della -OMISSIS- srl, in epoca di poco successiva rispetto alla cessione del ramo d’azienda dell’attività di trasporto scolastico da questa società in favore della -OMISSIS- srl (…). Va infine aggiunto (…) che non è contestabile che M(…) G(…) svolga, con continuità, l’attività di imprenditore nel settore del trasporto scolastico, soprattutto attraverso società come la -OMISSIS- srl e la -OMISSIS- srl (…).”.

2.1 Né assumono valenza contraria altre circostanze evidenziate dalla difesa attorea, come l’estromissione di G.M. dalla carica di direttore tecnico, avvenuta nel 2012 per iniziativa della stessa società ricorrente, o la dichiarazione di dissociazione resa da quest’ultima nel 2013, dopo l’arresto di G.M., in occasione della partecipazione alla gara indetta dal Comune di Pimonte, od ancora l’intimazione di risarcimento danni rivolta sempre nel 2013 nei confronti di G.M. per lesione dell’immagine aziendale, giacchè tali operazioni, nel contesto di una continuità familiare nella gestione societaria, realizzata attraverso il subentro del giovanissimo figlio al padre più esperto, ben potrebbero configurarsi come espedienti tesi a mascherare il rapporto gestorio sottostante, proprio al fine di eludere i controlli antimafia.

3. Nemmeno merita adesione la tesi difensiva attorea volta a propugnare una sorta di discontinuità nella gestione della società ricorrente a partire dal 2012 – ricondotta essenzialmente alla rivisitazione delle cariche e delle qualifiche inserite nell’organigramma – giacchè tale discontinuità è difficilmente rinvenibile nella specie, se solo si considera che la società in questione continua a permanere nell’ambito familiare ritenuto contiguo agli ambienti della criminalità organizzata, e che gli episodi indicativi sono ancora recenti, attesa la loro collocazione nel mese di novembre 2010, per essere reputati estranei ad una certa condotta gestionale.

4. Né, come ulteriormente sostenuto dalla difesa attorea, può propendersi per l’inattualità delle situazioni indizianti ascritte a G.M., tutte risalenti a periodi non successivi al novembre 2010.

Vale infatti evidenziare che l’attualità del quadro indiziario, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane fino all’intervento di fatti nuovi, ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo;
in altri termini, il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non tanto e non solo per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti a cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l’inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (orientamento consolidato in giurisprudenza: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2007 n. 3126 e 28 febbraio 2006 n. 851).

Il predetto criterio subisce un temperamento nel caso in cui gli elementi di fatto, raccolti dalle forze di polizia, siano talmente risalenti nel tempo da non poter essere considerati intrinsecamente idonei a supportare il giudizio di pericolo, attesa la naturale evoluzione dei fenomeni associativi criminali in termini di avvicendamento tra i vari gruppi malavitosi (cfr.

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