TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-06-21, n. 202104221

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2021-06-21, n. 202104221
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202104221
Data del deposito : 21 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/06/2021

N. 04221/2021 REG.PROV.COLL.

N. 03275/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3275 del 2015, proposto da
L D M, rappresentato e difeso dall'avvocato F S E, con domicilio ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Campania- Napoli;

contro

Comune di Meta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S P e D S, con domicilio fisico eletto presso lo studio Raffaele Pignataro in Napoli, via Calata Trinità Maggiore n.53;

per l'annullamento

della nota prot. n. 4577 del 25.3.2015 del comune di Meta, con la quale l’Amministrazione comunale ha respinto l’istanza di sanatoria, ai sensi della L. n.326/2003, prot. n. 17906 del 9.12.2004, relativa alla realizzazione di un “varco carrabile di accesso al fondo con relativa apposizione di un cancello di ferro” di mt. 2,85 x mt. 2,85 circa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Meta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 16.6.2021, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 D.L. n. 137/2020, convertito con modificazioni dalla L. n.176/2020, e successivamente modificato dall’art. 6 comma 1, D.L. n.44/2021, la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, proprietario del fondo sito in Comune di Meta, in via Cristoforo Colombo, all’altezza del civico n.150, impugna il provvedimento prot. n.4577 del 23.5.2015, unitamente ai provvedimenti connessi e conseguenti, con il quale l’Amministrazione comunale ha respinto l’istanza di sanatoria, ai sensi della L. n.326/2003, prot. n. 17906 del 9.12.2004, relativa alla realizzazione di un “varco carrabile di accesso al fondo con relativa apposizione di un cancello di ferro” di mt. 2,85 x mt. 2,85 circa.

In assenza di ulteriori elementi (quali documenti fotografici) che possano compiutamente evidenziare la consistenza del varco e della muratura in cui è stato realizzato, le sue caratteristiche vanno desunte dalla documentazione versata in atti (autorizzazione n.536/2003, dep. il 4.5.2021, e verbale di testimonianza resa nel procedimento penale a carico dell’odierno ricorrente dal teste Visciano, v. produzione del 5.5.2021).

Da tali documenti emerge che il predetto varco è stato aperto nella muratura perimetrale posta a circoscrivere i confini di un fondo sito all’aperto (senza copertura) e piantumato.

Espone in fatto che il varco oggetto dell’istanza di sanatoria sarebbe stato praticato dopo che il Sindaco, in data 12.7.2000, ne aveva, con provvedimento n.418, autorizzato l’apertura, consentendo al ricorrente lo svolgimento dell’attività di parcheggio;
ed evidenzia, altresì, che l’Amministrazione ha rigettato la proposta sanatoria senza sottoporre l’istanza al vaglio della Commissione Edilizia Comunale.

Il provvedimento che esclude la sanatoria è motivato nei seguenti termini:

l’opera oggetto dell’istanza prot. 17906/2004 ricade nel P.R.G. vigente in Zona di Rispetto Ambientale (zona territoriale 2 di PUT) dove non è consentita l’edificazione;

CONSIDERATO, altresì, che il PRG prevede, per la zona in esame, la realizzazione di un percorso pedonale che inizia in prossimità del varco carrabile realizzato, oggetto dell’istanza di condono di cui trattasi, e attraversando i vari fondi arriva, poi, a costeggiare il Rio Lavinola;

Ritenuto che non sia suscettibile di sanatoria (art.32 comma 27 lettera d) legge 326/2003) in quanto trattasi di opera realizzata in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesaggistici, non conforme alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici in quanto:

-Trattasi di nuova opera realizzata in Zona 2 del PUT (L.R. 35/87 art.17) e Zona di Rispetto Ambientale di PRG, dove è impedita l’edificazione privata e dove il PRG prevede la realizzazione di un percorso pedonale funzionale all’accesso a luoghi panoramici (art.11 c. 1 lett. d) ed art. 29 n.t.a. PRG).

Il ricorrente svolge due motivi di censura, dei quali si darà, per ragioni di sintesi, più specificatamente conto nel prosieguo motivazionale.

In sintesi, l’interessato sostiene che l’istanza di sanatoria sia stata negata dal Comune sulla base di una valutazione illogica ed erronea, anche e soprattutto, in violazione e falsa applicazione dell’art.32 comma 27 lett. d), D.L. n. 269/2003, conv. in L. n.326/2003 giacché l’opera, “da inquadrarsi nell’ambito della manutenzione straordinaria o in quello delle opere a carattere pertinenziale”, non sarebbe in contrasto con le disposizioni del P.U.T. e del P.R.G., richiamate in motivazione dall’Ufficio.

Il Comune, inizialmente costituitesi con memoria formale depositata il 23.7.2015, ha, in vista dell’udienza di discussione, depositato, il 15.5.2021, memorie conclusionali con cui ha svolto compiute difese in ordine alle censure sollevate.

In particolare, nell’insistere per la reiezione del ricorso, l’Ente ha puntualmente evidenziato l’incompatibilità dell’opera rispetto alle condizioni di sanabilità previste dalla L. n. 326/2003.

Con memorie conclusionali depositate il 14.5.2021 e repliche, il ricorrente ha rinnovato le richieste avanzate e le argomentazioni a loro supporto, illustrandole nella discussione orale tenutasi da remoto.

All’udienza pubblica del 16.6.2021, tenutasi con modalità telematiche ex art.84, D.L. n.18/2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Esso non merita accoglimento.

Per una migliore comprensione della controversia giova premettere che non corrisponde al vero quanto evidenziato in fatto dal ricorrente, in ordine alla sostenuta autorizzazione all’apertura del varco in questione con il provvedimento sindacale n. 536/2003.

Con esso, infatti, si autorizza solo lo svolgimento dell’attività di parcheggio nel predetto fondo, senza riferirsi in alcun modo alle opere necessarie per lo svolgimento dell’attività, per le quali, dunque, non è stata in alcun modo autorizzata l’esecuzione.

Con il primo motivo di censura il ricorrente lamenta l’eccesso di potere sotto vari profili, nonché l’illogicità, l’irragionevolezza, la carenza di motivazione.

Più specificatamente si duole dell’erroneità della motivazione, ritenendola illogica e contraddittoria, ed in particolare della circostanza, dedotta in motivazione dall’Amministrazione, secondo cui “il PRG prevede, per la zona in esame, la realizzazione di un percorso pedonale che inizia in prossimità del varco carrabile.”

Invero, il ricorrente sostiene che quanto rassegnato dall’Ente rappresenti, invece, una ragione ulteriore per sanare il varco praticato, giacché l’opera consentirebbe, oltre all’accesso al fondo, quello al percorso pedonale individuato dallo strumento urbanistico.

Con il secondo motivo di censura il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.32, comma 27 lett. d), D.L. n. 269/2003, conv. in L. n.326/2003, in relazione all’art.17 L.R. Campania n.35/1987;
all’art.3 ed all’art.22 DPR n.380/2001, nonché in relazione all’art.42 Cost., ritenendo violato il principio costituzionale che riconosce e tutela la proprietà privata.

In particolare, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione dell’art.32 comma 27 lett. d), D.L. n. 269/2003, conv. in L. n.326/2003, giacché ritiene che l’opera abusiva rientri tra le opere suscettibili di sanatoria e sia conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Invero, preliminarmente, chiarisce che l’opera ricade in zona 2 del P.U.T., più precisamente in zona di “Tutela degli Insediamenti Antichi Accentrati” e, ancor più precisamente, nella sottozona di “Rispetto Ambientale”;
deduce, quindi, che in detta zona è preclusa unicamente l’edificazione privata mentre sono “possibili per gli edifici esistenti gli stessi interventi consentiti in zona 1/b”.

Tanto premesso, il ricorrente lamenta la violazione del dettato normativo, in quanto il realizzato varco non rientrerebbe nel concetto di nuova edificazione privata, con conseguente esclusione del ritenuto contrasto con il disposto dell’art.17 P.U.T., così come da motivazione comunale.

Peraltro, il ricorrente censura il “contraddittorio comportamento dell’Ufficio” ovvero il “modificato indirizzo” di quest’ultimo allorché, in occasione del procedimento n.8275/2000 innanzi al Giudice Monocratico di Sorrento, il funzionario comunale escusso come teste aveva ritenuto che “il varco fosse sanabile”.

In ultimo, l’interessato evidenzia un ulteriore profilo di doglianza e, invero, si duole della presunta disparità di trattamento operata dall’Amministrazione, la quale “dall’entrata in vigore della L.R. n.35/1987 avrebbe rilasciato, nell’ambito del territorio comunale di Meta, provvedimenti che hanno consentito, anche in zona 2 del PUT, in area di rispetto ambientale, l’apertura di nuovi varchi carrabili.

Le censure sono infondate e, giacché strettamente connesse, possono trattarsi congiuntamente.

Preliminarmente, va chiarito che, per consolidata giurisprudenza, sono sanabili, ai sensi dell'art. 32, comma 27 lett. d), D.L. n. 269/2003, conv. in L. n.326/2003, le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, purché ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo, anche se questo non comporta l'inedificabilità assoluta dell'area;
b) che, seppur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del cit. D.L. n. 269/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria);
d) che vi sia il previo parere favorevole dell'Autorità preposta al vincolo (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 4.4.2012, n. 1612).

Pertanto, ai fini del presente giudizio, dovendosi anche valutare la conformità dell’opera alle disposizioni urbanistiche, è essenziale precisare che in zona 2 del P.U.T. ed in particolare in zona di rispetto ambientale, ai sensi dell’art.11 del P.R.G. e dell’art.17 del P.U.T., sono ammissibili, per i manufatti già esistenti, le sole trasformazioni fisiche rientranti nelle definizioni di: manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, adeguamento funzionale;
mentre, per le opere di nuova costruzione, vige il vincolo di inedificabilità privata.

L’abuso in questione, che comunque parte ricorrente riferisce (come da premessa in fatto) esser stato realizzato nel 2000 e, dunque, ben oltre l’imposizione del vincolo di cui alla L.R. n.35/1987, va qualificato come nuova costruzione e, come tale, non rispetta i prescritti requisiti normativi, non risultando conforme alle riportate disposizioni urbanistiche.

Infatti, secondo orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, ai fini della qualificazione dell’opera, occorre far riferimento, più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio, all’impatto effettivo, valutato in un’ottica sostanziale, che questa genera sul territorio;
con la conseguenza che si deve qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione quante volte abbia l'effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni urbanistiche ed edilizie (in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 4.7.2014, n. 3408).

Invero, l’intervento che, si ribadisce, essere stato eseguito su di un immobile sito in zona di rispetto ambientale, si distingue per un innegabile effetto impattante sul territorio circostante e, pertanto, integra la “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio” di cui all’art. 3, lett. e), del DPR n. 380/2001.

Più specificatamente, va evidenziato che le caratteristiche del varco, ossia le sue notevoli dimensioni (di 2,85 x 2,85 mt), rapportate alla muratura nella quale è stato ricavato ed, ancora, il cancello di ferro posto a sua chiusura, denotano una significativa alterazione del bene su cui l’opera oggetto d’istanza si inserisce e, dunque, un opus novum , non sanabile alle condizioni di cui alla L. n. 326/2003.

Ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l’abuso non può inquadrarsi nell’ambito:

-né della manutenzione straordinaria, in quanto l'intervento non è diretto ad una mera finalità conservativa, riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell'edificio, bensì comporta, per le considerazioni già evidenziate, una variazione edilizia apprezzabile, strumentale ad acquisire nuove funzionalità e, per ciò, tra l’altro, non riconducibile alla categoria delle opere minori;

-né in quello delle opere a carattere pertinenziale, quest’ultimo da escludersi, trattandosi di intervento modificativo di un manufatto preesistente, come tale incompatibile con il carattere pertinenziale che presuppone la distinzione tra i beni: invero, una pertinenza, per poter esser così qualificata, deve avere una propria autonomia fisica ed una propria conformazione strutturale, così da non essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato.

Il suo rapporto con la costruzione preesistente deve essere, quindi, non di integrazione ma asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non divenire parte essenziale dello stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5.3.2010, n.12277).

Attesa, dunque, la ritenuta natura di intervento di nuova costruzione, il provvedimento comunale deve intendersi di natura vincolata e, da ciò, deve, inoltre, rilevarsi come la prima censura del ricorrente sia priva di pregio, anche ai sensi dell’art. 21 octies L. n.241/1990.

In ultimo, viste la natura e le ragioni giustificative del diniego, la rilevata mancanza del parere della Commissione Edilizia, è, altresì, inidonea a viziare il provvedimento gravato, poiché il preteso parere, comunque, non avrebbe consentito all’Amministrazione di pervenire ad un risultato diverso.

Conclusivamente, per le ragioni suesposte il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi