TAR Lecce, sez. I, sentenza 2013-07-29, n. 201301765

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2013-07-29, n. 201301765
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201301765
Data del deposito : 29 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01598/2011 REG.RIC.

N. 01765/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01598/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1598 del 2011, proposto da:
Energetyca Srl, rappresentata e difesa dagli avv. A V, A C, T M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A V in Lecce, via Zanardelli 7;

contro

Regione Puglia;
Comune di Francavilla Fontana, rappresentato e difeso dall'avv. M C, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;

per il risarcimento

di tutti i danni subiti e subendi nonchè, in ogni caso, dei danni riconnessi al ritardo nelle conclusione della procedura, entro il termine di 180 giorni previsto dal d.lgs.387/03, volta al rilascio dell'autorizzazione unica relativa ad un impianto fotovoltaico di potenza pari a 3,337 MW localizzato nel Comune di Francavilla Fontana (BR), Località “ Palmarino” avviata da Energetyca Srl con istanza del 30 settembre 2008 .


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Francavilla Fontana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2013 la dott.ssa P M e uditi l’avv. A. Vantaggiato e l’avv. L. Amicarelli, quest'ultimo in sostituzione dell'avv. T. Marocco, per la ricorrente.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente, operante nel settore energetico, in data 30 settembre 2008 ha presentato alla Regione Puglia Assessorato allo Sviluppo Economico – Settore Industria Energetica – (Ufficio Energia) un’istanza volta al rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi del d.lgs. 29 dicembre 2003 n.387 e della delibera di Giunta Regionale 23 gennaio 2007 n.35.

In data 6 ottobre 2008, l’Ufficio Energia faceva pervenire a Energetyca un prima richiesta di integrazione documentale dell’istanza, alla quale la società provvedeva in data 16 ottobre 2008.

In data 16 dicembre 2008 l’Ufficio Energia inviava a Energetyca una seconda richiesta di integrazione documentale, cui la Società dava riscontro con trasmissione dei documenti richiesti in data 14 aprile 2009.

A distanza di quasi un anno dalla presentazione dell’istanza, in data 4 giugno 2009 l’Ufficio Energia faceva pervenire alla ricorrente una terza richiesta di integrazione documentale con riferimento a un documento che quest’ultima riferiva di aver già trasmesso e che, ad ogni buon fine, provvedeva ad allegare nuovamente.

In data 7 ottobre 2009 l’Ufficio Energia dichiarava avviato il procedimento e in data 24 aprile 2010 convocava la prima conferenza di servizi.

Il 19 maggio 2010 l’ufficio Energia provvedeva a notificare il verbale della conferenza di servizi, invitando la Società ad adempiere alle richieste di integrazione documentale formulate da alcuni Enti.

In data 28 ottobre 2010 la Società, avendo adempiuto alle integrazioni documentali, trasmetteva all’ufficio Energia formale richiesta di adozione delle determinazioni conclusive del procedimento, allegando una tabella sinottica dei pareri intervenuti nel procedimento e copia dei pareri espressi. Il 10 marzo 2011 e 16 maggio 2011 Energetyca sollecitava nuovamente la chiusura del procedimento.

Solo in data 31 maggio 2011 l’ufficio Energia dichiarava il procedimento positivamente concluso.

Il provvedimento finale di autorizzazione unica risulta rilasciato solo successivamente alla proposizione del ricorso e precisamente in data 24.11.2011 (Estratto Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.184).

Deduce altresì la ricorrente che, nelle more, la stessa si troverebbe a non poter più realizzare l’impianto in quanto il quadro regolamentare inerente gli incentivi da fonte rinnovabile è mutato sensibilmente.

Il 6 agosto 2010, infatti, è stato approvato il c.d. Terzo Conto Energia che ha ridotto sensibilmente gli incentivi per gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2010;
in data 5 maggio 2011 è stato approvato il Quarto Conto Energia(D.M. 5.5.2011) con cui sono stati ulteriormente ridotti gli incentivi per gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011.

1.1. La ricorrente quindi rilevando di aver perso, nelle more, qualsiasi chance di accedere agli incentivi e non potendo più porre in essere l’investimento per il quale si era adoperata, richiede il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del ritardo della P.A., deducendo i seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art.12 del d.lgs. 387/2003 – violazione e falsa applicazione dell’art.2 bis della L.241/1990.

II. Violazione e falsa applicazione dell’art.12 del d.lgs. 387/2003, violazione e falsa applicazione della D.G.R. 35/2007, violazione e falsa applicazione dell’art.2 bis della L.241/1990 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2 bis della L.241/1990 – violazione e falsa applicazione della D.G.R. 35/2007 – violazione e falsa applicazione dell’art.2 bis della L.241/1990.

In data 6 dicembre 2011 si è costituito in giudizio il Comune di Francavilla Fontana.

Nella pubblica udienza del 7 marzo 2013 la causa è stata introitata per la decisione.

2.. Il ricorso è infondato e va respinto.

2.1. L'art. 12 D.Lgs. n. 387 del 2003 ha previsto che l’assenso per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonte rinnovabile sia rilasciato con un'autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni altrimenti necessari, in cui confluiscono anche le valutazioni di carattere paesaggistico, nonché quelle relative all'esistenza di vincoli di carattere storico-artistico, tramite il meccanismo della Conferenza di servizi.

La norma citata (all'epoca della presentazione dell'istanza (settembre 2008) stabiliva:

- al comma 3, che " la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione (....)";

- al comma 4, che " l'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni".

Il riferimento al "procedimento unico" è chiaramente quello della conferenza di servizi, disciplinata dagli artt. 14 e ss. della L. n. 241 del 1990.

L'art. 14 ter della L. n. 241 del 1990, nella versione modificata dalla L. n. 12 del 2005 (escluse le ulteriori modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 e dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78) stabilisce:

- tempi celeri per la convocazione della conferenza e la decisione (commi 01 e 2);

- predeterminazione del termine finale (comma 3);

- termine massimo di durata dei lavori pari a novanta giorni (comma 3), salvo quanto previsto dal comma 4 in caso di necessaria acquisizione della valutazione di impatto ambientale;

- partecipazione alla conferenza di servizi, da parte di ogni amministrazione convocata, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa (comma 6);

- che decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 e quindi adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede (co. 6 bis);

- il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza (comma 9);

- i chiarimenti o l'ulteriore documentazione ai proponenti dell'istanza o ai progettisti possono essere richiesti, per una sola volta, nel corso della conferenza;
nel caso non vengano forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento (comma 8).

2.2. Nella specie, come risulta dagli atti depositati in giudizio (nota della Regione Puglia –doc.n.11), la società Energetyca ha presentato in data 5.11.2010 , con nota dell’8.11.2010, il nuovo lay - out dell’impianto con la rimodulazione del progetto e una riduzione dell’impianto di MW 2,43.

Tale circostanza esclude che, quanto meno sino a tale data, vi sia stata inerzia della P.A.fonte di danno, dato che la modifica del programma di realizzazione degli impianti in questione comporta rinuncia al programma precedentemente formulato e risulta dettata certamente da esigenze connaturate a politiche commerciali e di investimento proprie della società.

Successivamente, in data 10 marzo 2011 Energetyca ha trasmesso all’Ufficio Energia i pareri degli enti competenti e in data 7 aprile 2011 ha ottenuto presso gli Uffici Regionali copia del documento attestante la chiusura della conferenza dei servizi a firma del dott. G R.

In data 31 maggio 2011 l’Ufficio Energia ha dichiarato il procedimento positivamente chiuso.

Successivamente alla proposizione del ricorso, l’A.R. (in data 4.11.2011 - Estratto Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.184) ha provveduto al rilascio dell’autorizzazione unica.

L’esame del susseguirsi degli eventi evidenzia come l’unica inerzia rilevante ai fini in questione risulta essere solo quella decorrente tra il 31 maggio 2011 e il 4.11.2011, risultando la precedente giustificata dal comportamento della stessa ricorrente che ha inteso modificare il progetto originario.

2.3. È da evidenziare comunque che l’esistenza del danno non può presumersi iuris tantum, cioè non deriva direttamente dal ritardo nell’adozione del provvedimento, ma è comunque necessario che il danneggiato provi tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda, ossia oltre al danno, il nesso di causalità tra danno ed evento, l'elemento soggettivo del dolo o della colpa.

Secondo giurisprudenza costante "nel rispetto del principio generale sancito dall'art. 2697 c.c., chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, e la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare in proposito il c.d. principio acquisitivo, poiché il medesimo attiene allo svolgimento dell'istruttoria ma non anche all'allegazione dei fatti. ... E, quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi abbia adempiuto, non può neppure darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subìto" (C.d.S, V, 12.6.2012, n. 3441).

3.Va verificata preliminarmente l’ammissibilità della domanda risarcitoria, in quanto il codice del processo ha cristallizzato, all'art. 30, III co. secondo periodo, il principio previsto dall'art. 1227 c.c., per cui in ogni caso resta escluso "il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti", assumendo quindi rilievo il comportamento del danneggiato che abbia omesso di esperire puntualmente i rimedi che l'ordinamento gli ha messo a disposizione per contrastare gli atti o i comportamenti eventualmente lesivi o comunque escludendo quei danni che si sarebbero potuti evitare con l’utilizzo della normale diligenza, anche attraverso l’esperimento degli opportuni strumenti di tutela, di carattere giudiziale o stragiudiziale.

Nella specie, la ricorrente ha omesso di compulsare immediatamente la P.A. procedente in vista dell’adozione del provvedimento finale preferendo invece attivare, con il ricorso all’esame, direttamente la richiesta risarcitoria.

Sarebbe stato, invece, più logico e rispondente ad obiettivi dettami di ordinaria diligenza, che la stessa, avendo appreso della chiusura favorevole della conferenza di servizi ( di cui la stessa otteneva copia in data 7 aprile 2011), provvedesse a compulsare immediatamente l’amministrazione regionale in vista dell’adozione del provvedimento finale, esperendo, in difetto, la tutela avverso il silenzio-rifiuto da parte di quest’ultima.

Tanto più che a seguito della chiusura favorevole della conferenza di servizi, l’adozione del provvedimento finale costituiva un adempimento pressoché vincolato da parte dell’amministrazione regionale, ai sensi dell’art. 14 comma 6 bis l. n. 241/90, sicché in caso di inerzia da parte di quest’ultima la ricorrente avrebbe potuto altresì instare, per una pronuncia giudiziale di accertamento della fondatezza dell’istanza, secondo la previsione di cui all’art.31 co. 3 c.p.a.

Tale circostanza esclude la sussistenza del presupposto oggettivo costituito dal nesso di causalità.

3.1. Comunque, la domanda risarcitoria risulta infondata sotto altro profilo.

La ricorrente chiede il risarcimento dei danni, a titolo di lucro cessante per il mancato ottenimento delle tariffe incentivanti previste dal D.M. 5 maggio 2011 per gli impianti in esercizio tra il 31 maggio e il 31 agosto 2011, e a titolo di danno emergente, per le spese sostenute per la predisposizione del progetto dell’impianto e l’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie (ammontanti a oltre Euro 200.000,00)

3.1. Con particolare riferimento alla voce di danno costituita dalle spese, la stessa non può essere risarcita, in quanto rappresenta un costo che sarebbe comunque restato a carico della ricorrente, quand'anche quest'ultima avesse potuto esercitare l'impianto in esame nei tempi da essa preventivati.

Invero, come già chiarito dalla sezione nella recente sentenza 1045/2013, emessa in un caso analogo, la spesa in esame costituisce per l'impresa un investimento, che trova la propria remunerazione nell'utile da esso ritraibile. Per tali ragioni, il risarcimento non può coprire tale voce di costo, in quanto la stessa resta assorbita dalla valutazione del lucro cessante.

Sotto questo profilo, la situazione è del tutto sovrapponibile a quella che si verifica in caso di risarcimento dei danni da mancata aggiudicazione di appalto pubblico, per il quale la giurisprudenza amministrativa ha da tempo condivisibilmente affermato che: "nella somma liquidata a titolo di risarcimento dell'utile di impresa perduto, è già ricompresa la remunerazione del capitale impiegato per la partecipazione alla gara;
in tal modo si evitano ingiustificate locupletazioni derivanti dalla duplicazione della medesima posta di danno ;
del resto l'impresa che risulti vincitrice di una gara ed esegua il contratto, non potrebbe mai ottenere, ex se, il rimborso dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara medesima" (C.d.S, V, 13.6.2008, n. 2967).

Sviluppando tali coordinate ermeneutiche, la giurisprudenza ha condivisibilmente chiarito che: "deve essere respinta l'istanza risarcitoria avente ad oggetto le spese sostenute per la partecipazione alla procedura selettiva, atteso che tali oneri rappresentano il prezzo dell'acquisto di una opportunità di guadagno e restano, pertanto, a carico del soggetto che abbia preso parte alla gara, e ciò sia nel caso di aggiudicazione, sia nella ipotesi di mancata aggiudicazione" (TAR Veneto, I, 11.10.2012, n. 1258. In tali termini, cfr. altresì C.d.S, V, 15.2.2010, n. 808).

In definitiva, la ricorrente ha effettuato un investimento, sostenendone il relativo costo, nella prospettiva che lo stesso avrebbe trovato la propria remunerazione nell'utile ritraibile dall'esercizio dell'impianto in esame. In particolare, nella valutazione costi-benefici che sempre si accompagna all'effettuazione di investimenti da parte di imprese normalmente diligenti - e quindi, deve presumersi, anche da parte dell'odierna ricorrente - l'investimento viene sostenuto nel caso in cui vi sia una ragionevole probabilità di guadagno. Sicché se quest'ultimo vien meno, per causa imputabile all'amministrazione, ad essere risarcito non è il costo in quanto tale (salva l'ipotesi, che però non ricorre nel presente giudizio, in cui si invochi la responsabilità precontrattuale della p.a, con conseguente richiesta risarcitoria nei limiti del c.d. interesse negativo, id est le spese sostenute e la perdita di favorevoli occasioni contrattuali), ma il mancato guadagno normalmente ritraibile dall'esercizio dell'attività ingiustamente negata dalla p.a, mancato guadagno che assorbirà al suo interno anche le spese a tal fine sostenute dall'impresa.

Diversamente opinando, il risarcimento del danno, da strumento di tutela con carattere "rimediale", utilizzato per rendere giustizia al privato a fronte di illegittimo ovvero mancato esercizio del potere da parte della p.a, si trasformerebbe in mezzo di ingiustificata locupletazione a danno, questa volta, del danneggiante. La qual cosa, per ovvie esigenze di coerenza del sistema, oltre che di stretto diritto positivo - ai sensi dell'art. 2043 c.c, costituiscono oggetto di risarcimento unicamente i danni che siano in rapporto di occasionalità necessaria con l'illegittima condotta tenuta dal danneggiante - non può essere ammessa.

3.2. Con riferimento al danno da lucro cessante incombeva sulla ricorrente l'onere della prova relativa all'investimento finanziario che essa avrebbe sostenuto, qualora l'istanza in esame fosse stata tempestivamente evasa dall'amministrazione.

Sotto un primo profilo, la ricorrente non ha in alcun modo documentato la disponibilità di risorse proprie o, comunque, ragionevolmente finanziabili, per la realizzazione dell’intervento nel periodo in cui si assume il ritardo della P.A., ossia il danno correlato alla mancata realizzazione degli impianti e agli introiti che questi avrebbero comportato, alla mancata realizzazione di specifici rapporti contrattuali, alla perdita e diminuzione della capacità di lavoro.

L’art. 1223 c.c. stabilisce che “il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.

Nella specie non risulta dimostrato il mancato guadagno che a Energetyca sarebbe potuto derivare da quella determinata operazione economica, tanto più che la stessa risulta posta in liquidazione e quindi la mancata realizzazione dell’impianto non risulta diretta conseguenza del ritardo nel rilascio dell’autorizzazione unica.

Non risulta, infatti, dimostrato il possesso delle risorse finanziarie necessarie e la conseguente immobilizzazione delle stesse per la realizzazione dell’impianto, con la conseguenza che non possono essere riconosciute tutte quelle componenti che la ricorrente riconnette a tale voce di danno (mancata produzione di energia elettrica per il tempo corrispondente alla vita utile dell’impianto, mancata percezione del contributo dal GSE, utile di impresa non percepito)

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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