TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2023-01-07, n. 202300236

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2023-01-07, n. 202300236
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300236
Data del deposito : 7 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/01/2023

N. 00236/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01812/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1812 del 2021, proposto da
-OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avvocati P D G e A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio P D G in Roma, via Piediluco, 9;

contro

Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Tenaglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della delibera n. 1119 del 16 dicembre 2020, fasc. riservato Anac -OMISSIS- adottata dal Consiglio dell'Autorità nazionale anticorruzione nell'adunanza del 16 dicembre 2020, depositata presso la Segreteria del Consiglio in data 28 dicembre 2020 e comunicata alla ricorrente a mezzo pec in data 28 dicembre 2020;

- della nota “ -OMISSIS- ” del 28 dicembre 2020, trasmessa alla ricorrente a mezzo pec in pari data, con cui l'ANAC ha comunicato l'adozione del provvedimento di cui sopra;

- di ogni ulteriore atto connesso e/o conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione e della dott.ssa -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 17 gennaio 2019, la dott.ssa -OMISSIS- – dipendente del Comune di-OMISSIS- e « responsabile dell’Ufficio di Polizia Locale » – ha trasmesso al Sindaco dell’ente locale, la sig. -OMISSIS- nonché alla Giunta Comunale, al Consiglio Comunale, al Segretario Comunale, al Responsabile dell’Area Vigilanza, al Responsabile dell’Area Amministrativa, al Responsabile dell’Area Economico-Finanzaria, al Responsabile Anticorruzione e al Responsabile dell’Ufficio Personale (nonché ancora, per conoscenza, al Revisore dei Conti, all’ANAC, all’UTG -OMISSIS-) la nota prot. n.-OMISSIS- avente a oggetto « Servizio di Polizia Locale. Atto di diffida e contestuale messa in mora. Con specifica istanza di interruzione dei termini di prescrizione e/o decadenza ai sensi e per gli effetti di legge », con cui ha lamentato la sua reiterata adibizione alle mansioni superiori di Comandante della Polizia Locale;
ha sostenuto la presunta illegittimità di alcune scelte organizzative compiute dall’ente locale (adombrando la possibile sussistenza di illeciti penali e contabili) e ha intimato all’amministrazione comunale « di cessare immediatamente ogni nomina, anche temporanea di Comandante della Polizia Locale … effettuata a favore di soggetti non inquadrati nei ruoli stessi della Polizia Locale », rivendicando per sé l’attribuzione di tale ruolo.

2. Con nota -OMISSIS-, il Sindaco ha riscontrato la comunicazione della -OMISSIS-, contestando puntualmente, in fatto e in diritto, la fondatezza di quanto asserito nella stessa – anche alla luce di quanto specificato nella nota della Prefettura -OMISSIS-, 8 agosto 2018, n. 44221 (acquisita al protocollo del Comune in data 9 agosto 2018, al n. 5374) – e ha invitato «il Segretario Comunale a valutare in sede disciplinare il comportamento fortemente denigratorio nei confronti dell'amministrazione, la grave lesione dell'immagine dell’ente presso terzi e autorità pubbliche, nonché il carattere oltraggioso dell’onore, del prestigio e del decoro degli amministratori [nonché infine] il carattere intimidatorio della missiva prot. n.

4-OMISSIS-
».

3. Con nota 14 febbraio 2019, prot. n. 988, il Segretario Comunale pro tempore – dott.ssa -OMISSIS-– ha ritenuto di avviare il procedimento disciplinare nei confronti della -OMISSIS-.

4. Con provvedimento 15 marzo 2019, prot. n. 2518, il dott-OMISSIS- – medio tempore subentrato nella titolarità dell’incarico di Segretario Comunale dell’ente – ha concluso il procedimento disciplinare irrogando alla -OMISSIS- la sanzione della sospensione dal servizio pari a 10 giorni, atteso che la condotta della stessa «-OMISSIS- ».

5. Con successivo provvedimento disciplinare del -OMISSIS- il dott.-OMISSIS-ha disposto il licenziamento con preavviso della -OMISSIS- in relazione a un’ulteriore e diversa vicenda – relativa alla mancata trasmissione alla Procura della Repubblica «di un verbale di acquisizione di atti, documenti o cose, dalla stessa redatto ai sensi dell'art. 256 c.p.p. » – per avere la dipendente «posto in essere una grave violazione dei doveri professionali, aggravata dall’atteggiamento di totale indisponibilità tenuto dalla dipendete nella presente fattispecie » e in considerazione dell’esistenza del precedente provvedimento disciplinare irrogato con nota -OMISSIS-

6. Con ricorso iscritto innanzi al Tribunale di -OMISSIS-, la -OMISSIS- ha impugnato sia il licenziamento, intimatogli con lettera del 14 giugno 2019, sia la precedente sanzione disciplinare di 10 giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, irrogata con provvedimento del 15 marzo 2019.

7. Con nota del 27 febbraio 2020, la -OMISSIS- ha quindi segnalato all’ANAC la propria vicenda, sostenendo che i provvedimenti adottati nei suoi confronti erano stati adottati per ragioni ritorsive «per avere denunciato provvedimenti e condotte illecite della convenuta P.A. all’Autorità Giudiziaria e agli organismi amministrativi di controllo dell’attività della medesima p.a. », e ha conseguentemente chiesto all’Autorità « di attivare i poteri (anche sanzionatori) di cui all’articolo 54-bis del d.lgs. n. 165/2001 ».

8. In sede di istruttoria preliminare, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha ritenuto di archiviare la segnalazione della -OMISSIS- con riferimento alla sanzione del licenziamento disciplinare irrogata con nota -OMISSIS- giacché «il suddetto licenziamento era stato irrogato per fatti ulteriori e diversi rispetto alla segnalazione di illeciti ».

9. Al contrario – ritenendo prima facie sussistente la natura ritorsiva e discriminatoria della nota 4 febbraio 2019, n. 742 e del conseguente provvedimento sanzionatorio del 15 marzo 2019, n. 2518 – con nota 15 luglio 2020, prot. n. -OMISSIS-, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha comunicato alla sig. -OMISSIS- e al dott.-OMISSIS-l’avvio del procedimento per l’applicazione delle sanzioni ex art. 54- bis , comma 6, primo periodo, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in relazione alla sanzione conservativa irrogata nei confronti della -OMISSIS- il 15 marzo 2019.

10. In data 19 agosto 2020, la sig. -OMISSIS- ha inviato all’Autorità una memoria e ha chiesto l’archiviazione del procedimento.

11. Con nota 17 novembre 2020, l’Autorità ha confermato la contestazione di illecito amministrativo e l’avvio del procedimento avvenuto con atto ANAC-OMISSIS-

12. In data 27 novembre 2020, parte ricorrente ha inviato all’Autorità un’ulteriore memoria difensiva con cui ha insistito nella richiesta di archiviazione e ha chiesto di essere sentito.

13. Con nota 3 dicembre 2020 l’ANAC ha rigettato la richiesta di audizione avanzata dalla sig. -OMISSIS-.

14. Con delibera-OMISSIS- – comunicata all’interessata in data 28 dicembre 2020 – l’Autorità ha quindi dichiarato la natura ritorsiva e la conseguente nullità ai sensi dell’art. 54- bis , d.lgs. 165/2001 della nota del sindaco n.-OMISSIS- e ha irrogato alla sig. -OMISSIS- una sanzione amministrativa pecuniaria in misura pari a € 5.000,00.

15. Con l’atto introduttivo del giudizio, la sig. -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento adottato dall’Autorità e ne ha chiesto l’annullamento – previa sospensione cautelare – sulla base di sei articolati motivi di diritto.

15.1. Con il primo motivo ha lamentato l’illegittimità degli atti gravati per « violazione ed erronea applicazione del d.lgs n. 165, art. 54-bis, per eccesso di potere per carenza di istruttoria ed erronea valutazione dei fatti e per violazione del principio di legalità in materia di procedimenti sanzionatori », osservando – in sintesi – che la segnalazione della -OMISSIS- non era affatto ascrivibile « all’ambito di applicazione della disciplina del whistleblowing e delle relative tutele », atteso che la stessa non aveva agito « a tutela dell'interesse all'integrità della pubblica amministrazione, ma a tutela dei diritti nascenti dal proprio rapporto di lavoro asseritamente lesi dall’amministrazione » e aveva inviato « la propria missiva ad una serie di autorità e soggetti non contemplati dalla disposizione ».

15.2. Con il secondo motivo ha sostenuto l’illegittimità degli atti gravati « per erronea valutazione dei fatti e per violazione ed erronea applicazione dell’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001 », evidenziando che con ordinanza 29 luglio 2020, resa nel giudizio rg. n. -OMISSIS- aveva respinto il ricorso proposto dalla sig.-OMISSIS- avverso il provvedimento disciplinare irrogato nei suoi confronti – poiché la segnalazione della stessa conteneva affermazioni « aventi l’intento e l’effetto di screditare, senza alcun elemento a fondamento, l’operato dell’amministrazione comunale, ed esorbitanti, quindi, una continente critic a» – e aveva rilevato che la reazione sanzionatoria dell’ente locale era stata « pienamente giustificata ».

15.3. Con il terzo motivo ha lamentato l’illegittimità degli atti gravati per eccesso di potere, contraddittorietà e manifesta illogicità, affermando, in sintesi, che l’Autorità aveva correttamente escluso la natura ritorsiva della contestazione disciplinare inviata alla -OMISSIS- dalla dott.ssa -OMISSIS-(al tempo segretaria comunale e non individuata da ANAC tra i destinatari della sanzione) e aveva invece illogicamente ritenuto ritorsive « la segnalazione del Sindaco sulla quale la contestazione disciplinare si fonda [va]» e il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare firmato dal dott. -OMISSIS-, nel frattempo divenuto nuovo segretario comunale dell’ente.

15.4. Con il quarto motivo ha rilevato che nessuna sanzione doveva essere adottata nei suoi confronti, sia perché la stessa si era limitata « a effettuare la dovuta replica in ordine alla palese infondatezza e gravità delle accuse della dipendente », sia perché la decisione adottata all’esito del procedimento disciplinare « non è in alcun modo imputabile al Sindaco che non ha alcuna possibilità, né obbligo, anzi gli è espressamente vietato, di interferire nelle valutazioni del Segretario Comunale ».

15.5. Con il quinto motivo di gravame ha sostenuto illegittimità degli atti impugnati per « eccesso di potere, contraddittorietà, mancato svolgimento di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità [e] violazione del disposto previsto dai commi 6 e 7 dell’art. 54 bis comma 7 del d. lgs. 30 marzo 2001 n.165 », affermando che nel corso dell’istruttoria dall’ANAC non era emerso « nessun elemento che possa dimostrare il carattere discriminatorio o ritorsivo del provvedimento reso dal Segretario Comunale ».

15.6. Con il sesto e ultimo motivo, ha lamentato l’illegittimità degli atti gravati per « eccesso di potere, contraddittorietà, mancato svolgimento di istruttoria, carenza di potere, illogicità, assenza di certezza del diritto e di imparzialità dell’azione amministrativa, incoerenza ed illogicità nell’adozione di provvedimenti amministrativi », evidenziando che l’Autorità aveva ritenuto erroneamente la sussistenza di un comune animus nocendi tra il Sindaco -OMISSIS- e il dott.-OMISSIS-(identificandoli come « coloro il cui operato era stato ritenuto illegittimo dalla-OMISSIS- e da costei denunciato al RPCT e alle Autorità »), mentre tale circostanza era del tutto da escludere, atteso che il dott.-OMISSIS-non era neppure « tra i soggetti il cui operato [era] stato censurato dalla-OMISSIS-, poiché prima della nomina del febbraio 2019, non aveva assunto le funzioni di segretario comunale, né con l’amministrazione del Sindaco -OMISSIS- -OMISSIS-, né con l’amministrazione precedente ».

16. Con memoria del 5 marzo 2021, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha spiegato le proprie difese e ha insistito per il rigetto del ricorso.

In particolare, l’amministrazione ha evidenziato:

- che « nonostante il “nomen iuris” – diffida – utilizzato dalla dott.ssa -OMISSIS- nella sostanza la nota inviata espone [va] e illustra [va] presunte illegittimità e irregolarità riscontrate dalla dipendente nell’esercizio delle sue funzioni » e che, ai fini dell’applicazione delle tutele ex art. 54- bis , era irrilevante il fatto che -OMISSIS- avesse anche « un interesse personale coincidente e/o concorrente con quello pubblico »;

- che – affinché possano operare le tutele di cui alla normativa cd. whistleblowing – « è necessario, ma anche sufficiente, che la segnalazione venga indirizzata ad almeno uno dei soggetti di cui all’art. 54-bis e non esclusivamente ad essi ».

- che è irrilevante quanto affermato nell’ordinanza resa dal Tribunale di -OMISSIS- in ordine alla legittimità della sanzione, atteso che « i procedimenti di cui si discute sono del tutto autonomi tra loro e relativi a profilli di illegittimità del tutto diversi »;

- che la dott.ssa -OMISSIS- non era stata destinataria di alcuna sanzione perché la contestazione disciplinare è « un atto neutro »;

- che « non può ritenersi che il carattere « inderogabile e obbligatorio dell’azione disciplinare sia idoneo ad escludere l’intento ritorsivo ».

17. Con ordinanza-OMISSIS-, questo Tribunale ha ritenuto che non sussistevano « i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare, risultando il provvedimento impugnato, prima facie, adeguatamente motivato con riferimento alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina di cui all’art. 54 bis del d.lgs. n. 165/2001 e tenuto conto della non ingente entità della sanzione irrogata ».

18. Con memoria del 24 giugno 2021, la dott.ssa. -OMISSIS- si è costituita in giudizio e ha insistito per il rigetto del ricorso.

19. Con memoria del 9 settembre 2022, parte ricorrente ha insistito nelle proprie domande, ribadendo quanto già argomentato nell’atto introduttivo e contestando quanto affermato dall’Autorità nelle proprie difese.

20. All’udienza dell’11 ottobre 2022 – viste le note d’udienza versate in atti da parte ricorrente – la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. All’esito dell’esame approfondito proprio della fase di merito, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto per le ragioni di seguito illustrate.

2. In via preliminare, è opportuno ricordare che l’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001, introdotto con l. n. 190/2012 e da ultimo modificato con l. n. 179/2017, disciplina – in coerenza con quanto previsto dall’art. 9 della Convenzione civile contro la corruzione del Consiglio d’Europa de l4 novembre 1999 nonché dall’art. 33 della Convenzione Onu contro la corruzione del 31 ottobre 2003 – il regime di tutela dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti (cd. whistleblowers ).

Tale disposizione, in particolare, prevede innanzitutto che « il pubblico dipendente che, nell'interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione » (comma 1).

A tutela del lavoratore, la disposizione prevede inoltre che « l’identità del segnalante non può essere rivelata » (comma 3) e che « la segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni » (comma 4).

La stessa disposizione ha poi attribuito all’Autorità Nazionale Anticorruzione uno specifico potere sanzionatorio, prevedendo che « qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro » (comma 6).

Infine, la medesima disposizione ha stabilito che « è a carico dell’amministrazione pubblica … dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa » (comma 7, primo periodo) e che « gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione … sono nulli » (comma 7, secondo periodo);
e ha tuttavia espressamente previsto che « le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave » (comma 9).

3. È noto, inoltre, che in applicazione del comma 5 della summenzionata diposizione l’Autorità Nazionale Anticorruzione con delibera 9 giugno 2021, n. 469 ha adottato “Linee guida in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54- bis , del d.lgs. 165/2001 (c.d. whistleblowing )”, che – pur approvate successivamente ai fatti oggetto del giudizio – costituiscono un utile riferimento per l’interpretazione della disciplina di cui al summenzionato art. 54- bis (e ciò anche in ragione della loro particolare natura, cfr. Consiglio di Stato, I, 24 marzo 2020, n. 615).

Tali linee guida hanno innanzitutto chiarito che « i fatti illeciti oggetto delle segnalazioni whistleblowing comprendono non solo le fattispecie riconducibili all’elemento oggettivo dell'intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione ma tutte le situazioni in cui, nel corso dell'attività amministrativa, si riscontrino comportamenti impropri di un funzionario pubblico che, anche al fine di curare un interesse proprio o di terzi, assuma o concorra all'adozione di una decisione che devia dalla cura imparziale dell'interesse pubblico » (cfr. parte prima, par. 2.2, sub le condotte illecite ”).

Nelle medesime linee guida è stato inoltre evidenziato che – ai sensi dell’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2016 – « la segnalazione, oltre a indicare condotte illecite, deve essere fatta per la salvaguardia dell’interesse all’integrità della pubblica amministrazione ;
ha conseguentemente chiarito che le « lamentele di carattere personale come contestazioni, rivendicazioni o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi non possono generalmente essere considerate segnalazioni di whistleblowing, a meno che esse non siano collegate o collegabili alla violazione di regole procedimentali interne all’amministrazione che siano sintomo di un malfunzionamento della stessa »;
e ha tuttavia specificato che « non si possano escludere dalla tutela ex art. 54-bis le segnalazioni nelle quali un interesse personale concorra con quello della salvaguardia dell’integrità della pubblica amministrazione » (cfr. parte prima, par. 2.2, sub il fine di tutelare l’interesse all’ integrità della pubblica amministrazione ”).

In ordine alle caratteristiche e alle modalità della segnalazione, infine, le linee guida hanno chiarito che «la segnalazione deve essere inoltrata ad almeno uno delle quattro tipologie di destinatari indicati nell’art. 54-bis, co. 1 (RPCT, ANAC, Autorità giudiziaria ordinaria o contabile) » (parte prima, par. 2.1);
hanno evidenziato che «le amministrazioni sono, quindi, tenute a disciplinare, in conformità alle presenti Linee guida, le procedure, preferibilmente informatizzate, per la ricezione e gestione delle segnalazioni » che garantiscano «la riservatezza dell'identità del segnalante, del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione » (cfr. parte seconda, par. 2.2.);
e hanno previsto uno specifico modulo per la segnalazione dell’illecito all’ANAC, precisando tuttavia che «la segnalazione/comunicazione può anche essere presentata con dichiarazione diversa da quella prevista nel modulo, purché contenente gli elementi essenziali indicati in quest’ultimo » (parte terza, par. 1), ed evidenziando, inoltre, che, per l’invio delle stesse, è «altamente raccomandato l’utilizzo della piattaforma informatica » (parte terza par. 1.1.), ferma restando – in subordine – la possibilità di presentazione mediante protocollo generale (parte terza, par. 1.2.).

4. Ciò premesso in ordine al quadro normativo di riferimento, il Collegio ritiene che siano innanzitutto fondate le censure contenute nel primo motivo di gravame, con cui parte ricorrente ha evidenziato che la segnalazione inviata dalla -OMISSIS- non rientra tra quelle a cui è applicabile il regime di tutela previsto dall’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001.

4.1. A tal proposito, il Collegio evidenzia che la segnalazione inviata dalla -OMISSIS- – pur contenendo il riferimento a condotte e comportamenti che, secondo la sua prospettazione, potevano integrare degli illeciti e pur essendo stata inviata ad almeno uno dei soggetti di cui all’art. 54- bis – costituisce senz’altro una segnalazione “atipica”, rispetto al modello di segnalazione previsto (e tutelato) dall’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001, atteso che la stessa:

- ha espressamente la forma di un «Atto di diffida e contestuale messa in mora. Con specifica istanza di interruzione dei termini di prescrizione e/o decadenza ai sensi e per gli effetti di legge », con la quale l’istante ha lamentato la sua «reiterata adibizione formale e non a mansioni superiori di Comandante/Responsabile della Polizia Locale ad opera del datore di lavoro » e ha intimato all’ente locale «di cessare immediatamente ogni nomina di Comandante/Responsabile della Polizia Locale di-OMISSIS-, effettuata a favore di soggetti non inquadrati nei ruoli stessi della Polizia Locale », rivendicando per sé tale ruolo;

- è stata inviata in via principale a una molteplicità di soggetti (ivi compresi gli organi politici dell’ente locale, ovvero il Consiglio comunale e la Giunta) che non rientrano nel novero dei soggetti indicati dall’art. 54- bis – tanto da assumere i caratteri di una denuncia pubblica – ed è stata trasmessa all’ANAC e alla Corte dei Conti solo “per conoscenza”.

4.2. Ciò chiarito, il Collegio ritiene opportuno precisare (in termini generali e fermo quanto si dirà infra sub 4.3-4.8. con specifico riferimento al caso oggetto del presente giudizio) che non tutte le segnalazioni cd. “atipiche” sono necessariamente escluse dall’ambito di applicazione delle tutele avverso gli atti ritorsivi previste dall’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001.

4.2.1. Ciò significa, in primo luogo, che – in generale – non debbono ritenersi escluse automaticamente dalle tutele avverso gli atti ritorsivi previste dall’art. 54- bis quelle segnalazioni che – pur rivestendo una forma impropria (ad esempio, la forma di una diffida) – siano volte a sottoporre agli organi di controllo (interni, RPCT, e esterni, autorità giudiziaria e ANAC) condotte che integrano contemporaneamente una violazione dei diritti del lavoratore e al contempo fatti illeciti (e per ciò stesso lesive degli interessi pubblici).

Se, infatti, è vero che le garanzie previste dall’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 devono essere riservate alle sole segnalazioni che abbiano ad oggetto condotte lesive di un interesse collettivo o diffuso, a esclusione, quindi, di tutte quelle che riferiscono comportamenti lesivi di interessi meramente personali ( egoistic blowers ), è condivisibile quanto affermato da ANAC – prima con la delibera n. 782/2019 e poi ancora con le Linee Guida approvate con delibera 9 giugno 2021, n. 469 – in ordine al fatto che l’art. 54- bis non richiede che la segnalazione avvenga nell’esclusivo della p.a. e che, quindi, le tutele previste nella citata disposizione trovano applicazione anche quando l’interesse all’integrità della p.a. coincide o si accompagna con l’interesse privato del segnalante.

Ciò vale – in particolar modo – con riferimento all’applicazione delle misure di tutela previste in favore del lavoratore avverso gli atti ritorsivi e discriminatori posti in essere dal datore di lavoro.

Se, infatti, con specifico riferimento al particolare regime dell’accesso agli atti è stato condivisibilmente affermato che il divieto di cui all’art. 54- bis , n. 165/2001 ha carattere eccezionale e non può quindi applicarsi in relazione a segnalazioni orientate al perseguimento anche di scopi essenzialmente di carattere personale o contenenti contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro tenuto conto che tale divieto « si pone in rapporto di eccezione rispetto al principio generale di accessibilità nei casi in cui sussista un interesse giuridicamente rilevante » (cfr. Consiglio di Stato, VI, 2 gennaio 2020, n. 28 e Tar Napoli, VI, 8 giugno 2018, n. 3880), con riferimento alle tutele avverso gli eventuali atti ritorsivi, invece, nell’ipotesi di segnalazioni ibride appare ragionevole (in linea di massima e fermo quanto si dirà subito infra sulle segnalazioni manifestamente infondate e meramente strumentali) un’interpretazione estensiva della disposizione nell’ottica della massima protezione del lavoratore.

Va specificato, quindi, che, ai fini dell’applicabilità del regime di tutela avverso gli atti ritorsivi previsto dalla normativa in materia di cd. whistleblowing, non è necessario che i motivi dell’agire del segnalante siano disinteressati, e che, pertanto, le disposizioni di cui agli artt. 54- bis , commi 6 e 7, d.lgs. n. 165/2001 si applicano anche in relazione alle segnalazioni di illeciti connesse a rivendicazioni personali del lavoratore, fatta salva l’ipotesi in cui – per l’inconsistenza delle accuse e per le concrete modalità di utilizzo della segnalazione da parte del lavoratore – possa ragionevolmente affermarsi che la segnalazione non sia in alcun modo orientata a promuovere anche « l’integrità della pubblica amministrazione » ma sia finalizzata solo a generare pressioni sul datore di lavoro al fine di perseguire un interesse privato del lavoratore, ovvero abbia un carattere del tutto strumentale e non in linea con la ratio dell’art. 54- bis , che, se da un lato non richiede il disinteresse del segnalante, certamente presuppone la « buona fede » della segnalazione (cfr. – a tale ultimo proposito – Consiglio di Stato, V, 4 novembre 2022, n. 9694 che richiama il divieto di abuso di ogni posizione soggettiva ex artt. 2 Cost. e 1175 c.c.).

4.2.2. In secondo luogo, e sempre in termini generali, il Collegio ritiene opportuno precisare che, ai sensi del quadro normativo allo stato vigente, non è richiesto, ai fini dell’applicabilità delle tutele avverso le misure ritorsive di cui all’art. 54- bis , che la segnalazione sia inviata solo ai soggetti espressamente indicati da tale disposizione (ferma la necessità che sia inviata ad almeno uno di questi), né che la segnalazione stessa sia necessariamente caratterizzata da una natura riservata.

A tal proposito – in assenza di precise indicazioni da parte del legislatore e nell’ottica di non disincentivare l’attività di segnalazione degli illeciti da parte dei lavoratori escludendo dall’area della tutela segnalazioni per mere ragioni formali – è corretto ritenere che, ai fini dell’operatività dell’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001, la segnalazione possa essere avanzata con ogni mezzo (ovvero anche in maniera non riservata) purché le modalità trasmissione e diffusione della segnalazione siano rispettose dei principi di proporzionalità (in relazione alla gravità dell’illecito segnalato e alla consistenza degli elementi posti a sostegno della segnalazione) e di adeguatezza (in relazione alla finalità di garantire una tutela effettiva degli interessi pubblici che vengono in rilievo nella specifica vicenda).

Una tale conclusione è suffragata sia da altre disposizioni contenute nella l. n.  179/2017 in materia di whistleblowing , sia dai principi stabiliti dalla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 relativa alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione.

E, infatti, per un verso, l’art. 3, comma 3, l. n. 179/2017, nel prevedere che «nelle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nelle forme e nei limiti di cui all’articolo 54-bis il perseguimento dell’interesse all’integrità delle amministrazioni, pubbliche e private, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni, costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall'obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all'articolo 2105 del codice civile », dispone espressamente che «costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito ».

Per altro verso, l’art. 15 della direttiva (UE) 2019/1937 prevede espressamente la possibilità di una divulgazione pubblica della segnalazione, configurandola tuttavia come una situazione eccezionale, se non come una vera e propria extrema ratio , da utilizzare nelle ipotesi in cui: a) è stata già inviata una precedente segnalazione agli organi di controllo senza che questi si siano attivati;
b) il segnalante ha fondati motivi di ritenere che vi sia un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
c) vi sia il fondato rischio che una segnalazione non divulgata pubblicamente non sia affrontata efficacemente.

In ragione di quanto sopra, il Collegio ritiene che, per un verso, debba ammettersi in via generale e astratta la possibilità di applicare le tutele di cui all’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 anche a segnalazioni non riservate o pubbliche (ovvero inoltrate al di fuori degli appositi canali a ciò preposti) e che, per altro verso, tale estensione vada limitata ai soli casi in cui le modalità e l’ambito di diffusione delle “accuse” contenute nella segnalazione “atipica” siano giustificati dalla ricorrenza di uno dei ragionevoli motivi indicati sopra o comunque dalla sussistenza di un adeguato fumus di fondatezza delle stesse (requisito, invece, di norma non richiesto per l’applicabilità delle tutele ex art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 con riferimento alle segnalazioni tipiche e riservate).

D’altronde, va evidenziato che:

- una soluzione restrittiva (che limiti l’applicazione alle sole segnalazioni inviate ai soli soggetti individuati ex art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 a mezzo dei canali tipici) rischierebbe di escludere irragionevolmente dal regime di tutela segnalazioni che rispondono sostanzialmente alla finalità di cui alla normativa sopra richiamata;

- una soluzione espansiva (che applichi le tutele ex art. 54- bis a tutte le segnalazioni atipiche/pubbliche, senza una valutazione sulla natura proporzionata ed adeguata dello strumento di trasmissione utilizzato) esporrebbe le p.a. al rischio di non poter sanzionare – se non dopo la condanna penale del segnalante o l’accertamento della sua responsabilità civile per dolo o colpa grave (cfr. art. 54- bis , comma 9, d.lgs. n. 165/2001) – in alcun modo il dipendente infedele che rivolga nei confronti delle stesse delle accuse pubbliche prive di fondamento (con ciò che ne conseguirebbe in termini di pregiudizio all’immagine e al buon andamento della p.a.).

4.3. Alla luce di quanto osservato sopra in materia di cd. segnalazioni atipiche, il Collegio ritiene che le tutele previste dall’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 non possano trovare applicazione con riferimento alla segnalazione di presunti illeciti contenuta all’interno della diffida della -OMISSIS- del 17 gennaio 2019, in quanto tale nota si caratterizza contemporaneamente:

a) per l’essere stata inviata a una pluralità di soggetti estranei alla previsione di cui all’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001, tanto da assumere il carattere di denuncia pubblica, in violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza, ovvero in assenza di uno dei motivi che giustificherebbero l’utilizzo di tale modalità;

b) per il contenere rilievi privi di un adeguato fumus di fondatezza;

c) per l’apparire – in ragione dei due elementi sopra indicati e in considerazione del fatto che la stessa è contenuta nell’ambito di una rivendicazione essenzialmente di carattere personale – meramente strumentale ed estranea alla logica di cui all’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001.

4.4. Segnatamente, il Collegio rileva che la scelta della -OMISSIS- di segnalare i presunti illeciti commessi dall’amministrazione comunale con una diffida pubblica (come, a tutt’evidenza, può essere qualificata una missiva inviata anche al Consiglio comunale oltreché a tutti gli ulteriori destinatari indicati nella diffida) non era affatto giustificata né dalla sussistenza di un pericolo imminente e palese per l’interesse pubblico, né da una precedente inerzia degli organi di controllo, né da alcun altro giustificato motivo tra quelli indicati supra sub 4.2.2.

4.5. Inoltre, il Collegio rileva che la segnalazione di presunti illeciti contenuta nella diffida trasmessa dalla segnalante era priva di un adeguato fumus di fondatezza, atteso che:

a) per quanto risulta agli atti del presente giudizio – nel quale si è costituita anche la segnalante – nessuno dei soggetti indicati dall’art. 54- bis che ha ricevuto la nota del 17 gennaio 2019 (tra cui la stessa ANAC e la Corte dei Conti) ha dato seguito in alcun modo alla stessa, ovvero nessuna delle autorità preposte ha ritenuto che le condotte poste in essere dal Comune di-OMISSIS- per la nomina del Comandante della Polizia Locale fossero meritevoli di approfondimento;

b) la fondatezza di quanto sostenuto nella diffida/segnalazione appare prima facie esclusa dal contenuto della nota Prefettura -OMISSIS-, 8 agosto 2018, n. 44221;

c) il Tribunale ordinario -OMISSIS- (resa nel giudizio avverso l’impugnazione della predetta sanzione) ha evidenziato che le accuse della -OMISSIS- erano state mosse «senza alcun elemento a fondamento ».

Né può ritenersi che la sussistenza di una adeguato fumus di fondatezza di quanto sostenuto nella diffida sia stata scrutinata da ANAC durante l’istruttoria finalizzata all’adozione del provvedimento sanzionatorio oggi gravato.

A tal proposito, infatti, l’Autorità si è limitata a evidenziare che, in conseguenza della nota della -OMISSIS-, la Prefettura -OMISSIS- ha chiesto ragguagli all’ente locale in ordine ai fatti ivi descritti: e tuttavia è evidente che – a fronte dell’inerzia di tutti i soggetti indicati dall’art. 54- bis , della puntualità delle osservazioni contenute nella nota del Sindaco e delle affermazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale di -OMISSIS- – tale richiesta di informazioni appare poco più che un atto dovuto e non risulta indicativa di un adeguato fumus di fondatezza di quanto affermato nella diffida.

Non può quindi sostenersi che l’Autorità resistente abbia svolto correttamente la valutazione in ordine ai profili di fondatezza della segnalazione presentata dalla -OMISSIS-, che, tenuto conto delle specifiche circostanze del caso concreto, era necessaria – come si è detto e ancora di dirà infra – sia per una verifica dell’adeguatezza e della proporzionalità della denuncia pubblica rispetto alla finalità di cui all’art. 54- bis , sia per escludere un uso meramente strumentale delle accuse di illecito da parte della lavoratrice (cfr. ancora – a tale ultimo proposito – Consiglio di Stato, V, 4 novembre 2022, n. 9694).

4.6. Va sottolineato, infatti, che la mancanza di un adeguato fumus di fondatezza delle “accuse” rende ancor più evidente che la diffida “pubblica” inviata dalla -OMISSIS- è stata un’iniziativa del tutto sproporzionata e inadeguata rispetto alle finalità di cui all’art. 54- bis , l. n. 165/2001;
che pertanto le tutele previste dalla disciplina in materia di whistleblowing non potevano applicarsi alla predetta segnalazione;
e che conseguentemente la reazione dell’ente sotto il profilo disciplinare è stata legittima, se non doverosa.

4.7. Va notato, inoltre, che l’insussistenza di un sufficiente fumus di fondatezza delle “accuse” formulate nella diffida del 19 gennaio 2017 corrobora l’idea che la contestuale trasmissione della diffida al RPCT, all’ANAC e alla Corte dei Conti (in aggiunta a tutti gli altri soggetti indicati nella nota) non era in alcun modo ascrivibile alla logica di promuovere « l’integrità della pubblica amministrazione » sottesa all’art. 54- bis , d.lgs. n. 165/2001 ma era solamente strumentale al tentativo della -OMISSIS- di indurre la p.a. a adottare una diversa condotta coerente con il proprio interesse personale.

4.8. Da tutto quanto appena illustrato discende: a) l’impossibilità di applicare alla diffida della -OMISSIS- le garanzie previste dall’art. 54- bis d.lgs. n. 165/2001;
b) la natura non ritorsiva sia provvedimento disciplinare adottato nei confronti della stessa (la cui legittimità, allo stato, è stata peraltro confermata dal Tribunale ordinario -OMISSIS-) sia della nota del sindaco n.-OMISSIS-;
c) l’illegittimità della delibera ANAC-OMISSIS-.

5. Ferme restando le dirimenti considerazioni di carattere sostanziale spiegate sopra, il Collegio ritiene opportuno rilevare che è altresì fondato il terzo motivo di ricorso, con cui la sig. -OMISSIS- ha lamentato l’illegittimità del provvedimento gravato per « eccesso di potere, contraddittorietà e manifesta illogicità », in ragione dell’esclusione dal procedimento avviato dall’Autorità resistente della dott.ssa -OMISSIS- -OMISSIS-, ovvero del soggetto che ha concretamente avviato il procedimento disciplinare all’esito del quale è stata adottata la sospensione nei confronti della -OMISSIS-.

In tal senso, è opportuno richiamare quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato in ordine al fatto che il mancato coinvolgimento nel procedimento di tutti i soggetti che hanno concorso all’adozione della misura ritenuta ritorsiva è idoneo a menomare « la piena, effettiva e serena istruttoria ed il diritto di difesa », atteso che una piena comprensione della vicenda e una complessiva valutazione della stessa sono possibili solo attraverso il contestuale apporto delle difese e deduzioni di tutti i soggetti che hanno concorso all’irrogazione del provvedimento di cui è in contestazione la natura ritorsiva (cfr. Consiglio di Stato, V, 4 novembre 2022, n. 9694).

Né può ritenersi – come pure ha sostenuto l’Autorità Nazionale Anticorruzione – che l’esclusione della dott.ssa -OMISSIS- dal procedimento sanzionatorio oggetto del presente giudizio sia stata ragionevolmente disposta dall’ANAC in ragione del fatto che la contestazione disciplinare sarebbe « un atto neutro »: se, infatti, l’Autorità ha ritenuto che la lettera del sindaco -OMISSIS- (di per sé solo una mera sollecitazione rivolta al segretario comunale al fine di una valutazione circa la rilevanza disciplinare della nota del 17 gennaio 2019) sia stata parte di un disegno sostanzialmente unitario volto all’irrogazione di una misura ritorsiva nei confronti della -OMISSIS-, la stessa Autorità avrebbe dovuto addivenire ad analoga conclusione con riferimento alla nota di avvio del procedimento disciplinare (atteso che – in assenza della stessa – nessuna misura disciplinare avrebbe potuto essere irrogata alla lavoratrice).

6. Per tutte le ragioni sopra indicate – impregiudicata ogni valutazione che il giudice ordinario riterrà di svolgere nell’ambito della propria giurisdizione (cfr. Tar Lazio, I, 10 febbraio 2020, n. 1715) sulla legittimità della sanzione disciplinare irrogata alla -OMISSIS- – la delibera ANAC-OMISSIS- è illegittima e va annullata.

7. Le spese processuali – tenuto conto della novità di alcune delle questioni trattate, dell’andamento del giudizio e della peculiarità della controversia – possono essere integralmente compensate tra tutte le parti processuali.

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