TAR Catania, sez. IV, sentenza 2019-09-16, n. 201902200
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Testo completo
Pubblicato il 16/09/2019
N. 02200/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00870/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 870 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
O S, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Catania, via Gabriele D'Annunzio n. 111;
contro
Comune di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Riscossione Sicilia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ricorso introduttivo
per l’accertamento negativo della debenza delle somme richieste a titolo di oneri di urbanizzazione, sanzioni, interessi e quant’altro relativi alla concessione edilizia n. 9294 del 24.3.1988 rilasciata dal Comune di Messina, in ragione dell’intervenuta prescrizione,
nonché per l’annullamento
dell’intimazione di pagamento n.29520189000074368000 notificata il 24.4.2018 per € 75.422,91 con cui la Riscossione Sicilia s.p.a. ha richiesto - per conto del Comune di Messina - il pagamento della cartella 29520060007783890000, anch’essa impugnata;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Messina e della Riscossione Sicilia S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 24.3.1988 il Comune di Messina ha rilasciato al sig. Sottile Orazio la concessione edilizia n. 9294 finalizzata alla realizzazione di un edificio;a tale provvedimento accedeva – come di norma – l’obbligo di versamento degli oneri di urbanizzazione e del contributo per costo di costruzione, che sono stati frazionati in quattro rate (i primi), ed in due rate (i secondi);
I lavori edilizi sono stati conclusi nell’anno 1991, e gli oneri economici sono stati versati dal concessionario solo in parte;conseguentemente, l’amministrazione comunale ha iscritto a ruolo gli importi residui ancora dovuti dalla ditta – per l’ammontare di lire 31.425.746 – ed è stata quindi emessa dall’agente della riscossione la cartella di pagamento n. 29520060007783890000 - relativa a sorte capitale, sanzioni ed interessi – notificata al debitore in data 6.06.2006.
Successivamente, in data 24.04.2018, la Riscossione Sicilia spa ha notificato al debitore una intimazione di pagamento, avente ad oggetto le somme sopra indicate, maggiorate di interessi moratori ed aggio di riscossione, per un totale di euro 75.422,91.
Col ricorso introduttivo del giudizio – notificato il 17 maggio 2018 – il sig. Sottile ha chiesto l’accertamento della non debenza delle somme richieste dal Comune di Messina tramite l’agente della riscossione, nonché l’annullamento dell’intimazione di pagamento ricevuta il 24 aprile 2018.
A sostegno dell’impugnativa – con unico motivo – il ricorrente ha dedotto l’intervenuta prescrizione di tutte le pretese azionate – a causa dell’avvenuto decorso dei termini quinquennali o decennali, tenuto conto del fatto che il Comune ha lasciato trascorrere circa 15 anni tra l’ultimazione dei lavori e la notifica della cartella, nonché ulteriori 12 anni tra quest’ultima e la notifica dell’intimazione oggi impugnata.
Con ordinanza n. 390/2018 la Sezione ha accolto la domanda cautelare formulata dal ricorrente, ritenendo che “ appare fondata la dedotta prescrizione del diritto a riscuotere gli oneri di urbanizzazione, nonché le sanzioni, evidenziata in ricorso; ”.
Successivamente alla celebrazione della fase cautelare del giudizio, il Comune di Messina si è costituito in giudizio, ed ha prodotto memoria difensiva – corredata da documentazione – nella quale deduce la decadenza del ricorrente dal potere di contestare il quantum dovuto, nonché l’insussistenza della dedotta prescrizione, poiché il ricorrente non avrebbe tenuto conto di (ed avrebbe omesso di impugnare) numerosi atti, antecedenti e successivi alla cartella di pagamento, con i quali era stata ribadita e coltivata la pretesa creditoria. In particolare il Comune menziona: solleciti di pagamento del 1996-1999;ordinanza/ingiunzione del 2000;provvedimenti di rigetto delle istanze di rateizzazione del debito presentate nel 2000 e nel 2006 dal ricorrente;la non impugnata cartella notificata nel 2006;l’accoglimento del piano di rientro del debito formulato dal ricorrente nel 2008 ed accolto da Riscossione Sicilia nel 2009;una ulteriore intimazione di pagamento notificata nel 2013;l’iscrizione ipotecaria effettuata nel 2007 a garanzia del credito;l’adozione di provvedimento di fermo amministrativo del 2015. In conclusione, il Comune ha dedotto l’esistenza di numerosi atti – provenienti dall’amministrazione, dal concessionario della riscossione e dallo stesso ricorrente – che hanno avuto l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione, ed ha aggiunto che questa è comunque soggetta al termine decennale, e non a quello quinquennale.
Anche l’agente della riscossione si è costituito in giudizio, producendo documentazione relativa ai rapporti intercorsi col ricorrente, ed eccependo che in virtù degli atti prodotti non può ritenersi maturata la prescrizione, nemmeno dopo la notifica della cartella di pagamento.
Con motivi aggiunti notificati in data 17 maggio 2019, il ricorrente ha proposto nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, e specificamente a sostegno della domanda di accertamento negativo delle somme richieste a titolo di interessi, che non sarebbero dovute – in base alle nuove deduzioni - non solo perché prescritte, ma anche perché richieste in violazione dell’articolo 50 della legge regionale 71/78. In tale impugnativa il ricorrente ha premesso di non incorrere in alcuna decadenza per violazione del termine di impugnazione di sessanta giorni, poiché in tale materia il rapporto paritetico che sussiste tra le parti (pubblica e privata) farebbe emergere solo posizioni di diritto soggettivo in ordine al pagamento degli interessi sugli oneri in questione, il cui accertamento giurisdizionale è soggetto solo al termine di prescrizione decennale. Nel merito, con il richiamo a giurisprudenza di questo Tar e del CGA, il ricorrente sostiene che l’obbligazione relativa agli interessi (che rappresentano, tra l’altro, la quota prevalente del debito riscuotendo) sia inesistente, poiché la loro funzione è già assorbita dalla sanzione amministrativa prevista per il caso di ritardo nel pagamento degli oneri urbanistici.
Nell’ultima memoria, richiamandosi alla sentenza del Consiglio di Stato Adunanza plenaria 12/2018, il ricorrente controdeduce sull’eccezione di decadenza dal potere di dedurre la prescrizione per mancata impugnazione della cartella e dell’ordinanza/ingiunzione, sottolineando che la questione verte in materia di diritti soggettivi ed è quindi ammissibile un’azione di accertamento negativo della debenza degli oneri concessori, indipendentemente ed a prescindere dall’impugnazione dei suddetti atti, che non diventano incontestabili, ma hanno il valore di una semplice richiesta di pagamento. Infine, ha ribadito l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale agli oneri concessori (ex art. 2948, n. 4, c.c., in quanto prestazioni periodiche rateizzate), delle sanzioni (ex art. 28 L. 689/1981) e degli interessi (ex art. 2949 c.c.).
All’udienza del 27 giugno 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.
1.- In via preliminare, deve essere scrutinata l’eccezione sollevata dal Comune resistente, secondo il quale parte ricorrente sarebbe decaduta dalla possibilità di contestare sia la persistenza del debito, sia il suo ammontare, a causa della acquiescenza prestata verso i numerosi atti emessi dall’amministrazione e dall’agente della riscossione per coltivare e garantire la pretesa creditoria, che si sono consolidati per mancata contestazione giudiziaria.
L’eccezione è fondata solo in parte, e va esaminata alla luce di quanto precisato dal Consiglio di Stato con la decisione dell’A.P. n. 12/2018: “ Il privato contro gli atti determinativi del contributo, sempre nel termine di dieci anni, può ricorrere (anche nelle forme dell'azione di mero accertamento) dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. f, c.p.a. ”.
In sintesi, deve affermarsi - tenuto conto di tale principio di diritto – che ogni contestazione circa l’ammontare degli oneri di urbanizzazione e del contributo di costruzione non sia soggetta al termine decadenziale di impugnazione degli atti determinativi dell’ an e del quantum , ma al contrario possa essere avviata anche con azione di accertamento, purchè entro il termine decennale.
Orbene, nel caso a mani, parte ricorrente riconosce quanto dedotto dai resistenti, e cioè che la pretesa riguardante il pagamento degli oneri accessori in esame sia stata avanzata – una prima volta – nel 1996, poi sia stata ribadita nel 2000;infine, è stata consacrata in cartella esattoriale del 2006. Pertanto deve ritenersi che - al più tardi, da quest’ultima data – il ricorrente era a conoscenza della richiesta dell’ente pubblico, ed avrebbe potuto contestare, nel termine decennale, l’asserita non debenza degli interessi applicati agli oneri dovuti. Quest’ultima contestazione è stata invece avanzata, per la prima volta, solo con i motivi aggiunti notificati il 17 maggio 2019;ossia, ben al di là del termine decennale entro il quale può essere esercitata l’azione di accertamento. Sotto questo profilo, in sintesi, l’eccezione di inammissibilità risulta fondata, con riguardo ai motivi aggiunti.
1.2.- L’eccezione in esame è invece infondata nella parte in cui assume che il decorso del tempo abbia anche paralizzato la possibilità per il ricorrente di opporre l’avvenuta prescrizione del diritto a pretendere gli oneri concessori ed il contributo per il costo di costruzione.
Non si ritiene operante alcuna decadenza in ordine alla possibilità di dedurre in giudizio l’avvenuta prescrizione della pretesa creditoria avversaria.
2.- Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
Tutto il nucleo della controversia si riassume nel quesito se possano ritenersi prescritte le pretese dell’ente pubblico, che affondano le loro radici nel lontano rilascio di una concessione edilizia ed in successivi atti con i quali gli oneri concessori sono stati più volte richiesti.
Prima di rispondere alla domanda occorre precisare che l’asserita prescrizione è stata dedotta – non in risposta ad una azione giudiziaria intrapresa dall’ente pubblico creditore – ma in seno ad un giudizio di accertamento avviato innanzi al giudice amministrativo dal concessionario debitore.
Tale giudizio è stato, in particolare, introdotto in data 17 maggio 2018, per avversare una intimazione di pagamento dei citati oneri ricevuta poco meno di un mese prima.
Allo scopo di valutare la fondatezza della dedotta prescrizione occorre, dunque, verificare se fosse già decorso il termine prescrizionale tra il momento in cui sono state in precedenza avanzate richieste da parte del Comune e/o del concessionario, e la data in cui è stata da ultimo rinnovata la richiesta di pagamento (appunto, con l’intimazione notificata il 24 aprile 2018).
Va precisato sin da ora che il termine di prescrizione da applicare nella fattispecie è quello quinquennale;e ciò, sia per quanto riguarda gli oneri concessori, in quanto questi erano indiscutibilmente dovuti in forma rateale, e costituivano quindi obbligazioni periodiche, che si prescrivono in cinque anni ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c.;sia per quanto attiene agli interessi (in base alla stessa norma codicistica). Analoga conclusione riguarda le sanzioni irrogate, la cui prescrizione quinquennale è disposta dall’art. 28 della L. 689/1981.
Tornando al quesito sopra posto deve rispondersi che non si è verificata la prescrizione quinquennale del diritto a pretendere gli oneri edilizi accessori, posto che nel quinquennio antecedente la data di notifica dell’ultima intimazione di pagamento (aprile 2018) sono riscontrabili almeno quattro atti che hanno determinato l’interruzione del termine;ci si riferisce, in particolare: a) all’istanza di rateizzazione presentata dal ricorrente il 10.10.2013 (anche con riferimento al debito per oneri di urbanizzazione ora in questione), dato che chiedere la ripartizione in rate di un proprio debito equivale a riconoscerlo come esistente e dovuto;b) all’accoglimento di detta istanza decretato dalla Riscossione Sicilia in data 22.01.2014;c) alla richiesta di adempimento indirizzata dal Comune alla Riscossione ed al ricorrente, notificatagli in data 18 aprile 2013 (all. 27 della produzione documentale del Comune resistente);d) al preavviso di fermo amministrativo notificato al ricorrente il 10.07.2015.
In definitiva, per quanto esposto, accertata l’infondatezza dell’unica censura dedotta, il ricorso non può essere accolto.
Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.