TAR Brescia, sez. I, sentenza 2023-11-03, n. 202300815
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Pubblicato il 03/11/2023
N. 00815/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00376/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 376 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S B ed E A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Brescia, contrada della Mansione, 2;
contro
Ministero dell'Interno e Questura di Brescia, in persona del Ministro e del Questore pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
del decreto Cat.A.12/2021/Immig/II Sez/10BS076340 emesso dal Questore della Provincia di Brescia il 7.4.2021 e notificato il 14.4.2021, con il quale è stata disposta la revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo n. I01245957 rilasciato al ricorrente il 4.10.2010, e di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Brescia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2023 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Il sig.-OMISSIS-, cittadino tunisino, è entrato in Italia oltre trent’anni fa, nel 1992, ha ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, più volte rinnovato, e poi nel 2010 un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
2.- Nel 2001 si è sposato con la sig.ra -OMISSIS-, marocchina, dalla quale ha avuto tre figli, nati nel 2006, 2011 e 2013, dunque ancora minorenni.
3.- Il 17.10.2011 ha patteggiato una pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed € 2.000 di multa, con l’attenuante della lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, e con la sospensione condizionale, per la detenzione di cocaina e hashish (fatto commesso il giorno prima).
4.- Qualche anno dopo, il 15.6.2018, è stato querelato dalla moglie e successivamente imputato del reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.) con l’aggravante di avere commesso il fatto in presenza di minori (art. 61, n. 11- quinquies , c.p.), perché quantomeno da giugno 2017 aveva omesso di prestarle assistenza morale e materiale (la moglie ha affermato che, secondo i loro accordi, lei avrebbe provveduto alle spese di casa e lui al pagamento dell’affitto, cosa che però non faceva perché sperperava i soldi in droga, alcol e videopoker, cosicché la famiglia ha dovuto subire anche lo sfratto), l’aveva aggredita fisicamente e l’aveva minacciata di morte.
È stato imputato anche del reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) con le aggravanti di avere commesso il fatto con armi e nei confronti del coniuge (artt. 585 e 577 c.p.), per avere provocato alla moglie in data 19.9.2018 (dunque dopo la querela), durante una lite nell’azienda in cui entrambi lavoravano, una distorsione cervicale, una ferita da taglio all’addome e graffi al collo.
Per questi fatti, il 15.10.2018 è stato sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla moglie.
5.- Nel luglio 2019 la moglie ha avviato il procedimento per la separazione giudiziale, nel quale i figli le sono stati provvisoriamente affidati in via esclusiva. Inoltre nell’ottobre 2019 il Tribunale per i minorenni di Brescia ha dichiarato il ricorrente decaduto dalla responsabilità genitoriale.
6.- Il 7.11.2019 la misura cautelare del divieto di avvicinamento è stata sostituta dalla custodia cautelare in carcere perché il sig.-OMISSIS-, dopo l’avvio del procedimento di separazione, ha violato il divieto di comunicare con la moglie e le ha rivolto minacce di morte, manifestando così, ad avviso del giudice penale, “ evidente incapacità di autocontrollo ed autocustodia ”.
7.- Il processo penale per maltrattamenti e lesioni si è concluso con sentenza del Tribunale di Brescia del 2.3.2020, poi confermata dalla Corte d’Appello di Brescia il 12.1.2021, che ha condannato il sig.-OMISSIS- alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore della moglie, e ne ha ordinato l’espulsione una volta espiata la pena.
8.- Tre mesi dopo, il 7.4.2021, la Questura di Brescia, con il provvedimento impugnato, ha revocato al ricorrente il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, ritenendolo socialmente pericoloso alla luce della condanna penale, delle motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare e del precedente patteggiamento del 2011, e rimarcando in particolare la gravità, la tipologia e l’attualità del delitto commesso, nonché il fatto che né le pregresse esperienze giudiziarie, né la misura cautelare originariamente disposta avevano sortito un effetto dissuasivo in ordine alla commissione di ulteriori reati.
Nell’operare il bilanciamento tra l’interesse pubblico alla sicurezza e la situazione familiare del sig.-OMISSIS-, la Questura ha evidenziato:
- che “ la famiglia non risulta aver svolto un ruolo contenitivo della pericolosità ”;
- che “ nel caso di specie, l'effettività in capo allo straniero dei vincoli con la propria famiglia non può essere riconosciuta, atteso che i riportati fatti per il reato p.e.p. dall'art. 572 c.p. hanno riguardato proprio il trattamento riservato dal nominato alla moglie, da ciò risultando già minata quell'unità familiare che comporterebbe, di norma, l'obbligo di controbilanciare i profili di pericolosità sociale emersi a suo carico con la presenza del nucleo familiare. In questo contesto, non può non assumere ulteriore rilevo ostativo la circostanza che i maltrattamenti perpetrati nei confronti della moglie avvenissero anche in presenza dei figli minori ”;
- che “ la recente sentenza di condanna costituisce la «risultante» di una lunga serie di violenze fisiche e verbali che lo straniero ha inflitto alla moglie, e di riflesso ai figli, nel corso della loro convivenza matrimoniale ed evidenzia l'indole violenta dello straniero e la sua inconsapevolezza circa il disvalore delle sue condotte ”;
- che “ nemmeno la permanenza nello Stato italiano da lungo tempo e lo svolgimento di una pregressa attività lavorativa possono di per sé rappresentare un valido indice di radicamento e, pertanto, controbilanciare la desunta pericolosità sociale. Come già evidenziato in sede penale, si registrano comportamenti deplorevoli reiterati nel tempo, che rivelano il mancato rispetto delle regole elementari della convivenza civile, mentre al contrario non affiorano specifiche esperienze a contenuto positivo, indispensabili per dare conto di una reale «resipiscenza» ”;
- che “ la coniuge, titolare unitamente ai tre figli minori del permesso di soggiorno per lungo-soggiornanti, è in possesso di un autonomo reddito idoneo al proprio sostentamento e dei familiari a carico ”.
9.- Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con ricorso notificato l’11.6.2021 e l’Amministrazione si è costituita inizialmente solo con atto formale.
10.- Con ordinanza n. 211 del 16.7.2021 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, e il provvedimento è stato confermato in appello dal Consiglio di Stato.
11.- Il 23.5.2022 la Questura ha depositato una relazione con allegati.
12.- L’11.7.2023 il ricorrente ha chiesto nuovamente la sospensione del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 58 c.p.a., adducendo delle sopravvenienze in fatto, ma anche tale richiesta è stata respinta con ordinanza n. 303 del 28.7.2023 di questo Tribunale, il quale ha ritenuto “ che le circostanze addotte, se possono forse rilevare in riferimento al profilo del periculum in mora , non attengono viceversa al fumus boni iuris del ricorso ”, in quanto “ gli ipotetici vizi del provvedimento impugnato non possono riconnettersi a avvenimenti occorsi in epoca susseguente alla sua emissione ma, evidentemente, ai «fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare», cui si riferisce il ripetuto art. 58 c.p.a.;
che, pertanto, l’istanza proposta per i suoi contenuti (che eventualmente potrebbero essere valorizzati con la richiesta di un nuovo permesso di soggiorno) è inammissibile, e comunque infondata, perché nessun nuovo elemento viene addotto circa l’illegittimità del provvedimento impugnato, e comunque carente sotto il profilo della gravità del danno, poiché la discussione di merito del ricorso è fissata al prossimo 25 ottobre 2023 ”.
DIRITTO
1.- Preliminarmente va dichiarato inammissibile, perché tardivo, il deposito di documenti effettuato dall’Amministrazione il 23.10.2023, due giorni prima dell’udienza pubblica, avente ad oggetto documenti del 2022, che dunque ben avrebbero potuto essere prodotti nei termini.
2.- Col primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, che il provvedimento impugnato ha giustificato affermando che esso non poteva avere altro contenuto dispositivo, “ pur in presenza di un apporto procedimentale dello straniero, in considerazione degli inequivocabili elementi di pericolosità sociale emersi ”.
2.1.- Il motivo è infondato per le ragioni già addotte nell’ordinanza cautelare del 16.7.2021 che qui si ribadiscono: “ se, in generale, la revoca di tale permesso non è mai automatica – e richiede dunque una valutazione dei diversi profili rilevanti, la quale, a sua volta, di norma impone una fase partecipativa con avviso di avvio del procedimento ex art. 10 bis l. 241/1990 (sempre necessaria, dopo la modifica dell’art. 21-octies, II comma, introdotta dall’art. 12, I comma, lettera i, del d.l. 76/2020, convertito in l. 120/2020) – tuttavia il provvedimento che dispone tale revoca può resistere alla censura di vizi del procedimento, se quello contiene, appunto, la dimostrazione di un’adeguata ponderazione degli elementi rilevanti ”.
3.- Il secondo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente.
Col secondo motivo il ricorrente sostiene che il provvedimento avrebbe applicato un automatismo ostativo, facendo discendere la revoca del permesso di soggiorno dalla condanna per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p. (i maltrattamenti in famiglia, previsti al 2° comma, lett. l -ter ), senza valutare da un lato la sua pericolosità sociale, dall’altro la sua effettiva integrazione sociale, familiare e lavorativa, sul territorio nazionale.
Sotto il profilo della pericolosità sociale, il ricorrente sostiene che gli episodi di violenza fisica a cui la moglie è stata sottoposta si sono limitati a due/tre in 18 anni di matrimonio, e non hanno mai riguardato i figli;per il resto, egli ha rivolto alla moglie solo attacchi verbali. Sostiene inoltre che i comportamenti che gli sono addebitati vanno inquadrati nel contesto della grave ludopatia che lo affligge, diagnosticatagli solo di recente e mai curata, per la quale è ora seguito dal Sert (docc. 2-3). Quanto al patteggiamento per spaccio di stupefacenti (connotato dalla lieve entità), esso sarebbe avvenuto in un periodo di crisi economica a seguito della perdita del lavoro.
Sotto il profilo lavorativo, evidenzia che, anche dopo la sua carcerazione, ha prestato attività lavorativa presso la Casa Circondariale di Brescia come responsabile di magazzino della cucina e aiuto cuoco, percependo una retribuzione di circa € 1.000,00 mensili (docc. 11 e 12).
Per quanto riguarda poi i rapporti familiari, evidenzia che nel giudizio civile di separazione è stata accertata l’importanza della figura paterna rispetto ai figli, tanto che il Giudice Istruttore, sulla scorta di una relazione del servizio tutela minori, ha conferito a quest’ultimo l’incarico di organizzare video-chiamate tra il padre e i due figli più piccoli, alla presenza del servizio stesso ed anche dopo la scarcerazione, e comunque fino a quando detto servizio lo riterrà necessario.
Infine asserisce che l’allontanamento dal territorio nazionale gli impedirebbe di contribuire al mantenimento dei figli.
4.- Col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del suo diritto all’unità familiare, perché la Questura non avrebbe operato con il dovuto rigore un bilanciamento tra l’esigenza di tutela dello Stato e gli interessi del ricorrente e della sua famiglia.
5.- Entrambi i motivi sono infondati perché:
- le condotte violente contro la moglie sono gravi e accertate dalla sentenza penale di condanna;non può quindi ritenersi incongrua la valutazione di pericolosità sociale compiuta dalla Questura sulla base di quelle condotte;
- sotto il profilo familiare, già l’ordinanza cautelare del 2021 aveva rilevato che “ l’assenza di una positiva relazione con la famiglia sembra corroborata, oltre che dal reato in sé, anche dall’affidamento esclusivo dei tre figli minori alla madre, legalmente separata ”;a ciò può aggiungersi che nell’ottobre 2019 il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha dichiarato la decadenza del ricorrente dalla responsabilità genitoriale (circostanza queste emersa nel presente giudizio solo dopo l’ordinanza cautelare del 2021), e che il servizio sociale ha proposto, e il giudice della separazione ha autorizzato, solo videochiamate con i figli minori (con esclusione dunque della figlia più grande, per la quale non sono stati ravvisati elementi per un riavvicinamento alla figura paterna) e solo alla presenza del servizio tutela minori, anche dopo la scarcerazione;
- quanto al mantenimento dei figli, la moglie ha riferito nel procedimento penale che vi faceva fronte da sola e che il marito – il quale, per accordo con lei, avrebbe dovuto farsi carico del pagamento dell’affitto – non vi ha provveduto, tanto che la famiglia è stata sfrattata;difatti il ricorrente non ha documentato alcun versamento alla moglie anteriormente al provvedimento impugnato, ma solo tre versamenti ad aprile, giugno e luglio 2021, e poi di recente versamenti regolari di euro 300 al mese da ottobre 2022.
6.- Nel ricorso ex art. 58 c.p.a. il ricorrente – come già accennato nell’esposizione dei fatti – ha allegato e documentato alcune sopravvenienze, e cioè:
- il giudizio di separazione personale è stato definito con formulazione di conclusioni congiunte recepite in sentenza, che prevedono l’affido esclusivo dei minori alla madre, con facoltà per la stessa di assumere anche le decisioni di maggior interesse (c.d. affido super-esclusivo), e incontri protetti tra il padre e i figli, inizialmente tramite lo strumento della video-chiamata, con possibilità di effettuare incontri in presenza dietro richiesta del padre e previa valutazione dei servizi sociali;
- sono state attivate le videochiamate con i figli, dapprima con cadenza mensile e poi ogni tre settimane, con esito positivo;
- in data 10.5.2022 il ricorrente è stato affidato in prova ai servizi sociali, immediatamente scarcerato e collocato presso una cooperativa specializzata nella cura dei ludopatici;nel provvedimento il Tribunale di Sorveglianza di Brescia ha affermato che “ dalle risultanze documentali agli atti non emergono indici di pericolosità sociale ostativi alla concessione del chiesto beneficio ”;
- nel giugno 2022 il ricorrente ha avviato, davanti al Tribunale per i minorenni di Brescia, il procedimento per la reintegrazione della responsabilità genitoriale ex artt. 332 e 336 c.c., nell’ambito del quale è stata depositata una relazione dei servizi sociali contenente valutazioni estremamente positive, e si è ravvisata l’opportunità di attivare un calendario di incontri in presenza tra il padre e i due figli più piccoli, una volta ogni tre settimane;
- dopo essere stato scarcerato ha lavorato come operatore ecologico, riuscendo così a contribuire con almeno euro 300,00 mensili al mantenimento dei figli, e ha frequentato diversi corsi di formazione nonché il corso per ottenere la patente CQC per tornare a fare l’autotrasportatore;
- nella relazione del servizio tutela minori del 9.5.2023, si riferisce che la moglie del ricorrente “ ha riferito alla scrivente di essere serena all’idea che i bambini continuino ad avere contatti con il padre, ma che vorrebbe avere la certezza che il sig.-OMISSIS- rimanga in Italia, in modo da non crear loro altre delusioni e sofferenza ”.
6.1.- Anche su queste circostanze sopravvenute è sufficiente richiamare l’ordinanza cautelare del 28.7.2023, la quale ha rilevato che “ gli ipotetici vizi del provvedimento impugnato non possono riconnettersi a avvenimenti occorsi in epoca susseguente alla sua emissione ”, e che quelle circostanze sopravvenute, certamente positive nella direzione di una rieducazione sociale del ricorrente e della ricostruzione dei rapporti con i due figli più piccoli, non possono comportare un’illegittimità sopravvenuta del provvedimento impugnato, ma “ eventualmente potrebbero essere valorizzati con la richiesta di un nuovo permesso di soggiorno ” (sul principio per cui la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere valutata sulla base degli elementi di fatto e diritto esistenti al momento della sua emissione, e non successivamente cfr., ex multis, in motivazione, T.A.R. Lazio - Roma, II, 7 giugno 2021, n. 6770, nonché C.d.S, V, 15 luglio 2021, n. 5353).
7.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.