TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-17, n. 202312070

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-07-17, n. 202312070
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202312070
Data del deposito : 17 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2023

N. 12070/2023 REG.PROV.COLL.

N. 10606/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10606 del 2016, proposto da
Soc Copi Uno S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale XXI Aprile 11, c/ Studio Panunzio;

contro

Comune di Montalto di Castro, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, A R, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale AOR in Roma, via Sistina, 48;

per il risarcimento

integrale dei danni ingiusti ex art 30 c.p.a. derivanti dai provvedimenti illegittimi annullati dal G.A. con sentenza passata in giudicato il 9.4.2016 e dal comportamento illecito ed inadempiente del Comune di Montalto di Castro e comunque conseguenti alla reiterata violazione dei principi contrattuali di buona fede e correttezza ex artt. 1175, 1375, 1337 e 2043 c.c. e per la conseguente condanna del Comune al risarcimento dei danni ingiusti patiti e patiendi dalla società ricorrente e ingiustamente inflitti dal 1994 ad oggi per effetto del comportamento illecito ed illegittimo tenuto e degli atti illegittimi impugnati e successivamente annullati, oltre interessi e rivalutazione monetaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Montalto di Castro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2023 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Nell’odierno giudizio, la ricorrente agisce contro il Comune di Montalto di Castro per ottenere il risarcimento del danno che assume di aver subito in conseguenza dell’illegittima deliberazione di Giunta Comunale n. 412 del 28.10.1997, che veniva annullata con sentenza del TAR Lazio, Roma, nr. 1581 del 2 marzo 2005, confermata poi in appello da Consiglio di Stato nr. 4685 del 9 ottobre 2015.

A tal fine espone quanto segue.

Con istanza del 27 novembre 1990, prot.9450, la società Il Panda S.a.s. di Corbelli Enrico e C. chiedeva al Comune di Montalto di Castro l’assegnazione di un’area edificabile ai sensi e per gli effetti della L. n.167 del 18 aprile 1962 per la costruzione di una struttura commerciale in zona PEEP, località Campomorto dello stesso Comune, che veniva concessa dall’Ente con deliberazione consiliare n. 14 del 24/2/1992 e successiva pedissequa convenzione stipulata il 23 novembre 1993, con rogito rep.n. 9.131, ex art. 35 della l. n. 865/1971.

Con tale atto, afferma la ricorrente, il Comune di Montalto di Castro, in esecuzione della deliberazione citata, concedeva alla società Il Panda s.a.s. l’area edificabile in oggetto per la realizzazione di un centro commerciale di complessivi mq 1800 di superficie di vendita, di cui 900 al piano terra e 900 al primo piano, e la destinazione di mq 675 a verde e servizi, secondo le previsioni urbanistiche e la tipologia del Piano di zona ex art.35, c.4, L.865/1971 (art.1 conv.). Inoltre, con il medesimo accordo, sempre secondo la ricorrente, il Comune concedente assumeva precisi obblighi in ordine al rilascio della relativa concessione edilizia in favore della società Copi Uno s.a.s. per la costruzione del centro commerciale (art. 6 Conv.).

Stipulata la convenzione, la società il Panda s.a.s. chiedeva (3 gennaio 1994) autorizzazione alla cessione di parte della quota societaria (75%) in favore della COPI UNO s.a.s., che il Sindaco concedeva (decreto prot. 348 dell’11 gennaio 1994) e che la Giunta approvava (delibera n. 84 del 4.2.1994), riconoscendo la Copi Uno s.a.s. titolare del diritto di superficie sull’area .sita in località Campomorto, foglio 60, particella 573, corrispondente al 75% del terreno edificabile già assegnato a Panda s.a.s.

La società Copi Uno S.a.s. chiedeva la concessione edilizia, ma – afferma - il Comune poneva in essere attività istruttoria dilatoria e strumentale, ostacolandone il rilascio tanto che la ricorrente si vedeva costretta a ad avviare il procedimento previsto dall’art. 4 della l. n.493 del 4 dicembre 1993 e s.m.i. per chiedere il rilascio della concessione edilizia da parte di un commissario ad acta nominato dalla Regione.

Nelle more di tale procedura, l’Amministrazione non solo non rilasciava la dovuta e necessaria concessione edilizia in favore della società Copi Uno s.a.s., ma adottava invece la deliberazione di Giunta Comunale n. 412 del 28.10.1997 con cui annullava - in pretesa autotutela - le precedenti deliberazioni di giunta nn. 84/1994 e 336/1994 in forza delle quali era stato assegnato alla società Copi Uno in concessione il diritto di superficie dell’area sita in Comune di Montalto di Castro, località Campomorto, distinta al catasto dalla particella n. 573, compresa nel Piano di zona di cui alla deliberazione C.C. n. 81 del 25/3/1986.

La ricorrente impugnava la delibera n. 412/1997, ottenendone l’annullamento con la sentenza di questo TAR, confermata in appello.

Nell’odierno giudizio, afferma che, all’esito del relativo giudicato, nonostante l’avvenuto annullamento della delibera, il Comune persisteva e persisterebbe tutt’ora a negare la concessione edilizia, così impedento la realizzazione del centro commerciale, con ingenti danni che quantifica in corso di causa con apposita perizia.

In diritto, la società Copi Uno, ex art. 30, c. 3, c.p.a. deduce:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c.. Responsabilità del Comune per inadempimento contrattuale dovuto a causa allo stesso direttamente imputabile. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. Responsabilità del Comune per i gravi danni inflitti alla ricorrente a causa del comportamento colposo posto in essere dallo stesso. Culpa in re ipsa dell’Amministrazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1174 e 1175 c.c. e dei principi di buona fede, affidamento e correttezza. Responsabilità da contatto sociale dell’Amministrazione. Risarcimento del danno subito da parte della società ricorrente anche per effetto dei provvedimenti comunali annullati dal giudice Amministrativo con sentenza passata in cosa giudicata, ex art. 1223 c.c.. comprensivo sia della perdita subita (danno emergente), sia del mancato guadagno (lucro cessante) in quanto conseguenza diretta ed immediata della condotta del Comune ”.

La ricorrente, al fine di quantificare i danni, ha prodotto in giudizio una relazione tecnica in data 15 maggio 2023, che evidenzia e quantifica le voci di danno per mancata edificazione del centro commerciale ammontante ad Euro 433.983,93 da rivalutarsi all’attualità;
un danno netto al valore aziendale di Euro 555.520,67 (che rivalutato dal 1998 ad oggi è pari ad Euro 854.946,15);
nonché un mancato plus valore netto aziendale di Euro 1.249.628,00 per mancata realizzazione del centro commerciale e mancata sua locazione a terzi senza gestione diretta.

Il Comune, costituito in giudizio, resiste al ricorso del quale eccepisce l’infondatezza per le seguenti ragioni.

Eccepisce, in primo luogo, la prescrizione del diritto di credito al risarcimento del danno per decorso del termine decennale da computarsi dalla pubblicazione della sentenza del TAR, posto che quest’ultima non veniva mai sospesa in appello.

Oppone che la convenzione stipulata tra le parti non obbligava il Comune al rilascio della concessione edilizia, dipendendo tale adempimento dal procedimento amministrativo da svolgersi su richiesta della ricorrente.

La ricorrente chiedeva tale rilascio ma poi optava per l’intervento sostitutivo del Commissario ad acta regionale, mai conclusosi.

Le parti hanno scambiato memorie e documenti.

Nella pubblica udienza del 26 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

Le argomentazioni difensive del Comune resistente, che il Collegio condivide interamente, comportano che l’azione proposta nell’odierno ricorso non può trovare accoglimento.

Sotto un primo profilo, si osserva che i danni dei quali la società Copi Uno chiede di essere tenuta indenne sono riferiti (e riferibili) al mancato rilascio della concessione edilizia di cui meglio in narrativa, non già all’intervenuta autotutela circa l’assegnazione del diritto di superficie, che non viene (né risulta) causalmente collegata all’indugio circa la realizzazione del manufatto commerciale.

Sotto un secondo profilo, quest’ultimo è oggetto di istanza ex art. 4, comma 5, del d.l. n. 398/1993 (come sostituito dall'articolo unico della legge 4 dicembre 1993, n. 493, in sede di conversione, modificato dall'articolo 5, comma 1, del D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, e successivamente sostituito dall'articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall'articolo 10 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30), la cui procedura non viene dedotto (né risulta agli atti) essersi interrotta o comunque essere impedita dalle vicende oggetto del precedente contenzioso.

Peraltro, da un (terzo) punto di vista (soggettivo), è dubbio che la mancata realizzazione del manufatto commerciale (ed i relativi danni conseguenziali) sia riferibile all’Ente locale dal momento dell’insediamento del Commissario regionale (posto che, in tali fattispecie, si verifica una ipotesi di “controllo sostitutivo” da parte di un’amministrazione – quella regionale – rispetto ad un’altra – quella locale, con ogni conseguenza in ordine alla regolazione delle relative responsabilità procedimentali e sostanziali;
sulla natura ed i presupposti dell’istituto, cfr. Consiglio di Stato , sez. V , 06/12/1999 , n. 2067): aspetti che andrebbero approfonditi, ma che, nel caso odierno, non v’è motivo di sollevare per il motivo, dirimente, che la domanda azionata, così come formulata (ossia in dipendenza del giudicato di cui in narrativa), è infondata già secondo quanto prima indicato.

Conseguentemente, il ricorso va respinto, con spese di lite regolate secondo la soccombenza nella misura che si liquida in dispositivo e che tiene conto dello sforzo difensivo che è stato richiesto al Comune.

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