TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-03-29, n. 202305442

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-03-29, n. 202305442
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202305442
Data del deposito : 29 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/03/2023

N. 05442/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08005/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8005 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Ic Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, R L G, L E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la declaratoria dell'illegittimità

del silenzio-inadempimento serbato dalla Prefettura di Roma, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, in merito all'istanza inoltrata in data 27 novembre 2020, volta all'adeguamento del corrispettivo, oltre interessi e rivalutazione monetaria, del servizio di pulizia svolto per gli anni dal 2013 in poi;

per l'accertamento, ove occorra, previa dichiarazione di nullità di ogni disposizione di segno contrario contemplata nel rapporto contrattuale de quo, del diritto della ricorrente alla corresponsione dell'adeguamento dei prezzi relativi all'affidamento di cui supra , previo riconoscimento dell'obbligo incombente in capo all'amministrazione resistente alla conclusione del procedimento necessario per la quantificazione dei compensi spettanti alla I.C. Servizi srl;

per la nomina sin d'ora, ove occorra, di un Commissario ad acta che possa sostituirsi ad essa amministrazione nell'eventualità di un ulteriore inadempimento ed alla conseguente condanna della stessa al pagamento del compenso revisionale, come calcolato, oltre interessi e rivalutazione monetaria in favore di chi ricorre;

con motivi aggiunti presentati da Ic Servizi S.r.l. il 30/11/2021:

previo annullamento e/o riforma, per quanto di ragione,

della nota del 13 settembre 2021 della Prefettura di Roma - sentire accertare il diritto della ricorrente al riconoscimento delle somme individuate a titolo di revisione prezzi (anche - in via subordinata - a titolo di ingiustificato arricchimento), previa dichiarazione - ove occorra - della nullità delle clausole limitative e/o vessatorie adoperate dalla amministrazione resistente nella stipula di tutti i contratti sottoscritti inter partes nel periodo temporale qui di interesse e con la conseguente condanna dell'amministrazione resistente, previa conclusione (anche tramite l'eventuale nomina di commissario ad acta) del procedimento di istruttoria revisionale necessario per la esatta quantificazione delle somme in esame, al pagamento della somma riconoscibile a titolo di compenso revisionale (o, in subordine, per ingiustificato arricchimento), come calcolato, oltre interessi e rivalutazione monetaria in favore della ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2023 il cons. A M V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso, notificato il 30 luglio 2021 e depositato il successivo 3 agosto, la società I.C. Servizi r.l. impugna il silenzio formatosi sulla istanza di adeguamento del corrispettivo contrattuale, relativo ai servizi resi in regime di proroga dell’affidamento, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, chiedendo la declaratoria di illegittimità del silenzio e l’accertamento del diritto alla corresponsione dell’adeguamento dei prezzi relativi all’affidamento dei servizi pattuiti, previo riconoscimento dell’obbligo incombente in capo all’amministrazione resistente alla conclusione del procedimento necessario per la quantificazione del compensi spettanti alla I.C. Servizi srl.

Espone la ricorrente che l’originario assetto contrattuale escludeva all’art. 8 il meccanismo revisionale, con conseguente richiesta della ricorrente di introdurre tale istituto a fronte di molteplici proroghe inter partes alle medesime condizioni.

Nelle more della Camera di Consiglio dell’8 novembre 2021, il gravame avverso il silenzio diviene improcedibile per effetto dell’intervenuta adozione, il 13 settembre 2021, del provvedimento di diniego.

Con ordinanza n. 11511 del 9 novembre 2021 il Tribunale dispone la conversione del rito.

Avverso il provvedimento adottato dalla Prefettura, la ricorrente, il 30 novembre 2021, deposita motivi aggiunti con i quali contesta l’interpretazione data dalla Prefettura alle proroghe dei contratti, che per la resistente costituirebbero contratti novativi del rapporto contrattuale originario, ed il conseguente rifiuto di applicare alle stesse la revisione dei prezzi.

Nel dettaglio la società ricorrente articola il seguente motivo di doglianza:

- violazione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006 e degli artt. 1339 e 1419 cc - dei princìpi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (anche ai sensi dell’art. 1375 cc.) - dell’art. 2041 cc. - degli artt. 3 e 97 della Costituzione in relazione ai princìpi di correttezza, efficienza, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa - eccesso di potere per ingiustizia ed illogicità manifeste - per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti - per carenza di istruttoria - per sviamento. La ricorrente invoca l’applicazione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, ove prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa debbano recare una clausola di revisione periodica del prezzo, non suscettibile di essere derogata in via pattizia, integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell’inserzione automatica.

Nelle more dell’udienza è intervenuto il provvedimento di rigetto della richiesta revisione dei prezzi che la

IC

Servizi ha impugnato con motivi aggiunti, depositati il 30 novembre 2021.

Con i motivi aggiunti, oltre all’annullamento della nota impugnata, la

IC

Servizi reitera la domanda di accertamento del diritto alla revisione dei prezzi per le proroghe intervenute, pressoché ininterrottamente, dal 2013 al 2019.

Il 9 dicembre 2022 il Ministero dell’Interno ha prodotto una documentata relazione con la quale ha eccepito il difetto di giurisdizione in merito alla domanda di ingiustificato arricchimento formulata dalla I.C. Servizi in via subordinata, nonché l’inammissibilità della stessa ai sensi dell’art. 2042 c.c. nei casi in cui sia possibile esperire altro rimedio tipico oltre alla prescrizione del diritto con riguardo alle annualità 2013-2015, avendo presentato la richiesta per la prima volta il 20 novembre 2020, rilevando, infine, che per le annualità successive il d.lgs. 50/2016 ha escluso l’obbligatorietà della previsione della revisione prezzi.

Il 27 gennaio 2023 l’

IC

Servizi con memoria insiste nelle proprie difese.

Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso avverso il silenzio è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo intervenuto il provvedimento espresso di diniego, impugnato con motivi aggiunti.

I motivi aggiunti, con i quali si chiede l’annullamento del diniego alla revisione dei prezzi e si reitera la domanda di accertamento del diritto della ricorrente al riconoscimento delle somme individuate a titolo di revisione prezzi (anche - in via subordinata - a titolo di ingiustificato arricchimento), sono infondati per i motivi di seguito esposti.

La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi di cui all’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, invocata dalla ricorrente, ha previsto l’obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione periodica del prezzo, da attivare a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell'Osservatorio dei contratti pubblici.

In mancanza della prevista pubblicazione dei costi standardizzati di cui all'art. 115, si è del pari ritenuto che la revisione di cui all'art. 115 possa ragionevolmente essere ancora effettuata sulla base dell'indice FOI pubblicato dall'ISTAT, che viene però considerato (salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa) come un limite massimo posto a tutela degli equilibri finanziari della pubblica amministrazione, e che pertanto non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale.

I risultati del procedimento di revisione prezzi, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, sono quindi espressione di una facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207;
sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465;
sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444;
Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067;
15 marzo 2011, n. 6016;
12 gennaio 2011, n. 511;
12 luglio 2010, n. 16285).

Dunque, la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

A tale riguardo il Consiglio di Stato ha chiarito ( ex multis Cons. Stato, Sez. III, 9/01/2017, n. 25) che "la finalità dell'istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295;
Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall'altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto” (nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. V. 23 aprile 2014, n. 2052;
Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074;
Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079;
Sez. III, 9 maggio 2012, n.2682).

Lo scopo principale dell'istituto pertanto è quello di tutelare l'interesse pubblico ad acquisire prestazioni di servizi qualitativamente adeguate;
solo in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l'interesse dell'impresa, a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verificano durante l'arco del rapporto” (Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza n. 4362 del 19-07-2011;
conforme Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275;
id., 24 gennaio 2013 n. 465)".

Alla stregua di tali considerazioni, la determinazione della revisione prezzi viene effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi (Consiglio di Stato, sez. III, 9/1/2017, n. 25 cit.), secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, che sottende l'esercizio di un potere autoritativo di carattere discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa.

E’ pertanto da escludere che la pretesa vantata dall’appaltatore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo;
infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi.

Di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all' an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum , ma solo una volta che sia intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale;
tale ricostruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'amministrazione.

Con la previsione dell'obbligo della revisione periodica del prezzo di un appalto di durata, il legislatore ha infatti inteso munire i contratti di forniture e di servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, verifichi la congruità del corrispettivo, con beneficio, incidente sull'equilibrio contrattuale, per entrambi i contraenti, sia perché l'appaltatore vede ridotta, ma non certo eliminata, l'alea propria dei contratti di durata, sia perché la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione divenuta per l'appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa.

L’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, non comporta pertanto anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Consiglio di Stato sez, III, 6/08/2018 n. 4827)” (così da ultimo, CdS V 7756/2022).

Alla stregua di tale ricostruzione, la domanda di accertamento è inammissibile ed il gravame è infondato.

Il presupposto affinché si proceda alla c.d. revisione dei prezzi è la sussistenza di un contratto di servizi di durata, nonché la variazione, nel tempo (cioè, negli anni successivi all’anno di stipula del contratto), dei costi produttivi.

Spetta, inoltre, alla P.A., chiamata a contemperare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato, stabilire con provvedimento di carattere autoritativo se ricorrano i presupposti per la medesima revisione con un giudizio di carattere discrezionale.

Pertanto la consolidata giurisprudenza, secondo la quale la disposizione, inizialmente dettata dall'art. 6 comma 4, l. 24 dicembre 1993 n. 537 e successivamente recepita dall'art. 115, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in forza della quale tutti i contratti d'appalto ad esecuzione periodica o continuativa, stipulati con la Pubblica amministrazione, devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi, è norma imperativa destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti - con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 cc, ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge ( ex multis Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 2015, n. 3594 avente ad oggetto una controversia in cui veniva in rilievo una previsione del capitolato d’oneri in cui si escludeva la revisione periodica, con conseguente nullità della medesima) - comporta semplicemente che, nei contratti di durata, debba procedersi agli adempimenti istruttori normativamente sanciti, condotti dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, al fine di stabilire se ricorrano i presupposti per la revisione, ma non implica affatto, come innanzi osservato, il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale.

Ciò premesso, nel caso in trattazione non ci troviamo di fronte ad un contratto di durata, ma ad una serie di rinnovi e non di mere proroghe, in quanto queste ultime consistono nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, mentre i primi scaturiscono da una nuova manifestazione di volontà tra i medesimi soggetti, che può comportare l'integrale conferma delle precedenti condizioni o la modifica di alcune di esse se non più attuali. Dette specifiche manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario e ancorché privi di alcuna proposta di modifica del corrispettivo (Cons. Stato Sez. III, 18/10/2019, n. 7077;
Cons. Stato Sez. III, Sent., 07-01-2020, n. 127).

Laddove ricorra l’ipotesi della rinegoziazione, il diritto alla revisione non può configurarsi in quanto l'impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale preveda la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi (Cons. St., sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2479 e 1 giugno 2010, n. 3474;
id., sez. VI, 25 luglio 2006, n. 4640).

Nel momento in cui le parti confermano il prezzo originario, ciò non può che significare che l'originario assetto di interessi ha conservato le originarie condizioni di equità e sostenibilità economica (su cui non incide, evidentemente, un maggiore o minore margine di lucro), secondo l'autonomo e libero apprezzamento degli stessi interessati (Cons. St., sez. VI, 28 maggio 2019, n. 3478).

Nel caso della

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi