TAR Salerno, sez. I, sentenza 2011-03-03, n. 201100402
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N. 00402/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00002/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2 del 2010 proposto da C G e C M, rappresentati e difesi dagli avv.ti Vincenzo D'Ambrosio e M F con domicilio eletto presso gli stessi in Salerno nella segreteria del Tribunale;
contro
- il Comune di Montoro Inferiore, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario D'Urso ed Antonio D'Urso con domicilio eletto presso il primo in Salerno in via Arce n. 122;
- la Provincia di Avellino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. G G, con domicilio eletto presso lo stesso in Salerno in via F. Manzo n. 53 nello studio dell’avv. Gianluigi Cassandra;
per l'ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza n. 89 del 7/2/2005 di questo Tribunale, confermata dal Consiglio di Stato (Sezione IV) con la sentenza n. 6174 del 16/10/2006 ed a seguito della sentenza n. 6956 del 23/3/2009 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibili i ricorsi del Comune di Montoro Inferiore e della Provincia di Avellino proposti sulla deduzione del difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montoro Inferiore e della Provincia di Avellino;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2010 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) I signori C G e C M, con il ricorso in esame notificato al Comune di Montoro Inferiore ed alla Provincia di Avellino il 17 dicembre 2009 e depositato il 2 gennaio successivo, hanno chiesto l’ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza n. 89 del 7/2/2005 di questo Tribunale pronunciata su ricorso da essi proposto, confermata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 6174/2006 alla quale è seguita la decisione n. 6956/2009 delle S.U. della Corte di Cassazione d’inammissibilità dei ricorsi del Comune e della Provincia denuncianti il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.
I ricorrenti, riaffermando di essere proprietari dei terreni nel Comune di Montoro Inferiore ricadenti in parte in zona F (TI) del P.R.G. (aree per attrezzature d’interesse territoriale, Università), hanno azionato la suddetta sentenza di questo Tribunale con la quale sono stati annullati il provvedimento comunale del 2001 di approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione, sui detti terreni, del Centro Servizi delle Imprese ed i successivi provvedimenti di occupazione d’urgenza dei terreni medesimi e la convenzione n. 18288 del 13/4/2001 stipulata tra Comune e Provincia.
La sentenza del Consiglio di Stato è stata notificata alle parti resistenti (Comune di Montoro Inferiore e Provincia di Avellino) il 27 e 28 giugno 2007 e la decisione della Corte di Cassazione il 25 maggio 2009.
E’ stato altresì notificato in data 3 e 4 settembre 2009 l’atto di diffida e messa in mora a provvedere nel termine di giorni 30;e la segreteria del Tribunale con l’atto ricevuto in data 11 gennaio 2010 ha comunicato al Comune di Montoro l’avvenuto deposito del ricorso d’ottemperanza.
Gli istanti, sulla base del giudicato azionato, hanno chiesto la restituzione, previo ripristino dello stato dei luoghi, del terreno illegittimamente occupato dal Comune, nonché il risarcimento, determinato nella misura dell’indennità di occupazione, dei danni subiti per effetto dell’illegittimo spossessamento medio termine del bene.
La Provincia, costituitasi in giudizio con la memoria depositata il 3 giugno 2010, ha chiarito che essa è intervenuta nei precedenti giudizi solo come ente erogatore di un finanziamento assegnato con la convenzione n. 18288 del 13/4/2001 per la realizzazione di opere edilizie le cui relative localizzazione e procedura espropriativa sono state adottate dal Comune di Montoro Inferiore che delle opere medesime è il proprietario, con ciò escludendo ogni effetto generatore di responsabilità nei suoi confronti.
Il Comune di Montoro, costituitosi in giudizio il 12 febbraio 2010, ha depositato documenti il 31 maggio e 18 ottobre seguenti e memorie il 3 marzo e 20 ottobre 2010, con le quali, ponendo in dubbio la titolarità del diritto di proprietà dei ricorrenti, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire degli stessi ed ha prospettato l’impossibilità tecnica dell’esecuzione in forma specifica del giudicato.
I ricorrenti, dopo il rinvio chiesto dal Comune sull’intento di proporre azione di revocazione della pronuncia giurisdizionale azionata, hanno chiesto la discussione del ricorso allegando l’attestato del 13/8/2010 di non pendenza d’impugnazione per revocazione presso il Consiglio di Stato.
Nell’odierna Camera di Consiglio il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2) Preliminarmente va esaminata l’eccezione di carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti, sollevata dal Comune sul rilievo secondo cui i ricorrenti non sono proprietari dei terreni oggetto dei provvedimenti di occupazione annullati con la decisione di cui si chiede l’ottemperanza e sui quali è stata realizzata l’opera pubblica.
Al riguardo, allegandosi i certificati storico-catastali viene rilevato che sui terreni in questione i danti causa (di nome Del Cogliano) e genitori dei ricorrenti e quindi i ricorrenti medesimi sono “livellari” e non proprietari e che concedente il “livello” era il soppresso E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) e, quindi, all’attualità, il Comune.
L’eccezione è rilevante sotto il profilo processuale e, per quanto appresso si esporrà, sotto l’aspetto sostanziale;e la sua soluzione comporta un breve excursus storico-sistematico dell’antico istituto del “livello” e l’esame della rilevanza dell’estensione del principio processuale secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile al giudicato amministrativo formatosi su pronuncia resa in sede di giurisdizione generale di legittimità.
2.1) Il livello o precario (che mutua il suo nome da libellus, e cioè dal documento che disciplinava il contratto costitutivo del rapporto) era usato nel Medioevo e, come ricostruito dalla dottrina, consisteva nel concedere temporaneamente ad opera del dominus (che tale rimaneva) al beneficiario (livellario) su richiesta dello stesso il godimento di fondi in cambio di un canone. Il contratto, in genere, aveva lunga durata, anche per più generazioni, o perpetua, e comprendeva obblighi di miglioria oltre il pagamento del canone a cui talora si aggiungevano altre prestazioni, servigi e pattuizioni.
Per gli esposti caratteri e natura, sempre seguendo la dottrina, il livello è finito col confondersi ed unificarsi con l’enfiteusi prevista dall’art. 957 del c.c. vigente, conseguendone che, sia per l’antica disciplina del “livello” che per quella dell’enfiteusi la quale (come è noto) comporta la possibilità di affrancazione, proprietario resta il concedente.
2.2) Quanto alla rilevanza sul giudicato amministrativo formatosi in materia di giurisdizione generale di legittimità del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, è sufficiente richiamare la costante giurisprudenza, condivisa da questo Tribunale, per la quale nel giudizio d’impugnazione favorevolmente conclusosi per il ricorrente il giudicato si forma con esclusivo riferimento ai vizi dell’atto ritenuti dal Giudice sussistenti alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso, non essendo in toto applicabile alla giurisdizione degli interessi il detto principio dell’indeducibilità in via di azione e di eccezione di ragioni dopo la pronuncia definitiva. (Cfr. Cons. di Stato – Sez. IV – 30/5/2002 n. 3023 e 27/12/2006 n. 7816;id. Sez. VI 9/6/2005 n. 3027)
In tema di giurisdizione da impugnazione dell’atto, infatti, che è volta alla demolizione del provvedimento impugnato secondo i motivi di gravame dedotti, a differenza della giurisdizione sui diritti soggettivi che costituisce il rapporto, l’attività conformativa alla pronuncia del Giudice deve avere riguardo ai motivi di ricorso, non potendosi, in generale e di norma, escludere che la conformazione non sia in parte o in toto saddisfattiva dell’interesse del ricorrente per ragioni ulteriori o diverse da quelle introdotte nel giudizio che ha dato luogo alla pronuncia da ottemperare.
2.3) Richiamati i principi di riferimento, può affrontarsi il primo problema che è quello processuale inerente alla sussistenza o meno della legittimazione ad agire dei ricorrenti.
Al riguardo deve considerarsi che, pur nella prefigurazione dei ricorrenti come livellari e/o enfiteuti, comportando tale posizione l’esercizio del diritto di godimento del fondo concesso dal proprietario, certamente l’attività espropriativa è per essi lesiva (oltre che per il proprietario) perché sottrae agli stessi il detto diritto, conseguendone la sussistenza dell’interesse all’impugnazione e con questo la posizione legittimante ad agire (Cfr. decisione di questo Tribunale – Sez. II – 26/2/2009 n. 669 e riferimenti ivi), legittimazione che, nella fattispecie, peraltro, consegue in via diretta anche dall’ottenuta pronuncia giurisdizionale favorevole.
Va disattesa, pertanto, l’eccezione del Comune di carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti.
3) Può passarsi all’esame del merito del ricorso per il quale, come innanzi si è accennato, pure assume rilevanza la posizione dei ricorrenti di livellari e non di proprietari prospettata dal Comune.
Deve ribadirsi che i ricorrenti chiedono la restituzione, previo ripristino dello stato dei luoghi, dei terreni oggetto degli atti espropriativi annullati con il giudicato azionato e sui quali è stata edificata l’opera pubblica, nonché il risarcimento, mediante l’indennità di occupazione, dei danni subiti per effetto dello spossessamento medio tempore dei terreni medesimi condotti a colture di ciliegie ed altro.
Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti che di seguito si espongono.
Va considerato che: a) la sentenza di questo Tribunale di cui si chiede l’ottemperanza (della quale pur se annunciata, il Comune non ha chiesto la revocazione) è stata confermata in Appello e per essa è stata riaffermata la sussistenza della giurisdizione dell’adito G.A. dalle S.U. della Corte di Cassazione e, pertanto, è passata in cosa giudicata ai sensi dell’art. 324 c.p.c.;b) è pacifico in giudizio che i terreni espropriati sono quelli oggetto del giudicato;c) pur se annunciato (nota n. 1673 del 20/1/2010) non è stato adottato dal Comune il provvedimento (c.d. sanante) di acquisizione dei terreni previsto dall’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, norma questa, peraltro, dichiarata non conforme alla Costituzione dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 293 del 8/10/2010.
Tutto quanto innanzi considerato, si deve poi osservare che: a) l’ottemperanda sentenza non statuisce (né poteva statuire) in ordine all’assetto proprietario dei terreni in questione;b) per il principio giurisprudenziale in precedenza richiamato, alla decisione del G.A. in materia di giurisdizione generale di legittimità non può corrispondere in via assoluta l’applicabilità del principio processuale-civilistico secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, per cui, nel caso in esame, pur se la pronuncia del Giudice è resa nei confronti di soggetti affermatisi proprietari, ciò non muta il vero e reale assetto proprietario del quale deve tenersi conto in questa sede di giudizio d’ottemperanza;c) non è smentita ex adverso l’affermazione del Comune in ordine alla mai avvenuta affrancazione dei terreni oggetto del “livello” né secondo la disciplina dello stesso né secondo la disciplina dell’enfiteusi a norma dell’art. 971 c.c.;d) in assenza di elementi contrari offerti dai ricorrenti deve ritenersi che la posizione giuridica degli stessi, sulla base delle affermazioni e della documentazione catastale depositata dal Comune non contraddette ex adverso, è quella di livellari derivante dai loro danti causa e non di proprietari, a nulla rilevando, ai fini per cui è controversia, l’atto di donazione (allegato al ricorso) della madre (Del Cogliano Anna) degli istanti a favore di quest’ultimi giacchè “nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet”.
E, dunque, dalle considerazioni ed osservazioni esposte deriva che il ricorso, nella parte in cui viene chiesta la restituzione dei terreni è infondato perché non può ripristinarsi un assetto di piena proprietà mai esistito.
Residua, pertanto, la domanda di risarcimento dei danni limitatamente alla perdita da parte degli istanti del diritto di godimento derivante dalla loro posizione di livellari o enfiteuti, risarcimento del quale, stante la definitivamente acclarata illegittimità degli atti espropriativi adottati dal Comune di Montoro Inferiore, deve essere affermato il diritto nei confronti del Comune medesimo.
La Provincia, pure intimata dai ricorrenti, essendo mero organo erogatore di finanziamento per l’edificazione dell’opera pubblica, è estranea alla procedura espropriativa e, pertanto, va estromessa dal giudizio.
4) In conclusione, il ricorso è infondato e va pertanto respinto nella parte in cui s’invoca la restituzione, previo ripristino dello stato dei luoghi, dei terreni oggetto dell’attività espropriativa;e va accolto nella parte in cui si chiede il risarcimento dei danni riferito questo, però, alla posizione di livellario e non di proprietario.
Il ricorso, conseguentemente, previa estromissione dal giudizio della Provincia, va parzialmente accolto nei limiti e nei sensi appena esposti.
5) La quantificazione del risarcimento riconosciuto che, è bene ribadire, va riferito al diritto di godimento nella qualità di livellario (o enfiteuta), va primariamente demandata alle parti che possono raggiungere un accordo da formalizzare in forma scritta nel termine di giorni 60 dalla comunicazione in via amministrativa o se anteriore dalla notificazione a cura di parte della presente decisione ed in mancanza, decorso il detto termine, viene nominato sin da ora il consulente tecnico d’ufficio che, su domanda di una o di entrambe le parti, sentite le stesse e previo sopralluogo se necessario da tenersi in contradditorio previa comunicazione agli interessati (Comune e ricorrenti) almeno 5 giorni prima della data fissata, quantifichi l’entità economica dovuta con indicazione delle ragioni e dell’iter logico seguito con dettagliata relazione che sarà depositata presso la segreteria del Tribunale nel termine di giorni 60 dalla domanda di parte.
All’uopo si nomina consulente tecnico d’ufficio l’ing. Antonio Pierro residente in Salerno in via Del Pezzo (telefono n. 089/724767 e 335/5718056), disponendosi che la data delle formalità di giuramento per il quale è delegato il magistrato relatore venga fissata su impulso di parte.
6) Per il prosieguo del giudizio conseguente alla presente sentenza non definitiva pronunciata ai sensi dell’art. 36 comma 2 del codice del processo amministrativo viene fissata la Camera di Consiglio del 20 ottobre 2011.
7) Le spese di giudizio sono riservate al definitivo.