TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-06-03, n. 201405846

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2014-06-03, n. 201405846
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201405846
Data del deposito : 3 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09923/2012 REG.RIC.

N. 05846/2014 REG.PROV.COLL.

N. 09923/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9923 del 2012, proposto dalla Provincia di Caserta, rappresentata e difesa dall'avv. M R S, con domicilio eletto presso Aristide Police in Roma, p.zza Adriana, 20;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Amministrazione Provinciale di Salerno, rappresentata e difesa dall'avv. M T, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione I del TAR Lazio in Roma, via Flaminia 189;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

del decreto del Ministero dell’Interno del 25 ottobre 2012 con il quale è stata disposta, a carico della Provincia di Caserta, una riduzione di risorse finanziarie pari a euro € 13.637.891,57, conteggiando in tale somma i costi relativi alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti, pari a 5.130.389,94;
di tutti gli atti premessi, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Amministrazione Provinciale di Salerno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2014 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il D.L. n. 95/2012, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, recante "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario", dispone all'articolo 16 (rubricato "Riduzione della spesa degli Enti Territoriali"), comma 7, che: "Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2012, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell'interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012 ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE".

Con il D.L. n. 174 del 10.10.2012, è stata differita al 15 ottobre la data utile per la determinazione delle modalità di riduzione da parte della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali ed al 30 ottobre il termine per l'emanazione del decreto da parte del Ministero dell'Interno.

Considerato che la Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali non è pervenuta ad una determinazione condivisa sulle modalità di riparto dei tagli, il Ministero dell’Interno ha adottato il decreto del 25 ottobre 2012, recante "riduzione delle risorse alle Province, ai sensi dell'art. 16, comma 7, del D.L. 95/24912 (spending review) nonché attribuzione del contributo ai sensi dell'art. 17, comma 13 bis, del predetto decreto 95/2012 e relativi allegati".

Il suddetto decreto ministeriale, che prevede per la Provincia di Caserta una riduzione di risorse finanziarie pari ad euro 13.637.891,57, è ritenuto illegittimo dalla parte ricorrente in quanto nella base di calcolo utile per determinare il ‘taglio’ sono state erroneamente prese in considerazione voci che avrebbero dovuto essere escluse quali, in particolare, i costi della gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

Per tale ragione, l’Amministrazione provinciale ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando censure di violazione di legge ed eccesso di potere, sotto diversi profili, lamentando la violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 7, del D.L. n. 95/2012, conv. in L. n. 135/2012 s.m.i.;
l’eccesso di potere per irragionevolezza, disparità di trattamento e manifesta ingiustizia;
l’omessa istruttoria e la carenza di motivazione.

In particolare, la Provincia ricorrente ha rilevato che nella base di calcolo utile per individuare le riduzioni dei fondi indicati al settimo comma dell’articolo 16 del decreto legge n. 95/2012 – individuata sommando le spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE – il Ministero dell’Interno ha erroneamente preso in considerazione voci di spesa che avrebbero dovuto essere escluse dal calcolo quali, in particolare, i costi di gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

A parere dell’Amministrazione ricorrente, il Ministero dell’Interno ha operato il taglio senza considerare (malgrado la Provincia di Caserta lo avesse rappresentato con note 23.7.2012 prot. n. 79771 del Presidente della Provincia e del 27.7.2012 prot. n. 89 della Giunta provinciale) la disomogeneità dei bilanci delle diverse Province, omettendo di considerare, in particolare, che la Provincia di Caserta aveva inserito in bilancio i costi di gestione del ciclo dei rifiuti che non avrebbero potuto costituire oggetto di taglio in quanto a carico della collettività ed in quanto trattasi di partite di giro perché le somme incassate dai cittadini sono girate alla società provinciale (GISEC) che gestisce il servizio.

L’Amministrazione centrale resistente, costituitasi in giudizio, ha affermato l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

La difesa erariale ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza dell’operato dell’Amministrazione centrale e l’infondatezza del ricorso, rappresentando che: - non essendo intervenuto un accordo in sede di Conferenza Stato – Città e Autonomie locali, in ossequio a quanto stabilito dall’art. 16, co. 7, del d.l. n. 95/2012, il Ministro dell’Interno ha emanato il D.M. 25.10.2012, applicando il criterio (previsto dalla norma indicata) della riduzione proporzionale alle spese sostenute per consumi intermedi desunte dal SIOPE per l’anno 2011;
- l’Amministrazione ha operato sulla base dei dati forniti dal MEF e, quindi, era impossibilitato a tenere conto e sottrarre dalla base di calcolo i costi indicati dalla parte ricorrente.

E’ intervenuta in giudizio, ad adiuvandum, la Provincia di Salerno, la quale ha chiesto l’accoglimento delle censure avanzate dalla parte ricorrente.

Con ordinanza del 28 novembre 2012, n. 4271, il TAR ha accolto la domanda incidentale di sospensione proposta da parte ricorrente.

In ottemperanza all’ordinanza n. 5531 del 16 maggio 2013 il Collegio, la Provincia ricorrente ha integrato il contraddittorio nei confronti di tutte le Province, a mezzo dei pubblici proclami.

All’udienza pubblica del 27 marzo 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va rilevato che su analoga controversia si è pronunciato il Consiglio di Stato il quale, con decisione n. 475/2014, ha riformato la sentenza di questa Sezione n. 7022/2013, che aveva accolto il ricorso proposto dalla Provincia di Genova, fondato su censure analoghe a quelle proposte nella presente impugnativa.

Il Collegio, preso atto di tale decisione, ritiene di non poter confermare il punto di vista espresso in sede cautelare con ordinanza n. 4271/2012.

Il Consiglio di Stato, con la citata decisione n. 475/2014, ha espresso i principi di seguito indicati.

“L’art. 16, comma 7, del D.L. n. 95/2012 dispone per l’anno 2012 che il fondo sperimentale di riequilibrio in favore delle province, di cui all’art. 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, ed il fondo perequativo, di cui all'articolo 23 del medesimo decreto legislativo, sono ridotti di 500 milioni di euro.

Quanto alle modalità e criteri per le riduzioni, la norma prevede un procedimento articolato su due alternative:

1) le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate dalla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, sulla base dell'istruttoria condotta dall'UPI, e recepite con decreto del Ministero dell’Interno entro il 15 ottobre 2012, (tenendo conto delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, degli elementi di costo nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell'ambito della procedura per la determinazione dei fabbisogni standard, nonché dei fabbisogni standard stessi, e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente);

2) in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell’interno “è comunque emanato entro i 15 giorni successivi, ripartendo le riduzioni “in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE.”

Il procedimento è, dunque, articolato su due possibilità: una prima privilegia il confronto e la collaborazione tra gli enti interessati e gli organi centrali, demandando all’accordo la individuazione di criteri e modalità di ripartizione del sacrificio finanziario imposto;
la seconda possibilità, subordinata al mancato raggiungimento dell’accordo, assegna al Ministero dell’Interno il compito di ripartire la riduzione dei trasferimenti secondo un criterio matematico proporzionale che fa riferimento come base di calcolo ai dati raccolti dal SIOPE, concernenti “le spese sostenute per consumi intermedi” per l’anno 2011” (…). “Il criterio di ripartizione delle riduzioni dei finanziamenti statali, nella volontà legislativa, appare un dato vincolato;
nessun intervento discrezionale è consentito al Ministero, com’è reso palese dalla terminologia usata nel testo normativo a proposito del decreto che il Ministero è tenuto ad assumere comunque, allo scadere del termine previsto per il raggiungimento dell’accordo”.

Secondo il Consiglio di Stato il decreto ministeriale non ha violato il criterio proporzionale dei tagli come previsto dalla norma, non essendo fondata la censura diretta a sostenere che dai dati SIOPE avrebbe dovuto estrapolare il dato riferibile esclusivamente ai “costi intermedi” sostenuti per il funzionamento delle amministrazioni provinciali, ad esclusione di costi riferibili invece alla prestazione di servizi (c.d. “consumi finali”).

Il riferimento contenuto nell’art. 16, comma 7, infatti, è unicamente ai “consumi intermedi” desumibili dai dati SIOPE e non da altre fonti normative, neppure di rango europeo, ne consegue che “il Decreto ministeriale impugnato costituisce un mero atto esecutivo di una scelta compiuta dal legislatore, da cui è vincolato nei tempi e nel metodo di calcolo”. “D’altra parte il meccanismo di funzionamento della banca dati SIOPE (sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici – consistente in un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, disciplinato dalla legge n. 196 del 2009, che rappresenta lo strumento fondamentale per il monitoraggio dei conti pubblici) chiarisce ulteriormente come i dati, cui ha attinto il Ministero, sono stati desunti con criterio uniforme, non suscettibile di creare disparità di trattamento e violazione dell’art. 3 della Costituzione.

Difatti, l’art.14, comma 6, della l. 69/2009 così dispone: “ Le amministrazioni pubbliche, trasmettono quotidianamente alla banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. I tesorieri e i cassieri non possono accettare disposizioni di pagamento prive della codificazione uniforme”.

Il servizio registra in modo meccanico, per via telematica, i dati che vengono inseriti dai tesorieri degli enti, ai quali soltanto è imputabile eventualmente la scelta delle voci di costo inserite con codici che identificano costi intermedi. Il SIOPE in corrispondenza delle voci che individuano i consumi intermedi contempla: “acquisto di beni di consumo e/o materie prime” “prestazioni di servizi”, “utilizzo di beni dei terzi” (…).

Il Ministero, individuate le percentuali di riduzione da applicare, ha semplicemente operato la riduzione della quota di fondo sperimentale da erogare applicando il medesimo metodo sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, classificati come sopra detto nella voce “consumi intermedi”.

Ne consegue che – secondo il giudice di appello - non vi è stata alcuna sperequazione tra le Province.

Né potrebbe ritenersi l’applicabilità al caso di specie della categoria dei consumi intermedi nei termini indicati dal regolamento CE 2223/1996, in quanto detto “regolamento ha lo scopo di consentire l'elaborazione di conti e di tabelle su basi comparabili per le esigenze della Comunità e “non obbliga alcuno Stato membro ad elaborare per le proprie esigenze i conti in base al SEC 95”, elaborato dal regolamento (art. 1, comma 3,) che non è vincolante neppure per gli istituti di statistica nazionale (all.1 cap. 1. 1.06: “il sistema SEC costituisce lo standard per la trasmissione di dati di contabilità nazionale a tutte le organizzazioni internazionali;
soltanto nelle pubblicazioni a livello nazionale non è obbligatoria una rigorosa conformità al SEC”);
ciò premesso, va osservato che la nozione comunitaria di consumi intermedi, come definita all’all. 1, P.2 , punto 3.69. ( “I consumi intermedi rappresentano il valore dei beni e dei servizi consumati quali input in un processo di produzione”), è dettata ad altri fini, statistici e comparativi, e non assume i dati dei flussi di cassa, come il sistema di monitoraggio SIOPE”.

Dunque, la scelta del Ministero di ancorare la riduzione dei tagli al dato dei consumi intermedi dedotti dal SIOPE, senza alcun intervento discrezionale, anziché alla nozione di consumi intermedi di cui al regolamento CE 2223/1996, risulta conforme alla scelta operata dal Legislatore.

Le censure proposte sono dunque infondate dovendo ribadirsi che il decreto ha dato corretta attuazione alla norma, che ha previsto innanzitutto una modalità di ripartizione della riduzione delle risorse finanziarie concordata, nella quale avrebbero potuto valutarsi i casi specifici, ed ha stabilito, poi, in caso di mancato accordo, l’utilizzazione del criterio aritmetico di proporzionalità al quale il Ministero dell’Interno si è attenuto.

Deve poi aggiungersi che la modificazione normativa sopravvenuta (art. 10, comma I, lett. b) D.L. n. 35/2013, convertito in l. 64 del 6.6.2013) in base alla quale è stato modificato il criterio, disponendo espressamente per l’avvenire (per gli anni 2013 e 2014), e in modo innovativo rispetto alla disciplina dell’art. 16, comma 7, in esame, l’esclusione delle spese relative a “formazione professionale, trasporto pubblico locale, raccolta rifiuti solidi urbani e servizi socialmente utili finanziati dallo stato” conferma, anziché escludere, la legittimità del provvedimento impugnato, che non consentiva al Ministero di espungere dai dati SIOPE le voci di spesa ora espressamente eliminate dalla base di calcolo (cfr. Cons. Stato sez. III n. 475/14).

Tali considerazioni del giudice d’appello, inducono il Collegio a disattendere la censura con la quale la ricorrente ha evidenziato che il Ministero dell’Interno avrebbe operato il taglio senza considerare che la Provincia di Caserta aveva inserito in bilancio i costi di gestione del ciclo dei rifiuti che non avrebbero potuto costituire oggetto di taglio in quanto a carico della collettività e costituenti una sorta di partite di giro perché le somme incassate dai cittadini sono girate alla società provinciale che gestisce il servizio.

Del resto, se si seguisse la tesi dell’Amministrazione provinciale, anche le spese relative al trasporto pubblico locale dovrebbero essere escluse dalla base di computo del taglio, in quanto relative a somme che, almeno in parte, sono corrisposte dagli utenti mediante l’acquisto dei biglietti utili per fruire del servizio. Ed, invece, secondo l’orientamento richiamato, anche questa voce di spesa è equiparate alle altre e presa in considerazione ai fini dei ragli da operare (cfr. Cons. Stato sez. III n. 475/14).

Occorre aggiungere che sono destituite di fondamento anche le ulteriori censure proposte dalla Provincia ricorrente, in quanto – come già rilevato in più occasioni - in base al dettato normativo, in caso di mancato accordo tra le Province, il Ministero era tenuto ad applicare il sistema oggettivo e proporzionale contemplato dalla Legge, che non prevedeva a carico dell’Amministrazione alcun approfondimento istruttorio sulle singole voci di spesa considerate nei dati SIOPE.

Per quanto concerne, invece la presunta illegittimità della selezione dei consumi intermedi – individuati negli interventi per “Acquisti di beni di consumo e/o di materie prime”, “Prestazioni di servizi” e “Utilizzo di beni di terzi”, la scelta è stata operata con riferimento al documento di bilancio del Senato della Repubblica n. 59 del luglio 2012 “La documentazione trasmessa dal Commissario Straordinario per la Razionalizzazione della Spesa. Una sintesi della metodologia e dei risultati” che essendo vincolante nell’ambito dell’accordo da raggiungere in Conferenza Stato-città, non poteva che costituire un vincolo anche in sede di adozione del decreto ministeriale.

Infine deve essere dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente, atteso che la norma dell’art. 16 comma 7 del D.L. 95/12 – come già chiarito dal Consiglio di Stato nella più volte citata decisione n. 475/14 – è stata strutturata dal Legislatore in modo da rispettare l’autonomia delle Province, prevedendo soltanto in via sostitutiva, in caso di mancato accordo delle parti interessate, l’applicazione del criterio proporzionale, che - nella sua oggettività – non appare né irragionevole né in contrasto con il principio di cui all’art. 3 della Costituzione.

Peraltro, sulla questione si è già pronunciata la Corte Costituzionale con decisione n. 36 del 26/2/2014 su ricorso in via principale proposto dalla Regione Piemonte, nel quale sono state prospettate le medesime questioni di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 16 comma 7 del D.L. 95/12 convertito in L. n. 135/2012.

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ma nella motivazione ha – in sostanza – chiarito che non sussistono dubbi di costituzionalità sulla norma, ed in particolare che non risulta violata l’autonomia finanziaria delle Province a seguito della riduzione delle risorse finanziarie, tenuto conto che non risulta provata l’affermazione secondo cui la riduzione sia tale da determinare l’insufficienza dei mezzi finanziari per l’adempimento dei propri compiti (cfr. Corte Cost. n. 121/2013;
n. 246/2012;
n. 27/2010;
n. 145/2008);
la Corte ha poi rilevato che la norma è strutturata in modo da garantire in via prioritaria l’intesa tra gli enti locali, prevedendo soltanto in via sostitutiva l’intervento del Ministero.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

Sussistono gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

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