TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-07-20, n. 202105028
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Pubblicato il 20/07/2021
N. 05028/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02235/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2235 del 2017, proposto da
S L, rappresentato e difeso dall’Avv. G R, domicilio PEC come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto presso lo studio del Prof. Avv. E F in N alla Via C. Console n. 3;
contro
Comune di Sorrento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. M P, domicilio PEC come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto presso la Segreteria generale del TAR Campania – sede di N;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
dell'Ordinanza n. 3 del 02.01.2017, notificata il 07.03.2017, a firma del Dirigente del IV Dip. del Comune di Sorrento - Arch. Daniele De Stefano - con la quale è stata ingiunta la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi di un locale ad uso cucina delle dimensioni di m 2,00 x 1,20, siccome opera asseritamente eseguita in assenza di titoli abilitativi;
- di ogni altro provvedimento precedente, successivo, o comunque connesso a quello impugnato, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sorrento;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 5 maggio 2021 il dott. G P Di N, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020, e successivamente modificato dall’art. 6 comma 1 del d.l. 44/2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 2235 dell’anno 2017, la parte ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premette:
- di essere proprietario di un immobile sito in Sorrento (NA) alla Piazza Veniero n° 16 catastalmente individuato al foglio 11 particella 346 del NCEU;
- che l’immobile, ad uso abitativo, è composto da tre vani oltre accessori e terrazzo a livello;
- che il locale cucina, prima adibito a disimpegno del wc, è un volume edilizio esistente dagli anni ’30, che già compare nelle planimetrie catastali del 1979 in luogo del preesistente terrazzo;
- che detto volume veniva legittimato dal Comune quantomeno dal 1994, allorquando, con il rilascio dell’autorizzazione edilizia n° 66 del 1994, consentiva l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile, consistenti nella realizzazione di una nuova copertura con solaio in cemento del locale de quo, che già si presentava nell’attuale configurazione, con accesso dall’interno dell’appartamento, e nella diversa distribuzione degli ambienti interni, con spostamento della cucina nel predetto locale, prima adibito a disimpegno del wc (come risulta dalla planimetria catastale del 1979).;
- di aver presentato, nel 1998, una nuova richiesta di autorizzazione edilizia per l’apertura di un vano finestra, presentando una pianta dell’appartamento esattamente corrispondente allo stato attuale dei luoghi;
- che, con il rilascio dell’autorizzazione n° 150 del 1998, il Comune di Sorrento certificava la conformità urbanistica dell’immobile e, dunque, anche della piccola cucina di mt 2,00 x 1,20 oggetto di contestazione, che si presenta ancor oggi uguale a quella rappresentata nelle piante allegate alla richiesta di autorizzazione edilizia del 1998;
- che il locale cucina del quale oggi si contesta la legittimità urbanistica risulta essere stato anche censito nel lontano 2000 dal Comune ai fini della determinazione del pagamento ICI, e che l’imposta comunale sugli immobili ancor oggi viene regolarmente versata dal ricorrente e percepita dal Comune, computando il locale cucina come volume interno all’appartamento;
- che, a seguito di sopralluogo effettuato in data 3.05.2016 presso l’immobile de quo dal tecnico comunale e dalla P.M., scaturiva la relazione tecnica in atti al prot. n. 22105 del 5.5.2016, con cui si contestava: “ la non recente realizzazione di un locale ad uso cucina...realizzato in luogo del preesistente terrazzino con sovrastante copertura ”;
- che seguiva comunicazione di avvio del procedimento prot. n° 29736 del 21.06.2016;
- di aver presentato, in data 4/07/2016 e 30/08/2016, osservazioni scritte per confutare le contestazioni di cui alla comunicazione di avvio del procedimento;e di aver dimostrato, in particolare, con produzione documentale, che il volume – prima locale wc - esisteva quantomeno dal 1979, in quanto presente nella planimetria catastale del 22.11.1979, e che la cucina, nella sua attuale conformazione, era già presente nei grafici allegati alla richiesta di autorizzazione edilizia pratica 309 del 24/11/1998, sicché la legittimità urbanistica dei luoghi era stata già vagliata dalla p.a. con il rilascio dell’Autorizzazione edilizia n. 150 del 24.11.1998;
- che il tecnico comunale, mostrando di non tener in alcun conto le suddette osservazioni, con Ordinanza n° 3 del 02/01/2017, aveva ingiunto la demolizione del locale cucina ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Insta quindi per l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese processuali.
Si è costituita l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.
All’udienza del 5 maggio 2021, tenutasi da remoto e senza discussione orale, come previsto dall’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176/2020, e successivamente modificato dall’art. 6 comma 1 del d.l. 44/2021, il ricorso è stato assunto in decisione.
DIRITTO
La parte ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:
1) eccesso di potere per difetto di istruttoria, atteso che il volume – prima locale wc - esisteva quantomeno dal 1979, e che la legittimità urbanistica dell’immobile, nella sua attuale conformazione, era stata già vagliata dalla p.a. con il rilascio dell’Autorizzazione edilizia n. 150 del 24.11.1998;violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, atteso che le osservazioni di parte ricorrente non sono state assolutamente prese in considerazione;
2) carenza di motivazione, perché non si chiarisce per quali ragioni la p.a. si sia determinata oggi a sanzionare ciò che ha ritenuto legittimo quantomeno dal 1998, senza nulla affermare circa le superiori ragioni di pubblico interesse pubblico che hanno imposto di sacrificare il legittimo affidamento del privato sulla legittimità di un’opera, che essa stessa qualifica come di non recente realizzazione;
3) la diversa distribuzione degli spazi interni non ha comportato alcuna modificazione della volumetria e della sagoma dell’edificio, lasciando sostanzialmente immutata la sua originaria consistenza fisica. Pertanto, la tesi del Comune che ritiene necessario il permesso a costruire ed il rilascio di parere ambientale è del tutto infondata;
4) Il Comune di Sorrento, senza indicare analiticamente la tipologia urbanistica degli interventi edilizi contestati ai ricorrenti, e soprattutto senza indicare la norma del DPR 380/01 violata, ha ingiunto la demolizione delle opere rinvenute nel corso del sopralluogo, perché tutte ritenute sprovviste di permesso a costruire, genericamente richiamando il solo DPR 380/01;
5) la determinazione impugnata non contiene la benché minima indicazione dell’area di sedime e di quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quella in questione, da acquisirsi di diritto gratuitamente al patrimonio comunale nell’ipotesi di mancata ottemperanza all’ingiunzione di demolizione;
6) Il provvedimento impugnato è illegittimo nella parte in cui preannuncia l’irrogazione della sanzione di cui al comma 4 bis art. 31 del D.P.R. 380/01 nella misura di €. 20.000,00, per l’ipotesi di inottemperanza, atteso che la sanzione di cui all’art.31, comma 4bis del DRP 380/01, può trovare applicazione solo in riferimento ad abusi commessi dopo l’entrata in vigore di tale normativa e, dunque, dopo il 12 novembre 2014.
Il Comune di Sorrento eccepisce che, come si evince dalla documentazione in atti, l’abuso è stato realizzato tra l’aprile 2008 ed il gennaio 2011;e che, in ogni caso, manca di autorizzazione paesaggistica, sicché sarebbe comunque insanabile.
In memoria depositata in data 2.04.2021, il ricorrente rileva che nel provvedimento non si fa alcun richiamo all’art. 167 d.lgs. n. 42/2004;e ribadisce la fondatezza del ricorso.
In memoria depositata in data 8.04.2021 l’Amministrazione ribadisce l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, osservando, in particolare, che la parte ricorrente non ha contestato in fatto le statuizioni del Comune, e che l’ordinanza di demolizione è stata adottata dopo aver verificato, non solo l’epoca recente di realizzazione del nuovo volume (epoca nella quale era ovviamente indispensabile il rilascio di permesso di costruire al fine dell’edificazione de qua), ma anche dopo aver espressamente confrontato lo stato dei luoghi con la ‘rappresentazione’ operata nella citata autorizzazione n. 66/1994.
In memoria depositata in data 13.04.2021 la parte ricorrente ribadisce l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso.
In data 15.04.2021 la parte ricorrente ha depositato istanza di discussione da remoto;istanza respinta per tardività con decreto presidenziale n. 608/2021 del 28.04.2021.
Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
La prima censura è infondata. Infatti, come eccepito dall’Amministrazione resistente, l’abuso è stato realizzato tra l’aprile 2008 ed il gennaio 2011, come si evince dall’accertamento prot. n. 22105/2016, effettuato a seguito del sopralluogo del 03.05.2016 effettuato dal Comando P.M. in funzione di P.G.
Non può, dunque, in carenza di prova sul punto, sostenersi che l’opera contestata esistesse già almeno dal 1979. Del resto, le due autorizzazioni edilizie (del 1994 e del 1998) cui fa riferimento il ricorrente, riguardavano interventi di mera manutenzione straordinaria, non certo idonei ad assentire la realizzazione di nuovi volumi;e dalle allegate planimetrie si desume solo che il piccolo vano sul terrazzino in questione ha subito nel tempo varie trasformazioni, ma non risulta che sia mai stato rilasciato un tiolo edilizio atto a legittimarne l’esistenza, prima che le modifiche.
La censura è infondata anche nella parte in cui ci si duole della mancata comunicazione di cui all’art. 7 l. n. 241/1990: per giurisprudenza costante, infatti, l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo costituisce un atto dovuto;pertanto la sua adozione non deve essere preceduta dall'avviso di cui all'art. 7 della L. n. 241/1990, in quanto trattasi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata (tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, n. 1254/2021).
La seconda censura è anch’essa infondata. Per giurisprudenza costante, i provvedimenti repressivi di abusi edilizi, in quanto espressione di actio vincolata nel contenuto, non abbisognano di specifica motivazione, intesa come estrinsecazione della scelta della preminenza dell'interesse pubblico al ripristino dell'ordine giuridico infranto, all'esito di una ponderazione dei contrapposti interessi in giuoco, bensì di un supporto giustificativo, id est della certazione della esistenza di attività edilizia realizzata in dispregio delle regole (così, tra le tante, Tar Campania, N, Sez. VI, n. 5395/2020).
È infondata anche la terza censura. Come si evince dal provvedimento impugnato, è contestato un ampliamento, e non una mera diversa distribuzione degli spazi interni;quand’anche fosse stata realizzata (oltre all’ampliamento) anche quest’ultima, ciò non impedirebbe certo all’Amministrazione l’adozione dell’ordinanza di demolizione, atteso che un abuso edilizio va valutato prendendo in considerazione una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate non potendo scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, atteso che il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio non deriva da ciascun intervento a sé stante ma dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni (così, tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 6191/2020).
È infondata anche la quarta censura. Attesa la natura vincolata del provvedimento repressivo degli abusi edilizi, non è necessaria l’indicazione delle norme urbanistiche violate, essendo sufficiente la compiuta descrizione dell’abuso realizzato;e, comunque, nel provvedimento sono indicate le norme legislative su cui si fonda il potere sanzionatorio esercitato.
Per giurisprudenza costante, l'indicazione dell'area di sedime, così come di quella necessaria per opere analoghe a quelle abusive, da acquisire al patrimonio comunale, non deve considerarsi requisito dell'ordinanza di demolizione, e dunque la mancanza non ne inficia la legittimità, giacché siffatta specificazione è elemento essenziale del distinto provvedimento con cui l'Amministrazione accerta la mancata ottemperanza alla demolizione da parte dell'ingiunto (così, tra le tante, Tar Puglia, Lecce, Sez. I, n. 1129/2020). Ne consegue l’infondatezza della quinta censura.
Infine, la sesta censura è inammissibile, atteso che ci si duole del fatto che l’Amministrazione abbia preannunciato l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 31 comma 4 bis in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione: la lesione, infatti, è meramente eventuale ed ipotetica. In ogni caso, la censura è anche infondata, atteso che – per giurisprudenza costante – ai fini della repressione dell'illecito edilizio, è comunque applicabile il regime sanzionatorio vigente al momento in cui l'Amministrazione dispone la sanzione. In forza della natura permanente dell'illecito edilizio, infatti, colui che ha realizzato l'abuso mantiene inalterato nel tempo l'obbligo di eliminare l'opera illecita, onde il potere di repressione può essere esercitato retroattivamente, anche per fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore della norma che disciplina tale potere (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 1892/2019). Del resto, la sanzione pecuniaria in commento intende punire il comportamento omissivo sostanziatosi nella mancata spontanea ottemperanza alla demolizione ingiunta, e la sua funzione è quella di tenere economicamente indenne il Comune delle spese di ripristino conseguenti alle ordinanze di demolizione non eseguite, consentendo la provvista delle risorse necessarie, senza dover anticipare le relative somme per poi rivalersi sul responsabile dell'abuso e senza dover sopportare il rischio di insolvenza dello stesso (così T.A.R. , Roma , sez. II , 22/06/2020 , n. 6883): quindi essa è applicabile anche agli ordini demolitori emessi prima dell’entrata in vigore della norma che l’ha introdotta (art. 17, comma 1, lett. q-bis, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164), purché l'inottemperanza sia proseguita sotto il nuovo regime autoritativo e sia quindi la stessa interessata dalle misure sanzionatorie proprie di tale fase temporale (così T.A.R. , Milano , sez. II , 04/12/2019 , n. 2588).
Né può spiegare rilevanza, sulla procedibilità di questo giudizio, l’effettiva sopravvenuta irrogazione della sanzione in parola, a mezzo dell’ordinanza del Comune di Sorrento n. 238/2018: poiché tale provvedimento ha il suo unico presupposto nell’ordinanza di demolizione di cui si discute in questa sede, l’eventuale accoglimento di questo ricorso sarebbe stato suscettibile di travolgere, con effetto caducante, anche il detto atto sopravvenuto e che non risulta impugnato.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.