TAR Pescara, sez. I, sentenza 2015-02-02, n. 201500039
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N. 00039/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00073/2013 REG.RIC.
N. 00107/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi numeri di registro generale 73 del 2013 e 107 del 2014, proposti da:
E F e G C, rappresentati e difesi dagli avv. A T, F D R, con domicilio eletto presso Canio Salese in Pescara, via Venezia,10;
contro
Comune di Vasto, rappresentato e difeso dall'avv. N Z, con domicilio eletto presso il Tar Pescara- Segreteria, via Lo Feudo 1;
Michele D'Annunzio, rappresentato e difeso dagli avv. S D S e G G, con domicilio eletto presso Claudio Angelone in Pescara, via Orazio 123 (ric. 73/2013);
Roberto D'Ermilio, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Grazia Tana, con domicilio eletto presso Placido Pelliccia in Pescara, via C. D'Ascanio, n. 32 (ric. 73/2013);
Per il risarcimento danni
richiesti in relazione alla inadempienza, da parte del Comune di Vasto, dell'accordo sottoscritto in data 21.03.2002 tra lo stesso e i ricorrenti, i quali si impegnavano a cedere gratuitamente un terreno oggetto di esproprio, di loro proprietà, al Comune, a condizione che lo stesso rilasciasse loro la concessione edilizia al progetto di ampliamento di fabbricati esistenti.
visti i ricorsi e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Vasto e di Michele D'Annunzio e di Roberto D'Ermilio;
viste le memorie difensive;
visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
visti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 il cons. D N e uditi, per le parti, i difensori: gli avv.ti F D R e A T per le parti ricorrenti, l'avv. Lorenzo Passeri, su delega dell'avv. N Z, per il Comune resistente, l'avv. Maria Grazia Tana per il controinteressato D'Ermilio e l'avv. G G per il controinteressato D'Annunzio;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I due ricorsi in epigrafe sono riuniti per connessione soggettiva e oggettiva.
Il Comune ha opposto l’eccezione d’inammissibilità per i ricorsi, mentre i due funzionari, evocati con ricorso n. 73/2013, hanno eccepito il loro difetto di legittimazione passiva.
I citati dipendenti dell’Ente, avendo agito in veste istituzionale, come dimostrato dagli effetti traslativi del terreno, su cui è stata realizzata l’opera pubblica, e stante la costituzione in giudizio dell’Ente, non hanno alcuna legittimazione processuale passiva ed entrambi vanno estromessi dal processo.
Nel primo ricorso (73/2013), è stato utilizzato l’art. 11 c.p.a., disciplinante la “traslatio iudicii” dal G.O. al G.A., che fa salve le preclusioni e le decadenze intervenute, nonchè gli effetti processuali e sostanziali della domanda, qualora il processo viene riproposto davanti al giudice competente, indicato in sentenza, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato della sentenza sulla giurisdizione.
Con sentenza n. 578/28.11.2012, non impugnata, il Tribunale di Vasto ha statuito il difetto di giurisdizione del G.O. e vi è stato ricorso per riassunzione davanti al G.A., notificato il 26.01.2013.
Il Comune ha posto l’eccezione d’inammissibilità per tardività dell’azione
Successivamente a tale gravame, è stato presentato, dai medesimi, un nuovo ricorso (107/2014), avente stesso oggetto e con riferimento all’art. 42-bis T.U. espropri.
I ricorrenti, in sintesi, chiedono la condanna del Comune per inadempimento contrattuale (ric. 73/2013) e poi anche per la “occupazione acquisitiva” (ric. n. 107/2014).
Le due domande sono basate su due “petitum” diversi, né graduati, né alternativi, con la domanda di accertamento dell’inadempienza contrattuale che escluderebbe l’intervenuta “occupazione appropriativa” e viceversa.
Il primo gravame, in mancanza di una scelta di parte, è da ritenersi superato dal secondo ratione temporis e comunque è inammissibile.
In merito all’intervenuto accordo bonario inter partes (21.03.2002), che avrebbe determinato situazioni di diritto soggettivo (artt. 1218 e 1223 c.c.), si pone il problema dell’accertamento di una colpa per quello che è stato lo svolgimento dei fatti, risalenti al 2002, che, in carenza di prova contraria, evidenziano una palese responsabilità degli stessi ricorrenti, i quali hanno avuto un duraturo comportamento inerte, presentando, solo nel 2010, un progetto sostitutivo del precedente, accettando l’alea del mutamento del Prg, come in effetti è avvenuto (2007), con la previsione del lotto minimo di 500mq, non posseduto dagli istanti.
La domanda di condanna per il risarcimento da danno ingiusto, conseguente a un illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, presuppone un provvedimento o un comportamento d’autorità, che viene a rappresentare il “fatto” da cui l’art. 30, comma 3°, cpa fa decorrere il termine decadenziale di giorni 120. La normativa, invero, stabilisce l’obbligo di valutazione di tutte le circostanze intervenute e dello stesso comportamento complessivo delle parti, prevedendo la non risarcibilità dei danni evitabili, usando l’ordinaria diligenza e ricorrendo ai previsti strumenti di tutela giuridica, che, nella specie, non sono stati affatto esperiti nei confronti dell’abusiva occupazione acquisitiva.
Sempre nel caso in esame, vi è stato il rigetto del richiesto Permesso di Costruire (PdC), intervenuto in data 15.03.2011, che rappresenta l’atto da cui discendono i lamentati danni per il mancato rispetto dell’accordo bonario, senza che tale provvedimento negatorio sia stato impugnato.
Per quanto concerne la nullità del citato accordo bonario, che rappresenta il perno delle pretese risarcitorie, deve osservarsi come ogni discorso di “nullità” è stato introdotto unicamente con le successive memorie difensive, non trovando il “contraddittorio” del Comune, e non costituisce il petitum originario;di qui l’inammissibilità del ricorso n. 73/2013.
Il successivo gravame n. 107/2014, che ha sempre il contenuto della pretesa risarcitoria, è stato notificato il 25.02.2014 e depositato il 25.03.2014, chiedendosi il risarcimento del danno ex art. 42-bis T.U per gli espropri, in base all’illecita sottrazione di un terreno di loro proprietà.
Il Comune ha osservato che il tardivo progetto sostitutivo (02.08.2010), non solo è completamente difforme da quello originario datato 09.07.1998, ma anche dalle stesse previste attuazioni di cui al verbale di accordo bonario del 2002. L’istruttoria tecnica ha, inoltre, evidenziato, in modo incontestabile, che il nuovo progetto è in netto contrasto con le Nta del sopravvenuto Prg (2007-10), col conseguente dovuto diniego di PdC, cui è stata fatta acquiescenza, venendosi a definire la vicenda in modo conclusivo.
Il danno richiesto ai sensi dell’art. 42-bis citato (occupazione sine titulo), si base sempre sul presupposto inadempimento da parte del Comune degli impegni assunti con l’accordo bonario (23.03.2002), non considerando l’intervenuto diniego del PdC;esso, invero, rappresenta l’unico comportamento legittimo e possibile da parte del Comune, una volta mutate le Nta del Prg vigente all’epoca dell’intesa inter partes;il dato normativo, cui l’Ente si è dovuto attenere, è il lotto minimo (500mq), non posseduto dagli istanti.
Nella presente fattispecie, non è possibile parlare di un inadempimento contrattuale da parte del Comune, sussistendo la non conformità del nuovo progetto agli strumenti urbanistici vigenti, e non è neppure possibile ipotizzare un’intervenuta occupazione sine titulo, da parte del Comune, il quale, invero, ha realizzato tempestivamente e legittimamente l’opera pubblica (posteggio multipiano pubblico), in modo pacifico e concordato, nonché in base a un titolo incontestabile, rappresentato dall’accordo bonario verbalizzato (21.03.2002), che non è mai venuto meno ed è stato validamente utilizzato dall’Ente pubblico. L’inerzia operativa dei ricorrenti è un comportamento che non può rappresentare un motivo ostativo al compimento dell’opera pubblica, né ha reso inefficace il citato titolo formale, tanto è vero che gli stessi cedenti non hanno mai avanzato alcuna domanda di restituzione dell’area.
Il Comune ha costruito legittimamente il parcheggio, utilizzando, come da intesa, l’area in oggetto per soli 58mq;del pari legittimo è stato il diniego del PdC in ampliamento, interposto ai ricorrenti, atteso che, medio tempore, sono mutate le norme di piano che non hanno più consentito il rilascio del PdC;non va comunque dimenticato che, il pregresso accordo bonario, ha, come necessario presupposto logico- giuridico, la situazione normativa del Prg vigente.
Sul piano sostanziale, va anche osservato, come il preteso risarcimento, con relativi connessi, dovrebbe discendere, più che dall’inadempimento di una clausola contrattuale, dal diniego del Pdc, l’atto amministrativo rimasto non impugnato e che stabilisce il termine decadenziale (120gg.), non suscettibile né d’interruzione, né di sospensione (art. 2664 c.c,), per l’autonoma azione risarcitoria, che, peraltro, ha dei limiti di quantificazione (art. 30 cpa).
Per quel che concerne la diversa fattispecie, di cui all’art. 42-bis Dpr n. 327/2001, essa è esclusa in radice per la presenza di una cessione bonaria e gratuita del terreno, sul quale è stata legittimamente realizzata l’opera pubblica.
Da quanto illustrato, emergono aspetti d’irricevibilità dei gravami, sia in punto di tempestività dell’azione, sia per la omessa impugnazione del diniego del PdC, causa del danno lamentato, sia, infine, per le stesse nuove previsioni urbanistiche, in merito al previsto “lotto minimo” (500mq).
A ciò, va aggiunto che il Comune ha preso un impegno che, ai fini della sua effettività, presupponeva la domanda di parte, contenente la modificazione del vecchio progetto, da sostituire, espunta l’area per l’opera pubblica, da altro nuovo e diverso;tale circostanza rappresenta una condizione d’efficacia dell’accordo bonario, che si sarebbe realizzata nel 2010, con il Prg modificato rispetto al 2002.
L’acquiescenza degli istanti, sia verso il nuovo Prg, sia nei confronti del diniego di PdC, ha determinato consolidate situazioni giuridiche negative che vanno imputate ai medesimi e, quindi, ex sua culpa, damnum non sentire videtur;da esse, quindi, non possono discendere pretese risarcitorie, atteso che l’art. 30 cpa dà piena rilevanza al mancato esercizio, per la tutela dei propri interessi, di validi rimedi giudiziali, un dato oggettivo che fa venir meno ogni nesso causale;per le condotte negligenti e/o opportunistiche vale il principio imputet sibi.
Sul soggetto agente, pertanto, gravano obblighi negativi (evitare ogni possibilità di danni e/o di aggravamento degli stessi) e obblighi positivi (attivare i rimedi approntati dall’ordinamento per evitare di subire effetti dannosi), i quali si coniugano perfettamente con i principi di buona fede, auto-responsabilità e solidarietà.
Viene richiesto, in via subordinata e residuale, un ristoro per indebito arricchimento che il Comune avrebbe avuto con l’acquisita proprietà gratuita del terreno, utilizzato per il parcheggio multipiano pubblico, senza dare alcuna