TAR Firenze, sez. I, sentenza 2012-05-30, n. 201201038

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2012-05-30, n. 201201038
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201201038
Data del deposito : 30 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02348/2011 REG.RIC.

N. 01038/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02348/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2348 del 2011, proposto dai sig.ri
P M, M S, F F, G Egelista, R S, G Z, G M, rappresentati e difesi dall'avv. F M, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli, n. 40;

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti C F e D I, con domicilio eletto presso l’avv. D I in Firenze, via dei Rondinelli, n. 2;
Università degli Studi di Pisa, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;
Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Baldi, con domicilio elette in Firenze, piazza dell'Unita' Italiana, n. 1;

per l'annullamento

- della deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana d'intesa col Rettore dell'Università degli Studi di Pisa 11.10.2011, n. 1049 pubblicata all'Albo dell'Ente per 15 giorni dal 13 ottobre 2011 con la quale viene adottato l'Atto Aziendale della stessa Azienda;

- della deliberazione dello stesso Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, 30.11.2011, n. 1197 con la quale viene adottato lo "schema ricognitivo riepilogativo e l'avvio del nuovo assetto aziendale", cioè un atto esecutivo dell'Atto aziendale;

- nonché di qualsiasi altro atto presupposto o conseguente ancorché incognito.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, della Università degli Studi di Pisa e della Regione Toscana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2012 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – I ricorrenti, tutti professori e ricercatori universitari afferenti al raggruppamento universitario di “chirurgia generale”, impugnano gli atti in epigrafe indicati, con i quali è stato adottato il nuovo Atto Aziendale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, contestando la disposta riorganizzazione, ispirata al modello di ospedale per intensità di cure, laddove non prevede più il Dipartimento Aziendale Integrato di Chirurgia e ha distribuito le Chirurgie Generali tra i vari Dipartimenti, due affidandole addirittura alla Direzione Sanitaria. Evidenziano i ricorrenti che “ci si trova pertanto in presenza di una <dissoluzione>
della chirurgia che non ha più un suo dipartimento e in cui le singole chirurgie già generali sono ridotte a ristrette materie ignote alla specialistica chirurgica universitaria e <sparpagliate>
fra più dipartimenti con funzioni diverse spesso prive di qualunque logica connessione con la materia chirurgica”.

Nei confronti degli atti gravati i ricorrenti muovono censure di:

- difetto di motivazione e reticenza nel contraddittorio procedimentale;

- contraddittorietà intrinseca degli atti impugnati, poiché la distribuzione delle chirurgie generali nei vari dipartimenti contrasta con gli obiettivi esposti di organizzazione orizzontale e per intensità di cure;

- incoerenza delle scelte effettuate in materia di organizzazione delle chirurgie con le esigenze della didattica e della ricerca universitaria;

- violazione dei protocolli d’intesa con la Regione Toscana;

- violazione della normativa in materia di scuole di specializzazione universitaria.

2 – Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, l’Università degli Studi di Pisa e la Regione Toscana. Le Amministrazioni resistenti hanno altresì formulato due eccezioni preliminari, rispettivamente di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, a favore di quello ordinario, e di inammissibilità del gravame per mancata impugnazione della deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera n. 1083 del 2011 di approvazione dell’Atto Aziendale gravato.

3 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del 16 maggio 2012 e sentiti di difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

4 – Il Collegio è chiamato a pronunciarsi preliminarmente sulle eccezioni formulate dalle Amministrazioni resistenti e quindi, innanzitutto, sulla eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, che è formulata dalla parti resistenti in due distinte prospettive.

5 - In primo luogo si evidenzia che, sebbene per i docenti universitari sussista giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la Cassazione ha tuttavia distinto, con specifico riferimento ai medici universitari in servizio presso le Aziende ospedaliero-universitarie, le questioni che attengono alla status di docente universitario, che appartengono alla cognizione del giudice amministrativo, da quelle attinenti al rapporto lavorativo di carattere assistenziale con l’Azienda Ospedaliera, che pertengono invece alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 22.12.2009, n. 26960). Con riferimento a questa distinzione le parti resistenti invocano, anche nella presente controversia, la giurisdizione del giudice ordinario.

L’eccezione è infondata.

Evidenzia il Collegio che la fattispecie in esame non possa essere ricondotta a questione relativa al rapporto lavorativo dei ricorrenti con l’Azienda ospedaliera, coinvolgendo invero questione di organizzazione complessiva della struttura sanitaria e di modalità di erogazione dei servizi assistenziali nella loro integrazione con la didattica e la ricerca proprie dell’ambito universitario. Si tratta quindi della impugnazione di atti di macro-organizzazione con forti ricadute sull’attività assistenziale, didattica e scientifica che non possono essere ricondotte al mero genus di controversie lavoristiche tra i docenti e la struttura ospedaliera.

6 – Ma l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo è avanzata anche in una diversa ottica e cioè evidenziando che, se in generale la cognizione in punto di atti di macro-organizzazione appartiene al giudice amministrativo, ciò non varrebbe per lo specifico settore sanitario, in quanto l’art. 3, comma 1- bis , del d.lgs. n. 502 del 1992 qualifica l’Atto Aziendale come atto di diritto privato, con l’effetto che esso non sarebbe impugnabile dinanzi al giudice amministrativo bensì a quello ordinario (Cass., Sez. Un., n. 2031 del 2008).

L’eccezione è infondata.

L’art. 3, comma 1- bis , del d.lgs. n. 502 del 1992 stabilisce che “in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale;
la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica”. L’art. 3 del d.lgs. n. 517 del 1999, occupandosi delle Aziende ospedaliero-universitarie e della loro organizzazione interna, rinvia all’art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992 e stabilisce che “nell'atto aziendale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono altresì disciplinati, sulla base dei princìpi e dei criteri stabiliti nei protocolli d'intesa tra regione e università, la costituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei dipartimenti ad attività integrata e sono individuate le strutture complesse che li compongono, indicando quelle a direzione universitaria” (comma 2);
il successivo comma 3 aggiunge quindi che “l’atto aziendale è adottato dal direttore generale, d'intesa con il rettore dell'università limitatamente ai dipartimenti ed alle strutture di cui al comma 2”.

La tesi delle Amministrazioni resistenti è che l’atto aziendale delle Aziende ospedaliero-universitarie sia, come quello delle ASL o delle Aziende ospedaliere non miste, atto di diritto privato, non riconducibile al genus atto amministrativo di natura organizzativa e quindi sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Il Collegio non condivide la prospettazione delle resistenti e ritiene che dalle norme in materia si tragga una più intensa pubblicizzazione delle aziende ospedaliero-universitarie e del loro atto aziendale, tale da poter fondare una giurisdizione sul punto del giudice amministrativo. L’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 517 del 1999 afferma che “l'attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d'intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio”. Si tratta di norma di particolare importanza che evidenzia la compenetrazione tra attività assistenziale, didattica e ricerca che caratterizza le aziende ospedaliero-unversitarie e evidenzia subito le ricadute di sistema di tale compenetrazione di funzioni nella attribuzione di compiti di programmazione a livello statale e regionale e nella previsione di protocolli d’intesa tra regioni e università per stabilirne le conseguenze operative. D’altra parte il successivo comma 2 del medesimo art. 1 cit. aggiunge che i richiamati protocolli d’intesa sono stipulati in conformità ad apposite linee guida contenute in atti di indirizzo e coordinamento emanati nelle forme previste dalla norma stessa, che detta anche appositi criteri e principi direttivi. Altre sono le ricadute in sede organizzativa della peculiare articolazione delle funzioni appena evidenziata. Così l’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999 prevede che il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria è nominato dalla Regione ma d’intesa con il Rettore dell’Università e aggiunge che “i protocolli d'intesa tra regioni e università disciplinano i procedimenti di verifica dei risultati dell'attività dei direttori generali e le relative procedure di conferma e revoca, sulla base dei principi di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni” (sulla peculiarità del procedimento di nomina dei direttori generali delle aziende ospedaliero-universitarie si veda la recente sentenza della Corte costituzionale n. 119 del 17 maggio 2012). Per quel che qui più rileva, poi, l’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999 stabilisce che l'atto aziendale delle aziende ospedaliero-universitarie disciplina, in particolare, “la costituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei dipartimenti ad attività integrata” e individua “le strutture complesse che li compongono, indicando quelle a direzione universitaria”, il tutto “sulla base dei princìpi e dei criteri stabiliti nei protocolli d'intesa tra regione e università”;
il successivo comma 3, del medesimo art. 3 cit., dispone poi che “l'atto aziendale è adottato dal direttore generale, d'intesa con il rettore dell'università limitatamente ai dipartimenti ed alle strutture di cui al comma 2”. Disciplina analoga si ritrova nell’art. 50 della legge regionale Toscana 24 febbraio 2005, n. 40, che parla di “statuto aziendale”, anziché di “atto aziendale”.

Ritiene il Collegio che le norme richiamate contengano una serie di previsioni tali da corroborare la tesi della natura pubblicistica dell’atto aziendale delle aziende ospedaliero-universitarie, nella parte in cui assolve al compito suo specifico di organizzare i profili aziendali di cui al all’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999. La funzione attuativa rispetto alle previsioni contenute in protocolli d’intesa tra Regione e Università, l’obiettivo di garantire la compenetrazione tra gli interessi pubblici di cui all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 517 del 1999, le necessità dell’intesa tra il direttore generale dell’azienda e il rettore dell’Università – vera e propria codecisione con coinvolgimento del vertice della struttura universitaria – sono gli elementi portanti su cui si fonda la tesi della natura pubblicistica dell’atto in questione.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che, stante la qualificazione pubblicistica , in parte qua , dell’atto gravato, la proposta eccezione di difetto di giurisdizione sia infondata.

7 – Le parti resistenti eccepiscono altresì la inammissibilità del proposto gravame per omessa impugnazione della delibera di approvazione dell’atto aziendale impugnato, essendo stata gravata solo la delibera di adozione e una successiva delibera attuativa.

L’eccezione è fondata.

L’art. 50 della legge regionale Toscana 24 febbraio 2005, n. 40, disciplina la procedura attraverso la quale si giunge alla approvazione dello Statuto aziendale, attraverso lo snodarsi di fasi diverse. In primo luogo la normativa prevede una fase di “adozione” dell’atto, che nel caso di aziende ospedaliero-universitarie deve essere posta in essere “in conformità ai protocolli d’intesa tra Regione e università di cui all’articolo13” (art. 50, comma 3). Segue l’acquisizione del “parere” della Giunta regionale “sulla coerenza dell’atto stesso con la programmazione regionale, nonché con i principi e i criteri stabiliti dalla legge”, che deve intervenire nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto adottato. Infine, acquisito il parere o decorso il termine per la sua pronuncia si ha la “approvazione” dell’atto da parte del direttore generale (art. 50, comma 4).

I ricorrenti impugnano due atti. In primo luogo la deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero-universitaria Pisana n. 1049 del giorno 11 ottobre 2011 (all. 1 al ricorso), portante oggetto “Adozione dell’Atto Aziendale dell’AOUP”, la quale adotta lo “schema di atto aziendale” e lo trasmette alla Giunta regionale per l’acquisizione del necessario parere, richiamando espressamente l’art. 50, comma 4, della legge regionale n. 40 del 2005. Quindi i ricorrenti impugnano la deliberazione del Direttore Generale n. 1197 del 30 novembre 2011 (all. 2 al ricorso), avente ad oggetto la “adozione dello schema ricognitivo riepilogativo ed avvio nuovo assetto aziendale”. Tale ultimo atto, invero, nel richiamare la Statuto aziendale al quale intende dare attuazione, evoca sia la delibera n. 1049 del giorno 11 ottobre 2011, di sua adozione, sia la successiva n. 1083 del 25 ottobre 2011 di sua approvazione. Ma quest’ultimo atto non è stato impugnato dai ricorrenti. Tale citata deliberazione (prodotta in giudizio dall’Azienda ospedaliero-universitaria sub doc. 3) costituisce l’atto finale dell’intero procedimento, all’esito anche dell’avvenuta acquisizione del parere della Giunta regionale, così come espresso con deliberazione n. 898 del 24 ottobre 2011. In sostanza, ci troviamo in presenza dell’impugnazione di un atto meramente prodromico (le delibera di “adozione” n. 1049 del 2011) e di un atto applicativo (la delibera n. 1197 del 2011) mentre non è stato sottoposto a impugnazione il provvedimento finale dell’intero procedimento, cioè la delibera di “approvazione” n. 1083 del 2011. Il che determina la inammissibilità della proposta impugnativa per carenza d’interesse, giacché l’atto realmente lesivo non è stato impugnato e non potrebbe essere annullato in questa sede.

8 – Sulla base di quanto premesso il Tribunale non può entrare nel merito delle avanzate censure, con le quali si contesta l’esercizio del potere organizzativo da parte dell’azienda ospedaliero-universitaria, peraltro potere caratterizzato da discrezionalità molto ampia e con margini di sindacato giurisdizionale assai contenuti, dovendo dichiarare inammissibile il ricorso in esame. Ritiene il Collegio che l’esito meramente processuale della controversia giustifichi l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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