TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-04-30, n. 202408585

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-04-30, n. 202408585
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202408585
Data del deposito : 30 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/04/2024

N. 08585/2024 REG.PROV.COLL.

N. 11912/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11912 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
General Logistics Systems Italy S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati M G, F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 187;

contro

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCOM, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della deliberazione AGCOM n. 323/19/CONS del 18.7.2019, avente ad oggetto “ Ordinanza ingiunzione a General Logistics System Italy S.p.A. per la violazione delle disposizioni della Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori dei servizi postali delle Carte dei Servizi ”: atto impugnato con ricorso principale;

della cartella di pagamento n. 068 2023 00642011 44 000 notificata via PEC, in data 17.5.2023;
nonché delle seguenti note: prot.n. 0069267 del 25/02/2022 avente il seguente oggetto “ Pagamento della sanzione amministrativa di cui alla delibera n. 323/19/CONS notificata in data 31/07/2019 ”;
prot.n. 0189377 del 15.6.2022 avente il seguente oggetto “ Riscontro alla vostra comunicazione del 2 marzo 2022 avente ad oggetto “Vostra PEC del 25 febbraio 2021 recante “Pagamento della sanzione amministrativa di cui alla delibera n. 323/19/CONS notificata in data 31/07/2019” ”;
prot. del 15.7.2022 avente il seguente oggetto “ Riscontro alla vostra richiesta di annullamento in autotutela della “Nota invio documentazione – Prot. N. 0189377 del 15/06/2022 – Agcom” e, in via gradata, di interpello amministrativo del MEF con differimento della iscrizione a ruolo ”: atti impugnati con motivi aggiunti depositati in data 18.7.2023;

della nota AGCOM prot.n. 0198293 del 25.7.2023;
atto impugnato con motivi aggiunti depositati in data 28.9.2023.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di AGCOM;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 aprile 2024 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società General Logistics Systems Italy S.p.A. ha impugnato e chiesto l’annullamento della deliberazione AGCOM n. 323/19/CONS del 18.7.2019, avente ad oggetto “ Ordinanza ingiunzione a General Logistics System Italy S.p.A. per la violazione delle disposizioni della Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori dei servizi postali delle Carte dei Servizi ” (Delibera 413/14/CONS).

In sintesi: l’AGCOM ha condotto un’attività di vigilanza per la verifica del rispetto della “ Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi ”, approvata con deliberazione 413/14/CONS del 29.7.2014: una direttiva sostanzialmente volta a definire: i contenuti delle carte dei servizi che i fornitori di servizi postali sono tenuti ad adottare;
ad articolare i principi fondamentali che devono essere seguiti nella stesura delle carte, nella gestione dei rapporti con gli utenti e nell’erogazione dei servizi postali, con specifico riferimento all’informazione all’utenza, all’offerta e pagamento dei servizi, alle segnalazioni, ai reclami ed alle procedure di conciliazione, assistenza, qualità dei servizi, rimborsi e indennizzi;
è accaduto che nel corso dei predetti controlli è emerso che sul sito web della ricorrente, titolare di autorizzazione generale per l’offerta al pubblico di servizi postali, non risultavano pubblicate le informazioni a tutela dei clienti, relative, in particolare, “ all’indicazione completa dei prezzi e degli standard di qualità previsti per ciascuno di essi;
alla modulistica per presentare la domanda di conciliazione e il formulario per la risoluzione delle controversie dinnanzi all’Autorità ai sensi della delibera n. 184/13/CONS;
ai riferimenti di servizi gratuiti per assistenza clienti ma al contrario viene indicato un numero non gratuito (199151188);
ad uno schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi previsti per ciascun prodotto postale in caso di disservizio
”;
tali rilievi sono stati trasfusi nell’atto di contestazione n. 6/19/DSP, del 30.3.2019, e ciò con specifico riferimento alle seguenti violazioni: 1) violazione dell’art. 8, comma 3, lett. a), dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS;
2) violazione dell’art 7, comma 2 e dell’art. 8, comma 3, lett. f) e g) dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS;
3) violazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS.

In sostanza, è stata contestata, quanto alla prima violazione, “ l’omessa pubblicazione delle informazioni relative ai servizi offerti, e ai relativi prezzi e standard di qualità, sia in contrasto con i più elementari principi in materia di trasparenza delle condizioni di offerta, finalizzati a garantire la massima chiarezza informativa, la comparabilità delle offerte e la consapevole scelta da parte degli utenti”; con riguardo alla seconda violazione, relativa alla mancata pubblicazione sul sito web dello schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi per disservizi e della modulistica per reclamo, domanda di conciliazione e risoluzione delle controversie dinnanzi all’Autorità, è stato evidenziato che “nonostante la pluralità di disposizioni violate, la condotta illecita sia unitaria, con conseguente applicazione del cd. “cumulo giuridico delle sanzioni ”, e ciò in ragione della contestualità delle omissioni informative e l’unicità del relativo effetto di ostacolo all’esercizio del diritto degli utenti di accedere alle procedure di tutela previste nei casi di disservizio ”;
con richiamo alla terza violazione è stato, poi, contestato che “ l’assistenza telefonica gratuita dovrebbe consentire alla clientela di accedere a quelle stesse informazioni, di contenuto tipizzato, di cui è prescritta la pubblicazione sul sito web, per cui l’indicazione di un numero non gratuito costituisce un ostacolo e un aggravio, in termini economici, per la clientela che necessita di informazioni sul servizio, in quanto condiziona ad un onere aggiuntivo, e non previamente determinabile, l’esercizio del diritto ad ottenere informazioni sul servizio offerto che, peraltro, non risultano disponibili su canali alternativi non onerosi (sito web) ”.

La ricorrente ha presentato i propri scritti difensivi, opponendo che l’offerta non seguirebbe “ formule standardizzate, perché è prevalentemente rivolta alle imprese, che richiedono servizi personalizzati ”;
ed ha, inoltre, precisato di non avere alcun rapporto con la clientela dei licenziatari, in quanto, come specificato nella Carta dei servizi, GLS “ è il franchisor del network di corrieri espressi esercenti l’attività di autotrasporto sotto il marchio “GLS” ed assume la figura di coordinatore dei servizi comuni alle varie società licenziatarie. Ogni società licenziataria è autonoma e indipendente nella proprietà e nella gestione ” (cfr. pag. 2 del ricorso).

Segnatamente, con riguardo alla prima violazione, la ricorrente ha sostenuto che “ sul proprio sito web non è riportato il dettaglio dei servizi offerti per le seguenti motivazioni: mancanza di formule standardizzate;
variabilità dei servizi in quanto a domanda non tipizzata;
clientela prevalentemente business;
presenza di una vasta rete di affiliati in franchising, fornitori dei servizi
”;
ha, quindi, fatto presente “ di erogare i servizi non in modo standardizzato ma secondo modalità variabili, in funzione delle esigenze della clientela (costituita prevalentemente da imprese). Ciò renderebbe impossibile indicare tutti i servizi offerti e le condizioni economiche degli stessi, che non sono pertanto predeterminati ma costituiscono il risultato, di volta in volta, di una trattativa di mercato. L’unica indicazione del livello di qualità sarebbe dunque esclusivamente quella recata dal singolo contratto di fornitura di servizi di corriere espresso ”.

Con riguardo alla seconda violazione, la ricorrente ha opposto che “ garantirebbe alla propria clientela l’indennizzo previsto dall’art. 1696 c.c., dalle condizioni generali di Trasporto e nel caso di spedizioni internazionali, dalla Convenzione CMR (Convention Marchandises par Route) ”;
in altri termini, “ il semplice richiamo alla suddetta normativa consentirebbe all’utente di individuare facilmente (“utilizzando un provider di ricerca”) le informazioni sulle modalità e i criteri di indennizzo ”;
mentre, “ per la merce assicurata, (…) asserisce di garantire l’intero importo assicurato di cui non sarebbe esplicitato il valore in quanto determinato di volta in volta con il singolo cliente ”.

Quanto alla terza violazione, la ricorrente ha replicato che l’obbligo oggetto di contestazione “ deve essere infatti interpretato in via alternativa: l’operatore sarebbe tenuto a fornire gratuitamente il servizio di assistenza o telefonicamente o via posta elettronica. Non essendo ravvisabile alcuna disposizione normativa che specifichi che l’assistenza telefonica deve essere gratuita (…) sarebbe perfettamente adempiente fornendo un servizio di assistenza gratuita via posta elettronica ”.

Per inciso, occorre soggiungere che la ricorrente ha profilato e chiesto la chiusura del procedimento sulla scorta della “ accettazione dei seguenti impegni: 1) inserire nella Carta di Servizi una indicazione del prezzo per clienti occasionali applicato da GLS Enterprice S.r.l., fermo restando l’autonomia dei soggetti affiliati;
2) fornire l’esplicitazione dei valori di indennizzo e/o rimborso per servizio, precisando che essi sono meramente indicativi;
3) indicare nell’area “Carta dei Servizi” uno specifico link per visualizzare la domanda di conciliazione e scaricare il relativo modulo nonché rendere scaricabile il formulario CP per l’eventuale definizione della controversia davanti all’Autorità
”.

L’AGCOM non ha ritenuto di accogliere le osservazioni presentate ed ha quantificato le sanzioni in “ euro 60.000,00 (sessantamila/00), per la violazione dell’art. 8, comma 3, lett. a), dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS;
euro 80.000,00 (ottantamila/00), per la violazione dell’articolo 7, comma 2, e dell’art. 8, comma 3, lett. f) e g) dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS;
euro 60.000,00 (sessantamila/00), per la violazione del combinato disposto dell’art. 8, comma 1, comma 3, lett. e) e comma 5, dell’allegato A alla citata delibera n. 413/14/CONS
”: il tutto, dunque, per un totale di €. 200.000,00.

A fondamento del ricorso ha dedotto i seguenti motivi:

1°) insussistenza del fatto contestato;
errore di fatto manifesto;
eccesso di potere per omessa valutazione di elementi decisivi. travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta;
violazione dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2018/644;
dell’art. 3, comma 9, della direttiva 96/67/CEM;
dell’art. 97 della Costituzione.

La ricorrente ha sottolineato che “ nella Carta dei Servizi, oltre a richiamare formalmente la Direttiva di cui alla Delibera 413/14/CONS, con le su menzionate clausole l’ha applicata, come ampiamente spiegato, mettendo in evidenza, che i servizi innovativi offerti dai licenziatari GLS sono adattati dagli stessi alle esigenze specifiche della propria clientela, variano in base ad una domanda non tipizzabile proveniente prevalentemente da una clientela business e che GLS è il franchisor del network GLS così che ogni società licenziataria del marchio GLS fa impresa a sé nel rapporto con l’utenza ” (cfr. pag. 6).

2°) Errore istruttorio, errore di fatto manifesto;
eccesso di potere per omessa valutazione di elementi decisivi. travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta.

Con tale motivo la ricorrente ha evidenziato che “ il preciso riferimento alla normativa, nazionale o internazionale, consente a chiunque di comprendere le modalità e i casi in cui è previsto un importo a titolo di indennizzo/risarcimento, nonché il suo ammontare (1Euro/Kg, valore della merce ecc..). Per la merce assicurata, la società licenziataria garantisce l’intero importo assicurato, di cui non è esplicitato il valore, giacché, ovviamente, va determinato per singola spedizione e sulla base del tipo di assicurazione prescelta. In entrambe le circostanze quindi esiste uno schema riassuntivo degli importi, che non necessita, per un verso, e non consente, per altro verso, l’esplicitazione dei relativi valori ” (cfr. pag. 11).

3°) Errore istruttorio, errore di fatto manifesto;
eccesso di potere per omessa valutazione di elementi decisivi. travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta.

La ricorrente ha soggiunto che le clausole previste dalla propria carta dei servizi “ forniscono circostanziate informazioni sulle procedure di reclamo e di conciliazione, da svolgere presso la sede del network GLS competente, e, tramite rinvio al sito dell’Autorità, è anche messa a disposizione la relativa modulistica ” (cfr. pag. 14);
e che “ il link al sito dell’Autorità è consentito e che eventualmente spettava all’Autorità escluderlo espressamente”, lamentando che “con palese violazione dei principi costituzionalmente sanciti di buon andamento ed imparzialità, l’AGCOM non ha provveduto a svolgere un’adeguata istruttoria sulla clientela servita dalla ricorrente tramite il network GLS e le garanzie previste nei singoli contratti, a favore dei committenti il servizio, per i reclami e le relative procedure di conciliazione ” (cfr. pag. 16).

4°) Errore istruttorio, errore di fatto manifesto;
eccesso di potere per omessa valutazione di elementi decisivi. travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta;
violazione dell’art. 8 della Direttiva sulle Carte dei Servizi, emanata dalla AGCOM;
dell’art. 1 della legge 689/1981;
dell’art. 97 della Costituzione.

La ricorrente ha stigmatizzato che siccome “ in materia postale non sussiste una disposizione analoga a quella vigente in materia di comunicazioni elettroniche, che specifica l’obbligo di assistenza gratuita telefonica, la contestazione è certamente indebita ed illegittima ” (cfr. pag. 18):

5°) Violazione dell’art. 11 della legge 689/1981, del principio di legittimo affidamento e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione);
eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione dei principi di proporzionalità, parità di trattamento e ragionevolezza.

La ricorrente ha contestato, inoltre, la quantificazione della sanzione sottolineando che “ nel bilancio chiuso al 31 marzo 2018, che l’Autorità dichiara di ben conoscere, ha realizzato ricavi per un totale di euro 99.958.705,00, cioè per semplificare di circa 100 milioni di euro. Invece l’Autorità, secondo il suo ragionamento, ha tenuto conto dei ricavi mondiali del gruppo Royal Mail ammontanti a sterline 2.557 milioni, pari a circa 2.838 milioni di euro ” (cfr. pag. 19).

6°) Violazione dell’art. 3 della legge 689/1981;
eccesso di potere per errore di fatto e violazione dei principi di legittimo affidamento e buon andamento.

La ricorrente, ancora, ha dedotto l’irragionevolezza della contestazione in quanto “ la AGCOM non ha sollevato alcun rilievo, sino al procedimento sanzionatorio di cui al presente ricorso. Ne deriva che, mancando la preventiva doverosa attività orientativa dell’Autorità, la ricorrente tutt’al più avrebbe commesso un errore incidente sul fatto posto a fondamento dei rispettivi addebiti, così da potersi escludere la colpa anche minima della ricorrente ” (cfr. pag. 21):

7°) Violazione del principio dell’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, del principio di uguaglianza, degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

La ricorrente ha, poi, lamentato che l’AGCOM ha esteso la propria “ competenza in materia di regolazione dei servizi postali e i relativi poteri sanzionatori ”;
ma che l’art. 14 bis del DL 223/2006 continuerebbe ad applicare limitatamente “ l’istituto degli impegni esclusivamente al settore delle comunicazioni elettroniche ”, contestandosi che “ l’operatore postale non può essere discriminato solo perché opera in un settore diverso da quello delle comunicazioni elettroniche, in quanto in tale settore l’Autorità preposta è la stessa e ivi è previsto l’istituto degli impegni ” (cfr. pag. 24).

Ha, pertanto, chiesto la rimessione al Giudice delle Leggi della questione di legittimità costituzionale della predetta disposizione legislativa.

Si è costituita in giudizio l’AGCOM (14.10.2019), opponendo, nella memoria depositata in data 31.10.2029, che la disciplina sui corrieri e, segnatamente, il regolamento sulla consegna dei pacchi, “ conferma pienamente l’esigenza di assicurare una maggiore attenzione (trasparenza tariffaria, assistenza alla clientela anche sotto il profilo delle procedure di rimborso e di reclamo) all’utente destinatario, nella consapevolezza che soltanto un’aumentata fiducia del consumatore può condurre ad un ulteriore sviluppo del commercio elettronico. In conclusione, al di là delle argomentazioni, basate su affermazioni del tutto irrealistiche (come quelle relative alla negoziazione individuale di ciascun contratto), è evidente l’intento di mettere in discussione l’applicabilità nei confronti della società di uno dei principi base della Direttiva generale in materia di carte dei servizi, quello della trasparenza: le caratteristiche del servizio offerto e le condizioni economiche e giuridiche devono essere rese pubbliche per consentire agli utenti una scelta consapevole ed un confronto tra le varie offerte ” (cfr. pag. 15): obblighi di informazione trasparente che non sarebbero stati assicurati;
ed ha, inoltre, eccepito che “ la società ricorrente non si è limitata ad utilizzare una tariffa non gratuita ma ha fornito l’assistenza clienti con una numerazione a sovrapprezzo – 199151188 - poi sostituita con una numerazione geografica immediatamente dopo la notifica dell’atto di contestazione ” (cfr. pag. 25).

Con ordinanza n. 7335 dell’11 novembre 2019 è stata respinta la domanda cautelare.

Con motivi aggiunti, a valere altresì quale ricorso autonomo, depositati in data 18.7.2023 la ricorrente ha impugnato e chiesto l’annullamento della cartella di pagamento n. 068 2023 00642011 44 000 notificata via PEC, in data 17.5.2023;
nonché delle seguenti note: prot.n. 0069267 del 25/02/2022 avente il seguente oggetto “ Pagamento della sanzione amministrativa di cui alla delibera n. 323/19/CONS notificata in data 31/07/2019 ”;
prot.n. 0189377 del 15.6.2022 avente il seguente oggetto “ Riscontro alla vostra comunicazione del 2 marzo 2022 avente ad oggetto “Vostra PEC del 25 febbraio 2021 recante “Pagamento della sanzione amministrativa di cui alla delibera n. 323/19/CONS notificata in data 31/07/2019” ”;
prot. del 15.7.2022 avente il seguente oggetto “ Riscontro alla vostra richiesta di annullamento in autotutela della “Nota invio documentazione – Prot. N. 0189377 del 15/06/2022 – Agcom” e, in via gradata, di interpello amministrativo del MEF con differimento della iscrizione a ruolo ”.

In sostanza, la ricorrente ha lamentato che l’AGCOM ha fatto notificare la cartella di pagamento impugnata, dalla quale risulta che ha iscritto a ruolo: €. 200.000,00 a titolo di sanzione irrogata con la delibera 323/2019;
€. 120.000,00 a titolo di maggiorazione ex l. 691/1981;
euro 4.356,16 a titolo di interessi: il tutto per un totale complessivo di €. 324.356,16.

A fondamento di tale ricorso ha dedotto, in aggiunta ai motivi già proposti, i seguenti, ulteriori, motivi:

1° motivo aggiunto) violazione dell’art. 1343 del codice civile, del principio di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, dei principi di efficienza e buon andamento dell’attività amministrativa;
eccesso di potere per irragionevolezza.

La ricorrente ha premesso che “ l’Autorità, in altro procedimento, ha sanzionato la ricorrente per difetto di titolo abilitativo all’esercizio dell’attività di corriere espresso di alcuni operatori del network GLSI, sulla base della presunzione che GLSI risponda in quanto franchisor del network licenziatario del marchio GLSI ” (cfr. pag. 3);
ma poiché le sanzioni irrogate in tale procedimento sono state annullate in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato con la sentenza della Sezione VI n. 3111 del 13 maggio 2019;
ed analoghi contenziosi si sono risolti in favore della stessa ricorrente, cosicché quest’ultima ha chiesto la restituzione della seguenti somme: “ 1) € 193.059,75 pagati in data 03/08/2018 (…), a seguito della Delibera AGCOM n. 58/2017, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3111/2019;
2) € 75.028,77, pagati in data 16/01/2019 (…), a seguito della Delibera AGCOM n. 245/2017, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6490/202;
3) € 40.015,34, pagati in data 16/01/2019 (…), a seguito della Delibera AGCOM n. 246/2017, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6491/2020
”.

Ha, pertanto, dedotto di vantare “ un credito nei confronti della AGCOM/MEF per gli importi relativi alle sanzioni dell’AGCOM annullate, da lungo tempo, con sentenze passate in giudicato. La posizione della ricorrente è, pertanto, di diritto soggettivo. Parimenti, la ricorrente è debitrice per la sanzione attualmente sub iudice. Ne deriva che, trattandosi di rispettivi crediti certi liquidi ed esigibili, la ricorrente ha legittimamente chiesto la compensazione ex art. 1243 c.c. La compensazione opera di diritto ” (cfr. pag. 15).

2° motivo aggiunto) Eccesso di potere per difetto di motivazione;
violazione del principio di efficienza e buon andamento e dell’art. 27 della legge 689/1981.

Con tale motivo la ricorrente ha lamentato che “ lo Stato già deteneva le somme che la ricorrente avrebbe dovuto pagare, e l’AGCOM tuttalpiù poteva limitarsi a non dare il nulla osta richiesto dal MEF per il pagamento delle somme relative alle sanzioni annullate (ossia trattenere queste somme sino a quando non si fosse definito il giudizio sulla sanzione), oppure (più correttamente e semplicemente) poteva dare il nulla osta, per la sola parte eccedente il dovuto dalla ricorrente, assicurando per questa via il pagamento della sanzione sub iudice ” (cfr. pag. 17).

3° motivo aggiunto) Violazione del diritto di proprietà sancito nell’art. 1 del Primo Protocollo Addizionale alla CEDU;
dell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

La ricorrente ha, poi, dedotto che mettendo in riscossione il credito oggetto delle sanzioni impugnate, l’AGCOM avrebbe impedito alla stessa ricorrente di “ usare la sua proprietà, rectius il suo credito (peraltro anche riconosciuto sia dall’AGCOM che dal MEF), per far fronte al pagamento della ingente sanzione sub iudice ”, nonché di “ doversi privare della sua proprietà, rectius le somme dovute secondo la sanzione sub iudice, per fare fronte al pagamento ” e, infine, di evitare di “ vedersi assoggettata a termini di pagamento più ristretti, per la sanzione sub iudice, a fronte dei tempi di pagamento ben più lunghi e difficilmente calcolabili, che l’Amministrazione si concede per le somme da essa dovute ” (cfr. pagg. 18 – 19).

4° motivo aggiunto) Violazione del principio del legittimo affidamento e degli obblighi di correttezza e buona fede in capo all’AGCOM.

La ricorrente ha, inoltre, evidenziato che “ poteva confidare di coordinare incasso e pagamento o, quanto meno, in una interlocuzione con l’AGCOM, per una ragionevole soluzione della questione ” (cfr. pag. 19).

5° motivo aggiunto) Violazione dell’art 27 della legge 689/1981.

La ricorrente ha, infine, contestato la legittimità della “ maggiorazione applicata nella cartella impugnata (…) pari a 120.000 euro ” (cfr. pag. 20).

Con memoria depositata in data 17.8.2023 l’AGCOM si è opposta ai motivi aggiunti, eccependo la “ carenza di legittimazione passiva di Agenzia delle Entrate Riscossione relativamente a tutte le eccezioni imputabili all’ente creditore titolare del credito e legittimo contradditore, ovvero le eccezioni inerenti all’attività di formazione del titolo esecutivo riprodotto in cartella ”;
eccependo, altresì, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore della giurisdizione ordinaria;
e, nel merito, opponendosi ai motivi proposti richiamando la corrispondenza tra le parti estesa al MEF, in forza della quale non sarebbe stata prospettata come ammissibile la dedotta compensazione.

Con motivi aggiunti, depositati in data 28.9.2023 la ricorrente ha impugnato e chiesto l’annullamento della nota AGCOM prot.n. 0198293 del 25.7.2023 avente il seguente oggetto “ Rilascio nulla osta. Rimborso somme indebitamente versate all’Erario sul Capo X cap. 2379/00 a titolo di sanzione pecuniarie di cui alle Delibere AGCOM e successivamente annullate come di seguito: Delibera n. 58/2017/CONS di € 193.059,75 (annullata con Sentenza Consiglio di Stato n. 3111/2019) Delibera n. 245/2017/CONS di € 75.028,77 (annullata con Sentenza Consiglio di Stato n. 6490/2020);
Delibera n. 246/2017/CONS di € 40.015,34 (annullata con Sentenza Consiglio di Stato n. 6491/2020). Rettifica
”.

La ricorrente, pur dando atto “ della restituzione delle somme (dopo due anni), di cui attende, il versamento ” ha, comunque, dedotto che la nota sarebbe “ illegittima nella parte in cui conferma il rigetto della compensazione richiesta dalla ricorrente, che è oggetto del ricorso per motivi aggiunti avverso la cartella di pagamento ”, riguardando, tale profilo, “ anche l’applicazione di una pesante sanzione per ritardato pagamento, già contestata con il precedente ricorso per motivi aggiunti” e soggiungendo che “con la nota impugnata l’AGCOM, per la residua somma di euro (75.028,77 + 40.015,34=) 115.044,11, continua a negare alla ricorrente indebitamente il diritto alla compensazione con quanto dovuto sulla base della ordinanza ingiunzione iscritta a ruolo sub iudice ” (cfr. pag. 16).

Ha, quindi, riproposto le censure oggetto dei motivi aggiunti depositati in data 18.7.2023.

Prima dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 19 aprile 2024, la ricorrente ha ribadito le proprie deduzioni nella memoria depositata in data 3.4.2024: a tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso principale è infondato e, pertanto, va respinto.

Non colgono nel segno i primi tre motivi, che per affinità tematica possono essere esaminati in modo congiunto.

In linea generale, anche alla luce della giurisprudenza europea, va ricordato come ai sensi dell'articolo 2, punti 1 bis e 6, della direttiva 97/67/CE, un'impresa deve essere qualificata come “ fornitore di un servizio postale ”, quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) elencati all'articolo 2, punto 1, della menzionata direttiva e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali.

Inoltre, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio, occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all'articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono “ servizi postali ”, ai sensi della menzionata disposizione.

Nel caso degli spedizionieri, l’interpretazione della normativa vigente si muove in piena coerenza con l’evoluzione della relativa attività;
in particolare, nel nuovo contesto economico sociale – caratterizzato anche dall’enorme sviluppo del commercio elettronico – le imprese in questione non sono certo qualificabili alla stregua di meri trasportatori, avendo un evidente rapporto diretto con l’utente finale, cui documenti e beni vengono consegnati direttamente;
ciò anche attraverso il tracciamento diretto dell’attività dello spedizioniere, individuato sin dall’acquisto o dall’ordine, da parte dell’utente finale - consumatore e destinatario – nonché dell’azienda che invia, parimenti qualificabile in termini di utente del servizio in questione. L’attività ormai avviene addirittura in pieno regime di concorrenza con quella svolta dal titolare del servizio universale. Appare altresì evidente la capacità di incidenza sull’orientamento del consumatore.

Pertanto, la normativa risulta coerentemente intesa sulla scorta della necessaria estensione degli obblighi e delle garanzie dettate in favore del consumatore e degli utenti;
non è pensabile che l’applicazione delle regole di tutela dettate in favore di questi ultimi possa dipendere dal ricorso ad uno piuttosto che all’altro imprenditore.

In tale contesto, appare pienamente ragionevole e proporzionata la scelta dell’Autorità di regolare tale attività, estendendo modalità di garanzie, invero minime e doverose stante la ampiezza dell’attività di svolta dalle imprese in questione.

Va, altresì, evidenziato come, se da un canto proprio i principi di origine sovranazionale abbiano garantito alle imprese in questione la possibilità di estendere la propria attività nei termini predetti, in coerenza ai principi di apertura del mercato e tutela della concorrenza, da un altro canto è impensabile che a tale estensione non si accompagni l’applicazione delle regole di tutela, previste per i settori interessati.

Sul primo versante, la stessa Corte giustizia UE (cfr. ad es. sentenza sez. VIII , 02/05/2019 , n. 259), ha statuito che l’art. 7, par. 1, e l'art. 8 della direttiva 97/67/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6/Ce del parlamento europeo e del consiglio, del 20 febbraio 2008, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che assicura all'operatore designato per la fornitura del servizio postale universale un diritto esclusivo per la distribuzione di mezzi di affrancatura diversi dai francobolli. Con ciò ribadendo la necessaria apertura del mercato, in coerenza ai principi fondamentali della stessa istituzione dell’Unione.

Sul secondo versante, la stessa Corte giustizia UE (cfr. ad es. sez. V , 31/05/2018 , n. 259 ) ha ribadito che ai sensi dell'articolo 7, par. 4, e dell' articolo 9, par. 2, della direttiva 97/67/CE, ai titolari di un'autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali può essere imposto di contribuire a un fondo di compensazione degli oneri del servizio universale allorché i servizi offerti possono, nell'ottica di un utente, essere considerati come servizi che rientrano nell'ambito del servizio universale poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale stesso.

In tale contesto si colloca il principio a mente del quale la disciplina europea (cfr. articolo 2, punto 19, e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67/CE) non osta ad una normativa nazionale che impone a tutte le imprese di autotrasporto, di spedizione e di corriere espresso di disporre di un'autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali, allorché siffatta normativa sia giustificata da esigenze essenziali, quali il rispetto delle condizioni di lavoro e dei sistemi previdenziali e la riservatezza della corrispondenza, e osservi il principio di proporzionalità, nel senso che sia tale da garantire l'obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.

Ai sensi dell'articolo 2, punti 1 bis e 6, della direttiva 97/67/CE, un’impresa deve essere qualificata come “ fornitore di un servizio postale ”, quando essa svolge almeno uno dei servizi (raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione) elencati all'articolo 2, punto 1, della menzionata direttiva e il servizio o i servizi così svolti riguardano un invio postale, non dovendo tuttavia la sua attività essere limitata unicamente al servizio di trasporto. Ne consegue che le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali. Inoltre, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio e sulla presenza nel primo caso di incisivi obblighi di servizio a tutela della generalità dei cives o degli utenti avendo il servizio universale la funzione di garantire i livelli da garantire con il “ servizio universale ”, ovvero la definizione quantitativa e qualitativa dell'offerta di cui devono godere tutti i cittadini (a condizioni geograficamente ed economicamente accessibili si tratta della c.d. rete postale pubblica), occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all'articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, sicché tanto il servizio universale quanto il servizio di corriere espresso costituiscono « servizi postali », ai sensi della menzionata disposizione.

Va altresì ricordato come la Corte giustizia UE (cfr. ad es. sez. VI, 15/06/2017, in causa. 368/15), abbia statuito che ai sensi dell'articolo 9, par. 1, della direttiva 97/67/CE, come modificata dalla direttiva 2008/6/CE, la fornitura di servizi postali che esulano dall'ambito del servizio universale può essere subordinata agli obblighi di cui all'articolo 9, par. 2, secondo comma, secondo trattino, di tale direttiva, relativi alla qualità, alla disponibilità e all'esecuzione dei servizi corrispondenti, poiché l'applicazione di tale disposizione non è limitata a servizi specifici ed è quindi generalizzabile ad ogni operatore (proprio nell’ottica del favore eurounitario all’apertura del mercato che non significa oblio dei diritti degli utenti).

Non a caso, la Corte nel precedente del 2017 ha ricordato di essere è già stata chiamata a pronunciarsi su tale questione nella sentenza del 16 novembre 2016, DHL Express (Austria) (C 2/15, EU:C:2016:880) e che la risposta che ivi aveva fornito era ancora interamente applicabile alla causa.

Infatti, al punto 26 di tale sentenza del 2016, la Corte ha rilevato che l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino, di detta direttiva, consente agli Stati membri di subordinare la concessione di autorizzazioni al rispetto di obblighi in merito alla qualità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi corrispondenti.

Essa ha ritenuto che, in mancanza di precisazioni sui servizi contemplati da tale obbligo, va sottolineato che dai lavori preparatori della direttiva 2008/6, emerge che il legislatore dell’Unione ha inteso eliminare non solo gli ultimi ostacoli alla completa apertura del mercato per taluni fornitori di servizio universale, ma altresì tutti gli altri ostacoli alla fornitura di servizi postali.

La Corte ne ha tratto la conclusione che, in assenza di indicazione contraria e alla luce della natura dell’obbligo di cui trattasi, risulta pertanto che tutti i fornitori di servizi postali possono essere assoggettati all’obbligo di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino, della direttiva 97/67.

Ciò precisato sul piano soggettivo, va rilevato che le disposizioni violate sono contenute nell’Allegato A alla delibera AGCOM n. 413/14/CONS (Direttiva generale per l’adozione da parte dei fornitori di servizi postali delle carte dei servizi) e sono le seguenti:

A) con riguardo alla prima condotta l’art. 8, comma 3, lett. e), in cui si prevede che “ 3. I fornitori di servizi postali rendono disponibile sul proprio sito web, presso tutti i locali propri e dei soggetti di cui si avvalgono: a) un elenco aggiornato di tutti i servizi offerti, anche mediante tabelle comparative tra prodotti offerti, recante la descrizione completa delle caratteristiche di ciascun servizio e l’indicazione completa dei prezzi e degli standard di qualità previsti per ciascuno di essi ”;

B) con riguardo alla seconda condotta l’art. 7, comma 2, in cui si prevede che “ 2. Sul sito web, nonché nei locali dei fornitori di servizi postali o dei soggetti di cui si avvalgono sono pubblicate le modalità per poter presentare ai medesimi fornitori reclami, segnalazioni, istanze per le procedure di conciliazione, con l’indirizzo della sede presso cui indirizzarli, nonché il numero telefonico, di fax e l’indirizzo di posta elettronica ”;
nonché l’art. 8, comma 3, lett. f) e g), secondo cui “ 3. I fornitori di servizi postali rendono disponibile sul proprio sito web, presso tutti i locali propri e dei soggetti di cui si avvalgono: (…) f) il formulario per la presentazione del reclamo per il disservizio postale e il formulario per la eventuale domanda di conciliazione, nonché il formulario per la risoluzione delle controversie approvato con delibera n.184/13/CONS”;
g) uno schema riassuntivo dei rimborsi e/o indennizzi previsti per ciascun prodotto postale in caso di disservizio
”;

C) con riguardo alla terza condotta l’art. 8, comma 1 (“ 1. I fornitori di servizi postali garantiscono un servizio di assistenza, adeguato alle esigenze degli utenti, per segnalare disservizi, ottenere informazioni sulle caratteristiche e sui prezzi dei servizi forniti, sulle modalità di fatturazione, sulle procedure di reclamo e di conciliazione. Il servizio di assistenza è accessibile telefonicamente, anche nelle ore pomeridiane, nonché in via telematica tramite un apposito indirizzo di posta elettronica. Il numero telefonico e l’indirizzo email di assistenza clienti sono indicati nel sito web del fornitore, nella carta dei servizi, nonché nei contratti e nella documentazione di fatturazione, laddove previste ”);
comma 3 (“ I fornitori di servizi postali rendono disponibile sul proprio sito web, presso tutti i locali propri e dei soggetti di cui si avvalgono: (…) e) i riferimenti dei servizi gratuiti di assistenza clienti ”) e comma 5 (“ La comunicazione pubblicitaria può rinviare a servizi di assistenza clienti che comunichino all’utente, a titolo gratuito, tutte le informazioni sul servizio nelle modalità da quest’ultimo richieste ”).

Con riguardo alla prima violazione contestata, persuasivamente l’AGCOM ha evidenziato, ai fini dell’irrogata sanzione, che “ l’omessa pubblicazione delle informazioni relative ai servizi offerti, e ai relativi prezzi e standard di qualità, è in contrasto con i più elementari principi in materia di trasparenza delle condizioni di offerta, finalizzati a garantire la massima chiarezza informativa, la comparabilità delle offerte e la consapevole scelta da parte degli utenti, siano essi privati o imprese ”;
ha, infatti, sottolineato che “ è di tutta evidenza che un quadro chiaro ed esaustivo delle condizioni giuridiche ed economiche praticate all’utenza deve essere reso pubblico, ferma restando la possibilità di negoziare individualmente le tariffe dei servizi offerti con il singolo cliente ”;
e che “ la trasparenza informativa, relativamente alle condizioni economiche e giuridiche praticate dagli operatori postali, costituisce anche uno dei principali obiettivi perseguiti dalla normativa comunitaria, richiamata, da ultimo, nel Regolamento (UE) 2018/644 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 aprile 2018, relativo ai servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi ”.

Il principio di trasparenza, che costituisce il filo rosso di tutte le norme contenute nell’art. 8 dell’allagato A, esprime il fondamento della direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio.

Con riferimento a tale atto eurounitario, è utile rammentare che:

- il Considerando n. 22 stabilisce, inoltre, che “ gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di regolamentare sul rispettivo territorio, mediante appropriate procedure di autorizzazione, la fornitura dei servizi postali non riservati ai prestatori del servizio universale;
che queste procedure debbono essere trasparenti, non discriminatorie, proporzionate e basate su criteri oggettivi
”;

- il successivo Considerando n. 25 prevede che “ qualora ciò dovesse rendersi necessario, si adotteranno le misure atte a garantire la trasparenza e la natura non discriminatoria delle condizioni di accesso alla rete postale pubblica degli Stati membri

- il successivo Considerando n. 33 prevede che “gli utenti devono avere il diritto di essere informati dei risultati di tali controlli e che gli Stati membri dovrebbero garantire che vengano intraprese misure correttive allorché tali risultati dimostrino che le norme in questione non siano state rispettate ”.

Tali indirizzi hanno trovato avallo nell’art. 6, in cui si prevede che “ gli Stati membri provvedono affinché i fornitori del servizio universale diano regolarmente agli utenti informazioni sufficientemente precise e aggiornate sulle caratteristiche dei servizi universali offerti, in particolare per quanto riguarda le condizioni generali di accesso ai servizi, i prezzi e il livello di qualità. Le informazioni vengono pubblicate nel modo appropriato ”: tra trasparenza informativa, insomma, rappresenta un valore immanente nell’ordinamento di settore, non potendosi, pertanto, ritenere che gli obblighi fissati dall’art. 8, comma 3, lett. e) possano dirsi abnormi o contrari al diritto unionale.

Parimenti fondata è la contestazione sottesa alla seconda condotta, relativa alla violazione dei doveri informativi.

La giurisprudenza, a tal riguardo, ha già avuto modo di osservare “ che gli specifici doveri informativi che si impongono agli operatori postali ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 8, comma 3, lettere a), d), e), f) della Delibera n. 413 del 2014, mirano a tutelare l’intera e onnicomprensiva categoria degli “utenti”, senza alcuna distinzione interna tra consumatori e aziende. Inoltre, come correttamente osservato dalla difesa erariale, tra gli utenti debbono essere contemplati anche i destinatari degli invii postali i quali, non essendo contraenti dei contratti di servizio stipulati con i propri clienti dal corriere-espresso, non possono conoscere tramite il documento contrattuale - rispetto al quale sono “terzi” (come sostiene anche parte ricorrente) e che è, per loro, “res inter alios acta” - le informazioni prescritte “ex lege” all’operatore per la tutela dei loro diritti, nei termini puntualmente definiti ed imposti dall’art. 7, comma 2 e dall’art. 8, comma 3 dell’Allegato A alla delibera

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