TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-12-01, n. 202301127

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-12-01, n. 202301127
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202301127
Data del deposito : 1 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/12/2023

N. 01127/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00713/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 713 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore , U.T.G. - Prefettura di Siena, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria legale in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento

- del provvedimento emesso dalla Prefettura di Siena in data 7 aprile 2022 con cui veniva decretato il rifiuto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana rif. -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 9 della Legge 5 febbraio 1992 n. 91, presentata dal Sig. -OMISSIS- in data 4 aprile 2022.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Siena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 la dott.ssa Katiuscia Papi e udito per la parte resistente l’avvocato dello Stato, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, cittadino afghano, entrava in Italia e, in virtù del provvedimento in data 28 aprile 2008 della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Crotone, gli veniva riconosciuta la protezione sussidiaria in virtù della « situazione di insicurezza che si registra in alcune zone del suo paese interessate da episodi di guerriglia », considerato che: « tale condizione oggettiva, a carattere generalizzato, non rileva, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, non potendosi individuare motivi di persecuzione riferibili in via diretta e personale secondo la nozione contenuta nell’art. 1 della predetta Convenzione ».

2. Con propria istanza del 4 aprile 2022 il signor -OMISSIS- chiedeva la concessione della cittadinanza italiana, per residenza, ai sensi dell’art. 9 L. 91/1992.

Il 7 aprile 2022 la Prefettura di Siena disponeva, mediante apposito provvedimento, il rifiuto dell’istanza, per l’omessa produzione, da parte del richiedente, dei seguenti documenti: «- Mancanza dell'atto di nascita - Mancanza del certificato penale del Paese di origine o degli eventuali Paesi terzi di residenza - non è stata prodotta la certificazione attestante il riconoscimento di status di rifugiato politico. In assenza di tale documento il certificato di nascita ed il penale possono essere rilasciati dal consolato afgano in Italia- il titolare di protezione sussidiaria non è equiparato al rifugiato politico. A seguito di tale rifiuto è possibile presentare una nuova domanda online, una volta superato l'elemento ostativo sopra evidenziato, riutilizzando documentazione non scaduta nonché contributo e marca da bollo già pagato ».

3. Mediante il ricorso introduttivo del presente giudizio il signor -OMISSIS- impugnava il suddetto rifiuto, chiedendone l’annullamento, per i seguenti argomenti di censura.

Con il primo motivo, « Violazione di legge – eccesso di potere – difetto/carenza di istruttoria – travisamento dei fatti – carenza di motivazione – difetto dei presupposti per la dichiarazione di rifiuto della domanda di cittadinanza », il -OMISSIS- evidenziava di essere impossibilitato a recarsi in condizioni di sicurezza nel proprio paese di origine, e chiedeva quindi l’equiparazione allo status dei rifugiati politici, esonerati dall’onere di produzione della certificazione proveniente dalle autorità del paese di origine.

Per mezzo del secondo motivo, relativo alla « Violazione di legge – eccesso di potere – violazione del principio del contraddittorio nel procedimento amministrativo – violazione del soccorso istruttorio ex art. 6 comma 1 l. 241/1990 - violazione dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso ex art. 2 comma 1 l. 241/1990 », il ricorrente denunciava l’illegittimità dell’omessa richiesta di integrazione documentale.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, resistendo al ricorso con atto di mero stile dell’Avvocatura.

4. All’udienza pubblica del 7 novembre 2023 la causa era trattenuta in decisione.

5. Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo di gravame, per le considerazioni che di seguito si espongono.

5.1. Ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana può essere concessa, con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'art. 1, comma 3, D.P.R. n. 362 del 1994 prevede che l'istanza per la concessione della cittadinanza dev'essere corredata, per quanto qui rileva, dalla seguente documentazione, prodotta in forma autentica, come tale reperibile esclusivamente presso le Autorità dello Stato di origine e/o provenienza dello straniero: « a) estratto dell'atto di nascita, o equivalente;
[...] d) certificazioni dello Stato estero, o degli Stati esteri, di origine e di residenza, relative ai precedenti penali ed ai carichi penali pendenti [...]
».

A norma del successivo art. 2, comma 3, l'istanza, ove carente dei documenti sopra indicati, o comunque non tempestivamente regolarizzata a seguito del formale invito dell'Amministrazione, viene dichiarata inammissibile.

5.2. Il Ministero dell’Interno, con la circolare K 60.1 del 23 dicembre 2004, ha stabilito che « possono essere esonerati dall’esibizione degli atti esteri originali (atto di nascita e certificato penale) gli stranieri che siano stati riconosciuti rifugiati politici dal Governo Italiano ».

5.3. Orbene, secondo l’Amministrazione dell’Interno, come si evince dal contenuto del provvedimento impugnato, l’interpretazione di favore prevista nella Circolare K60.1 consentirebbe l’esonero dalla produzione della documentazione formata presso lo Stato di origine ai soli stranieri che siano stati riconosciuti rifugiati politici. Detta interpretazione non potrebbe invece applicarsi ai cittadini stranieri che, come l’odierno ricorrente, siano titolari di protezione internazionale sussidiaria.

5.4. Ritiene il Collegio che la prospettazione della parte resistente non possa essere seguita, poiché in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, oltre che col basilare principio logico di non contraddizione.

Invero, ai sensi dell’art. 2 lettera ‘e’ D. Lgs. 251/2007, lo status di rifugiato è riconosciuto al « cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese »;
mentre la protezione sussidiaria spetta, ai sensi della successiva lettera ‘g’, al « cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese ».

La condizione del rifugiato politico e quella del beneficiario della protezione sussidiaria sono dunque accomunate (sotto il profilo che qui rileva) da una eadem ratio , da individuarsi nell’impossibilità di rientrare nel Paese di origine, per il timore di esservi assoggettati a trattamenti persecutori (art. 7 D. Lgs. 251/2007) o gravemente dannosi (art. 14 D. Lgs. 251/2007), in ogni caso lesivi di diritti umani fondamentali. A fronte di tale sostanziale identità di condizione di rischio derivante dal ritorno nello Stato di origine, discende la necessità di trattare le due fattispecie in identico modo, quanto all’accertata difficoltà di reperimento della documentazione originale proveniente dal Paese di originaria appartenenza. È infatti evidente che né dall’uno né dall’altro soggetto (rifugiato/beneficiario di protezione sussidiaria) potrà esigersi, ai fini della naturalizzazione, la condotta consistente nel recarsi nel Paese di provenienza, o rapportarsi con gli Agenti dello stesso, onde reperire i documenti sopra elencati.

Detta imposizione si porrebbe infatti in evidente contraddizione con l’intervenuto riconoscimento della protezione internazionale (espressione nella quale l’art. 2 comma 1 lettera ‘a’ D. Lgs. 251/2007 ricomprende, non a caso: « lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria di cui alle lettere f) e h) »), con la quale lo Stato italiano intende tutelare coloro che rischiano di subire, nel proprio Paese, i trattamenti persecutori o gravemente dannosi di cui al D. Lgs. 251/2007.

Per tale ragione l’interpretazione delle norme sopra riportate non potrà che essere quella diretta a consentire, sia per il rifugiato che per colui cui è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 9 L. 91/1992, la possibilità di sostituire gli atti originali provenienti dal Paese di origine con un’autocertificazione, già espressamente prevista per i rifugiati dalla circolare del Ministero dell’Interno n. K. 60.1 del 23 dicembre 1994. Quest’ultima ricostruzione ermeneutica si impone invero al fine di garantire una tutela effettiva dei diritti umani fondamentali dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria, alla cui protezione è ispirato il D. Lgs. 251/2007, e il cui pericolo di lesione nello Stato di origine viene accertato dall’Amministrazione con riferimento sia al rifugiato che al beneficiario della protezione sussidiaria.

In giurisprudenza, del resto, si è già avuto modo di precisare che: « la protezione sussidiaria "condivide" con lo status di rifugiato, ai fini che in questa sede interessano, la sostanziale impossibilità di rientrare nel paese di origine, con ciò che ne consegue in termini di impossibilità di reperire e produrre la documentazione in originale richiesta ai fini della procedura di concessione della cittadinanza ai sensi della legge n. 91 del 1992. La possibilità di sostituire la certificazione proveniente dal paese di origine con un atto notorio trova, infatti, la sua ratio nella concreta situazione di pericolo cui il soggetto è esposto nel contatto con le autorità del paese di origine, situazione di pericolo che, salvo comprovato e motivato accertamento in senso contrario da parte della Pubblica Amministrazione, deve presumersi con riguardo allo straniero beneficiario della protezione sussidiaria » (TAR Veneto, III, 15 settembre 2021, n. 1097;
cfr.: TAR Friuli – Venezia Giulia, I, 1° giugno 2022 n. 260;
TAR Lombardia, Milano, IV, 6 luglio 2022 n. 1599).

5.5. I principi sopra enucleati valgono, a maggior ragione, per il richiedente, stante la peculiarità della sua condizione e delle vicende che hanno interessato il suo paese di origine.

È infatti notoria la situazione politica attuale dell’Afghanistan, che nell’agosto 2021, a seguito del ritiro delle forze internazionali, ha assistito al rovesciamento dell’ordinamento preesistente e al reinsediamento del regime teocratico e totalitario dei Talebani. Non è dunque prospettabile, allo stato, un ritorno del ricorrente nel paese di origine al fine di reperire la documentazione richiesta dalla PA procedente.

Del resto, il signor -OMISSIS- ha provato di essersi già rivolto alle autorità diplomatiche e consolari (doc. 5 del fascicolo di parte ricorrente), ottenendo informazioni che attestano la non utilizzabilità dei certificati forniti dagli uffici afghani nei procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle Autorità italiane, stante la ritenuta inaffidabilità di tale documentazione.

6. Per le considerazioni che precedono il ricorso, siccome fondato, deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, previo assorbimento delle censure non esaminate (per ragioni di continenza ed economia processuale). La p.a. dovrà dunque riprovvedere sull’istanza del privato, facendo applicazione delle statuizioni contenute nella presente sentenza.

7. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, e vengono pertanto poste a carico dell’Amministrazione resistente, che sarà tenuta a rifonderle al ricorrente, con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario.

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