TAR Venezia, sez. I, sentenza 2024-11-18, n. 202402718
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 18/11/2024
N. 02718/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00129/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 129 del 2023, proposto da
M s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati U R e V L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- della nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, dell'1 dicembre 2022, prot. n. 42726, comunicata in data 1 dicembre 2022, avente a oggetto “ interruzione della prescrizione e costituzione in mora ai sensi e per gli effetti degli artt. 1219, 1310 e 2942 del codice civile. Prima richiesta di pagamento ”, con la quale si chiede il versamento della somma di € 5.864.112,94, oltre interessi e rivalutazione maturati e maturandi dalla data della richiesta al saldo, oltre alle indennità che maturino per effetto del prolungarsi dell'occupazione, oltre a quanto già richiesto dall'Agenzia del Demanio con propri atti, entro 30 giorni, ovvero “ nel caso in cui fosse intervenuto nel frattempo regolamento amichevole in sede CEDU si chiede di versare solo la somma oggetto di accordo tra le parti ”;
- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, consequenziale, conseguente o, comunque, connesso, all'atto di cui sopra, anche mai conosciuto dalla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 il dott. Alberto Ramon e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, M s.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, anche solo “società”) ha impugnato la nota prot. n. 42726 dell’1 dicembre 2022 con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ha intimato alla società di pagare, entro trenta giorni dal ricevimento della stessa, la somma di € 5.864.112,94, di cui € 5.802.291,06 già richiesti con nota prot. n. 15082 del 10 aprile 2018, per l’illegittima occupazione del bene demaniale marittimo denominato “Valle Ghebbo Storto”, esteso per una superficie complessiva di ha. 177,6581 nella Laguna di Venezia.
L’Amministrazione – con la nota gravata, qualificata come atto di costituzione in mora – ha inteso altresì interrompere il decorso della prescrizione in ordine alle somme vantate a credito, con la precisazione che “ nel caso fosse intervenuto nel frattempo regolamento amichevole in sede CEDU si chiede di versare solo la somma oggetto di accordo tra le parti ”.
Al fine di una migliore comprensione del thema decidendum , è opportuno precisare che il Tribunale di Venezia, adito da M s.p.a. per l’accertamento della proprietà privata del complesso immobiliare “Valle Ghebbo Storto”, con sentenza n. 861 del 10 maggio 2004, ha dichiarato la demanialità della valle da pesca, condannando la società “ al rilascio del bene occupato senza titolo ” ed a “ corrispondere alle amministrazioni convenute le somme, a ristoro di tale occupazione, da liquidarsi in separato giudizio ”. Tale decisione è stata in seguito confermata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 826 del 10 aprile 2008, sia nella parte in cui dichiarava la demanialità dei beni contestati, con la precisazione che tale dichiarazione di demanialità debba intendersi limitata alle sole parti acquee di “Valle Ghebbo Storto”; sia nella parte in cui condannava, in via generica, la società a rifondere il danno a favore dell’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia del Demanio, nella misura da liquidarsi in separato giudizio. Quest’ultima sentenza, a sua volta, ha ricevuto conferma dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 3938 del 18 febbraio 2011.
M s.p.a. ha quindi proposto ricorso contro lo Stato italiano innanzi alla Corte EDU, lamentando la violazione del diritto al rispetto dei propri beni così come garantito dall’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
Nelle more della decisione su tale ricorso, lo Stato italiano e M s.p.a. hanno raggiunto un accordo transattivo (“ règlement amiable ”). Sicché la Corte EDU, con pronuncia del 6 dicembre 2018, ha recepito il testo di detto accordo, in base al quale: la parte privata, a fronte della rinuncia all’azione giudiziale, è stata autorizzata a continuare l’occupazione, per un periodo di vent’anni, degli specchi acquei vallivi dichiarati demaniali dalla sentenza n. 3938/2011 della Corte di Cassazione, con pagamento dei canoni annui previsti dal decreto del Presidente del Magistrato alle Acque n. 46 - GAB del 30 gennaio 2014; lo Stato ha rinunciato alle pretese economiche avanzate per l’occupazione senza titolo delle aree in questione, salvo che per l’importo forfettariamente determinato in € 89.110,35
Sennonché, con nota prot. n. 15082 del 10 aprile 2018, il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche ha chiesto a M s.p.a., “ per l’illegittima occupazione del bene demaniale marittimo ” dall’1 gennaio 2002, il versamento della somma di € 5.802.291,06.
In accoglimento dell’istanza di annullamento in autotutela presentata da M s.p.a., l’Amministrazione, con provvedimento prot. n. 16680 del 19 aprile 2018, ha annullato il contestato atto di messa in mora, invitando al contempo la società a presentare “ l’istanza di concessione al fine di poter redigere il disciplinare che regolerà l’occupazione delle aree demaniali, così come confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione […] , per un periodo di anni 20 a decorrete dal 01/01/2017 ”, oltreché a versare “ la somma di € 89.110,35 oltre a interessi e rivalutazione ”.
Con l’atto in questa sede impugnato, lo stesso Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche ha chiesto nuovamente alla società il versamento dell’importo dovuto per l’occupazione illegittima della “Valle Ghebbo Storto”, seppur con la precisazione che, nel caso di sopraggiunto regolamento amichevole tra le parti in sede CEDU, la somma dovuta debba intendersi limitata a quanto oggetto dello stesso accordo.
Anche rispetto al suddetto atto, M s.p.a. ha presentato il 19 dicembre 2022 un’istanza di riesame e di annullamento in autotutela, rimasta tuttavia priva di riscontro.
2. M s.p.a. è quindi insorta in questa sede avverso il provvedimento suindicato, proponendo i seguenti motivi di ricorso.
I) “ Illegittimità del provvedimento impugnato per incompetenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ”.
Il vizio di incompetenza risiede nel fatto che, con l’atto gravato, non viene richiesto il pagamento di canoni concessori, dato che non è stata ancora rilasciata la concessione ventennale di cui all’accordo transattivo, bensì una somma a titolo risarcitorio per l’“ illegittima occupazione del bene demaniale marittimo ”: una pretesa che, nella prospettazione attorea, potrà essere avanzata soltanto da quelle Amministrazioni che potranno legittimamente vantare un idoneo titolo sui beni in questione.
II) “ Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge con riferimento agli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. e 1372 e 1460 c.c., 46 e 1, Protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ”.
Il provvedimento gravato risulterebbe illegittimo in quanto contrastante con l’accordo conciliativo raggiunto tra lo Stato italiano e M s.p.a., poi recepito dalla pronuncia del 6 dicembre 2018 della Corte EDU. Il medesimo accordo, peraltro, assumerebbe rilievo anche dal punto di vista del diritto interno: sia per i suoi effetti transattivi e, quindi, vincolanti per le parti ex art. 1372 c.c.; sia in quanto M s.p.a. potrebbe legittimamente rifiutare il proprio adempimento in ragione dell’inadempimento dello Stato ex art. 1460 c.c.
Con specifico riferimento alla “ somma oggetto di accordo tra le parti ”, il pagamento in questione, nella tesi della ricorrente,