TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-07-31, n. 202402040

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-07-31, n. 202402040
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202402040
Data del deposito : 31 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/07/2024

N. 02040/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00665/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 665 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Arena S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Chioggia, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentato e difeso originariamente dagli avvocati C P (poi collocato in quiescenza) e D P, e successivamente anche dall'avvocato U B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento,

I) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento del Dirigente del Settore urbanistica n. 16602 prot. del 7 aprile 2017, con cui è stata negata la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire acquisita al protocollo comunale con il n. 19416 del 21 aprile 2016, con contestuale diffida a iniziare le opere;

e per l’accertamento del conseguimento da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001, del medesimo permesso di costruire;

II) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 20.9.2017:

- del provvedimento del Dirigente del Settore urbanistica n. 30018 prot. del 27 giugno 2017, di rigetto della domanda di permesso di costruire acquisita al protocollo comunale con il n. 19416 del 21 aprile 2016.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Chioggia;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 7 maggio 2024, svoltasi in modalità da remoto, il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo la società Arena S.r.l., proprietaria degli immobili siti nel Comune di Chioggia in via Barbarigo, località Sottomarina, catastalmente censiti al foglio n. 40, mappale n. 1663, ha impugnato il provvedimento dirigenziale indicato in epigrafe, con cui il Comune ha negato la formazione del silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire (avente ad oggetto la costruzione di villette a schiera per complessive otto unità abitative ai sensi della l.r. n. 14/2009 – c.d. “Piano casa” - e ai sensi delle NTA del PRG) presentata il 21 aprile 2016, contestualmente diffidando la ricorrente dal dare avvio ai lavori (a suo dire tacitamente assentiti). La ricorrente ha anche chiesto l’accertamento del conseguimento del titolo per silenzio assenso ex art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001.

1.1. Espone la ricorrente che il Comune, in data 10 maggio 2016, chiedeva l’integrazione dei documenti allegati alla pratica edilizia e che l’interessata depositava la documentazione in due momenti successivi, il 20 maggio 2016 ed il 9 dicembre 2016.

1.2. Secondo la prospettazione attorea, decorso senza interruzioni il termine di 90 giorni dall’ultima integrazione documentale, il titolo edilizio si sarebbe formato per silenzio assenso ex art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001: di ciò il Comune veniva informato in data 3 aprile 2017, quindi seguiva la comunicazione di inizio lavori del 4 aprile 2017.

1.3. Con l’impugnato provvedimento del 7 aprile 2017 il dirigente comunale del Settore urbanistica rappresentava la mancata formazione del silenzio assenso e diffidava perciò la ricorrente “ ad iniziare le opere di cui alla domanda di permesso di costruire ”, specificando che “ nel caso contrario le opere si riterranno realizzate abusivamente e perseguite a norma di legge ”.

1.4. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

1) Violazione dell’art. 20, commi 3, 5, 6 e 8, del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per falsità di presupposto e carenza di motivazione .

La ricorrente deduce che:

- secondo il Comune il termine di 90 giorni, interrotto con la richiesta di integrazione del 10 maggio 2016, non avrebbe più ripreso a decorrere: da un lato perché la documentazione relativa all’impiego di energie rinnovabili non sarebbe stata “adeguatamente” integrata;
dall’altro lato perché « l’istanza risulta carente della polizza fidejussoria a garanzia del pagamento dell’importo mancante relativo al contributo di costruzione »;

- entrambe le enunciazioni del Comune sarebbero prive di fondamento: quanto al primo motivo ritenuto ostativo alla formazione del silenzio assenso, il Comune non avrebbe considerato che il progettista delle opere ha reso una dichiarazione circa la perfetta rispondenza del previsto impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili ai requisiti di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 28/2011, contestualmente segnalando che la pertinente relazione tecnica sarebbe stata fin dal principio compresa tra i documenti presentati a corredo della domanda di permesso di costruire;

- in quest’ottica la generica enunciazione secondo cui la documentazione non sarebbe stata “adeguatamente” integrata denoterebbe una carenza sotto il profilo motivazionale.

2) Violazione dell’art. 16, commi 2 e 3, e dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 81 della l.r. n. 61/1985. Eccesso di potere per falsità di presupposto e illogicità manifesta .

Con riguardo al secondo profilo ritenuto ostativo al perfezionamento del silenzio assenso, il Comune avrebbe erroneamente ritenuto che il pagamento del contributo, e quindi anche la prestazione della garanzia accessoria, integri un presupposto della formazione del titolo edilizio anziché esserne una conseguenza.

Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, il rilascio del permesso di costruire comporta (e non presuppone) la corresponsione del contributo e quindi, poiché la formazione del titolo edilizio è fonte dell’obbligazione di pagamento, la prima non può essere condizionata dall’adempimento della seconda, quest’ultima essendo un posterius , sul piano logico, rispetto all’altra.

A tale conclusione conduce anche il disposto di cui agli artt. 16, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 e 81 della l.r. n. 61/1985. In particolare, ai sensi dell’art. 81, comma 8, della l.r. n. 61/1985 “ in caso di concessione tacitamente assentita, la corresponsione del contributo […] deve aver luogo prima dell’inizio dei lavori. In caso contrario, il Sindaco notifica l’importo dovuto, quantificato dall’Ufficio Tecnico Comunale, e contemporaneamente sospende i lavori fino al pagamento ”. Poiché, dunque, la corresponsione del contributo è dovuta prima dell’inizio delle opere assentite, essa non condiziona la formazione del titolo per silenzio assenso, ma la sua omissione consente al Comune di disporre soltanto la sospensione dei lavori.

Ne discende che nel caso di specie, in cui la ricorrente ha chiesto la rateizzazione del contributo impegnandosi a garantirne il pagamento mediante fideiussione, il Comune non poteva diffidarla dal dare avvio ai lavori per insussistenza del titolo edilizio, ma poteva soltanto disporre la sospensione dei lavori fino alla presentazione della garanzia, poi avvenuta il 23 maggio 2017.

Secondo la ricorrente, quindi, l’omesso pagamento degli oneri non sarebbe sufficiente a impedire la formazione del titolo per silenzio assenso.

1.5. Successivamente il Comune ha trasmesso all’interessata la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di permesso di costruire, cui il progettista delle opere ha replicato con memoria ex art. 10- bis della l. n. 241/1990.

1.6. Il Comune ha quindi adottato il diniego espresso di permesso di costruire indicato in epigrafe, avverso il quale la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti.

Il diniego di permesso di costruire è plurimotivato e si fonda sui seguenti motivi:

1) l’intervento contrasta con l’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001: la richiedente non ha titolo a richiedere il permesso di costruire poiché la superficie netta di pavimento (snp) su cui viene conteggiata la snp che genera gli edifici in progetto (in applicazione dell’ampliamento consentito dalla l.r. n. 14/2009 e dall’art. 62 del PRG), viene calcolata su edifici esistenti ubicati su un lotto limitrofo che non sono in proprietà della richiedente;

2) l’intervento contrasta con l’art. 2 della l.r. n. 14/2009: le unità immobiliari che generano la snp in ampliamento, consistente nei nuovi edifici in progetto, non risultano alla data del 31.10.2013 in proprietà della richiedente proprietaria del lotto su cui vengono previsti tali edifici;

3) l’intervento contrasta con l’art. 7 delle NTA del PRG: la possibilità edificatoria citata nella relazione tecnica allegata all’istanza (derivante dall’indice di edificazione 0,40 snp/mq di cui all’art. 62 delle stesse NTA) non è applicabile al progetto in esame, poiché alla data del 31.12.2000 il titolare del volume edilizio esistente, ossia degli edifici esistenti ad est, era ancora proprietario dell’area contigua, ossia del lotto oggetto dell’istanza che risulta quindi asservito agli edifici medesimi;

4) i nuovi edifici risultano a distanza inferiore a m. 5 dalla strada via Esperia ubicata a sud;

5) l’intervento contrasta con l’art. 58 del Regolamento edilizio comunale, in quanto i poggioli sud di sei alloggi, a partire da est, risultano con sporgenza su suolo pubblico ad altezza inferiore a m. 3.

1.7. Con il ricorso per motivi aggiunti sono state articolate le seguenti censure.

1) Illegittimità derivata. Violazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 20 e 21- nonies l. n. 241/1990. Eccesso di potere per falsità di presupposto e illogicità manifesta .

Il diniego di permesso si fonderebbe sull’erroneo presupposto secondo cui, al momento della sua emanazione, il procedimento edilizio fosse ancora pendente e, quindi, non fosse ancora intervenuto un provvedimento definitivo.

I vizi già fatti valere con il ricorso introduttivo avverso il diniego di formazione del silenzio assenso si riverberebbero quindi in via derivata sul diniego di permesso di costruire, in quanto l’Amministrazione non può chiudere con un provvedimento negativo un procedimento già definito favorevolmente ex lege , avendo solo la possibilità – ex art. 20, comma 3, della l. n. 241/1990 – di intervenire in autotutela, ma nei modi, nelle forme e con le tutele procedimentali previste dalla legge, ciò che non sarebbe avvenuto nel caso di specie.

2) Illegittimità propria: violazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per falsità di presupposto .

La ricorrente deduce che:

- l’istanza di permesso di costruire riguarda la realizzazione di villette a schiera, per complessive otto unità abitative, sul lastrico solare di una costruzione interrata di proprietà esclusiva della ricorrente, comportante lo sviluppo di una superfice netta di pavimento di 479,60 mq;

- la capacità edificatoria occorrente deriverebbe alternativamente o dall’applicazione dell’indice di edificabilità di 0,40 mq/mq previsto per la z.t.o. B1 dall’art. 62, comma 9, delle n.t.a. del p.r.g., come (in tesi) consentito dall’art. 7 delle n.t.a., oppure utilizzando l’incremento rispettivamente del 30% e del 20% dell’edificazione esistente previsto dall’art. 2 della l.r. n. 14/2009 e dall’art. 62, comma 1, delle n.t.a.

3) Violazione dell’art. 5 del d.l. n. 70/2011 ed eccesso di potere per falsità di presupposto .

Ancora con riguardo al primo motivo di diniego del permesso, il Comune avrebbe erroneamente pretermesso l’istituto della cessione dei diritti edificatori, che invece, a dire della ricorrente, troverebbe applicazione nella fattispecie, nella quale i mappali 937, 938 e 1663 sono contigui, ricadono tutti in z.t.o. B1 e non consta che il p.r.g. preveda alcuna specifica limitazione al trasferimento di cubatura.

Il gravato diniego, inoltre, si fonderebbe sul falso presupposto che la società ricorrente non potrebbe impiegare la capacità edificatoria sviluppata dai fondi finitimi, acquistata (in tesi) in forza delle originarie clausole di asservimento urbanistico.

4) Violazione dell’art. 2 della l.r. n. 14/2009 e dell’art. 5 d.l. n. 70/2011 sotto differente profilo. Eccesso di potere per falsità di presupposto .

Con riguardo al secondo motivo del diniego di permesso, il Comune avrebbe erroneamente applicato l’art. 2 della l.r. n. 14/2009, atteso che, ai sensi di tale norma, quando l’ampliamento viene impiegato per realizzare un corpo edilizio separato, questo « deve trovarsi sullo stesso lotto di pertinenza dell’edificio che genera l’ampliamento o su un lotto confinante »;
soltanto nel caso in cui si voglia realizzare l’ampliamento su un lotto non confinante, è richiesto che questo « si trovi a non più di 200 metri, misurabili in linea d’aria, rispetto al lotto di pertinenza dell’edificio che genera l’ampliamento e appartenga, già alla data del 31 ottobre 2013, al medesimo proprietario o al di lui coniuge o figlio ».

Sarebbe infondata anche l’enunciazione comunale secondo cui i diritti edificatori derivanti dall’applicazione del “piano casa” non potrebbero essere trasferiti perché la l.r. n. 14/2009 non lo consentirebbe espressamente, in quanto la cessione dei diritti edificatori tra lotti ricadenti nella stessa z.t.o. sarebbe istituto di generale applicabilità, salvo che ciò non sia specificamente escluso, per particolari ragioni, dalla disciplina urbanistica.

5) Violazione dell’art. 7 delle n.t.a. del p.r.g. ed eccesso di potere per falsità di presupposto, motivazione illogica e disparità di trattamento .

Con riferimento al terzo motivo del diniego di permesso di costruire, la ricorrente muove dall’assunto secondo cui la capacità edificatoria necessaria a realizzare il progetto da essa proposto può essere ricavata – oltre che impiegando gli incrementi di s.n.p. esistente previsti dall’art. 62, comma 1, delle n.t.a. del p.r.g. e dall’art. 2 della l.r. n. 14/2009, come dedotto in precedenza - anche, in alternativa, applicando al mappale n. 1663 l’indice di edificabilità di 0,40 mq/mq previsto dall’art. 62, comma 9, delle n.t.a., come consentito dall’art. 7 delle stesse n.t.a.

Il Comune avrebbe errato nel ritenere non applicabile la disciplina dell’art. 7 delle n.t.a. perché « alla data del 31/12/2000 il titolare del volume edilizio esistente, ossia degli edifici esistenti a est, era ancora proprietario dell’area contigua, ossia del lotto di cui alla presente istanza che risulta quindi asservito dagli edifici medesimi …».

6) Violazione dell’art. 28 del d.P.R. n. 495/1992 e dell’art. 51 del Regolamento edilizio comunale. Eccesso di potere per falsità di presupposto .

Quanto al quarto motivo di diniego del permesso di costruire, la ricorrente deduce che la via Esperia è una strada urbana dotata di un’unica corsia a senso unico, come tale classificata di tipo “F” ex art. 2 del d.lgs. n. 285/1992, per la quale – ai sensi dell’art. 28, comma 2, del d.P.R. n. 495/1992 - non è prescritta alcuna distanza minima delle nuove costruzioni ai fini della sicurezza della circolazione.

Aggiunge la ricorrente che l’art. 62 delle n.t.a., per gli edifici che ricadono in z.t.o. B1 come nel caso di specie, non prevede specificamente una distanza minima dalle strade.

Inoltre, l’art. 51 del Regolamento edilizio prevede espressamente la derogabilità delle distanze dalle strade e dalle piazze purché (e affinché) venga mantenuto l’allineamento con i preesistenti fabbricati, come avverrebbe nella fattispecie.

7) Violazione dell’art. 58 r.e.c. Eccesso di potere per falsità di presupposto carenza di istruttoria e manifesta irragionevolezza .

Con riguardo al quinto (e ultimo) motivo di diniego del permesso di costruire, la ricorrente deduce che l’art. 50 del Regolamento edilizio sarebbe rispettato, in quanto l’area sulla quale sporgeranno gli aggetti dei poggioli sul prospetto sud del fabbricato non sarebbe suolo pubblico bensì proprietà privata della ricorrente;
inoltre, lo spazio previsto tra i poggioli e il futuro marciapiede – contrariamente a quanto ritenuto dal Comune – non sarebbe inferiore a 3 m.

1.8. Si è costituito il Comune di Chioggia per resistere al ricorso.

1.9. Ad esito della camera di consiglio dell’11.10.2017 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare con ordinanza n. 496/2017, che è stata confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare.

1.10. In vista dell’udienza di discussione le parti hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive posizioni.

Il Comune ha eccepito l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti in ragione del fatto che Arena S.r.l., nelle more del giudizio, ha presentato un nuovo progetto edilizio per il medesimo lotto di terreno, al fine di realizzare una diversa opera, progetto anch’esso bocciato dal Comune con provvedimento che è stato impugnato dinanzi a questo Tribunale (ricorso RG n. 1382/2021, con udienza pubblica fissata per il giorno 11.7.2024).

1.11. Alla pubblica udienza del giorno 7 maggio 2024 (ruolo smaltimento), tenutasi in modalità da remoto, il legale di parte ricorrente ha dichiarato la rinuncia ai motivi dal n. 2 al n. 7 del ricorso per motivi aggiunti, precisando, quindi, che il tema del contendere resta circoscritto alle sole censure relative alla formazione del silenzio-assenso (ricorso introduttivo e primo motivo del ricorso per motivi aggiunti);
indi, su tale profilo la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

2. In via preliminare, occorre dare atto che la ricorrente ha rinunciato ai motivi dal n. 2 al n. 7 del ricorso per motivi aggiunti, il quale, pertanto, va in parte qua dichiarato estinto per rinuncia.

3. Ciò posto, si può prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità sollevata dal Comune, in quanto il ricorso introduttivo ed il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti sono infondati nel merito.

3.1. Le censure possono essere trattate congiuntamente, in quanto strettamente connesse.

Al riguardo, è sufficiente rilevare, come già affermato nella fase cautelare, che nella fattispecie non può ritenersi formato il silenzio assenso sulla domanda di permesso di costruire del 21 aprile 2016.

Invero, il relativo termine di 30 giorni ex art. 20 del d.P.R. n. 380/2001 è stato tempestivamente interrotto dal Comune, con la richiesta di integrazione documentale del 10 maggio 2016, e non ha più ripreso a decorrere perché, allo spirare dei 30 giorni assegnati a pena di archiviazione, la ricorrente non aveva ancora adempiuto integralmente, come affermato da essa stessa a pag. 2 del ricorso introduttivo (cfr. C.d.S., Sez. IV, nn. 3680 del 2017;
id., n. 1828 del 2017;
id., n. 3805 del 2016).

Tale circostanza è dirimente ai fini della reiezione delle censure dedotte con il ricorso introduttivo che, pertanto, va respinto.

Quanto al primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, poi, osserva il Collegio che le relative doglianze, siccome dedotte in via derivata rispetto a quelle mosse con il ricorso introduttivo, ne seguono le sorti.

Anche il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, pertanto, va respinto.

3.2. In definitiva, il ricorso introduttivo va respinto, mentre il ricorso per motivi aggiunti va in parte respinto ed in parte dichiarato estinto, come specificato sopra.

3.3. Le spese del giudizio possono essere compensate per metà, tenuto conto della peculiarità della vicenda, mentre per la parte restante seguono il criterio della soccombenza, come di norma, e sono liquidate in dispositivo.

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