TAR Firenze, sez. I, sentenza 2015-09-25, n. 201501288

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2015-09-25, n. 201501288
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201501288
Data del deposito : 25 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01200/2009 REG.RIC.

N. 01288/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01200/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1200 del 2009, proposto da:
Belvedere Immobiliare S.r.l., già Belvedere S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti G M ed E B, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, Via Lamarmora 14;

contro

Comune di Capannori, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. G T, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, Via Ricasoli 40;

per l'annullamento

delle delibere del Consiglio Comunale di Capannori n. 13 del 12 marzo 2009, n. 14 del 13 marzo 2009 e n. 15 del 16 marzo 2009 di approvazione della variante generale al Regolamento Urbanistico (pubblicate sul BURT n. 17 del 29 aprile 2009), nonche' di tutti gli comunque connessi, presupposti e conseguenti, se lesivi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Capannori;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2015 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 26 giugno 2009, e depositato il 9 luglio successivo, la Belvedere S.r.l. – divenuta in corso di giudizio Belvedere Immobiliare S.r.l. – proponeva impugnazione avverso le deliberazioni consiliari in epigrafe, mediante le quali il era stata approvata la variante generale al regolamento urbanistico del Comune di Capannori. Sulla scorta di tre motivi in diritto, la società ricorrente lamentava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati e ne chiedeva l’annullamento nella parte in cui, disattendendo le osservazioni da essa presentate al regolamento adottato, avevano impartito ad alcuni fondi di sua proprietà una triplice – ed asseritamente irragionevole – destinazione urbanistica, comportante solo per una porzione l’inserimento fra le “aree a prevalente destinazione residenziale – saturazione” di cui all’art. 20 delle norme tecniche di attuazione del R.U., mentre le restanti porzioni erano state rese non (più) edificabili attraverso l’inserimento fra le “aree boschive e ripariali” e fra le “aree a prevalente uso agricolo”, disciplinate rispettivamente dagli artt. 43 e 46 delle medesime N.T.A..

Costituitosi in giudizio il Comune intimato, che resisteva al gravame, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 10 giugno 2015, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.

DIRITTO

1. La controversia ha per oggetto la variante generale al regolamento urbanistico del Comune di Capannori, approvata con le impugnate deliberazioni consiliari nn. 13, 14 e 15 del 12, 13 e 16 marzo 2009. Come riferito in narrativa, la Belvedere Immobiliare S.r.l. ne chiede l’annullamento nella parte in cui detta variante generale avrebbe privato della pregressa edificabilità alcuni terreni di sua proprietà, che hanno ricevuto destinazioni urbanistiche difformi dal precedente inserimento fra le “aree a prevalente destinazione residenziale – completamento” (inserimento in virtù del quale la ricorrente medesima aveva progettato di espandere sui terreni in questione l’attività ricettiva condotta su di un fondo confinante).

2. In via pregiudiziale, il Comune di Capannori eccepisce che l’interesse al gravame sarebbe cessato per effetto della sopravvenuta adozione, con delibera pubblicata il 2 aprile 2014, di una nuova variante generale al regolamento urbanistico comunale, che avrebbe confermato l’inedificabilità dei terreni di proprietà della Immobiliare Belvedere, ora classificate come “verde pubblico attrezzato”, rendendo operative le misure di salvaguardia disciplinate dall’art. 61 della legge urbanistica regionale n. 1/2005 ed, ora, dall’art. 103 della nuova legge urbanistica regionale n. 65/2014.

2.1. L’eccezione è fondata.

Ai sensi dell’art. 61 della legge regionale toscana n. 1/2005, “Il comune sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire quando siano in contrasto con lo strumento della pianificazione territoriale o degli atti di governo del territorio adottati […]”, e analoga previsione è dettata dall’art. 103 della sopravvenuta legge regionale n. 65/2014, che ha abrogato la citata legge n. 1/2005. L’intervenuta approvazione della nuova variante preclude dunque l’esercizio dello jus aedificandi alla società ricorrente, la quale non ha del resto contestato l’astratta applicabilità nei suoi confronti delle misure di salvaguardia invocate dal Comune;
con la conseguenza che deve reputarsi venuto meno l’interesse alla decisione richiesta con l’atto introduttivo del giudizio, allo stato insuscettibile di arrecare alcuna pratica utilità all’interessata (conclusione che non è smentita dal precedente giurisprudenziale invocato dalla difesa della Belvedere Immobiliare).

2. Nondimeno, anche in ossequio alla previsione di cui all’art. 34 co. 3 c.p.a., i motivi di gravame debbono essere esaminati nel merito.

2.1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, quanto alle aree cui è stata impressa la destinazione a prevalente uso agricolo, l’illegittimità della scelta operata dall’amministrazione procedente e motivata con riferimento all’assenza di rete fognaria. L’intera frazione di Gragnano, ove ricadono i terreni per cui è causa, sarebbe sprovvista di sistema fognario, e oltretutto non si comprenderebbe per quali ragioni, nonostante questo, diverse aree edificabili all’interno della frazione avrebbero comunque mantenuto la precedente destinazione edificatoria.

Quanto alle aree inserite in zona boschiva e ripariale, la ricorrente fa osservare come i terreni di sua proprietà non presentino le caratteristiche che artificiosamente sarebbero state loro attribuite dalla variante impugnata.

2.1.1. La censura è infondata in ordine ad entrambi i profili dedotti.

Nelle controdeduzioni comunali alle osservazioni presentate dall’odierna ricorrente, si legge, relativamente al lotto classificato in parte come area a prevalente uso agricolo e in parte come area boschiva e ripariale, che lo stesso non soltanto non è servito dalla rete fognaria, ma è interessato dalla fascia di protezione dei pozzi, circostanza, quest’ultima, tale da rendere vincolata la scelta operata con la variante: in virtù della previsione di cui all’art. 94 co. 4 del D.Lgs. n. 152/2006, le zone di rispetto delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano debbono infatti essere sottoposte a “vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata” e non possono essere destinatarie della dispersione di acque reflue, ovvero della dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade, il che le rende incompatibili con l’insediamento residenziale in assenza di idoneo sistema fognario;
e non vale in contrario la del tutto generica allegazione della ricorrente circa l’esistenza di soluzioni tecniche capaci di ovviare a tale mancanza, così come sono le considerazioni, meramente ipotetiche, circa la “probabile” provenienza delle acque da un versante diverso da quello ove è ubicato il terreno di proprietà della ricorrente (si vedano al riguardo le osservazioni presentate al Comune).

Non può, per altro verso, accedersi alla tesi della presunta disparità di trattamento nella quale il Comune sarebbe incorso, non avendo la ricorrente allegato e dimostrato che la destinazione edificatoria ad essa negata sia stata invece attribuita ai proprietari di terreni anch’essi ricadenti (non solo in area sprovvista di fognatura, ma anche) all’interno della zona di protezione dei pozzi.

2.1.2. Le controdeduzioni comunali fanno anche riferimento alla presenza sul lotto di vegetazione ripariale, accertata a seguito di sopralluogo. La documentazione fotografica in atti, ivi compresa quella proveniente dalla stessa ricorrente, mostra in effetti un’area interessata dalla presenza di vegetazione arborea, maggiormente coerente con la classificazione in zona boscata;
ed, a ben vedere, anche le contestazioni mosse dalla ricorrente in sede di osservazioni attengono all’inserimento del lotto in “zona boscata parziale”, di modo che – al di là della terminologia adoperata nella controdeduzioni – è a detta classificazione, e non a quella di “zona ripariale”, che il contrasto fra le parti va riferito.

Fatte le dovute precisazioni, la classificazione in area boschiva non appare manifestamente incoerente con le caratteristiche dell’area, quali, appunto, si ricavano dalla documentazione prodotta, e tanto basta a respingere la censura. Le scelte effettuate dall'amministrazione nell'adozione degli strumenti urbanistici costituiscono, del resto, apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, non potendo il giudice – a fronte di valutazioni tecnico-discrezionali a risultato non obbligato – sostituire a scelte amministrative connotate da inevitabili margini di opinabilità una propria diversa scelta, altrettanto opinabile.

2.2. Con il secondo motivo si sostiene che l’amministrazione, nel controdedurre alle osservazioni presentate dalla Belvedere Immobiliare alla variante adottata, non avrebbe fornito adeguata motivazione della propria illogica scelta di attribuire ai fondi di proprietà della ricorrente tre distinte destinazioni urbanistiche, limitandosi a confermare la destinazione agricola per una parte di quei terreni.

2.2.1. Anche tale censura è infondata.

È noto che la destinazione data dagli strumenti urbanistici alle singole aree del territorio non necessita di apposita motivazione, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

Le uniche evenienze che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono peraltro rappresentate, pacificamente: dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968;
dalla lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, o delle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione;
dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. Nessun affidamento deriva, invece, dalla diversa destinazione urbanistica pregressa della medesima area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario, titolare di una generica aspettativa generica al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius , analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell'immobile. Ai fini della legittimità di nuove scelte di pianificazione, non è pertanto richiesta un’indagine individuale su ogni singola area al fine di giustificarne la sua specifica idoneità a soddisfare esigenze pubbliche, né può essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in contrasto con la natura generale dell'atto di pianificazione o di governo del territorio.

Corollario di tale consolidata impostazione è che le osservazioni presentate dagli interessati all’interno del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici assumono il valore di semplice apporto collaborativo, il cui rigetto non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854;
id., sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6049;
id., sez. IV, 12 maggio 2010, n. 2843;
id., sez. IV, 29 dicembre 2009, n. 9006). E poiché, nella specie, l’esistenza di posizioni di aspettativa o affidamento qualificati va esclusa, gli oneri motivazionali gravanti sul Comune possono reputarsi adeguatamente soddisfatti dalle controdeduzioni alle osservazioni, come si è visto tutt’altro che illogiche e irragionevoli.

2.3. Con il terzo motivo, infine, è dedotta l’invalidità dell’intera procedura di formazione dello strumento urbanistico impugnato, per violazione degli artt. 19 e 20 della sopra citata legge regionale n. 1/2005 e dei principi in tema di partecipazione e pubblicità dell’azione amministrativa. Con nota del 12 giugno 2008, espone la ricorrente, il garante della comunicazione nominato dal Comune in ossequio alle disposizioni dianzi richiamate ha comunicato al Sindaco che gli elaborati conoscitivi posti a supporto della progettazione della variante non erano stati resi conoscibili a tutti i soggetti interessati alla proposizione di eventuali osservazioni, così come non erano state convocate le assemblee pubbliche sul territorio per consentire la partecipazione della cittadinanza all’approvazione della variante;
l’amministrazione, tuttavia, anziché attenersi alle indicazioni del garante, avrebbe preferito revocarne la nomina e sostituirlo nell’incarico con altro soggetto, il quale il giorno stesso della nomina avrebbe predisposto il suo rapporto finale. Ne risulterebbero palesemente disattese le regole sulla pubblicità dei risultati delle valutazioni territoriali e ambientali e, al contrario di quanto affermato dal segretario comunale nel parere di regolarità reso il 16 giugno 2008, l’incompletezza della stessa relazione di sintesi presentata alla popolazione.

Un ulteriore elemento di illegittimità delle deliberazioni impugnate sarebbe poi costituito dall’avere il Comune ritenuto congruo, in fase di adozione della variante, il termine di soli ventisei giorni per la presentazione di osservazioni da parte della collettività sulla relazione di sintesi della variante, pubblicata il 20 maggio 2008 (l’adozione della variante è seguita il 16 giugno dello stesso anno).

2.3.1. Al riguardo, debbono essere ribaditi i precedenti della Sezione, che, pronunciandosi in altri contenziosi su doglianze del tutto analoghe, rivolte nei confronti dei medesimi provvedimenti qui impugnati, ne ha sancito l’inammissibilità.

La Belvedere Immobiliare, come si è visto, ha avuto modo di partecipare al procedimento di formazione della variante e di presentare all’interno dello stesso le proprie osservazioni, sulle quali il Comune si è espressamente pronunciato. Di contro, in capo alla società ricorrente non può dirsi concretizzata alcuna lesione dipendente dalla pretesa inosservanza delle garanzie procedimentali che si assumono violate, a maggior ragione se si tiene conto che i rilievi formulati dal garante della comunicazione originariamente nominato si riferivano innanzitutto ad aspetti problematici estranei alla presente controversia;
né può assumere rilievo, nella specie, un interesse strumentale alla ripetizione della procedura, la cui configurabilità è esclusa proprio dalla circostanza che, in concreto, la partecipazione della ricorrente al procedimento risulta essere stata pienamente garantita e, con esso, il rispetto del contraddittorio procedimentale (cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 22 dicembre 2014, n. 2071;
id., 7 novembre 2013, n. 1499).

3. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.

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