TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2015-02-02, n. 201501861

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2015-02-02, n. 201501861
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201501861
Data del deposito : 2 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04638/2008 REG.RIC.

N. 01861/2015 REG.PROV.COLL.

N. 04638/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4638 del 2008, proposto da:
B G, rappresentato e difeso dagli avv. F M, G M, con domicilio eletto presso G M in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, 20;

contro

Comune di Campagnano di Roma, rappresentato e difeso dall'avv. L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, Via Flaminia, 357;

per l'annullamento di :

a). atto n. 2640, pratica di condono n. 397 del 7.12.2004, prot. n. 20129, presentata ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003 e LR 12/2004;

b). atto n. 2641, pratica di condono n. 398 del 7.12.2004, prot. n. 20130, presentata ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003 e LR 12/2004.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Campagnano di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2015 la dott.ssa M A R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe è stato chiesto l’annullamento dei due provvedimenti intitolati “diniego di domanda di condono edilizio” – aventi contenuto e motivazione identici – emessi dal responsabile Ufficio condono il giorno 7.2.2008 e notificato a mezzo posta.

Precisamente si tratta di :

a). atto n. 2640, pratica di condono n. 397 del 7.12.2004, prot. n. 20129, presentata ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003 e LR 12/2004;

b). atto n. 2641, pratica di condono n. 398 del 7.12.2004, prot. n. 20130, presentata ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003 e LR 12/2004.

Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi di diritto :

1). Violazione e falsa applicazione di legge, dell’art. 32 L. 326/2003 e art. 1 LR 12/2004, eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche;
istruttoria omessa e/o difettosa, travisamento fatti, errore sui presupposti, motivazione perplessa e contraddittoria;
ulteriore violazione di legge, art. 2, comma 1, lettera b, n. 1, art. 6, commi 1 e 2, LR 12/2004;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

Il Comune ha depositato memoria in data 14.12.2014.

Nel merito ha chiarito che :

a). ha negato il rilascio della concessione edilizia in sanatoria per il superamento del limite massimo di cubatura consentito per ottenere quel provvedimento;

b). ha appurato che la porzione di edificio per la quale era stato domandato il rilascio della c.e. faceva parte di un più vasto fabbricato interamente abusivo per il quale erano state presentate altre due domande di condono edilizio per una cubatura totale superiore al limite massimo fissato dalla legge e il fabbricato non risultava affatto completato.

Il ricorrente ha depositato memoria in data 15.12.2014.

Il ricorso è infondato.

In particolare l’infondatezza del ricorso poggia sulle seguenti argomentazioni :

1). il Collegio condivide integralmente quanto sostenuto in replica dal Comune.

Il ricorrente è proprietario di una unità immobiliare sita nel Comune di Campagnano di Roma – Via dell’Ulivo n. 7, catasto terreni foglio 3, particella 158.

I lavori abusivi riguardano sia il piano terra che il primo piano.

L’interessato sostiene (pag. 5 del ricorso) che - come documentato dalla perizia giurata in data 16.1.2008 del perito ind. P D G - il volume imponibile del piano terra è mc 228,68 e mc 221,19 quello del piano primo.

Il totale volumetrico, pertanto, rientrerebbe nel limite di 450 metri cubi realizzati in assenza del titolo abilitativo previsto dall’art. 2, comma 1, lettera b), LR Lazio 12/2004.

Tuttavia, la motivazione degli atti impugnati (cfr., n. 2640/2008 e n. 2641/2008) fa preciso riferimento al fatto che :

a). Le opere abusive oggetto di condono <fanno parte di una costruzione costituita da più unità immobiliari realizzata su un unico lotto di terreno, catasto foglio 3, particella 158>;

b). le dimensioni della suddetta costruzione sono di ml 25x20 con altezza di mt 6, pari ad un volumetria complessiva di <mc 1500>;

c). le opere abusive fanno parte di una costruzione avente la volumetria superiore nel suo complesso a 600 mc , <limite stabilito dall’art. 2, comma 1, lettera b), LR 12/2004>.

Sul punto, il superamento del limite massimo di cubatura consentito impedisce di ottenere i richiesti provvedimenti di sanatoria.

Né la perizia di parte – peraltro piuttosto scarna e sintetica – riesce a dimostrare il contrario.

La giurisprudenza è pacifica nel sostenere che l'effettivo superamento del limite di 750 metri cubi di volumetria, previsto dalla normativa nazionale di sanatoria (art. 32, comma 25, della L. n. 326 del 2003), deve essere verificato dall'Amministrazione rispetto al “complessivo intervento edilizio da sanare, unitariamente inteso, e non rispetto a ciascun manufatto di cui si compone il complesso edilizio” (cfr., T.A.R. Bologna, sez. II, 10/02/2014 n. 168).

2). Altresì, si osserva che – dall’esame degli atti istruttori – il Comune – con nota n. 4491 del 5.3.2007 – aveva richiesto al ricorrente di depositare tutta una serie di documenti ai fini del condono.

Nella motivazione dei provvedimenti di diniego di condono (cfr. nn. 2640/2008 e 2641/2008) risulta che <non c’è stata alcuna integrazione da parte del ricorrente e la domanda è rimasta carente della documentazione richiesta>.

Tale circostanza costituisce – oggettivamente – ulteriore motivo ostativo all’accoglimento del richiesto condono.

In conclusione, stante la legittimità dell’operato della PA, la completezza dell’istruttoria svolta e l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio, il cui importo viene liquidato come da dispositivo, debbono essere poste a carico del soccombente.

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