TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-05-20, n. 202005336

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-05-20, n. 202005336
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202005336
Data del deposito : 20 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/05/2020

N. 05336/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00169/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 169 del 2020, proposto da
Bdo Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, M D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto per il Credito Sportivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M C in Roma, viale Liegi 32;

nei confronti

Ey S.p.A. non costituita in giudizio;
PricewaterhouseCoopers S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Daniele Archilletti, Guido Ajello, Claudio Costantino, Annalisa Di Ruzza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

dell’avviso di mancata aggiudicazione della gara per l’affidamento dei “Servizi di revisione legale per il periodo 2020 – 2028 dell’Istituto per il Credito Sportivo” inviato a BDO Italia con P.E.C. del 5 dicembre 2019;

dell’aggiudicazione della gara per l’affidamento dei “Servizi di revisione legale per il periodo 2020 – 2028 dell’Istituto per il Credito Sportivo” eventualmente disposta a favore di altro operatore economico, nonché di tutti gli atti della procedura relativa alla citata gara non noti alla ricorrente, ivi compresa, in parte qua, della lettera d’invito alla gara;

in via subordinata, della lettera d’invito alla gara per l’affidamento dei “Servizi di revisione legale per il periodo 2020 – 2028 dell’Istituto per il Credito Sportivo” inviata a BDO Italia con P.E.C. dell’8 luglio 2019 nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, in particolare, se del caso, del Regolamento degli Acquisti di ICS;

inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 del D. Lgs. n. 104/2010, per la dichiarazione di illegittimità del diniego opposto da ICS in data 9 dicembre 2019 all’istanza di accesso ai documenti proposta dalla società ricorrente il 6 dicembre 2019;

per l’accertamento della sussistenza del diritto di BDO Italia s.p.a. di prendere visione ed estrarre copia integrale di tutta la documentazione richiesta;

per l’emanazione ai sensi del quarto comma dell’art. 116 c.p.a., dell’ordine a ICS di esibire i suddetti documenti e di consentire alla società ricorrente di estrarne copia;

e, di conseguenza per l’annullamento del citato provvedimento di sostanziale diniego di cui alla PEC del 9 dicembre 2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Istituto per il Credito Sportivo e di Pricewaterhousecoopers S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza del giorno 12 maggio 2020, tenuta nelle modalità prescritte dall’art. 84, c. 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, il dott. A A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato alle controparti il 3 gennaio 2020, la società ricorrente chiede l'annullamento dell'avviso di mancata aggiudicazione della gara per l'affidamento dei servizi di revisione legale per il periodo 2020-2028 da parte dell'Istituto per il credito sportivo, avviso inviato con posta elettronica certificata del 5 dicembre 2019.

Si costituiscono in giudizio l’Istituto di credito resistente e il privato aggiudicatario eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione.

L’eccezione è fondata.

Con il ricorso si impugnano gli atti di una gara informale esperita dall’Istituto per il Credito Sportivo al fine di scegliere il contraente cui affidare il servizio di revisione legale.

Il ricorso è stato proposto sull’erroneo presupposto della assoggettabilità dell'attività contrattuale dell'istituto resistente alle regole del Codice dei Contratti Pubblici, decreto legislativo numero 50 del 2016;
a tale conclusione la parte ricorrente è pervenuta inquadrando l'Istituto per il credito sportivo tra gli organismi di diritto pubblico, contemplati dall'articolo 3, lettera D del decreto legislativo n 50 del 2016 tra le amministrazioni ricomprese nell'ambito di applicazione della disciplina codicistica.

Con il primo motivo, infatti, la ricorrente deduce violazione del codice degli appalti, decreto legislativo numero 50 del 2016, da parte della lettera di invito in data 8 luglio 2019, con riferimento al punto C, laddove la stazione appaltante si riserva di avvalersi della seguente disciplina: “il Collegio dei sindaci, valutate le risultanze della procedura, approva gli atti di gara e formula una raccomandazione al Consiglio di amministrazione per il conferimento dell'incarico alla società di revisione contabile. La raccomandazione sarà motivata e farà riferimento ad almeno due possibili operatori economici qualificati risultanti dalla procedura. Le due proposte risulteranno alternative e verrà espressa dal Collegio una preferenza debitamente motivata.”

Nella prospettazione della parte ricorrente, essendo tenuto l'istituto resistente al rispetto delle norme e dei principi recati dal Codice dei Contratti Pubblici, risulterebbe illegittima la disposizione contenuta nella lettera di invito del 8 luglio 2019, al punto C, in base alla quale il servizio non è stato affidato alla società ricorrente, risultata prima classificata nella graduatoria risultante dalla gara informale.

La scelta del contraente, infatti, in applicazione della contestata clausola della lettera di invito, è stata operata sulla base di una raccomandazione del Collegio dei sindaci che ha proposto al Consiglio di amministrazione il conferimento dell'incarico facendo riferimento ad almeno due possibili operatori qualificati, risultanti dalla procedura, considerando le due proposte come alternative ed esprimendo, al riguardo, una preferenza debitamente motivata che avrebbe potuto prescindere dal risultato della gara informale, anche aggiudicando, come nella fattispecie avvenuto, il servizio all'impresa seconda classificata nella graduatoria anziché a quella prima classificata, in apparente violazione di tutti i principi recati dal Codice dei Contratti Pubblici.

Tale disciplina sarebbe in contrasto con l'articolo 95 del Codice dei Contratti Pubblici che prevede l'aggiudicazione a favore del miglior offerente, scelto sulla base di criteri predefiniti e inderogabili, impedendo qualsiasi altra valutazione discrezionale nella scelta del vincitore. L’Istituto di credito sportivo, in quanto organismo di diritto pubblico, sarebbe tenuto ad applicare il Codice dei Contratti Pubblici.

Con il secondo motivo, in via subordinata, la ricorrente deduce la violazione del Codice dei Contratti Pubblici da parte della lettera di invito, in data 8 luglio 2019, con riferimento all'intera procedura di gara che risulterebbe esperita in violazione dei principi recati dal Codice dei Contratti Pubblici, relativamente alla nomina della commissione aggiudicatrice, ai lavori della commissione stessa e alla pubblicità delle sedute, nonché alle comunicazioni sulla conclusione della selezione e sulla aggiudicazione.

Con il terzo motivo, in via ulteriormente subordinata, la ricorrente deduce la illegittimità della lettera di invito in quanto l'Istituto per il credito sportivo afferma di non essere soggetto all'applicazione del Codice dei Contratti, ma lo stesso Regolamento acquisti dell'Istituto di credito richiamerebbe alcuni principi del codice, tra i quali il principio di trasparenza, di non discriminazione, di efficienza, di economicità, di efficacia, di proporzionalità ed altri principi recati dal Codice dei Contratti Pubblici. Pertanto, se pure l'Istituto per il credito sportivo non fosse un organismo di diritto pubblico, esso dovrebbe comunque attenersi al rispetto dei principi contenuti nella normativa sui contratti pubblici, in applicazione del regolamento che esso stesso si è dato.

Con il quarto motivo, in via subordinata, per la denegata ipotesi in cui non fosse applicabile il Codice dei Contratti Pubblici, la ricorrente deduce la violazione del principio di imparzialità che regge qualsiasi procedimento amministrativo, in applicazione della Legge 241 del 1990;
se pure l'affidamento del servizio non fosse soggetto alla disciplina del Codice dei Contratti Pubblici, l'amministrazione avrebbe dovuto applicare i principi, di derivazione comunitaria, di non discriminazione, di concorrenza, di parità di trattamento. La determinazione di non aggiudicare il servizio alla ricorrente non sarebbe motivata, in violazione dell'articolo 3 della legge numero 241 del 1990.

A giudizio del Collegio, come già accennato, il ricorso è inammissibile, per difetto di giurisdizione.

In base all'art. 3, lett. d), del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) si intende per «organismo di diritto pubblico», qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell'allegato IV: 1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
2) dotato di personalità giuridica;
3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. I menzionati requisiti, ai fini del riconoscimento della qualifica di organismo di diritto pubblico, devono sussistere cumulativamente, con la precisazione che il requisito dell'influenza dominante, descritto nel precedente punto 3), è integrato anche in presenza di uno soltanto dei presupposti ivi contemplati. Il costante orientamento giurisprudenziale, sia nazionale sia euro-unitario, è nel senso che l'organismo di diritto pubblico si caratterizza per il suo asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che persegue lasciandosi "guidare da considerazioni diverse da quelle economiche", quand'anche parte della sua operatività sia svolta sul mercato (Cons. Stato, Sez. V, 12/12/2018, n. 7031).

L’attuale quadro giurisprudenziale evidenzia come l’attribuzione della qualifica di organismo di diritto pubblico dipenda da un esame in concreto delle specificità proprie di ciascun ente, le quali debbono essere tali da far emergere la rispondenza dell’attività svolta dall’ente stesso a logiche commerciali, giustificando la sua esclusione dalla disciplina in materia di contratti pubblici, nonostante gli elementi di pubblicità che lo caratterizzano.

Infatti, sempre in relazione ai requisiti per ritenere sussistente la figura dell’organismo di diritto pubblico, il Consiglio di Stato ha evidenziato come deve ritenersi ostativo rispetto al riconoscimento dell’elemento teleologico - consistente nell’istituzione dell’organismo “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (ex art. 3, comma 1, lett. d) del d.lgs. 50/2016) - “la gestione secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell’imprenditore privato e l’assunzione del rischio di impresa (per tutte: Cass. Sez. un., 7 aprile 2010, n. 8225, cui aderisce la successiva ordinanza del giudice della giurisdizione del 22 dicembre 2015, n. 25770;
in precedenza: Cass., sez. un., 9 maggio 2011, n. 10068;
nello stesso senso anche Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3345, 30 gennaio 2013, n. 570)”, rilevando peraltro come tale orientamento sia stato confermato dalla sentenza della CGUE C-567/155 del 2017, secondo cui “l’organismo di diritto pubblico si caratterizza per la sua strumentalità rispetto ad esigenze di interesse generale, necessarie affinché l’amministrazione partecipante possa esercitare la sua attività, nel perseguire le quali il soggetto partecipato «si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche», quand’anche parte della sua operatività sia svolta sul mercato” (Cons. di Stato Sez. V, 18.12.2017, n. 5930).

In definitiva, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che, al fine di valutare se un organismo rientri nella nozione di «organismo di diritto pubblico» “è necessario anche che esso soddisfi esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. La valutazione di detto carattere deve essere operata tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali le circostanze che hanno presieduto alla creazione dell'organismo considerato e le condizioni in cui quest'ultimo esercita le attività volte a soddisfare esigenze di interesse generale, ivi compresa, in particolare, la mancanza di concorrenza sul mercato, la mancanza del perseguimento di uno scopo di lucro, la mancanza di assunzione dei rischi collegati a tale attività nonché il finanziamento pubblico eventuale delle attività di cui trattasi” (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione IV, 5 ottobre 2017, n. C-567/15).

E’ sempre opportuno tenere presente la “ratio” della normativa sui contratti pubblici: quella, cioè, di imporre alle amministrazioni aggiudicatrici ed agli enti aggiudicatori di seguire una logica economica e dunque criteri oggettivi e non discriminatori nell’aggiudicazione dei contratti di lavori, servizi e forniture. In altri termini, come sostenuto in dottrina, l’imposizione delle regole comunitarie è diretta ad ottenere il risultato della imparzialità mediante vincoli giuridici che dovrebbero tenere il posto dei vincoli economici non operanti.

A ciò rileva appunto il rischio di impresa: un ente che sopporta tale rischio, e che quindi opera con lo scopo di coprire i costi con i ricavi della propria attività, subendo il rischio delle perdite dovute alle proprie scelte economiche, sarà molto probabilmente immune da pressioni esterne che impongano una logica antieconomica nella stipulazione contrattuale. Ciò implica che la sopportazione per un ente del rischio economico guida le scelte relative ai contratti di acquisto di beni o servizi, sotto l’ispirazione di logiche commerciali, al punto tale che, come affermato da attenta e condivisibile dottrina, l’applicazione delle norme sui contratti pubblici sarebbe non giustificata o addirittura dannosa, costituendo un onere indebito per la stazione appaltante. In altri termini, per un’impresa effettivamente sottoposta alla pressione concorrenziale, la stessa sottoposizione al regime dell’evidenza pubblica sarebbe un handicap insopportabile, poiché essa sarebbe costretta a comunicare al pubblico, anticipatamente e dettagliatamente, i propri programmi di approvvigionamento di beni o servizi e non avrebbe la possibilità di ricercare liberamente sul mercato le occasioni negoziali più convenienti o innovative.

Venendo al concreto, occorre accertare le modalità con cui l’ICS persegue l’interesse pubblico al finanziamento delle attività sportive e culturali.

Come si è chiarito, non sono decisivi lo status giuridico di un soggetto (non rileva ai fini dell’applicazione del codice dei contratti pubblici se il soggetto sia o meno un ente privato o pubblico), né lo scopo di lucro (inteso come intento soggettivo), né il tipo di attività svolta o la strumentalità rispetto a interessi generali, per cui può sostenersi che il profilo determinante per stabilire il carattere economico di un’attività sia rappresentato dal modo in cui essa è svolta e, segnatamente, dall’assunzione di un metodo economico e del rischio (economico) connesso all’attività medesima.

Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, dello Statuto approvato il 24 gennaio 2014 l’Istituto resistente è una banca pubblica (residua) ai sensi e per gli effetti dell'articolo 151 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, definita come ente di diritto pubblico con gestione autonoma.

Il richiamato art. 151 statuisce che l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dal decreto legislativo n. 385 del 1993, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

Già il riferimento statutario alla disciplina recata dal Testo Unico Bancario (D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) esclude la sussistenza del cosiddetto requisito teleologico, necessario, congiuntamente agli altri due requisiti, per la qualificazione di un soggetto giuridico come organismo di diritto pubblico. Infatti, l’attività bancaria disciplinata dall’art. 10 dello stesso Testo Unico ha carattere d’impresa, consistendo nella raccolta di risparmio tra il pubblico e nell’esercizio del credito. Ne consegue che essa sopporta interamente il rischio imprenditoriale, poiché, essendo assoggettata alla disciplina del TUB, ben potrebbe essere messa in liquidazione coatta amministrativa nel caso di perdite di natura patrimoniale, o come già avvenuto nel 2012, essere sottoposta ad amministrazione straordinaria.

Nello Statuto dell’ICS, d’altra parte, non si rinvengono norme che depongano in senso contrario.

L’attività dell’ICS, ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. a) dello Statuto, consiste nella raccolta del “risparmio tra il pubblico, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma ed esercitando il credito, sotto qualsiasi forma”.

In particolare, in applicazione della richiamata disciplina statutaria, l’ICS opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. Trattandosi di settore aperto alla concorrenza, si ritiene che la banca assuma i rischi collegati a tale attività. Se ne trova conferma nell’art. 28 dello Statuto ove è stabilito che, nel caso in cui un esercizio si chiuda in perdita, gli utili netti degli esercizi successivi sono destinati a reintegrare la perdita subita, senza ricorso ad alcuna fonte di finanziamento pubblico. In sostanza, l’attività svolta dall’ICS non risulta diversa da quella, tipicamente imprenditoriale, svolta dagli altri istituti di credito, indipendentemente dalla proprietà pubblica o privata del capitale. In effetti, non risulta alcun meccanismo di ripianamento automatico delle perdite da parte delle pubbliche amministrazioni controllanti l’ICS, tale da sottrarre l’ICS alle regole dell’economia di mercato. Sono dunque non decisivi, al fine della configurazione dell’Istituto come organismo di diritto pubblico, il possesso della quota maggioritaria del capitale da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, così come la composizione del Consiglio di amministrazione, formato da due membri designati dai partecipanti al capitale, con le modalità stabilite dall’art. 13 dello Statuto, un membro designato dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e un altro designato dalla Giunta Nazionale del CONI, con un Presidente nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o dell’Autorità di Governo con la delega allo Sport, ove nominata, d’intesa con il Ministro con la delega ai Beni e alle Attività Culturali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze (art. 12 dello Statuto). Come si è già chiarito, la mancanza del requisito teleologico, trattandosi di ente istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere commerciale, impedisce la classificazione dell’ICS tra gli organismi di diritto pubblico, pur essendo soddisfatti gli altri due requisiti (l’essere dotato di personalità giuridica e il finanziamento della propria attività in modo maggioritario dallo Stato o da altri organismi di diritto pubblico, con assoggettamento della gestione al controllo di questi ultimi e con un organo d'amministrazione costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato o da altri organismi di diritto pubblico).

Vero è che la gestione dei Fondi speciali di cui all’articolo 7 dello Statuto, volti all’erogazione di contributi per l’impiantistica sportiva, esula dalle regole dell’economia di mercato. Infatti, come previsto sia dallo Statuto che dalle leggi istitutive dei “Fondi Speciali”, questi ultimi sono gestiti da ICS a titolo gratuito e sono alimentati esclusivamente da apporti pubblici, conferiti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dallo Stato e da enti pubblici.

Ma la nozione di organismo di diritto pubblico deve potersi inferire in relazione all’ente inteso in senso “unitario e nel suo complesso” e, pertanto, non può “essere predicata e attribuita solo con riferimento a quella parte dell’attività dell’ente che sia finanziata con fondi pubblici” (Cons. St. Comm. Sp. 2427/18).

Rileva, riguardo la gestione dei suddetti Fondi speciali, la considerazione che essi, gestiti a titolo gratuito dall’I.C.S. per la concessione di agevolazioni, sono di proprietà dello Stato, quindi estranei al patrimonio dell’I.C.S. e che la relativa gestione è affidata a un apposito comitato (il “Comitato di gestione dei Fondi Speciali”) in posizione di autonomia rispetto al Consiglio d’amministrazione dell’I.C.S.

Sostiene la ricorrente, richiamando la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 964 del 7 febbraio 2020 con la quale è stata riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico a CDP Investimenti SGR S.p.A., società costituita e partecipata in via maggioritaria da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. che, rientrando la gestione del risparmio tra le attività “di interesse generale”, anche l’attività bancaria svolta da I.C.S., essendo volta alla promozione delle attività sportive e culturali, avrebbe rilievo costituzionale e sarebbe riconducibile a funzioni d’interesse generale;
pertanto, essendo I.C.S. direttamente controllato da organismi di diritto pubblico (il MEF, il Coni e Cassa Depositi e Prestiti) le funzioni da esso svolte sarebbero strettamente connesse a quelle svolte dai soggetti pubblici controllanti: la promozione e la tutela del risparmio, il finanziamento alle imprese e la promozione delle attività sportive.

Prescindendo dalla condivisibilità della sentenza richiamata, si deve ritenere che la deduzione della ricorrente non coglie il fondamento della figura giuridica dell’organismo di diritto pubblico. Esso si distingue da qualsiasi altro soggetto operante nella contrattualistica pubblica non tanto in ragione delle finalità che persegue, che possono essere di interesse generale anche indipendentemente dalla configurabilità dell’organismo di diritto pubblico, quanto per il perseguimento di tali finalità operando con metodo non economico, essendo esente dal rischio di impresa.

Nel caso si specie non è in discussione che l’Istituto persegua finalità di interesse generale, essendo finanziato da pubbliche amministrazioni per la promozione delle attività sportive e culturali, ma ciò che induce ad escludere la natura pubblicistica dell’Ente, sotto il profilo dell’attività contrattuale, è l’accettazione del rischio d’impresa, operando l’ICS, come qualsiasi istituto bancario, di proprietà pubblica o privata, in regime concorrenziale, senza potere godere di privilegi pubblicistici e accettando il metodo economico nella gestione e nell’impiego del risparmio, essendo assoggettato alle regole del mercato, come qualunque impresa operante nel settore bancario.

Indubbiamente la configurazione giuridica dell’I.C.S. presenta evidenti peculiarità, con tratti di anomalia sotto il profilo sistematico.

La definizione dell’Istituto come “banca pubblica, ai sensi dell’articolo 151 del testo unico di cui al d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385” appare contrastante con quanto disposto dall’art. 2 della legge 26 novembre 1993, n. 489, che aveva obbligato gli enti creditizi pubblici, del cui fondo di dotazione o capitale lo Stato deteneva la totalità o la maggioranza anche relativa, ad assumere la forma della società per azioni entro il 30 giugno 1994.

Nel caso dell’I.C.S. la doverosa trasformazione in società per azioni non è mai avvenuta.

Ciò rende dubbia la coerenza sistematica, sul piano del diritto nazionale, dell’attuale assetto organizzativo dell’Istituto, ma non influisce, sul distinto piano del diritto euro-unitario, sulla riconoscibilità della natura commerciale dell’attività bancaria da esso esercitata.

In conclusione, esclusa la natura di organismo di diritto pubblico dell’Istituto per il credito sportivo, deve declinarsi la giurisdizione amministrativa sulla controversia avente ad oggetto l’affidamento dei servizi di revisione legale, trattandosi di attività contrattuale svolta da un soggetto operante in regime di diritto privato.

La giurisdizione amministrativa deve essere esclusa sia con riferimento al primo e al secondo motivo di ricorso, relativi alla asserita violazione del codice dei contratti pubblici, inapplicabile alla parte resistente per le ragioni appena esposte, sia con riferimento al terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dei principi recati dal codice dei contratti pubblici, trattandosi di principi anch’essi inapplicabili alla parte resistente, sia, infine, alle censure dedotte con il quarto motivo di impugnazione, riferite alla violazione del principio di imparzialità fondante qualsiasi procedimento amministrativo, in ragione della fondamentale considerazione per cui, essendo l’Istituto per il credito sportivo un ente pubblico economico, categoria residuale cui è oggi assimilabile la definizione di impresa pubblica, nell’esercizio dell’attività imprenditoriale esso si pone sullo stesso piano dei comuni imprenditori e quindi non esercita alcuna funzione pubblicistica disciplinata dalla legge e dai principi sul procedimento amministrativo.

Per completezza di trattazione si rileva la sopravvenuta carenza di interesse al quinto motivo di ricorso, con il quale era stato censurato il diniego di accesso alla documentazione richiesta dalla ricorrente, trattandosi di documentazione che, nelle more della definizione del giudizio, è stata depositata agli atti processuali. In ogni caso, sussistendo uno stretto nesso di strumentalità tra la domanda principale di annullamento e quella incidentale contenente la domanda di ostensione, il difetto di giurisdizione del giudice adito in relazione alla controversia introdotta con l'azione principale, con connessa dichiarazione di inammissibilità di quest'ultima, determina che la domanda di accesso "incidentale" debba essere necessariamente dichiarata anch’essa inammissibile, in ragione della carenza di interesse all'acquisizione degli atti ai fini della definizione del giudizio.

In sintesi, deve dichiararsi il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo a favore del Giudice ordinario civile, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, in applicazione dell’art. 11, c. 2, c. p. a.

La novità e la complessità delle questioni dibattute giustificano la compensazione integrale delle spese tra le parti.

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