TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2014-02-07, n. 201400885

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2014-02-07, n. 201400885
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201400885
Data del deposito : 7 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00340/2009 REG.RIC.

N. 00885/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00340/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 340 del 2009, proposto da:
A P, F G, rappresentati e difesi dall'avv. F P, con domicilio eletto presso F P in Napoli, via Santa Brigida, 39;

contro

Comune di Lusciano, rappresentato e difeso dall'avv. G A, con domicilio eletto presso G A in Napoli, via G. Porzio, C. Dir. Isola G 8;

per l'annullamento

ORDINANZA DI DEMOLIZIONE N. 75/2008.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lusciano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2013 il dott. O D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Col ricorso in epigrafe, P A e G F impugnavano, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, l’ordinanza di demolizione n. 75 del 4 novembre 2008, emessa dal dirigente dell’Area tecnica del Comune di Lusciano, nonché il verbale di sopralluogo, prot. n. 533, del 7 ottobre 2008 e la nota del 21 ottobre 2008, prot. n. 11084.

2. Sulla scorta del sopralluogo effettuato il 7 ottobre 2008, le opere contestate, eseguite in difformità dal permesso di costruire n. 52/2007, avente per oggetto “un sottotetto non abitabile di copertura del fabbricato per civile abitazione” in proprietà dei ricorrenti, ubicato in Lusciano, via della Libertà, n. 32, risultavano così descritte nel provvedimento impugnato: “aumento di circa cm 23 della quota di gronda del sottotetto, nonché realizzazione di tramezzi interni e due abbaini non previsti”.

3. Avverso la disposta misura repressivo-ripristinatoria venivano rassegnate le seguenti censure: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990;
violazione del giusto procedimento;
difetto assoluto di motivazione;
carenza di istruttoria;
eccesso di potere;
violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 380/2001;
2) violazione e falsa applicazione della l. n. 241/1990;
ulteriore violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 380/2001;
eccesso di potere;
difetto di istruttoria.

4. Costituitasi l’amministrazione comunale intimata, eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso, del quale richiedeva, quindi, il rigetto.

5. All’udienza pubblica del 19 dicembre 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. I ricorrenti lamentano, innanzitutto, che il provvedimento impugnato non sarebbe stato adeguatamente motivato, anche quanto all’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive.

L’assunto è privo di pregio.

Ed invero, l’ordinanza di demolizione costituisce, per ius receptum, atto dovuto e rigorosamente vincolato, affrancato dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede ‘in re ipsa’ nell’eliminazione dell’illecito edilizio, ossia nel ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato.

Pertanto, essa è da ritenersi sorretta da adeguata istruttoria e autosufficiente motivazione, allorquando – come, appunto, nel caso in esame, e a dispetto di quanto asserito da parte ricorrente – sia rinvenibile l’individuazione dell’infrazione commessa (interventi in difformità da permesso di costruire n. 52/2007) e della norma violata (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001), nonché la puntuale descrizione delle opere abusive (cfr. retro, in narrativa, sub n. 2) (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2006, n. 3283;
sez. VI, 25 agosto 2006, n. 4996;
sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2441;
sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705;
TAR Campania, Napoli, sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 367;
sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 49;
sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 57;
sez. VIII, 15 maggio 2008, n. 4556;
sez. III, 05 giugno 2008, n. 5255;
sez. IV, 8 luglio 2008, n. 7798;
sez. VI, 14 luglio 2008, n. 8761;
sez. IV, 4 agosto 2008, n. 9720;
sez. II, 7 ottobre 2008, n. 13456;
sez. IV, 29 settembre 2008, n. 11820 sez. VI, 27 ottobre 2008, n. 18243;
sez. III, 4 novembre 2008, n. 19257;
sez. IV, 28 novembre 2008, n. 20564;
2 dicembre 2008, n. 20794;
sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 21346;
23 febbraio 2009, n. 1032;
25 febbraio 2009, n. 1100;
sez. IV, 6 marzo 2009, n. 1304;
24 marzo 2009, n. 1597;
18 giugno 2009, n. 3368;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18 gennaio 2008, n. 57;
19 febbraio 2009, n. 1318;
9 marzo 2009, n. 1768;
TAR Sicilia, Catania, sez. I, 13 marzo 2008, n. 475;
TAR Lazio, Roma, sez. II, 5 settembre 2008, n. 8117;
6 marzo 2009, n. 2358;
TAR Liguria, Genova, sez. I, 21 aprile 2009, n. 781).

2. I nominativi in epigrafe denunciano, altresì, il difetto di istruttoria, confutando la riscontrata difformità dal permesso di costruire n. 52/2007.

Più in dettaglio, sostengono che: - l’accertato aumento della quota di gronda (pari a cm 23) avrebbe dovuto essere in prosieguo neutralizzato con la realizzazione del massetto sul solaio di calpestio del piano sottotetto;
- nessuna rilevanza sostanziale avrebbe rivestito l’esecuzione di opere interne, quali, segnatamente, le tramezzature.

In senso contrario, valga obiettare che: - il cennato aumento della quota di gronda (incontestato dai ricorrenti quanto alla sua oggettiva sussistenza), ossia lo scostamento ‘attuale’ dal progetto approvato, non avrebbe potuto essere giustificato con la prospettazione di un’attività edilizia ‘futura’, volta a neutralizzarlo;
- rimane indimostrato se e come la prefigurata realizzazione del massetto all’interno del sottotetto avrebbe potuto incidere sull’elemento esterno costituito dalla linea di gronda, e, quindi, sull’altezza del manufatto;
- l’esecuzione non solo delle tramezzature interne, ma anche dei due abbaini (in relazione ai quali i ricorrenti nulla deducono) assume rilevanza sostanziale, denotando la vocazione residenziale in concreto abusivamente assunta dal sottotetto in conseguenza di essa.

E’ evidente, dunque, che gli interventi edilizi posti in essere dai nominativi in epigrafe si discostano da quelli assentiti per caratteristiche sia dimensionali (innalzamento della quota di gronda, con conseguente incremento volumetrico significativo), sia morfologiche (innesto di due abbaini non previsti), sia strutturali (realizzazione di tramezzature interne) e che gli stessi, se, poi, riguardati nel loro complesso, hanno dato luogo, sotto il profilo funzionale, alla trasformazione di un sottotetto assentito come non abitabile in sottotetto abitabile (mansarda), con relativo aggravio del carico urbanistico.

Ed è pure evidente che, a dispetto della prospettazione di parte ricorrente, simili scostamenti, avendo sostanzialmente comportato un aumento del numero dei piani del fabbricato progettato e, quindi, la formazione di un organismo edilizio autonomamente utilizzabile, presentano i connotati propri della difformità totale, sanzionata con la sola demolizione dall’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 8 novembre 2007, n. 6200).

Quand’anche, per assurdo, non riconducibili all’ipotesi della difformità totale, essi risultano, comunque, irrefutabilmente integrare variazioni essenziali ex art. 32 del d.p.r. n. 380/2001 (del pari sanzionate con la sola demolizione), in quanto implicanti sia un mutamento della destinazione d’uso (da non abitativo ad abitativo), con relativo aggravio del carico urbanistico, sia un aumento apprezzabile della cubatura, sia una modifica sostanziale dei parametri urbanistici concernenti il numero dei piani e le altezze (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 7 febbraio 2006, n. 125).

3. I superiori approdi consentono di declinare anche l’ultimo ordine doglianze, col quale si lamenta che l’amministrazione comunale non avrebbe valutato l’applicabilità della sanzione alternativa pecuniaria.

Ebbene, l’art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, cui risulta senz’altro riconducibile la fattispecie in esame (opere eseguite in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al rilasciato permesso di costruire), non contempla l'irrogazione di una sanzione diversa da quella demolitoria (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 7 settembre 2009, n. 4899).

La sanzione alternativa pecuniaria è, infatti, prevista unicamente per le diverse ipotesi di opere di ristrutturazione eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire, ovvero di opere di nuova costruzione eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire, mentre non è prevista dal comma 2 dell’art. 31 cit. per gli interventi eseguiti in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire.

“Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, – recita la disposizione richiamata – accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3”: in altri termini, nello schema giuridico delineato dal legislatore, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali sulla sanzione da irrogare, atteso che l'esercizio del potere repressivo dell'abuso edilizio costituisce atto dovuto, per il quale è ‘in re ipsa’ l'interesse pubblico alla sua rimozione (TAR Campania, Napoli, sez. II, 27 gennaio 2009, n. 443;
sez. VIII, 11 ottobre 2011, n. 4645).

4. In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere respinto, stante la ravvisata infondatezza delle censure con esso proposte.

5. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere liquidate nella misura di complessivi € 1.500,00 in favore dell’amministrazione resistente.

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