TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2009-03-12, n. 200900075

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2009-03-12, n. 200900075
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 200900075
Data del deposito : 12 marzo 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00451/2008 REG.RIC.

N. 00075/2009 REG.SEN.

N. 00451/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 451 del 2008, proposto da:
Comunita Montana Trigno Medio Biferno in Pers. del Leg. Rapp. P.T., rappresentato e difeso dall'avv. G D P, con domicilio eletto presso G D P Avv. in Campobasso, via Garibaldi, 33;

contro

Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale di Campobasso - Boiano in Pers. del Leg. Rappres. P.T., rappresentato e difeso dall'avv. S S, con domicilio eletto presso S S in Campobasso, via D'Amato 13/D;

nei confronti di

Societa Elettrica Trigno Srl (S.E.T. - Srl) in Persona del Legale Rappres. P.T., rappresentato e difeso dagli avv. M P, S S, con domicilio eletto presso S S Avv. in Campobasso, corso Umberto I,43;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del silenzio serbato dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Campobasso - Boiano sull'istanza presentata dalla Comunità Montana Trigno Medio Biferno, volta ad ottenere il provvedimento di revoca e/o decadenza dell'assegnazione dell'area ceduta sita in agro di Trivento, zona P.I.P. Piano d'Ischia e la risoluzione del contratto del 12.5.2000 stipulato tra la ricorrente e la Carver - lavorazione legno s.r.l. avente ad oggetto la cessione della medesima area;

per la declaratoria dell'obbligo dell'Amministrazione resistente di pronunciarsi con provvedimento formale, espresso e motivato, sull'istanza dei ricorrenti ex art. 2 della legge 241/1990 e ss.mm.ii.;
per l'accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale dedotta, ex art. 2, co 5 L.241/1990 e ss.mm.ii. e per la conseguente condanna del consorzio per lo sviluppo industriale di Campobasso - Boiano a risolvere di diritto il contratto di compravendita su menzionato e ad emettere il provvedimento do revoca e/o decadenza dell'assegnazione dell'area ceduta.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale di Campobasso - Boiano in Pers. del Leg. Rappres. P.T.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Societa Elettrica Trigno Srl (S.E.T. - Srl) in Persona del Legale Rappres. P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 03/12/2008 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con delibera n.40 del 1998, la Comunità montana ricorrente ha approvato la graduatoria per l’assegnazione delle aree comprese nel proprio piano degli insediamenti produttivi (Pip).

A tal fine, si è collocata in posizione utile anche la società Caver , la quale è risultata, pertanto, assegnataria di un lotto di mq. 5500 circa.

A questa assegnazione, poi, le parti hanno funzionalmente collegato una convenzione attuativa, stipulata con atto notarile, in data 12.5.2000, con la quale sono state specificate le reciproche attribuzioni.

Ciò, del resto, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 27 ultimo comma della legge n.865 del 1971, secondo cui “Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.

Con una successiva convenzione di diritto pubblico, rientrante nell’ambito della fattispecie di cui all’articolo 15 della legge n.241 del 1990, il Consorzio resistente, la Comunità montana ricorrente ed il Comune di Trivento hanno disciplinato le funzioni relative all’attuazione del P.i.p. in questione.

Ed in tale contesto la Comunità montana ha affidato al Consorzio allo svolgimento di tutte le funzioni connesse alla gestione delle aree industriali.

Tale affidamento di funzioni al consorzio, quale ente pubblico, del resto, appare conforme ai principi di cui all’articolo 27 della legge n.865 del 1971 e 36 della legge n.317 del 1991

In particolare, con la convenzione da ultimo indicata, la Comunità montana ha affidato al consorzio la gestione non solo tecnica ma anche amministrativa delle aree in zona Pip.

Alla società Caver è succeduta poi l’odierna controinteressata, la quale, invece di realizzare la destinazione originaria delle aree del Pip (produzione e commercializzazione di statue in legno), vi ha inteso realizzare una centrale termoelettrica, previa autorizzazione unica regionale n.11 del 2008.

Tutto ciò premesso in fatto, con l’odierna azione la Comunità montana ricorrente, dopo aver diffidato il Consorzio a provvedere alla revoca dell’assegnazione per violazione del vincolo di destinazione del lotto, chiede, in questa sede, una pronuncia sull’illegittimità dell’inerzia da esso serbata e la conseguente condanna a provvedere.

Il ricorso è fondato.

Dalla premessa in fatto, si desume chiaramente che il rapporto tra Comunità montana e Consorzio industriale rientra nell’ambito di una convenzione, tra enti pubblici, per l’esercizio di funzioni amministrative, quindi in un rapporto disciplinato convenzionalmente ai sensi dell’articolo 15 della legge n.241 del 1990.

L’assegnazione in proprietà del lotto in area Pip ricade poi nell’ambito dei rapporti di concessione di beni pubblici, atteso che l’ampliamento della sfera giuridica del destinatario deriva da un potere pubblicistico di disposizione dell’amministrazione.

Ne consegue, allora, che l’assegnazione del lotto deve essere funzionalmente condizionata all’attuazione dello scopo pubblicistico di realizzazione dell’intervento produttivo programmato, e quindi il trasferimento in proprietà ne deve essere conseguentemente condizionato.

Questo nesso funzionale è espressamente disciplinato nella convenzione del 12.5.2000, collegata all’atto di assegnazione del lotto, con la quale, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 27 ultimo comma della legge n.865 del 1971, le parti hanno stabilito che l’acquirente si impegna a mantenere la destinazione prevista e, a tal fine, a non alienare l’area per 10 anni dalla data di rilascio della licenza di agibilità e, successivamente, a inserire, in eventuali atti di alienazione, l’obbligo degli aventi causa di rispettare il medesimo vincolo di destinazione.

Con ciò, il vincolo di destinazione, non solo è espressamente previsto, ma assume, altresì carattere di realità.

E’ altresì prevista una tutela reale, e non meramente obbligatoria, in caso di inosservanza di tale vincolo, attraverso la risoluzione ipso iure dell’atto di concessione traslativa della proprietà (lettera d) dell’articolo 6 dell’atto di concessione).

L’articolo 6 lettera d), in correlazione con l’articolo 6 lettera c) della convenzione, difatti, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza degli obblighi di inizio e di ultimazione dei lavori di costruzione (“che comporta la risoluzione di diritto dell’atto di concessione, con conseguente estinzione del diritto di proprietà e la revoca dell’assegnazione”) deve comprendere, giocoforza, anche il caso in cui, nei termini, siano stati intrapresi solo lavori difformi da quelli previsti.

In verità, nonostante la convenzione, all’articolo 6 lettera d), indichi la risoluzione di diritto, nel testo negoziale è poi richiesta la necessità che tale risoluzione sia deliberata dal Consiglio della Comunità, con previsione di un indennizzo, dal quale dovrà essere decurtata l’eventuale penale, che, per il caso di realizzazione di opere non conformi e l’esercizio di attività difformi da quelle indicate dal progetto, sarà pari al 30% del costo delle opere stesse.

Ne consegue che, nel caso in esame, è la stessa convenzione a prevedere l’ipotesi di risoluzione, da dichiararsi secondo le descritte modalità, con la previsione e determinazione di un indennizzo (per evitare che l’amministrazione si arricchisca in danno dell’assegnataria del prezzo di cessione a suo tempo corrisposto) da cui sottrarre l’indicata sanzione.

Sulla base dell’accordo sull’affidamento dell’esercizio di funzioni amministrative dalla Comunità montana al Consorzio resistente, è agevole ritenere che la risoluzione dovrà ora essere adottata dal competente organo deliberativo del Consorzio stesso.

Il rispetto della convenzione, con la quale è stato regolato l’esercizio di tali funzioni, poi, rientra nella giurisdizione amministrativa, ai sensi del combinato disposto degli articoli 11 e 15 della legge n.241 del 1990.

Inoltre, trattandosi pur sempre di inadempimento all’esercizio della funzione pubblica, nel modo convenzionalmente stabilito tra Comunità montana e Consorzio per lo sviluppo industriale, l’azione di inadempimento può essere esercitata attraverso il rito del silenzio.

E’ assolutamente condivisibile, difatti, l’affermazione secondo cui ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione dell’esercizio delle funzioni pubblicistiche, anche quando siano concretamente attuate secondo il modello convenzionale e non unilaterale (Consiglio Stato, 8 ottobre 2008, n. 4952).

Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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