TAR Roma, sez. I, sentenza 2011-10-05, n. 201107735
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 07735/2011 REG.PROV.COLL.
N. 07868/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7868 del 2010, proposto da:
Btini Automobili s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti L S e C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F M in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n.1;
contro
Autorita' garante della concorrenza e del mercato e Ministero dell'interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
per l'annullamento:
a) della delibera adottata il 26 maggio 2010 dall'Autorità intimata, comunicata in data 11 giugno 2010 (n. 0037053) e pubblicata in data 21 giugno 2010 sul Bollettino n. 22/2010 nonché sul sito istituzionale www.agcm.it;
b) di ogni altro atto ad essa presupposto e conseguente, ivi compresi, per quanto occorrer possa, la segnalazione del 17 giugno 2009, integrata il 22 ottobre 2009, 29 gennaio 2010 e 27 aprile 2010, della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Stradale "Toscana", nonché il regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette, adottato dall’Autorità con delibera 15 novembre 2007.
Visto il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 6 luglio 2011 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 10 settembre 2010, depositato il successivo 14 settembre, la Btini Automobili s.p.a., con sede in Firenze, esposto di esercitare attività di commercio al dettaglio di autovetture, autoveicoli, motocicli e ciclomotori, nonché dei relativi ricambi ed accessori, ha impugnato la delibera 26 maggio 2010 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato intimata, comunicatale in data 11 giugno 2010.
La delibera in parola, accertata in capo alla ricorrente la scorrettezza di una pratica commerciale, ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1, lett. b) e d), e 22, comma 1, del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, le ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria di € 245.000,00, ed ha disposto che la società provvedesse a propria cura e spese alla pubblicazione di un estratto della stessa, ai sensi dell’art. 27, comma 8 del codice.
Il comportamento sanzionato consiste nella commercializzazione, dal 21 settembre 2007 e almeno sino al 15 ottobre 2008, di numerose autovetture usate, che indicavano nel quadro strumenti un chilometraggio inferiore rispetto a quello effettivo, inserendo anche il relativo dato nei certificati di garanzia rilasciati agli acquirenti, enfatizzando la particolare convenienza del prezzo di vendita, nonché nell’offerta ai potenziali clienti dell’usato di una garanzia convenzionale gratuita della durata di 12 mesi, omettendo di specificare che il consumatore è, altresì, titolare dei diritti di garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e ss. del codice del consumo, e che la garanzia offerta lascia impregiudicati tali diritti.
L’azione impugnatoria è stata estesa alle segnalazioni della Polizia Giudiziaria di cui in epigrafe, sulla base della quale il procedimento sanzionatorio è stato avviato, nonché al regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette, adottato dall’Autorità con delibera 15 novembre 2007.
Queste le censure formulate avverso gli atti impugnati.
1) Violazione del principio di necessaria corrispondenza tra contestazione e condanna – violazione dei principi di contraddittorio e del giusto procedimento – violazione di legge (artt. 24, 97 e 113 Cost.;artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005;art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241) – violazione dell’art. 6 del regolamento AGCM sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette.
L’ingannevolezza della pratica in riferimento all’enfatizzazione della particolare convenienza del prezzo di vendita è stata introdotta solo in sede di provvedimento finale, non avendo formato oggetto di preventiva contestazione.
La ricorrente non è stata posta in grado di interloquire neanche in relazione alla sconosciuta integrazione documentale del 27 aprile 2010 proveniente dal segnalante, menzionata nell’atto impugnato.
2) Violazione dei principi di contraddittorio e del giusto procedimento – violazione di legge (artt. 24, 97 e 113 Cost.;artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005;art. 7 l. 241/1990) – violazione degli artt. 6 e 8 del regolamento AGCM sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette.
L’Autorità ha emesso il provvedimento impugnato senza delibare preventivamente sull’impegno ex art. 27, comma 7, del codice del consumo, prodotto dalla società con memoria difensiva pervenuta all’AGCM il 26 febbraio 2010, ovvero entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento (2 febbraio 2010), di cui all’art. 8 del regolamento sulle procedure istruttorie.
3) Violazione di legge (artt. 20, 21, 22, 27, 128, 130, 133 e 134 d. lgs. 206/2005;art. 7 l. 241/1990;art. 2729 c.c.) – eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti – eccesso di potere per travisamento ed errore di fatto.
L’assenza nella garanzia convenzionale della specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dal Capo I del codice del consumo, e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti, non costituisce per ciò solo pratica commerciale scorretta, non essendo la stessa inclusa nelle “liste nere” di cui agli artt. 23 e 26 del codice.
Nella fattispecie non vi è alcun vulnus per il consumatore, poiché l’art. 133 del codice del consumo, ultimo comma, stabilisce che una garanzia non rispondente ai requisiti di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4 resta comunque valida ed il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l’applicazione.
Il provvedimento erra laddove afferma che la ricorrente offre ai propri clienti una “garanzia convenzionale ulteriore”, ai sensi dell’art. 128, comma 2, del codice del consumo, trattandosi, in realtà, di una polizza che assicura una serie di servizi accessori (soccorso stradale, auto sostitutiva, rimborso spese albergo, etc…).
4) Violazione di legge (artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005;art. 7 l. 241/1990;artt. 2729 e 2697 c.c.) – eccesso di potere per carenza di istruttoria.
L’Autorità non poteva ritenere sufficienti gli elementi di prova prodotti dal denunciante/segnalante, dovendo pur sempre procedere ad ulteriori verifiche in sede di istruttoria procedimentale, a maggior ragione laddove, come nel caso di specie, si tratti di elementi che, attenendo a procedimenti penali in fase di indagini preliminari, non erano sufficienti a comprovare gli illeciti amministrativi contestati.
5) Violazione di legge (art. 14 l. 24 novembre 1981, n. 689;art. 102 d. lgs. 30 dicembre 1999, n. 507) – eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti.
L’Autorità ha contestato gli illeciti amministrativi in parola il 2 febbraio 2010, oltre il termine perentorio di novanta giorni decorrente dal 17 giugno 2009, data in cui ha ricevuto gli atti del procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica di Firenze.
In ogni caso, non essendo ancora intervenuto il rinvio a giudizio, la trasmissione degli atti non avrebbe potuto essere effettuata direttamente dalla Polizia Giudiziaria in assenza dell’autorizzazione del P.M..
6) Violazione del principio della personalità dell’illecito (cd. societas delinquere non potest ) – violazione di legge (artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005;artt 2 e 3 l. 689/1981) – eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti.
La responsabilità per gli illeciti amministrativi ha carattere personale, di talchè la sanzione amministrativa non può essere comminata alla ricorrente, società per azioni, quale presunta autrice delle contestate violazioni amministrative.
7) Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità – violazione di legge (artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005;art. 11 l. 689/1981;art. 3 l. 241/1990) – eccesso di potere per carenza di istruttoria – eccesso di potere per travisamento e manifesta illogicità.
La modificazione della condotta commerciale adottata dalla ricorrente dall’ottobre 2008, ovvero in periodo ricompreso nella durata della violazione (dal 21 settembre 2007 almeno sino al 15 ottobre 2008), portata a conoscenza dell’Autorità procedente, così come l’avvenuto ristoro dei danni agli acquirenti interessati dalla pratica commerciale di cui trattasi, incidendo sull’intensità della gravità della violazione, avrebbero dovuto essere apprezzati nella determinazione della sanzione pecuniaria, alla stregua di un ravvedimento operoso post factum .
Nella commisurazione della sanzione, l’Autorità non ha tenuto conto dell’assenza di precedenti e procedimenti sanzionatori a carico della società e del fatto che la pratica in parola era cessata da quasi un biennio. Non risponde a realtà che il numero di autovetture oggetto della pratica risultasse particolarmente elevato, trattandosi di un numero inferiore a 50, che non può considerarsi tale in relazione al complessivo parco macchine esposto per la vendita.
La riduzione della sanzione operata in relazione all’esistenza di bilanci in perdita è troppo esigua.
8) Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità – violazione di legge (art. 27 d. lgs. 206/2005;art. 11 l. 689/1981;art. 3 l. 241/1990) – violazione dell’art. 18 del regolamento AGCM sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette – eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti – eccesso di potere per travisamento e manifesta illogicità.
Non sussistevano i presupposti di legge per l’applicazione discrezionale della sanzione accessoria della pubblicazione di un estratto del provvedimento sanzionatorio.
Esaurita l’illustrazione delle doglianze, parte ricorrente ha domandato, in via principale, l’annullamento degli atti impugnati, e, in via subordinata, la riduzione dell’entità della sanzione irrogata e la sua rateazione.
Si è costituita in resistenza l’intimata amministrazione, eccependo la carenza di legittimazione passiva in capo al Ministero dell’interno e la infondatezza delle formulate doglianze, fatte oggetto di analitica contestazione.
Con ordinanza 29 settembre 2010, n. 4180 la Sezione ha dato atto dell’avvenuta rinunzia da parte della società alla domanda di sospensione interinale degli effetti degli atti impugnati, presentata in via incidentale.
Parte ricorrente ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive.
Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 luglio 2011.
DIRITTO
1. Va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in capo al Ministero dell’interno, essendo stata interposta azione impugnatoria anche in relazione agli atti di segnalazione della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Stradale "Toscana", sulla base dei quali il procedimento sanzionatorio per cui è causa è stato avviato.
2. Mediante l’atto gravato, l’Autorità della concorrenza e del mercato, accertata in capo alla ricorrente Btini Automobili s.p.a., con sede in Firenze, esercente attività di commercio al dettaglio di autovetture, autoveicoli, motocicli e ciclomotori, nonché dei relativi ricambi ed accessori, la scorrettezza di una pratica commerciale, ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1, lett. b) e d), e 22, comma 1, del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, ha irrogato alla ricorrente la sanzione amministrativa pecuniaria di € 245.000,00, ed ha disposto che la società provvedesse a propria cura e spese alla pubblicazione di un estratto del relativo provvedimento, ai sensi dell’art. 27, comma 8 del codice.
Il comportamento sanzionato consiste, alla luce del punto II del provvedimento, nella commercializzazione, dal 21 settembre 2007 e almeno sino al 15 ottobre 2008, di numerose autovetture usate che indicavano nel quadro strumenti un chilometraggio inferiore rispetto a quello effettivo, inserendo anche il relativo dato nei certificati di garanzia rilasciati agli acquirenti, enfatizzando la particolare convenienza del prezzo di vendita, nonché nell’offerta ai potenziali clienti dell’usato di una garanzia convenzionale gratuita della durata di 12 mesi, omettendo di specificare che il consumatore è, altresì, titolare dei diritti di garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e ss. del codice del consumo, e che la garanzia offerta lascia impregiudicati tali diritti.
Il procedimento ha preso avvio dalla segnalazione della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Stradale "Toscana" 17 giugno 2009, come integrata da successive segnalazioni, effettuata all’Autorità nell’ambito di una attività di indagine riguardante un considerevole numero di truffe perpetrate nel settore del commercio degli autoveicoli.
3. Il ricorso è infondato.
4. Al fine della compiuta disamina della controversia, e nell’ambito di stretto interesse di questa, giova premettere che, come noto, la normativa, di derivazione europea, posta a tutela del consumatore e della concorrenza si è arricchita per effetto della direttiva n. 2005/29/CE, relativa alle “Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno”, alla quale il legislatore nazionale ha provveduto a dare attuazione adottando, nell’agosto del 2007, due distinti decreti legislativi (nn. 145 e 146), rispettivamente destinati ai rapporti tra professionisti ed alle pratiche intraprese da questi ultimi con i consumatori.
Il d.lgs. 146/2007 è intervenuto direttamente sul codice del consumo, sostituendo gli artt. 18-27 del d.lgs. n. 206 del 2005 ed introducendo una generale normativa sulle “pratiche commerciali scorrette”.
Il codice del consumo, per come modificato alla stregua dell’indicata sopravvenienza normativa, ha abbandonato il precedente specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa, per approdare ad una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, “ivi compresa la pubblicità”, posta in essere da un professionista “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto” (artt. 18 e 19 del codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili.
Quanto, invece, all’ambito di applicazione soggettivo, le pratiche commerciali rilevanti ai fini della normativa in esame sono solo quelle poste in essere tra professionisti e consumatori: rimanendo, pertanto, escluse quelle condotte connesse ad un rapporto tra soli professionisti, cui, viceversa, fa precipuo riferimento il parallelo d.lgs. n. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.
Come più volte affermato dalla Sezione, il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE ha indubbiamente rafforzato il ruolo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza, limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa.
Proprio in vista di tale finalità, del resto, il d.lgs. 146/2007 ha, contestualmente, ampliato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.
Tanto osservato in via generale, l’art. 18 del d.lgs. n. 206 del 2005 (come modificato dall’appena citato d.lgs. 146/2007), per le finalità considerate dal Titolo III (“Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali”), dispone che si intende per:
- “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;
- “prodotto”: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;
- “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
- “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Il successivo art. 19 puntualizza che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.
Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che “una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”;mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23.
In particolare:
- ai sensi dell’art. 21, comma 1, è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo a gli elementi ivi elencati, e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Tra gli elementi elencati si rinvengono: sub b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto; sub d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;
- ai sensi dell’art. 22 è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. E’ altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonchè quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
L’art. 23 descrive, infine, le pratiche che sono considerate in ogni caso ingannevoli.
5. Alla stregua del paradigma normativo di riferimento, come sopra illustrato, la Sezione non può che dare atto della fondatezza delle argomentazioni con le quali l’Autorità resistente ha ravvisato, con il provvedimento oggetto di scrutinio, un’ipotesi di pratica commerciale scorretta.
Né la Sezione rinviene nella relativa procedura i vizi lamentati dalla parte ricorrente.
6. Con il primo motivo di ricorso (violazione del principio di corrispondenza tra contestazione e condanna, del giusto procedimento, degli artt. 24, 97 e 113 Cost., degli artt. 20, 21, 22 e 27 d. lgs. 206/2005, dell’art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 6 del regolamento di cui alla delibera