TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2023-06-19, n. 202300214

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2023-06-19, n. 202300214
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202300214
Data del deposito : 19 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/06/2023

N. 00214/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00179/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 179 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A R e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi Trieste, in persona del Rettore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, non costituito in giudizio;

Ricorso in riassunzione ex art. 11 c.p.a. per l'annullamento e/o dichiarazione di inefficacia e/o di nullità, previa adozione di misure cautelari collegiali

- del decreto rettorale -OMISSIS-dell'Università degli Studi di Trieste, con cui è stato disposto il recesso dal contratto di ricercatore a tempo determinato instaurato col ricorrente ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

nonché per la conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e per la condanna dell’Università al pagamento di un'indennità risarcitoria a suo favore;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Trieste;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2023 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A seguito della declinatoria di giurisdizione pronunciata dal Tribunale di Trieste –Sezione Civile – Controversie del Lavoro, giusta sentenza -OMISSIS- in data 2 maggio 2023, il dott. -OMISSIS- ha riassunto innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il ricorso innanzi a quel giudice originariamente proposto per ottenere l’annullamento, previa sospensione cautelare, del decreto rettorale in epigrafe compiutamente indicato, con cui l’Università degli Studi di Trieste ha manifestato la volontà di recedere dal contratto di ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 – Settore concorsuale 06/D1 – MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE E MALATTIE DELL’APPARATO RESPIRATORIO, settore scientifico-disciplinare MED/11 – MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE presso il Dipartimento Universitario Clinico di Scienze mediche, chirurgiche e della salute che lo riguarda, avente decorrenza dall’11/03/2021 e durata di 3 anni ovvero sino al 10.03.2024 (acquisito a protocollo di Ateneo n. 40275 del 10/03/2021).

L’interessato, che lamenta l’illegittimità del recesso dell’Università per “totale assenza di contraddittorio e incomprensibilità dell'agere amministrativo”, per “mancata affissione delle norme disciplinari relative alle sanzioni e alle infrazioni prevista dall'art. 7, L. 300/1970” e per “non avere mai ricevuto alcuna contestazione disciplinare ed avendo di recente anche pubblicato alcuni articoli scientifici”, si è, poi, soffermato ad evidenziare gli effetti reintegratori/ripristinatori connessi e conseguenti all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento/recesso da parte del datore di lavoro.

Ha, quindi, conclusivamente chiesto a questo Tribunale di accertare e dichiarare l'illegittimità e/o nullità e/o annullabilità e/o inefficacia del licenziamento intimatogli e, per l'effetto, condannare l'Università degli Studi di Trieste alla sua reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento (22.07.2022) fino a quello dell'effettiva reintegrazione e quindi per € 2.821,52 lordi mensili (o quella diversa, maggiore o minore somma ritenuta di giustizia o, in subordine, di equità), nonché di condannarla, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali sulle somme rivalutate nella misura di cui all'art. 1284, comma 1 cod. civ. dalla data di maturazione del credito alla data di deposito del presente ricorso e nella misura di cui all'art. 1284, comma 4 cod. civ. da tale data sino al saldo.

L’Università intimata, costituita per resistere al ricorso con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, ne ha eccepito, in via preliminare, l’irricevibilità, in quanto - avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 3 della l. 742/1969 [“In materia civile, l'articolo 1 non si applica (…) alle controversie previste dagli articoli 429 e 459 del codice di procedura civile”] ovvero, in sostanza, che non opererebbe, nel caso in questione, la sospensione feriale dei termini processuali – il ricorso innanzi al Tribunale di Trieste – Sezione Lavoro sarebbe stato proposto oltre il termine di 60 gg. dalla conoscenza dell’atto lesivo.

Ad evitare detta decadenza non potrebbe, peraltro, soccorrere, ad avviso della difesa erariale, l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento proposta dall’interessato, in quanto priva dei requisiti di forma di cui all'art. 2702 c.c. e, in subordine, perché priva della sottoscrizione del lavoratore.

Ha, poi, contestato la fondatezza nel merito delle avverse pretese e concluso per la reiezione del ricorso.

L’affare è stato, quindi, chiamato e discusso, come da sintesi a verbale, all’udienza camerale del 14 giugno 2023, fissata per la trattazione dell’istanza ex art. 55 c.p.a., nel corso della quale il Presidente ha fatto espressa riserva di (immediata) definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata. E’ stato, poi, introitato per la decisione.

Il Collegio ritiene, innanzitutto, che sussistono i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., come da riserva formulata, atteso che la causa è matura per la decisione in base agli atti sin qui dimessi dalle parti ed è di pronta e facile soluzione e, in quanto tale, sussumibile, per l’appunto, nelle ipotesi di cui all’art. 74, comma 1, c.p.a., cui il citato art. 60 inevitabilmente rinvia.

Ritiene, inoltre, che nulla osti alla trattazione del ricorso nel merito, dovendosi ritenere lo stesso, non solo ritualmente e tempestivamente riassunto innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale avuto riguardo a quanto stabilito dal Tribunale di Trieste – Sezione Lavoro nella sentenza -OMISSIS-, ma anche tempestivamente proposto.

Alla data di deposito del ricorso innanzi al Tribunale di Trieste (30.9.2022) e a quella di sua notifica a mezzo pec all’Università intimata (04.10.2022) non era, infatti, ancora decorso il termine stabilito dalla legge per l’impugnazione innanzi al giudice munito di giurisdizione (ovvero innanzi a questo TAR, avente giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e 133, comma 1, lett. i, c.p.a.) del licenziamento disposto con decreto rettorale in data 22 luglio 2022, nemmeno laddove si ritenesse di assumere a riferimento quello di 60 giorni stabilito dall’art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604 con riguardo ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato e ciò tenuto conto dell’ordinaria sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, non potendo, ovviamente, trovare pregiudizievolmente applicazione la disposizione di cui all’art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, in quanto dettata esclusivamente per la materia civile.

Nel merito, il ricorso è fondato.

Ad avviso del Collegio, assume, invero, dirimente rilievo l’omessa instaurazione di un’adeguata interlocuzione preventiva denunciata dall’interessato, funzionale a renderlo effettivamente edotto delle inadempienze addebitategli e consentirgli di svolgere osservazioni o, occorrendo, controdeduzioni difensive, prima dell’informazione al Rettore “per il seguito di competenza” da parte del Direttore del Dipartimento, viepiù laddove, come nel caso di specie, ritenute potenzialmente idonee non solo a fare emergere la sua inidoneità/inadeguatezza a svolgere le attività di competenza, tale da minare sostanzialmente il prestigio e l’autorevolezza dell’Ateneo, ma anche a recidere il rapporto di fiducia con l’Ateneo stesso e a comportare, come di fatto hanno comportato, il recesso dal contratto di ricercatore a tempo determinato che lo riguarda.

Tale è, infatti, da intendersi il senso di quanto previsto dalle disposizioni del Regolamento per la disciplina delle procedure selettive per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato ai sensi dell’articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 dell’Università degli Studi di Trieste, assunte a riferimento quali norme regolatrici della specifica fattispecie, laddove, in particolare all’art. 9, comma 8, stabilisce, per l’appunto, che “Il Direttore del Dipartimento, qualora riscontri inadempienze in merito al regolare svolgimento dell’attività da parte del ricercatore, sentito l’interessato e previa deliberazione del Consiglio, ne informa il Rettore per il seguito di competenza”.

Nel caso di specie, è, pur tuttavia, accaduto che l’interessato non è stato reso effettivamente edotto di quali fossero le concrete inadempienze che gli venivano addebitate, atteso che un tanto non è evincibile dal contenuto della comunicazione in data 12 maggio 2022 ad oggetto “Avvio del procedimento ai sensi dell’art. 9, comma 8, del Regolamento per la disciplina delle procedure selettive per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato ai sensi dell’articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 inviata al medesimo a mezzo pec dal Direttore del Dipartimento (all. 004-3 – fascicolo doc. ricorrente) e un tanto in ragione della genericità e indeterminatezza delle inadempienze che gli vengono “addebitate”, asseritamente sulla scorta di una “documentata nota” del Direttore della Scuola di Specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università degli Studi di Trieste – Direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’ASUGI, che, del pari, non consta essere stata messa a sua disposizione.

Tale insufficienza contenutistica è stata, peraltro, prontamente rappresentata dall’odierno ricorrente all’Università intimata con nota in data 19 maggio 2022, tenuta, però, da quest’ultima in non cale, come anche la richiesta di audizione dal medesimo contestualmente avanzata.

L’Università ha, in sostanza, dato seguito all’intento di recedere dal contratto di lavoro a tempo determinato in precedenza instaurato con il ricorrente e, poi, formalizzato il recesso, senza metterlo previamente e ritualmente a conoscenza di quali fossero le concrete inadempienze in cui era incorso e ritenute tali da integrare i presupposti per il recesso ovvero le cause che non consentivano in alcun modo la prosecuzione del rapporto.

A tale specifico scopo non possono, infatti, valere gli scambi di mail in precedenza intervenuti tra il su indicato Direttore della Scuola di Specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare ricorrente e/o il Direttore del Laboratorio di Cardiologia Molecolare e l’odierno ricorrente, in quanto, ancorché sintomatici di criticità, anche nei rapporti interpersonali, non possono ritenersi in alcun modo attratti nell’ambito della specifica procedura avviata con il citato atto del 12 maggio 2022, in quanto non hanno mai, a chiare lettere, rappresentato all’interessato quali avrebbero potuto essere le conseguenze potenzialmente derivabili.

Analogamente a nulla può rilevare la mera presenza del medesimo alla riunione del 7 giugno 2022 del Consiglio del competente Dipartimento, attesa la diversa funzione che è deputato ad assolvere lo specifico e diretto coinvolgimento dell’interessato nel procedimento preordinato al recesso dal rapporto di lavoro.

Un tanto basta, quindi, per ritenere che il recesso è stato illegittimamente disposto e, dunque, per annullare il decreto rettorale con cui lo stesso è stato formalizzato.

Ne deriva, a norma dell’art. 63, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, così modificato dall'art. 21, comma 1, lett. a), d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75 [“(…) Il giudice, con la sentenza con la quale annulla o dichiara nullo il licenziamento, condanna l'amministrazione alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, e comunque in misura non superiore alle ventiquattro mensilità, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali”], che l’Università intimata va condannata:

- alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro;

- al pagamento a suo favore dell’indennità risarcitoria, quantificata nel rispetto dei parametri di legge, per il periodo compreso dal giorno del licenziamento ( rectius dal 1° agosto 2022, in quanto non consta che il ricorrente abbia subito decurtazioni dallo stipendio relativo al mese di luglio in ragione dell’intervenuto recesso) al giorno dell’effettiva reintegrazione, dal quale va dedotto quanto percepito dal medesimo per lo svolgimento di altre attività lavorative (n.d.r. a tale scopo, oltre ad acquisire la dichiarazione dell’interessato, va esperita ogni utile verifica);

- al versamento, per il medesimo periodo, dei contributi previdenziali e assistenziali a suo favore.

Resta, comunque, impregiudicata, ogni successiva determinazione che l’Università, nel rispetto delle disposizioni di legge, intendesse assumere in ordine al rapporto di lavoro ricostituito in esecuzione della presenta sentenza.

La vicenda portata all’attenzione del Collegio lascia, in ogni caso, trapelare la sussistenza di giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese di lite.

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