TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-12-30, n. 202003621
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Testo completo
Pubblicato il 30/12/2020
N. 03621/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00113/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 113 del 2013, proposto da
Italgas - Società Italiana per il Gas s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati G C e M R, con domicilio eletto presso lo studio (Studio Zappalà) dell’Avv. F T sito in Catania, al Viale XX Settembre, 50;
contro
Comune di Nicosia, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- della delibera della Giunta del Comune di Nicosia, n. 195 del 17 ottobre 2012, avente ad oggetto “ Adempimento ai sensi dell'articolo 46 bis, comma 4 del d.l. 159/2007 s.m.i., relativo al canone di concessione del servizio di distribuzione del gas naturale “, ivi compresa l'allegata proposta del Dirigente del V Settore, pubblicata nell'Albo pretorio;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ivi compresa la nota del Dirigente del V Settore del Comune di Nicosia prot. gen. n. 31845 del 18 ottobre 2012 avente ad oggetto "Servizio di distribuzione del gas. Attuazione art. 46 bis d.l. n. 159/07 e s.m.i. Richiesta del canone concessorio nella misura del 10% del VRD", pervenuta ad Italgas il 23 ottobre 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il giorno 18 novembre 2020 il dott. Francesco Elefante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, concessionaria del pubblico servizio di distribuzione del gas nel Comune di Nicosia, impugnava i provvedimenti, di cui in epigrafe, con i quali il Comune resistente chiedeva la corresponsione del canone previsto dall’art. 46 bis del D.L. n. 150/07 nella sua misura massima del 10% sui ricavi di distribuzione con decorrenza dal 1.1.2012.
Deduceva, in punto di diritto, i seguenti motivi di gravame (in sintesi):
1) “ Violazione della legge n. 241/1990 ”, atteso che il procedimento di istituzione del canone in discussione non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio, trattandosi di atto non vincolato;
2) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 46 bis, comma 4, del D.L. n. 159/2007. Eccesso di potere per travisamento e contraddittorietà ” atteso, da un lato, che la concessione non era ancora scaduta per cui non soggetta al regime normativo indicato;dall’altro, che tale aumento non poteva in ogni caso essere applicato prima dell’avvio delle nuove gare.
3) “ Violazione dell’ artt. 3 della legge n. 241/1990. Difetto di istruttoria e di motivazione ”, atteso che tale aumento non era di fatto recuperabile in bolletta. Senza tacere che l’impugnato aumento era stato effettuato al massimo del valore possibile, senza accertare l’impatto in concreto sulla gestione, con conseguente difetto di istruttoria e di motivazione;
4) “ Violazione del principio di ragionevolezza, proporzionalità e irretroattività degli atti amministrativi ”.
Non si costituiva in giudizio il Comune resistente nonostante la rituale notifica del ricorso.
All’udienza del 18.11.2020 la causa veniva chiamata e trattenuta in decisione ai sensi dell’art.4 D.L. 28/2020 convertito con modificazioni con L. 70/2020, come richiamato dall’art. 25 D.L. 137/2020.
DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto perché fondato.
In primo luogo deve rilevarsi, infatti, che le determinazioni comunali relative all’incremento del canone concessorio ricognitorio, afferendo a decisioni che incidono su rapporti concessori in atto, esigono la previa comunicazione dell'avvio del procedimento da parte dell'Amministrazione comunale, a tutela delle garanzie partecipative del concessionario, al quale deve consentirsi di “..interloquire con l’amministrazione e valutare la sostenibilità dell'aggravio delle condizioni economiche della prestazione del servizio derivanti da tale decisione..” d’incremento unilaterale del canone dovuto (così, fra le tante, TAR Palermo, Sez. III, 26.04.2019 n.1156;TAR Napoli, sentenza nn. 2266 e 2267/2019). Adempimento che nella fattispecie è mancato.
In secondo luogo, perché peraltro nella fattispecie il Comune resistente ha preteso, in via astratta, di applicare la misura massima del 10% del VRD in assenza, tuttavia, di alcuna previa verifica circa l'impatto dello stesso sulla gestione del servizio reso dalla parte resistente, il che potrebbe determinare sottrarre le risorse destinate a garantire i necessari standard qualitativi e di sicurezza quand’anche non una vera e propria perdita. Il che, come detto, è avvenuto in via astratta mentre invece occorreva una puntuale istruttoria e motivazione sulla sostenibilità dell’aumento, specialmente ove massimo.
Restano assorbiti gli altri motivi di gravame, comunque inficiati a monte dalle suddette violazioni.
In ragione di quanto esposto, quindi, deve disporsi l’annullamento di tutti gli atti impugnati.
Spese di lite – liquidate come in dispositivo - a carico dell’amministrazione resistente.