TAR Roma, sez. I, sentenza 2009-09-30, n. 200909453
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N. 09453/2009 REG.SEN.
N. 03250/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3250 del 2009, proposto da:
U B, costituito in giudizio in proprio ai sensi dell’art. 25 comma 5 bis come modificato dall’art. 17, comma 1, lett. b), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 e, successivamente, dall’art. 3, comma 6-decies, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, residente in Anzio alla via dei Ciclopi n. 26;
contro
CENTRO NAZIONALE per l’INFORMATICA nella PUBBLICA AMMINISTRAZIONE C.N.I.P.A., in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato ex lege in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;
per la declaratoria
del diritto del ricorrente ad accedere agli atti richiesti con istanza dell’11 febbraio 2009 relativi ai documenti individuati con il n. 254 R.I. (tentativo obbligatorio di conciliazione), il n. 319 R.I. e il n. 321 R.I. (informazioni relative al tentativo di conciliazione), previo annullamento della nota n. 137 di prot. del 26 febbraio 2009, consegnata a mani al ricorrente il 2 marzo 2009, recante differimento di accesso ai predetti documenti sino alla conclusione del procedimento, con rilascio del solo documento n. 4546 R.U. (memoria sul tentativo di conciliazione)
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2009 il dott. L S e udita la parte presente personalmente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 27 marzo 2009 e depositato il 23 aprile 2009 U B ha chiesto la declaratoria del diritto di accesso agli atti in epigrafe meglio specificati, previa declaratoria del diniego pure in epigrafe indicato.
Il ricorrente, assunto alle dipendenze del centro tecnico per l’assistenza ai soggetti utilizzatori della rete unitaria della pubblica amministrazione (R.U.P.A.), istituito presso l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (A.I.P.A.) dall’art. 17 comma 29 della legge 15 maggio 1997, n. 127, con incarico di “responsabile del settore sicurezza fisica-logica”, è transitato al Centro per l’informatica nella pubblica amministrazione (C.N.I.P.A.) a seguito della soppressione del centro tecnico e dell’attribuzione delle sue attribuzioni alla suddetta autorità disposta dall’art. 10 comma 6 ter del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, come aggiunto dall’art. 5 del d.lgs. 5 dicembre 2003, n. 343.
Il ricorrente assume che sarebbe rimasto privo di incarico di responsabile di struttura organizzativa, a differenza di altri dipendenti di pari qualifica, e di aver avviato un contenzioso in ordine al lamentato demansionamento, esperendo in data 30 giugno 2008 il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Con una prima istanza del 9 luglio 2008, il ricorrente richiedeva l’accesso agli atti relativi al tentativo di conciliazione, e dinanzi al rilascio di uno solo di essi proponeva ricorso alla Commissione per l’accesso dichiarato inammissibile.
Con successiva istanza dell’11 gennaio 2009 il ricorrente riproponeva istanza di accesso, che veniva differito con la nota provvedimentale impugnata sino alla conclusione del procedimento, salvo che per un solo documento.
A sostegno della domanda il ricorrente ha proposto le seguenti censure, con unico motivo:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 24 comma 2 e 7 della legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 9 d.P.R. n. 184/2006. Eccesso di potere per l’applicazione del regolamento per l’accesso dell’A.I.P.A. del 2003
La documentazione richiesta, relativa al tentativo obbligatorio di conciliazione, non rientra tra le categorie di atti sottratti all’accesso, né questo poteva essere negato perché si tratta di documenti la cui conoscenza è necessaria ai fini della difesa nel contenzioso giudiziale lavoristico instaurato dal ricorrente.
Costituitasi in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato relazione del direttore generale del C.N.I.P.A. che ha ribadito la piena legittimità del differimento dell’accesso sino alla conclusione del contenzioso in materia di demansionamento, ai sensi del regolamento sul diritto di accesso approvato con deliberazione dell’A.I.P.A. n. 2/2003.
Nella camera di consiglio del 20 maggio 2009 il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.
DIRITTO
1.) Il ricorso in epigrafe è fondato e deve essere accolto, con declaratoria del diritto del ricorrente all’ostensione, nella forma della visione ed estrazione di copia, della documentazione per cui esso è stato illegittimamente differito con la nota provvedimentale gravata.
1.1) La nota n. 137 di prot. del 28 febbraio 2009, riconosciuto il diritto di accesso al documento n. 4546 R.U. (registro ufficiale) del 27 maggio 2008 relativa alla richiesta di costituzione del collegio di conciliazione ex art. 66 d.lgs. n. 165/2001, ha invece differito l’accesso ai documenti n. 254 R.U., n. 319 R.U. e n. 321 R.U., pure concernenti la procedura conciliativa chiusa con esito negativo, significando che “…l’accesso in questione non potrà essere esercitato fino alla conclusione del contenzioso attualmente in corso in materia di demansionamento”;e ciò sul presupposto che il regolamento sull’accesso adottato dall’A.I.P.A. prevede il differimento dell’accesso fino alla conclusione del relativo procedimento per talune categorie di atti, tra cui, tra l’altro i ricorsi presentati dal personale dipendente.
La nota si riferisce in effetti all’art. 4 del “Regolamento per l’individuazione delle categorie di documenti amministrativi formati o comunque rientranti nella disponibilità dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, sottratti all’accesso in attuazione dell’art. 24 della l. 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, approvato con deliberazione dell’Autorità 30 gennaio 2003 n. 2, pubblicato sulla G.U.R.I. 19 febbraio 2003, n. 41.
1.2) La disposizione richiamata dispone testualmente che:
“Il differimento dell’accesso ai documenti amministrativi può essere disposto, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, quando vi sia un’oggettiva necessità di salvaguardia delle esigenze di riservatezza dell’amministrazione in relazione a documenti amministrativi la cui conoscenza possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa” L’atto che dispone il differimento ne indica la durata” (comma 1).
“Per la salvaguardia delle esigenze di cui dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’accesso alle categorie di documenti amministrativi di seguito indicati viene differito fino al momento espressamente specificato per ciascuna di esse:
a) la documentazione relativa alle prove di concorso o selettive per l’assunzione, a tempo indeterminato o determinato, del personale dipendente dell’Autorità, fino alla conclusione del relativo procedimento;
b) la documentazione relativa alle singole procedure di avanzamento del personale dipendente dell’Autorità, fino alla conclusione del relativo procedimento;
c) la documentazione attinente a procedimenti penali, disciplinari, monitori e cautelari nonché quella concernente l’istruzione di ricorsi presentati dal personale dipendente, fino alla conclusione del relativo procedimento;
d) le segnalazioni, gli atti istruttori, gli esposti nonché ogni altro analogo documento, limitatamente alle parti che contengano dati, informazioni e notizie su soggetti riconoscibili, fino al termine del procedimento cui hanno dato origine;
e) la documentazione attinente ai provvedimenti di cessazione dal servizio, fino alla conclusione del relativo procedimento;
f) l’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte nel caso di procedure contrattuali quali pubblici incanti, licitazioni private e appalti concorso, trattative private, esperite dall’Autorità, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
g) l’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito a presentare offerte nel caso di procedure contrattuali di licitazione privata ed appalto concorso indette dall’Autorità, fino alla comunicazione formale da parte dell’Autorità medesima dei candidati da invitare;
h) le offerte, compresi i relativi allegati, presentate nel caso di cui al precedente punto f), nonché i verbali delle commissioni nominate per la valutazione di dette offerte, fino alla comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione della gara o della fornitura;
i) le richieste di invito, compresi i relativi allegati, presentate nel caso di cui al precedente punto g), nonché i verbali delle commissioni nominate per la selezione dei soggetti da invitare, fino al termine nello stesso punto g) indicato;
l) la documentazione concernente i pareri di cui all’art. 8 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, resi dall’Autorità alle amministrazioni sia in caso di fornitura da acquisire a seguito di processo di selezione del contraente sia a seguito di trattativa privata, fino al termine del procedimento e cioè, rispettivamente, a gara completata od a contratto perfezionato” (comma 2).
1.3) Orbene, l’interpretazione assunta dall’Autorità intimata a presupposto del differimento dell’accesso è palesemente erronea.
L’art. 4 comma 2 lettera d) consente il differimento del diritto di accesso, in specie per quanto riguarda i ricorsi presentati dal personale dipendente “…fino alla conclusione del relativo procedimento”, espressione che deve intendersi necessariamente riferita, in funzione del suo oggetto, alla conclusione dei procedimenti “amministrativi”, e che non può estendersi sino a ricomprendere gli eventuali sviluppi contenziosi giurisdizionali di quei procedimenti, ossia i “processi”, le “controversie”, le “cause”, in generale i procedimenti “giurisdizionali”.
Il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi all’apposito collegio, disciplinato dall’art. 66 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, individua certamente un procedimento amministrativo in senso proprio, secondo quanto già chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (nel senso inequivoco che “la commissione di conciliazione non esercita funzioni giudiziarie ma amministrative, né il visto di esecutività vale a trasformare il processo verbale di conciliazione in atto giurisdizionale” -onde tra l’altro non può esperirsi giudizio di ottemperanza con riferimento al verbale sottoscritto dinanzi al collegio di conciliazione-, vedi per tutte Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5480).
Ne consegue che, una volta che il procedimento amministrativo concernente il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 66 d.lgs. n. 165/2001 sia concluso -circostanza pacifica nel caso di specie perché ammessa nella relazione della direzione generale del C.N.I.P.A. versata in giudizio dall’Avvocatura generale dello Stato: cfr. pag. 3 nella quale si dichiara che “…il tentativo obbligatorio di conciliazione si è concluso con esito negativo…”- non può sussistere alcun diaframma ostativo all’accesso agli atti relativi al procedimento amministrativo relativo alla mancata conciliazione, nemmeno nella forma del differimento temporaneo dell’accesso, consentito, ai sensi dell’art. 4 comma 2 lettera d) del regolamento innanzi citato solo sinché non sia concluso il procedimento, laddove esso, appunto, si è definito, senza che possa estendersi il differimento alla conclusione della controversia individuale di lavoro (nello stesso senso cfr. T.A.R. Puglia, Sez. staccata di Lecce, Sez. II, 8 maggio 2008, n. 1930).
2.) Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, con il riconoscimento del diritto del ricorrente di accedere, nella forma della visione ed estrazione di copia, alla documentazione di cui all’istanza dell’11 febbraio 2009, e segnatamente ai documenti n. 254 R.U. (o R.I.), n. 319 R.U. (o R.I.) e n. 321 R.U. (o R.I.), afferenti al procedimento amministrativo di conciliazione, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o, se anteriore, alla sua notificazione a cura del ricorrente.
3.) Non può farsi luogo alla liquidazione degli onorari del giudizio, essendo il ricorrente costituito di persona, né delle spese, in ordine alle quali il ricorrente non ha fornito alcuna indicazione.