TAR Palermo, sez. II, sentenza 2010-10-21, n. 201012952

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2010-10-21, n. 201012952
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201012952
Data del deposito : 21 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01903/2005 REG.RIC.

N. 12952/2010 REG.SEN.

N. 01903/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1903 del 2005, proposto da:
C T, rappresentata e difesa dall'avv. G C, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Salerno in Palermo, via Sferacavallo, 89/A;

contro

Comune di Palma di Montechiaro, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide De Gasperi n. 81, è domiciliato per legge;

per l'annullamento

1. della deliberazione commissariale n. 414 del 14 maggio 2005, con la quale è stata rigettata l’opposizione n. 53 al P.R.G. del Comune di Palma di Montechiaro;

2. della deliberazione commissariale n. 336 del 1°aprile 2005, con la quale è stato adottato il P.R.G. del Comune di Palma di Montechiaro, divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 19 della L.R. n° 71/1978;

e per l’intervento

dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente per l’annullamento d’ufficio del P.R.G. del Comune di Palma di Montechiaro.


Visti il ricorso principale e per motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2010 il Referendario dott.ssa Francesca Aprile e sentita l’Avvocatura dello Stato, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso, ritualmente notificato e depositato, la signora C T esponeva di essere proprietaria di un lotto di terreno ubicato a Palma di Montechiaro tra le vie A. Labriola e L. Basso, distinto in catasto terreni al foglio di mappa n. 30, particella n. 916, destinato dal P.R.G. ad “Attrezzature di interesse comune”.

Avverso tale destinazione aveva presentato opposizione, che era stata rigettata con deliberazione commissariale n. 414 del 14 maggio 2005.

Il rigetto era stato così motivato: “l’osservazione appare esclusivamente finalizzata alla difesa di legittimi interessi fondiari del ricorrente, mancando, però, di motivazioni riconducibili ad un più generale interesse pubblico, non può essere ritenuta accoglibile. Va considerato, peraltro, che, in forza di quanto disposto dalle N. di attuazione del P.R.G., l’area interessata dalla osservazione esprime comunque una potenzialità edificatoria” .

La ricorrente, fatte alcune precisazioni in ordine alla propria legittimazione processuale, ha chiesto l’annullamento di tale atto, nonché di quello di adozione del PRG indicato in epigrafe, vinte le spese, per i seguenti motivi:

1) Violazione: della l.r. 31 marzo 1972, n. 19;
della l. 8 ottobre 1997, n. 352;
del D.lgs.vo 29 ottobre 1999, n. 490 e del D.lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42.

I redattori del P.R.G. non avrebbero preventivamente relazionato in ordine alla situazione di fatto e di diritto esistente, che non sarebbe stata correttamente rappresentata nella tabella di tipizzazione delle zone omogenee.

Non sarebbe stato preventivamente acquisito il prescritto parere della Soprintendenza, pur sussistendo nel territorio comunale vincoli paesaggistici e di interesse archeologico.

Non si sarebbe tenuto conto di piani di lottizzazione già proposti e oggetto di convenzione.

2) Illegittimità delle scelte urbanistiche per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

Nella predisposizione del PRG, non si sarebbe tenuto conto delle indicazioni del CRU e si sarebbero compiute scelte di pianificazione irragionevoli.

Sarebbe stata lesa la posizione qualificata della ricorrente, proprietaria, nell’area in questione, di un capannone commerciale, provvisto di titolo abilitativo rilasciato in sanatoria antecedentemente all’adozione dello strumento urbanistico, insediamento rispetto al quale i relativi terreni sono pertinenziali.

Irragionevole sarebbe la destinazione ad attrezzature di interesse generale impressa all’area in questione, stante le sue ridotte dimensioni.

3) Difetto di motivazione.

Inadeguata sarebbe la motivazione del rigetto dell’opposizione.

Per l’Amministrazione regionale intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Il Comune di Palma di Montechiaro, seppure regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato e depositato, la ricorrente ha impugnato il P.R.G. adottato con deliberazione commissariale n. 336 del 1° aprile 2005, e successivamente divenuto esecutivo per scadenza dei termini di cui all’art. 19 della l.r. n. 71/1978.

Il gravame è stato affidato agli stessi motivi del ricorso introduttivo.

Alla pubblica udienza del 07 ottobre 2010, il ricorso, sentita l’Avvocatura dello Stato, come da verbale, è stato posto in decisione.

DIRITTO

La controversia concerne il PRG del Comune di Palma di Montechiaro, nella parte in cui destina un fondo di proprietà della ricorrente ad “Attrezzature di interesse comune”.

Il thema decidendum verte sul provvedimento di rigetto dell’opposizione presentata dall’interessata (impugnato con il ricorso introduttivo) e sullo strumento urbanistico divenuto esecutivo per scadenza dei termini (gravato con i motivi aggiunti): le due iniziative processuali, sia pur formalmente distinte, poggiano sulla medesima causa petendi e propongono il medesimo petitum , come tali integrano un’unica domanda di annullamento del regime urbanistico impresso all’area, con ciò risolvendosi ogni dubbio (comunque non versato in eccezioni processuali di parte) sull’iniziale legittimazione ad impugnare un atto endoprocedimentale, ormai confluito, con le relative patologie denunciate, nel provvedimento finale ritualmente impugnato.

Venendo all’esame del merito, giova anteporre la trattazione del secondo motivo, il cui accoglimento è maggiormente satisfattivo per l’interesse della ricorrente ad una diversa tipizzazione del fondo di sua proprietà.

Con la doglianza, si lamenta l’irragionevolezza ed illogicità delle scelte pianificatorie che non troverebbero il loro legittimo presupposto nella situazione di fatto esistente.

Sostiene la ricorrente che “vi sono zone che dapprima erano segnate come zone di espansione ed ora invece sono divenute inesplicatamente inedificabili in senso assoluto, come vi sono, peraltro, zone su cui si intravede una problematica geomorfologica inesistente (vi sono zone costituite da terreno di riporto considerate edificabili e zone costituite da roccia compatta considerate invece inedificabili).”;
la stessa deduce, inoltre, che “gli spazi destinati ad attrezzature e servizi indicati nei piani di lottizzazione sono stati cancellati e inclusi in altre zone, alcune delle quali nemmeno adiacenti” e che l’amministrazione non avrebbe ponderato l’interesse pubblico con gli interessi dei privati titolari di concessioni edilizie già rilasciate, con opere in corso di realizzazione.

Siffatte deduzioni risultano verificate dalla produzione documentale agli atti del giudizio.

L’esame della relazione al Piano Regolatore Generale ne evidenzia la contraddittorietà intrinseca, supportando le proposte censure di illegittimità per erronea rappresentazione dei presupposti di fatto e illogicità.

In particolare, nel motivare la destinazione “al soddisfacimento dei fabbisogni di spazi per servizi pubblici sia della città consolidata che della periferia abusiva”, delle “aree già destinate ad espansione residenziale e ancora non interessate da iniziative edificatorie”, la relazione testualmente argomenta che “per evitare che tale nuova destinazione a servizi possa determinare una indiscriminata penalizzazione dei proprietari di tali aree, saranno ricercati ed inseriti nell’apparato normativo del P.R.G. gli strumenti perequativi più opportuni, quali i premi di cubatura in aree suscettibili di utilizzazione fondiaria ovvero l’assegnazione di corrispondenti superfici in aree edificabili o destinate ad attrezzature private di interesse collettivo, la cui realizzazione possa risultare remunerativa per i privati. Anche al fine di rendere praticabili tali misure perequative è stato previsto nel progetto di massima del P.R.G. un ampliamento dell’ambito di edilizia residenziale pubblica esistente a sud est del centro urbano, in parte ricadente in aree sin qui vincolate per la presenza del cimitero comunale, ma in atto escluse dal vincolo di rispetto” .

A ben vedere, le considerazioni surriportate non superano il vaglio di legittimità, sia pur condotto nell’alveo restrittivo del sindacato che, per giurisprudenza consolidata, può essere esercitato sulle scelte urbanistiche ( ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, 03 novembre 2008 n° 5478;
Consiglio di Stato, sez. IV, 09 giugno 2008 n° 2837).

In disparte ogni profilo di legittimità costituzionale della generalizzata perequazione “a priori” rispetto al parametro dell’art. 42 Cost., la relazione al P.R.G. rivela come le scelte di zonizzazione contestate dalla ricorrente siano basate su un’irragionevole ed illegittima sovrapposizione tra funzione “perequativa” e funzione “compensativa” (stante l’unilaterale individuazione, ad opera dall’amministrazione comunale, delle aree da destinare a servizi e attrezzature di interesse comune, a fronte di meccanismi perequativi previsti in carenza sia di base legale, sia di indennizzo, sia di consensualità) con una confusione tra natura e finalità dei due differenti istituti, già stigmatizzata in precedenti giurisprudenziali dai quali non si ravvisano ragioni per discostarsi (

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