TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-11-11, n. 202400760

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-11-11, n. 202400760
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 202400760
Data del deposito : 11 novembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/11/2024

N. 00760/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00023/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 23 del 2022, proposto da
P S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;



per l’annullamento

dell’atto prot 39736 P datato 25.11 2021, con cui la Soprintendenza BCCA Umbria, in supposta attuazione di sentenza emessa dal Consiglio di Stato n. 4466 dell’11.6.2021, attribuisce alla ricorrente il c.d. premio di rinvenimento in quanto scopritore, nella parte in cui considera la scoperta di sole due tombe di una intera Necropoli, e, comunque, quantifica il premio in euro 1.450,69, sul valore dei reperti mobili reperiti nelle due tombe, oltretutto detraendo le “spese di scavo”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2024 il dott. P U e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. In data 7 novembre 1996, la società ricorrente, nel corso di lavori di escavazione a scopo edificatorio nell’area, di sua proprietà, dell’ex Poligrafico Alterocca, nel centro di Terni, ha rinvenuto reperti archeologici (due tombe), sollecitando l’immediato intervento della Soprintendenza. In esito a campagne di scavo, avviate dalla Soprintendenza nelle settimane successive e riprese nel 1998 e nel 2000), le tombe sono state individuate come componenti una necropoli di antica civiltà umbra, risalente all’VIII secolo a.C. e comprendente complessivamente 45 sepolture a cumulo.

2. Il Ministero ha riconosciuto alla società, quale proprietaria dell’area, un premio di rinvenimento, ai sensi dell’art. 92 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. 42/2004, pari al 25% del valore dei reperti, stimato (dapprima, mediante provvedimento prot. 12571 in data 27 novembre 2006, in 144.600 euro, cui corrispondeva un premio di 36.150 euro; poi, in esito ad una rettifica dei materiali inventariati) mediante provvedimento prot. 4696 in data 31 ottobre 2008, in 147.750 euro, cui corrisponde un premio di 36.937,50 euro.

3. Lamentando che il premio complessivo non fosse stato commisurato al 50% del valore, in quanto spettante, ai sensi del comma 2 del citato art. 92, non soltanto come proprietaria ma anche quale scopritrice dei reperti, la società ha impugnato il suddetto provvedimento dinanzi a questo Tribunale.

4. Con sentenza n. 752/2016, il ricorso è stato respinto, affermandosi che l’art. 92, comma 2, del Codice, non attribuisce in via automatica al proprietario che sia anche scopritore, il diritto ad ottenere incondizionatamente un premio senz’altro pari alla metà del valore dei beni archeologici rinvenuti sul proprio fondo, ma rientra nell’insindacabile discrezionalità dell’Amministrazione erogante stabilire esattamente nel quantum l’ammontare di detto premio (con l’unico evidente limite, risultante dal combinato disposto dei commi 1 e 2 del citato art. 92, rappresentato, nel minimo, dal 25% del valore delle cose rinvenute e, nel massimo, dal 50% di detto valore), e che quindi la quantificazione, non inferiore alla misura minima del 25% del valore dei reperti rinvenuti, non fosse illegittima.

4.1. La sentenza ha aggiunto che la società ricorrente non potrebbe comunque vantare un premio complessivo pari alla metà del valore di detti reperti, atteso che nel caso di specie l’invocata qualifica di “scopritore” deve ritenersi spettante anche alle persone fisiche che hanno materialmente effettuato il ritrovamento.

5. La sentenza è stata appellata dalla società.

6. Con sentenza della VI Sezione, n. 4466/2021, l’appello è stato accolto.

Non è stata ritenuta fondata la censura volta a rivendicare l’applicazione delle percentuali indicate dall’art. 92 quale misure fisse del premio spettante, anziché quali tetti massimi, precisandosi che “ La quantificazione dell’importo deve evidentemente tener conto della doppia qualificazione dell’appellante, ma ciò non esclude che si possa giungere alla fissazione del 25% del valore, come concretamente è avvenuto, dato che tale percentuale può essere la somma dei due premi spettanti (nel limite del 25% ciascuno) al proprietario e allo scopritore .”.

Sono state invece ritenute fondate le censure volte, rispettivamente, a censurare l’affermazione secondo la quale sarebbe esclusa la spettanza del premio (anche) come scopritrice dei reperti, ed a prospettare il difetto di istruttoria e di motivazione sull’entità del premio stesso. Ad avviso del Consiglio di Stato, in particolare: “… in mancanza di autovincoli o atti generali di indirizzo sulle modalità di determinazione del quantum nell’ambito della forbice di legge, il provvedimento di attribuzione del premio deve altresì motivare, nell’ambito delle percentuali sopra indicate, come fissate dalla norma primaria, la scelta cui è pervenuta l’amministrazione, indicando espressamente gli elementi che hanno determinato la quantificazione, e non può limitarsi a fissare la percentuale del valore dei reperti ritenuta congrua .”.

7. Con provvedimento prot. 39736 P in data 25 novembre 2021, la Soprintendenza, in supposta attuazione del giudicato, ha attribuito alla società, quale scopritore, l’ulteriore premio di euro 1.450,69 (calcolato nella misura del 25% del valore proporzionale dei reperti mobili rinvenuti nelle due tombe in data 7 novembre 1996 – 7.150 euro - detratte le “spese di scavo” per euro 1.347,27).

8. Con il ricorso in esame, la società impugna detto provvedimento, chiedendone l’annullamento.

A tal fine, sostiene, in sintesi, che il valore del premio ad essa spettante come scopritore avrebbe dovuto essere commisurato al 25% del valore complessivo della intera necropoli, nonché maggiorato degli interessi e delle somme derivanti dalla rivalutazione monetaria (stante la natura di imprenditore del creditore), e deduce le censure appresso sintetizzate.

(I) – Violazione e falsa applicazione dell’art. 92, nonché eccesso di potere per ingiustizia e contraddittorietà.

Non è dubbio che la base di calcolo sia il valore di tutte le cose reperite, come stimate già dall’Amministrazione, non soltanto di una parte di esse, e che la norma non consenta di differenziare sulla base della effettiva quantità di “cose scoperte” dallo scopritore.

Ciò, sulla base del testo e della ratio della disposizione. Infatti, posto che l’obbligo di denuncia si determina al primo ritrovamento e che lo scopritore è obbligato a sospendere immediatamente i lavori o quant’altro stesse facendo, il premio per lo scopritore ha anche lo scopo di incentivare la denuncia e di tutelare il patrimonio archeologico (considerando che il soggetto si troverà gravato da obblighi e responsabilità, che potrebbe evitare semplicemente occultando quanto scoperto), a fronte di un costo per l’Amministrazione infinitamente minore rispetto al valore di quanto viene acquisito al patrimonio pubblico.

E’ aberrante, sostiene la ricorrente, aver considerato una necropoli, cioè una città funeraria completa, non come sostanzialmente è, e cioè una universalità di beni mobili (ed anche immobili) suscettibile di assumere un valore enorme sotto il profilo della ricostruzione di una civiltà, ma come una specie di “collage” di tombe, assegnando le sole prime due allo scopritore.

(II) – Idem , nonché sviamento di potere.

L’Amministrazione non ha mai mostrato dubbi sul fatto che la base di calcolo fosse costituita dalla necropoli, fino a che non si resa conto di dover corrispondere altro denaro: il provvedimento impugnato è stato adottato più in ottica di spending review che in quella, doverosa, di attuazione del giudicato.

Senza considerare che ha ritenuto di “scomputare le spese di scavo” (per due tombe), ma, pur avendone avuto prova documentale, non ha invece tenuto conto delle spese e perdite sopportate dalla società per gli anni in cui la Soprintendenza ha scavato, e per quelli in cui la ricorrente è stata nominata, certo non per sua volontà, custode di tutta la necropoli.

(III) – In relazione ad entrambi i motivi di ricorso, viene richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, n. 3492/2004, secondo cui deve ritenersi “... come rilevato dalla Corte di Cassazione nella summenzionata decisione n. 2959 del 1992, che l’ammontare del premio sia complessivamente rapportato alla meritevolezza od esemplarità del comportamento dell’aspirante al

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