TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202302621

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202302621
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302621
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 02621/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00972/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 972 del 2023, proposto da
Croce Bianca Sorrento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati I R, M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Asl 104 - Caserta 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Melisurgo n. 4;

nei confronti

Vivamente O.D.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuliano Gruner, Federico Dinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

a – dell'avviso pubblico, indetto dalla A.S.L. Caserta, per l'affidamento, in convenzione, ai sensi dell'art. 57 del D. Lgs. 117/2017, del servizio di trasporto infermi in emergenza 118, per un periodo di anni 2, nella parte in cui ha prescritto l'obbligo di riassorbimento del personale ed ha fissato un tetto massimo al rimborso spese;

b – di tutti gli atti della procedura selettivo – comparativa, allegati all'Avviso sub a), tra cui il Disciplinare ed il Capitolato nei limiti di interesse;

c – ove occorra, della delibera del Direttore Generale dell'A.S.L. Caserta n. 904 del 30.12.2022 di indizione della gara sub a);

d – di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Asl 104 - Caserta 1 e della Vivamente O.D.V.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2023 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- L’odierna ricorrente ha dedotto in fatto le seguenti circostanze:

l’A.S.L. Caserta, con la delibera del Direttore Generale n. 904 del 30.12.2022, aveva indetto una procedura riservata, in via esclusiva, alle organizzazioni di volontariato, ai sensi dell’art. 57 del D. Lgs. 117/2017, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di trasporto infermi in Emergenza 118, suddiviso in 4 Lotti (territoriali);

la lettura dell’Avviso Pubblico, tuttavia, aveva evidenziato l’inserimento di clausole dalla portata chiaramente escludente che, di fatto, le precludevano la formulazione di una offerta seria ed attendibile;

nel dettaglio, l’avviso pubblico aveva previsto, quale condizione per la partecipazione alla gara, l’obbligo, per le ODV, di assorbire il personale attualmente impiegato dagli operatori uscenti, in virtù di un Elenco Allegato (art. 9 del Disciplinare), essendo a tal fine le organizzazioni partecipanti obbligate a presentare, a pena di esclusione, un progetto di riassorbimento del personale attualmente impiegato (art. 12 e 15 del Disciplinare);

inoltre, la lex specialis aveva fissato un limite di rimborso massimo oltre il quale non sarebbero state riconosciute ulteriori spese alle organizzazioni di volontariato.

Sussistendo l’interesse immediato ad impugnare l’avviso limitatamente alle sopra indicate clausole, l’odierna ricorrente ha proposto il gravame in oggetto, articolando due ordini di censure.

Nel dettaglio, la prima delle sopracitate disposizioni di gara si poneva in evidente conflitto con gli artt. 33 e 57 D.lgs. n 117/2017, in relazione agli art. 30 e 50 del D.lgs. n. 50/2016. Secondo la tesi ricorsuale, gli affidamenti riservati, ai sensi dell’art. 57 del D.Lgs. 117/2017, dovevano ritenersi incompatibili con la previsione nella legge di gara di una clausola sociale, poiché, da un lato, tali affidamenti erano diretti a perseguire obiettivi di solidarietà e volontariato diversi dall’assorbimento del personale impiegato presso l’aggiudicatario uscente del servizio e, dall’altro, l’imposto assorbimento contrastava con il disposto dell’art. 33 del D.Lgs. 117/2017, secondo cui la facoltà degli enti del Terzo Settore di ricorrere a personale dipendente non poteva eccedere il limite massimo del 50% della dotazione organica, dovendo peraltro i dipendenti essere impiegati esclusivamente in attività accessorie. Poiché il superamento di tale limite legale determinava la decadenza dello “status” di ODV e la cancellazione dal Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, l’applicazione della clausola sociale, a pena di esclusione, in una procedura riservata, ai sensi dell’art. 57 del D.Lgs. 117/2017, oltre a contrastare con le finalità tipiche degli affidamenti riservati ad ODV, era incompatibile con la struttura di quest’ultime, come imposta dall’attuale quadro normativo che esige utilizzo prevalente (se non esclusivo) di volontari per la esecuzione del servizio in affidamento, pena la perdita dello “status”.

In secondo luogo, l’impugnato avviso pubblico, ponendo un limite massimo al rimborso riconoscibile all’aggiudicataria, violava apertamente l’art. 17 del D.Lgs 117/2017 (Codice del Terzo Settore), il cui comma 3, ultimo capoverso, prescriveva il divieto di rimborsi spese di tipo forfettario, potendo essere rimborsate unicamente le spese effettivamente sostenute e documentate. Per contro, la disciplina di gara, nonostante il chiaro divieto normativo, aveva prescritto per ciascun Lotto un tetto massimo di rimborso, introducendo così, mediante la previsione della vietata forfettizzazione, un inammissibile corrispettivo contrattuale che celava, in realtà, la previsione di una retribuzione sotto i minimi salariali. Pertanto, la prevista clausola violava anche l’art. 30 comma 4 del D.Lgs. 50/2016.

Si è costituita in resistenza l’intimata ASL, eccependo l’infondatezza della prospettazione ricorsuale ed insistendo per l’integrale reiezione del gravame.

È, infine, intervenuta ad opponendum la VivaMente O.D.V..

All’udienza pubblica del 18 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2.- Il ricorso è infondato, potendosi, in ragione di ciò, prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari di inammissibilità del gravame sollevate dalla resistente Asl. D’altronde, è ben noto che, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida deve ritenersi consentito al giudice di esaminare un motivo di merito che garantisca una tutela più piena, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale, in considerazione del fatto che si impone un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello della stretta consequenzialità logico-sistematica, ed è quindi consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio (Cons. St., sez. IV, 27 agosto 2019 n. 5891).

3.- Con il primo motivo di ricorso l’organizzazione resistente ha impugnato, sul presupposto della sua portata escludente e, in quanto tale, in tesi violativa degli art. 33 e 57 D.lgs 117/57, in relazione agli artt. 30 e 50 del D.lgs 50/2016, l’art. 9 dell’avviso pubblico, avente ad oggetto le misure di salvaguardia per il personale attualmente impiegato nell’espletamento del servizio (c.d. clausola sociale). Ad avviso della ricorrente, tale previsione della lex specialis, imponendo come requisito di partecipazione l’obbligo per l’organizzazione subentrante “ di assorbire ed utilizzare prioritariamente nell’espletamento del servizio, qualora disponibili, i lavoratori che già vi erano adibiti in quanto soci lavoratori o dipendenti/volontari del precedente aggiudicatario ”, non solo contrasterebbe con gli obiettivi di solidarietà previsti dall’art. 57 CTS, ma si porrebbe anche in aperta violazione dell’art. 33 del CTS, consentendo, quest’ultimo, alle organizzazioni di volontariato l’impiego di personale dipendente nel limite massimo del 50%, della loro dotazione organica, pena la decadenza dallo status di ODV.

La censura, come sopra articolata, dev’essere disattesa, ritenendo il Collegio che l’impugnata previsione dell’avviso, in ragione della sua puntuale formulazione, presenti un contenuto precettivo pienamente in linea con i principi giurisprudenziali elaborati in ordina alla portata applicativa della clausola c.d. sociale, così da non rivestire la preventiva lamentata efficacia escludente dall’indetta selezione.

3.1.- A tal fine ed in via preliminare, il Collegio rammenta che nelle gare pubbliche, aperte a "qualsiasi operatore economico" (art. 60 d.lgs. n. 50/2016), la c.d. clausola sociale:

"ove richiamata dal bando, ha portata cogente con la conseguenza che l'offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell'appalto ma, a tutto concedere, può impugnare la clausola del bando adducendo che il numero di unità fino a quel momento adibito al servizio è incongruo e sovrabbondante";

"va, tuttavia, interpretata nel senso che l'appaltatore subentrante è obbligato ad assumere prioritariamente gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell'appaltatore uscente, ma a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante" (Cons. di St., sez. IV, 2 dicembre 2013 n. 5725), "mentre i lavoratori - che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori - sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali" (Cons. di St., sez. V, 28 agosto 2017 n. 4079;
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 27 giugno 2017 n. 1056;
T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 febbraio 2017 n. 231);

"perseguendo la prioritaria finalità di garantire la continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall'impresa uscente nell'esecuzione dell'appalto - risulta costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), se si contempera con l'organigramma dell'appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa pure tutelata dall'art. 41 Cost." (Cons. di St., sez. V, 28 agosto 2017 n. 4079).

Ne consegue, allora, che:

"la suddetta clausola deve quindi essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente" (Cons. di St., sez. III, 5 maggio 2017 n. 2078 e 30 marzo 2016 n. 1255;
T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 18 dicembre 2015 n. 1769);

di contro, "è illegittima la clausola sociale del bando che scoraggi la partecipazione alla gara e limiti ultroneamente la platea dei partecipanti, poiché la finalità di garantire la continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall'impresa uscente nell'esecuzione dell'appalto non può ledere i principi di libera concorrenza e libertà d'impresa" (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 15 marzo 2017 n. 209).

Dagli esposti principi deriva, quindi, che "nelle gare pubbliche l'impegno al rispetto delle condizioni contrattuali e retributive previste in favore del personale impiegato nell'appalto (c.d. clausola sociale) va assolto in sede di esecuzione del contratto e non in sede di partecipazione alla gara" (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 29 luglio 2014 n. 2024), "dovendo qualificarsi la clausola sociale non come requisito di partecipazione, ma come modalità di esecuzione del servizio", come tale da indicarsi in tempo utile affinché le imprese possano "valutare, senza alcuna lesione della "par condicio", la convenienza dell'offerta da presentare" (Cons. di St., Ad. Plen., 6 agosto 2013 n. 19).

Conclusivamente, la clausola sociale non impone affatto all’aggiudicatario dell’appalto pubblico l’integrale riassorbimento di tutti i lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente.

Nelle gare pubbliche, viceversa, la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva dell’assetto concorrenziale del mercato, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., posta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto;
la suddetta clausola deve, quindi, essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente. Da tanto discende, allora, che l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante;
i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali, ma la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 28/07/2020, n.4796).

3.2.- Orbene, vagliando le assunte argomentazioni censorie alla luce dei principi sopra esposti, emerge con evidenza la loro infondatezza, soprattutto in ragione del chiaro tenore precettivo della clausola dell’avviso impugnato, come emergente dalla sua formulazione letterale.

Invero, l’art. 9 dell’Avviso (Misura di salvaguardia), sebbene abbia imposto all’aggiudicataria l’assorbimento del personale impiegato dall’affidatario uscente, al contempo, ha precisato che la misura di salvaguardia darebbe stata applicata a condizione che il numero dei lavoratori da assorbire e la loro qualifica fossero armonizzabili con l’organizzazione del soggetto subentrante.

Perimetrando con tale precisazione la portata applicativa della menzionata clausola, quindi, la resistente azienda, nel pieno rispetto dei sovraesposti principi giurisprudenziali, da un lato, non ha illegittimamente convertito una condizione di esecuzione del servizio in un requisito di partecipazione e, dall’altro, ha correttamente rimesso alla fase di esecuzione la verifica volta ad accertare se l'adempimento degli obblighi connessi al rispetto della clausola sociale fosse tale da alterare effettivamente la struttura giuridica dell'associazione partecipante ovvero se gli impegni assunti restassero confinati nel quadro di un'assoluta marginalità delle attività collaterali dell'associazione.

Precisando, quindi, che l’osservanza della clausola sociale sarebbe stata valutata dalla stazione appaltante in fase di esecuzione del contratto ed in rapporto alle specifiche caratteristiche organizzative dell’impresa aggiudicataria, ha preventivamente escluso che la sua applicazione potesse condurre ad esiti incompatibili con i precetti imposti dalle norme imperative regolanti l’organizzazione delle associazioni di volontariato cui era riservata la selezione e, in particolare, con il disposto dell’art. 33 del d.lgs. n. 117/2017.

Tale ultima norma, infatti, stabilisce che le organizzazioni di volontariato, pur avvalendosi in modo predominante delle prestazioni dei propri aderenti, possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo, in via marginale, vale a dire nei limiti esclusivamente necessari al loro regolare funzionamento ovvero qualora occorrenti a qualificare e specializzare l'attività da esse svolte, rientrando, anche per tali limitazioni, tra i soggetti che possono partecipare alle gare pubbliche.

Invero, la marginalità dell'attività commerciale delle associazioni di volontariato volta, cioè, all'offerta dei beni e servizi sul mercato, costituisce, infatti, espressione del principio generale del diritto comunitario di divieto di abuso del diritto. Essa, in particolare, è volta ad evitare che stiano sul mercato enti aventi la veste giuridica di onlus ma che, di fatto, avendo un proprio apparato organizzativo basato su personale dipendente e svolgendo attività commerciale, beneficino, con effetti distorsivi della concorrenza, di un regime fiscale e previdenziale di favore.

Sulla base delle sovresposte considerazioni, il motivo in esame dev’essere respinto, non presentando la clausola impugnata la lamentata portata escludente atteso che, per come formulata, da un lato, ha realizzato un corretto bilanciamento tra i valori antagonisti e, dall’altro, non ha contemplato un precetto assoluto, tale cioè da comprimere le esigenze organizzative dell'impresa e da impedire una efficiente ed efficace combinazione dei fattori produttivi, essendone stata prevista l’applicazione conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza. Difatti, l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, è stata armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione imposta dal citato art. 33 all’organizzazione aziendale della futura aggiudicataria (cfr. Cons. St., sez. III, 23 aprile 2021, n. 297;
id. 23 febbraio 2021, n. 1576;
id., sez. V, 2 novembre 2020, n. 6761).

4.- Infondata è anche la seconda delle articolate censure, con cui la ricorrente organizzazione ha impugnato l’Avviso Pubblico nella parte in cui ha determinato il limite massimo delle spese rimborsabili all’aggiudicataria, poiché, così disponendo, l’ASL avrebbe fatto ricorso – a dire della ricorrente - ad una forfettizzazione dei costi vietata dalla legge, esponendo le ODV a dover sopportare in proprio gli eventuali maggiori costi, con ricadute negative anche sulla regolare esecuzione del servizio.

Per confutare la riportata doglianza, reputa il Collegio necessario muovere da una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento in cui primeggia il ruolo decisivo assolto dalle previsioni poste dall’art. 56, d.lgs. n. 117/2017.

Quest’ultimo, nel consentire alle pubbliche amministrazioni la stipula con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale di "convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato", precisa che:

tali convenzioni "possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate" (comma 2);

il rimborso avviene "nel rispetto del principio di effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all'attività oggetto della convenzione" (comma 4).

Sul significato da attribuire alla locuzione "spese effettivamente sostenute e documentate" (i.e. spese vive) impiegata dall'art. 56, comma 2, d.lgs. n. 117/2017, il parere del Consiglio di Stato 20 agosto 2018 n. 2052 ha avuto modo di affermare che: "Occorre intendersi su tale locuzione, atteso che il rimborso che escluda la remunerazione di tutti i fattori della produzione altrui (capitale e lavoro) e copra solamente le spese vive, nega l'onerosità della prestazione ed enuclea un contesto di servizio di interesse generale non economico, non interferente, in quanto tale, con la disciplina del codice dei contratti pubblici. A questo riguardo, la stessa disposizione del quarto comma dimostra l'impossibilità di pervenire, sul piano dello stretto diritto positivo, ad un approdo sicuro. Per tentare una sintesi, sembra far propendere per l’onerosità del servizio sociale di interesse generale oggetto della convenzione la riconduzione tra le spese rimborsabili dei costi indiretti e forse anche degli oneri relativi alla copertura assicurativa, ma è indubbio che si tratta di ipotesi limite, non costruite con previsioni di portata generale, che si collocano quasi in una terra di nessuno".

Inoltre, il medesimo parere del 20 agosto 2018 ha anche sottolineato come, in termini più ampi, le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel codice del terzo settore (i.e. accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al codice dei contratti pubblici "ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all'affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall'affidatario in forma integralmente gratuita, intesa nel rigido senso specificato supra", mentre "sono, viceversa, soggette al codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del terzo settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall'affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi di spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione;
l'Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profit, de facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio".

In definitiva, nelle procedure ad evidenza pubblica rette dal d.lgs. n. 117 cit. "deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese ("le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall'ente")" (cfr. Cons. Stato, comm. spec., parere 20 agosto 2018 n. 2052). Infatti, l'ammissibilità stessa del sistema convenzionale con gli enti del terzo settore si fonda sulla circostanza che esso concorra al raggiungimento di una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio, fermo restando che le organizzazioni coinvolte non debbono trarre alcun profitto dalle loro prestazioni, fatto salvo il rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo, necessari per fornire le medesime (TAR Piemonte, sez. I, 29 dicembre 2021 n. 1226). Così, quando un ente pubblico agisca quale stazione appaltante, attivando una procedura concorrenziale finalizzata all'affidamento di un contratto pubblico per lo svolgimento di un servizio con il riconoscimento di un corrispettivo, idoneo ad assicurare un utile di impresa, si applicherà il d.lgs. n. 50 cit., venendo ad esistenza un rapporto a prestazioni corrispettive;
al contrario, a fronte dell'attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, ai sensi delle disposizioni del titolo VII del d.lgs. n. 117 cit., finalizzata alla selezione degli enti del terzo settore con i quali formalizzare un rapporto di collaborazione, si applicheranno le sole disposizioni del d.lgs. n. 117 cit. e della l. n. 241 cit. (TAR Piemonte, sez. I, 29 dicembre 2021 n. 1226).

Fatte tali doverose premesse, è noto che nel quadro dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e soggetti del terzo settore avvenga ordinariamente che le prime mettano a disposizione dei secondi le proprie risorse economiche, materiali ed umane per lo svolgimento di servizi di interesse generale. I mezzi finanziari così somministrati vanno considerati alla stregua di contributi ex art. 12, l. n. 241/90, come pure chiarito dal d.m. 31 marzo 2021 n. 72. che, una volta preventivamente determinati dall’amministrazione, possono essere fruiti dall’organizzazione di volontariato a condizione di un’analitica e documentata rendicontazione delle spese sostenute, posto che le amministrazioni pubbliche hanno l'obbligo di controllare il "corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali" ex art. 93, comma 3, lett. e), d.lgs. n. 117 cit.

4.1.- Nella specifica vicenda che ci occupa, l'art. 2 dell'avviso ha correttamente indicato le risorse pubbliche messe a disposizione, a titolo di contributo, dell'ente aggiudicatario, predeterminandone il valore economico massimo con riferimento ad ogni singolo Lotto e postazione.

L’art. 3 ha, poi, precisato che si trattava del rimborso massimo delle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento delle attività e che tali spese avrebbero dovuto comunque essere documentate ai sensi dell’art. 56 del D.lgs. n. 117 del 3 luglio 2017 in applicazione di quanto previsto dal Regolamento aziendale approvato con Deliberazione n. 694 del 06.12.2022, sempre nei limiti massimi del valore mensile del Lotto. Le categorie di spesa riconosciute a rimborso sono state, infine, indicate nell’allegato format “Macrovoci di rimborso”, come riportate nel modello di Rendiconto allegato al Regolamento sopra precitato.

Stante tutto quanto sopra, osserva il Collegio che, alla luce delle sopra citate disposizione di gara ed in assenza di un puntuale contestazione sul punto, l’Amministrazione si è limitata, per evidenti ragioni di trasparenza e di economica gestione del servizio, a predeterminare il contributo economico massimo messo a disposizione dell’aggiudicataria, subordinando la sua fruizione esclusivamente alla corretta rendicontazione delle spese secondo le modalità e nei termini dell’approvato regolamento aziendale, non oggetto, con riguardo all’individuazione dei costi rimborsabili ed alle modalità di rendicontazione, di specifica impugnazione.

Così operando, pertanto, deve escludersi che l’azienda resistente abbia individuato, come sostenuto dalla ricorrente, i costi rimborsabili ricorrendo ad una percentuale a forfait che, come chiarito dal parere del Consiglio di Stato del 20 agosto 2018, sarebbe stata di per sé sintomatica della natura onerosa e non gratuita dell'affidamento di cui è causa. Infatti, nella procedura in parola tutte le spese ammissibili a rimborso sono state riferite, entro il limite massimo del determinato contributo, ai costi documentati, rendicontati ed effettivamente sostenuti, oltre che imputabili al periodo di affidamento, con il che resta evidentemente escluso il loro rimborso mediante modalità di forfettizzazione (TAR Campania, Napoli, sez. V, 1° aprile 2021 n. 2227).

In definitiva, la previsione del limite massimo dei costi rimborsabili all’organizzazione aggiudicataria non si è tradotta nell’illegittima previsione, come sostenuto dalla tesi ricorsuale, di un rimborso forfettario mensile fisso in misura massima, in evidente violazione delle innovative disposizioni del d.lgs. n. 117/2017, applicabili alla procedura de qua, che viceversa impongono, come specificamente previsto dall’avviso impugnato, in via esclusiva il rimborso sulla base delle spese effettivamente sostenute dagli enti no profit. Per contro, l’azienda sanitaria si è limitata alla doverosa e corretta predeterminazione dei mezzi finanziari messi a disposizione dell’aggiudicatario quale contributo pubblico per lo svolgimento del servizio. In tal modo operando, conclusivamente, l’amministrazione si è attenuta alla regola stabilita dall'art. 12 legge 241/1990, che integra un principio generale dell'ordinamento giuridico, quale corollario e precipitato logico dei superiori princìpi costituzionali di imparzialità e di buon andamento.

Detta regola, volta a subordinare l'attività di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere alla predeterminazione dell’importo erogabile ed alla pubblicazione, da parte delle amministrazioni procedenti, dei criteri e delle modalità cui le stesse devono attenersi, non è posta soltanto a garanzia dell'affidamento dei richiedenti i benefici in questione. Essa concorre anche alla declinazione in sede amministrativa delle finalità effettive dell'intervento, con la conseguenza che la distribuzione di un contributo secondo modalità non conformi a criteri debitamente predeterminati dall'Ente ed in misura superiore all’importo determinato, oltre a porsi in contrasto con il principio di legalità, può determinare uno sviamento della causa dell'intervento pubblico sotto il profilo funzionale proprio del contributo stesso (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, III, n. 1142/2014).

Non vi è dubbio, poi, che la regola formalizzata nell'art. 12 l. n. 241/1990 sia posta a garanzia della par condicio tra i possibili destinatari delle sovvenzioni, in quanto preordinata a realizzare le necessarie condizioni di trasparenza dell'azione amministrativa occorrenti, a loro volta, a permettere un dimostrabile rispetto, nell'assegnazione delle erogazioni, dei principi di imparzialità e di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'art. 3 della Cost. (ex multis cfr. Cons. St., VI, n. 5319/2019;
id., V, n. 1552/2015;
id., II, n. 5261/2015;
T.A.R. Lazio, Roma, II, n. 622/2017).

Tutte le superiori argomentazioni, in definitiva, inducono a concludere per l’integrale reiezione del ricorso.

5.- Quanto, infine, alle spese di giudizio, nei rapporti tra la ricorrente e l’azienda resistente, in applicazione del principio della soccombenza, le stesse sono poste a carico della prima, laddove la difesa meramente formale operata dalla terza interventrice ne giustifica nei suoi confronti l’integrale compensazione.

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