TAR Napoli, sez. V, sentenza 2010-06-24, n. 201016016
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N. 16016/2010 REG.SEN.
N. 00124/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 124 del 2010, proposto dal Sig. I C, rappresentato e difeso dall’Avv. M D D ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. S C in Napoli, Viale Gramsci n.19;
contro
Comune di Arienzo in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. G T ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. S R in Napoli, Via C. Rosaroll n.70;
nei confronti di
D C S, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della Delibera di Giunta Comunale n.81 del 19/11/2009, della Determina n.141 del 20/11/2009, della Delibera di Giunta n.90 dell’1/12/2009 di nomina della Commissione esaminatrice, del bando di concorso e di tutti gli atti e verbali del concorso interno per la copertura tramite progressione verticale di 1 posto – ctg.D.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione del Comune di Arienzo;
Visti i motivi aggiunti proposti avverso la nota del 30/12/2009 di comunicazione dell’esito della selezione e il contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato;
Vista la documentazione depositata dal Comune di Arienzo;
Vista la memoria del Comune di Arienzo;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Designato relatore il Consigliere G N alla pubblica udienza del 17 giugno 2010, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espone in fatto il ricorrente che, con Delibera n.41 del 26/3/2009, la Giunta Comunale di Arienzo approvava il programma triennale del fabbisogno di previsione per gli anni 2009/2011, prevedendosi la necessità di garantire attraverso la stabilizzazione n.1 posto ctg.C;successivamente con l’impugnata Delibera n.81 si è prevista la copertura mediante progressione verticale di n.1 posto ctg.D, con successiva approvazione del bando di selezione pubblicato all’Albo pretorio per soli 10 giorni. Il ricorrente ha presentato istanza di accesso agli atti ed è seguita la nomina della Commissione.
Il Comune si è costituito per dedurre l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso, depositando documentazione.
Alla pubblica udienza del 17 giugno 2010 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la disparità di trattamento, la violazione dell’art.97 Cost., degli artt.127, 128 e 130 del Regolamento degli uffici e dei servizi del Comune, nonché dell’art.124 del Decr. Lgs. n.267/2000.
2. In via preliminare il Collegio osserva che, come peraltro evidenziato dalla giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Liguria, II, 30.8.2006, n.938), l'art. 89 del D.Lgs. n.267/2000 stabilisce che la potestà regolamentare degli enti locali si esercita, fra l'altro, in materia di "procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro" (comma 2 lett. d) e che i relativi regolamenti fanno riferimento, nella definizione delle procedure per le assunzioni, ai "principi" fissati dall'art. 36 del D.Lgs. 29/93 (comma 3), dovendosi intendere tale richiamo ora effettuato alle corrispondenti disposizioni del D.Lgs. 165/01.
2.1 Ciò comporta che deve essere comunque garantito il rispetto dei principi ora contenuti nell'art. 35 del D.Lgs. n.165/01, secondo cui l'assunzione deve avvenire mediante procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano adeguatamente l'accesso dall'esterno e siano conformi ai principi di trasparenza, imparzialità, economicità ed efficacia meglio specificati al terzo comma dello stesso art. 35;la modalità selettiva del corso-concorso di per sé non contrasta certo con il rispetto di tali principi e non vi sono pertanto ragioni per non considerarla utilizzabile per l'accesso all'impiego ed alle qualifiche dirigenziali degli enti locali, purché disciplinata conformemente ai dettami della normazione di rango primario.
In particolare il principio sancito dal citato art. 35, comma 1, secondo il quale per la costituzione del rapporto di pubblico impiego devono superarsi procedure selettive, è applicabile, in via generale, anche con riferimento all'attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute nei contratti collettivi cui rinvia l'art. 40, comma 1 dello stesso Decreto Legislativo), dato che, a norma del successivo art. 52, comma 1, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore «per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive» (Cons. Giust. Ammin., 29.6.2005, n.412);pertanto si deve ritenere che le procedure che consentono il passaggio da un'area inferiore a quella superiore integrano un vero e proprio concorso, qualunque sia l'oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere, ciò perché in materia di pubblico impiego il concorso costituisce (di norma) la regola generale anche per l'accesso ad una fascia funzionale superiore, essendo lo stesso «il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della Pubblica amministrazione».
2.2 Come chiarito dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, II, 15.1.2008, n.38), il contesto vincolistico che, in nome del contenimento della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle dotazioni organiche la cui determinazione assume sempre più strategicamente il ruolo di presupposto necessario ed ineludibile per pianificare la politica del personale e quindi le procedure di reclutamento ex artt.35 e 36 del D. Lgs n.165/01, è sicuramente valevole anche per le Regioni e le autonomie locali che devono attenersi ai criteri e limiti fissati al riguardo. In tale ottica si inseriscono le pronunce della Corte costituzionale (n. 1 del 1999 e n.194 del 2002), della Corte di Cassazione (SS. UU 15.10.2003, n. 15403) e del Consiglio di Stato (parere del 9 novembre 2005) che hanno evidenziato come con il citato art. 35 il Legislatore abbia stabilito che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta e che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno. La Corte regolatrice della giurisdizione, nell'interpretazione della norma, con la citata pronuncia, ha chiarito che "questa regola deve ritenersi applicabile, in via generale, anche con riferimento all'attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute nei contratti collettivi cui rinvia l'art. 40, primo comma, del medesimo decreto legislativo) dato che, a norma del successivo art. 52, primo comma, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive". Pertanto, considerato che mediante gli accordi collettivi stipulati nel comparto del pubblico impiego è stato previsto un sistema di inquadramento del personale articolato in aree o fasce, all'interno delle quali sono contemplati diversi profili professionali, si deve ritenere che le procedure che consentono il passaggio da un'area inferiore a quella superiore integrino un vero e proprio concorso tali essendo anche le procedure che vengono denominate "selettive" qualunque sia l'oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere".
Tale indirizzo ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza costituzionale intervenuta dopo la privatizzazione del rapporto di impiego, essendo stato in particolare precisato che il passaggio ad una fascia funzionale superiore costituisce l'accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, alla stregua di qualsiasi altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso (ex multis, nn.320/97 e 314/94). Con la sentenza n. 194 del 2002 la Corte costituzionale, dopo aver richiamato, in materia di progressioni verticali (concorsi interni da un'area all'altra), i suestesi principi, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme della Legge n.133 del 1999 che riservava ai dipendenti dell'amministrazione finanziaria "la totalità dei posti messi a concorso, pari a gran parte dei posti disponibili, per di più prevedendo una quota riservata che appare incongruamente elevata...Né, oltre tutto, all'epoca risultava bandito il concorso pubblico per la residua parte dei posti, mentre è noto che il modello concorsuale richiede che la selezione avvenga con criteri tali da "prevedere e consentire la partecipazione anche agli estranei,assicurando così il reclutamento dei migliori" e, a tale modello si deve ricorrere anche per scongiurare "gli effetti distorsivi" che il criterio dei concorsi interni può produrre (sentenza n. 313 del 1994), attraverso forme di surrettizia reintroduzione dell'ormai superato sistema delle carriere "in contrasto con il canone di buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 313 del 1993)." In sostanza, il Giudice delle Leggi ha censurato, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost. la previsione normativa del "concorso interno", che riservava ai dipendenti dell'amministrazione una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, per di più senza aver bandito il concorso pubblico per la residua parte dei posti.
Il Consiglio di Stato - Commissione speciale per il pubblico impiego, con il parere del 9 novembre 2005 ha chiarito che "il lemma assunzione - come da ultimo confermato anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 14259 del 7 luglio 2005 - deve essere correlato alla qualifica che il candidato va a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che , oltretutto, l'accesso nell'area superiore del personale interno o esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica".
In sostanza, le progressioni verticali sono equiparate alle assunzioni e quindi, sono soggette alle limitazioni complessive della spesa massima consentita per ogni ente secondo i criteri fissati dai DPCM del 15 febbraio 2006.
3. Ciò premesso, il Collegio ritiene, con riguardo a quanto di specifico interesse nel gravame in questione, che, in perfetta aderenza ai principi di rango costituzionale compendiati nell'art. 98 Cost., la normativa di settore tuttora impone per l'assegnazione di pubblici uffici il ricorso a procedure concorsuali che salvaguardino l'accesso dall'esterno (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 11.3.2002, n.568;n.1108/2001) ai sensi degli artt. 36 e 36 bis del D. Lgs. 29/93 i cui principi, oggi trasfusi nel citato art. 35 del D. Lgs 165/2001), per effetto dell'espresso rinvio contemplato dall'art. 88 del D. Lgs. 267/2000, risultano applicabili anche agli Enti Locali, prevedendosi che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene tramite procedure selettive, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;d'altro canto, ai sensi delle citate norme, i regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi - che gli Enti locali nell'esercizio della loro autonomia sono chiamati ad adottare – devono disciplinare "le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti" e, dunque, anche in modo da garantire l'accesso dall'esterno.
Vero è che il richiamato Testo Unico n.267/2000, all'art. 91, espressamente consente agli Enti Locali, che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie, di prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, ma ciò solo in relazione a particolari profili o figure caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'Ente, tant’è che lo stesso art. 4 del C.C.N.L. per il personale del comparto delle Regioni - Autonomie Locali ha disciplinato l'area operativa dell'istituto della progressione verticale nel rispetto dei suindicati principi, peraltro espressamente richiamati, limitandola ai posti che non siano stati destinati all'accesso dall'esterno ovvero, con riferimento agli Enti che non versino nelle condizioni strutturalmente deficitarie, ai posti vacanti dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno degli stessi Enti.
3.1 Pertanto, come peraltro statuito di recente dalla Sezione (7.5.2010, n.3013) in analoga fattispecie, va censurata, nella fattispecie, la violazione di legge posta in essere dall’Amministrazione nella misura in cui, oltre che violando la riserva per i dipendenti in servizio come limitata nei termini dianzi esposti, è andata comunque di contrario avviso con la relativa disposizione dell’art.109 dell’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi che contempla una riserva per gli esterni dei posti messi a concorso.
Peraltro la riserva, in favore del personale interno, di una quota non superiore al 50% dei posti messi a concorso nell'ambito di una progressione verticale, è ammissibile per ogni singola procedura selettiva, non potendo l'ente effettuare una sorta di "compensazione" tra procedure selettive interamente riservate al personale interno con procedure selettive interamente aperte a soggetti esterni, seppur ricomprese nell'ambito della programmazione triennale del fabbisogno del personale di cui all'art. 39, comma 1, della Legge 27 dicembre 1997 n. 449 (Corte Conti, reg. Friuli Venezia Giulia, sez. contr., 2.7.2009, n.70).
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