TAR Milano, sez. I, sentenza 2021-01-05, n. 202100031
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Pubblicato il 05/01/2021
N. 00031/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02592/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2592 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio digitale eletto presso la sua casella PEC come da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , e Questura di Milano, in persona del Questore pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege presso gli Uffici dell’Avvocatura stessa in Milano, via Freguglia, n.1;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 39859\2017 Cat. 6\F - Div. P.A.S., a firma del Questore di Milano notificato il 28 agosto 2018, con cui è stata denegata la licenza di porto d'armi per uso sportivo - tiro a volo;
nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Milano;
Visti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137;
Visto l’art. 28 del D.L. 30 aprile 2020, come convertito nella L. 25 giugno 2020 n. 70;
Relatore la dott.ssa Valentina Mameli nella camera di consiglio del 18 novembre 2020 tenutasi mediante collegamenti da remoto, come consentito dall’art. 25 comma 2 del D.L. 137/2020 e come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con istanza presentata al Comando Stazione Carabinieri di Seregno (MB) in data 6 giugno 2017 il ricorrente ha chiesto la licenza per porto d’armi ad uso sportivo.
Con nota del 31 gennaio 2018, notificata il 5 aprile 2018, la Questura ha comunicato la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, cui l’interessato ha replicato con memoria.
Con provvedimento prot. n. 39859\2017 Cat. 6\F -Div. P.A.S., notificato il 28 agosto 2018, il Questore di Milano ha rigettato l’istanza, sulla base dei seguenti fatti:
- “ nel 2004 [l’istante] è stato denunciato dal Comando Stazione dei Carabinieri di Solaro per i reati di lesioni personali aggravate, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e simulazione di reato e che il procedimento penale che ne è derivato, risulta archiviato unicamente per remissione di querela …”;
- “ risulta che in qualche circostanza … è stato identificato in compagnia di persone gravate da precedenti penali e di polizia ”,
Avverso il provvedimento l’interessato ha presentato il ricorso indicato in epigrafe.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Milano, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
In vista della trattazione nel merito le parti hanno depositato scritti difensivi insistendo nelle rispettive conclusioni.
Indi alla camera di consiglio del 18 novembre 2020, tenutasi mediante collegamenti da remoto, come consentito dall’art. 25 comma 2 del D.L. 137/2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
1) eccesso di potere sotto il profilo del difetto o carenza di motivazione, di istruttoria, per arbitrarietà e\o contraddittorietà e\o incongruenza e\o irragionevolezza. Violazione di legge e o falsa applicazione degli artt. 39 e 43 R.D. n. 773/1931, in combinato disposto con l’art. 3 della L. n. 241\1990: il ricorrente avrebbe già ottenuto, nell’anno 2009, la licenza per porto d’armi a uso sportivo, senza incontrare difficoltà alcuna, licenza che poi non sarebbe stata rinnovata nei termini.
Posto che i fatti considerati nel provvedimento impugnato sarebbero antecedenti alla data di rilascio della precedente licenza, in capo all’interessato si sarebbe creato un legittimo affidamento nella possibilità di ottenere nuovamente il titolo. In ogni caso il ricorrente non si sarebbe mai reso responsabile di comportamenti censurabili in tal senso;
2) eccesso di potere per travisamento dei fatti, travisamento e insussistenza dei presupposti, arbitrarietà, illogicità e carenza d’istruttoria: rispetto ai fatti riferiti dai Carabinieri il ricorrente sarebbe il querelante e nessuna delle ipotesi di reato - due delle quali perseguibili d’ufficio - avrebbe trovato attenzione da parte della Procura competente che avrebbe archiviato il procedimento per intervenuta remissione della querela proposta dal ricorrente stesso. Il giudizio negativo sarebbe stato assunto sulla base sostanzialmente delle dichiarazioni provenienti da soggetti inaffidabili siccome querelati e sulla base di interpretazioni arbitrarie dei Carabinieri. Il ricorrente sarebbe stato vittima di una vera e propria aggressione, dalla quale si sarebbe difeso, avendone la peggio;
3) violazione di legge, in particolare dell’art. 24 Costituzione per violazione del diritto di difesa;violazione dell’art. 3 L n. 241\1990 per omessa o insufficiente motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto o carenza di motivazione, per arbitrarietà e\o irragionevolezza: rispetto alle frequentazioni con pregiudicati i riferimenti sarebbero generici, non contenendo alcun riferimento temporale né potendosi identificare i soggetti ritenuti non affidabili.
In punto di fatto, sulla base della relazione depositata in giudizio dalla Questura di Milano, va precisato che l’ultimo porto d’armi rilasciato al ricorrente e dallo stesso consegnato in originale ai Carabinieri risale al 2003, quindi è antecedente ai fatti posti a base del provvedimento impugnato.
Su tale circostanza ha concordato anche il ricorrente nella memoria depositata in data 5 febbraio 2020.
Risulta pertanto destituito di fondamento il primo mezzo di gravame, che si articola sull’errato assunto di un pregresso possesso della licenza di polizia in un periodo successivo ai fatti riferiti nel provvedimento impugnato.
Come si ricava dai documenti depositati, il diniego del Questore si fonda sui seguenti elementi:
- il ricorrente nel 2013 e nel 2014 è stato controllato con pluripregiudicati per reati di rapina, estorsione, e spaccio di stupefacenti;
- il ricorrente risulta essere stato coinvolto in una colluttazione con soggetti cui aveva commissionato lavori di imbiancatura in nero, e che ha pagato in ritardo, dichiarando falsamente ai Carabinieri accorsi sul posto di essere stato derubato.
Posti i predetti fatti, la Questura ha rigettato l’istanza presentata ritenendo che “ i fatti comportamentali posti in essere dall’istante i occasione della citata vicenda, e che evidenziano un atteggiamento intemperate e aggressivo, unitamente alle frequentazioni con soggetti gravati da precedenti di polizia, inducono lo scrivente Ufficio a nutrire forti dubbi circa il possesso…dei prescritti requisiti di assoluta e completa affidabilità, indispensabili per poter essere titolare di autorizzazioni di polizia in materia di armi ”.
Ad avviso del Collegio non sono fondati neppure il secondo ed il terzo mezzo di gravame.
Va ricordato che, in linea generale, la giurisprudenza afferma che per il diniego della licenza di porto d'armi non occorre che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto, sulla base di un giudizio probabilistico delle circostanze che lo hanno visto coinvolto, non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato Sez. VI, 18-11-2010 n. 8102;Consiglio di Stato sez. IV, 29 novembre 2000 n. 6347).
La valutazione dell’Autorità circa il giudizio di “affidamento a non abusare delle armi” è connotata da un’ampia discrezionalità che deve dare prevalenza alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica rispetto a quella del privato che aspira al porto dell'arma da fuoco (Consiglio di Stato sez. VI 19 gennaio 2007 n. 107).
L'ampiezza della discrezionalità riconosciuta all'Amministrazione in materia di armi deriva, sotto un primo profilo, dall'assenza, nel nostro ordinamento, di posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto di armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui art. 699 c.p. e all'art. 4, comma 1 della L. n. 110 del 1975;sotto altro profilo, dalla circostanza che ai sensi degli art. 11, 3, 9 e 43 del T.U.L.P.S., il compito dell'Autorità di P.S., da esercitare con ampia discrezionalità, non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello cautelare di prevenire abusi nell'uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, sicché ai fini del rilascio della licenza di polizia non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso (Consiglio di Stato sez. III 23 maggio 2017 n. 2404).
Facendo applicazione al caso di specie dei predetti principi, le valutazioni condotte dall’Amministrazione e il conseguente esito provvedimentale non si prestano ad essere censurati sotto i profili dedotti con l’atto introduttivo del giudizio.
Va infatti rilevato che l’Amministrazione non ha travisato i fatti.
Invero, pur prendendo atto dell’esito del procedimento a seguito della rimessione della querela, ha tratto dall’esame dei fatti – così come risultanti dai verbali dei Carabinieri, dalle sommarie informazioni rese e dal verbale della notizia di reato - il convincimento di un atteggiamento intemperante e aggressivo dell’istante, che mai si concilia con il necessario requisito della piena affidabilità nell’uso delle armi.
D’altro canto i fatti accaduti non sono smentiti o contestati dal ricorrente e, per quanto si legge nella querela, si prestano ad essere ritenuti elementi significativi per connotare come violenta e intemperante la personalità del ricorrente.
Tale elemento di per sé giustifica il rigetto dell’istanza per la licenza del porto di fucile, posto che, come sopra già evidenziato, è sufficiente che vi sia un giudizio prognostico e presuntivo di pericolo di abuso dell’arma, considerato che il fine perseguito dall’Amministrazione è quello di evitare situazioni di pericolo per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica e l’incolumità individuale.
Non paiono utili le argomentazioni del ricorrente volte a valorizzare l’avvenuta rimessione della querela. Il difetto della condizione di procedibilità acclarato dal giudice penale non ha, infatti, escluso la sussistenza del fatto (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 25 gennaio 2019, n. 664;Sez. III, 24 agosto 2016, n. 3687;Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3515;Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2990;Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1727 e n. 1703).
Per le ragioni che precedono il ricorso non è meritevole di accoglimento, e va pertanto rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.