TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-03-01, n. 202404212

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2024-03-01, n. 202404212
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202404212
Data del deposito : 1 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2024

N. 04212/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09195/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9195 del 2022, proposto da
Congregazione delle Suore Apostole del Sacro Cuore, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R L, S M, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto in Roma, via Ovidio n. 20;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato P R M M, con domicilio digitale come in atti;

per la condanna

al risarcimento dei danni derivanti dall’espropriazione dei terreni di proprietà


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 la dott.ssa G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio, parte ricorrente, riassumendo il giudizio civile precedentemente instaurato, denuncia l’occupazione illegittima dei terreni di proprietà da parte di Roma Capitale per la realizzazione di un parco pubblico attrezzato in Via di Grottarossa, località Tomba di Nerone, l’occupazione di urgenza delle aree pari a mq. 12.174 (di cui al foglio 204, part.lle 129, 130, 131, 132 e 134), disposta, in via di urgenza, in data 18 Dicembre 1981,

2. La ricorrente agisce, dunque, per ottenere la condanna di Roma Capitale alla restituzione dell’area occupata dall’amministrazione capitolina, nonché al pagamento delle spese necessarie per l’eventuale riduzione in pristino ovvero, in alternativa, al pagamento del corrispondente valore delle stessa, al pagamento dell’indennizzo spettante a titolo di occupazione eventualmente legittima, oltre interessi e rivalutazione, e, in ogni caso, al risarcimento del danno per il periodo di illecito spossessamento, oltre interessi e rivalutazione dall’occupazione al soddisfo.

3. Ricostruite le vicende procedimentali, convenzionali e giudiziarie relative all’occupazione dell’area in questione, la ricorrente chiede che l’adito TAR condanni l’amministrazione, alternativamente, alla sanatoria “postuma” prevista dall’art. 42 bis DPR n. 327/2001 ovvero alla restituzione dei beni in proprio favore;
il tutto con il pagamento dei relativi indennizzi e/o risarcimenti come specificati in atti (indennizzo ex art. 42 bis ovvero risarcimento del danno prodotto per effetto dell’illegittima apprensione del bene).

4. Dalla documentazione versata in atti e dalle difese svolte dalla difesa dell’Amministrazione comunale, risulta pacifico che tale area sia nel possesso dell’Amministrazione Comunale e che sulla stessa sia stata definitivamente realizzata la suddetta opera pubblica.

5. Roma Capitale ha, tuttavia, eccepito l’intervenuto usucapione dell’area per decorso del termine ventennale successivamente alla scadenza dei termini per la conclusione della procedura espropriativa.

6. All’udienza del 14 febbraio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il Collegio rileva che è incontestato in punto di fatto che ai fini della realizzazione dell’opera pubblica de qua l’Amministrazione intimata ha occupato sine titulo l’area di proprietà della ricorrente censita in C.T al foglio 204, part.lle 129, 130, 131, 132 e 134, della consistenza mq. 12.174.

8. Ciò posto, non risultando concluso alcun procedimento ablativo con l’adozione del decreto di esproprio o altro atto equiparato (come stabilito dagli artt. 13 e 22 bis del d.P.R. n. 327/2001) e, dunque, stante l’assenza di un titolo, valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto, provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i.), deve essere affermata la permanenza della situazione di illiceità in cui versa l’Ente intimato a causa dell’occupazione sine titulo dell’area in questione.

9. L’eccezione di intervenuta usucapione formulata da Roma Capitale non può essere positivamente valutata in quanto non sorretta dalla necessaria dimostrazione di tutti i presupposti richiesti dalla disciplina civilistica in tema di usucapione. La documentazione in atti dimostra, d’altro canto, che la parte ricorrente ha intrapreso numerosi azioni volte a contestare l’attività posta in essere dall’Amministrazione sull’area di proprietà sino all’instaurazione del giudizio dinanzi al giudice ordinario per ottenere la restituzione della stessa e il risarcimento dei danni.

10. Il Collegio rinviene, dunque, nel comportamento dell’Amministrazione tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante dalla perdurante occupazione “ sine titulo ” dei cespiti immobiliari della ricorrente, sia l’elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione di una valida procedura espropriativa ovvero nella finalizzazione degli accordi transattivi intercorsi tra le parti, sia il nesso causale tra l’azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene.

11. Con specifico riferimento al fatto illecito, costituiscono principi acquisiti quelli per cui:

a) è oramai espunto dal nostro ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva in ragione dell’acclarato contrasto con l’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU;

b) caduto il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da una attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l’acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene altrui su cui sia stata realizzata un’opera di pubblica utilità o di pubblico interesse in assenza di previa dichiarazione di pubblica utilità o in seguito all’inefficacia degli atti ablatori eventualmente emanati, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell’ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell’immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno (limitato al valore d’uso del bene), ancorato ai parametri dell’art. 2043 c.c.: esattamente come sinora ritenuto per la c.d. occupazione usurpativa (ex plurimis, Cass. S.U. n. 735 del 19 gennaio 2015);

c) come di recente affermato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20/01/2020, n.2, per le fattispecie disciplinate dall’art. 42-bis t.u. espropriazioni (d.P.R. n. 327/2001) l’illecito permanente dell’Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva, e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata, neppure se formulata dal soggetto privato sotto forma di domanda di risarcimento per il danno subito, atteso che una rigorosa applicazione del principio di legalità, affermato in materia dall’art. 42 della Costituzione e rimarcato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, richiede una base legale certa perché si determini l’acquisto della proprietà in capo all’espropriante, base legale che l’ordinamento individua esclusivamente nel provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ovvero in un contratto traslativo di natura transattiva.

12. Ne deriva, allora, che i soggetti i cui beni siano stati illegittimamente occupati dall’Amministrazione non possono, di norma, chiedere il risarcimento del danno collegato alla perdita della titolarità del bene, giacché tale perdita, sotto il profilo dominicale, non vi è stata, permanendo la proprietà degli stessi in capo ai privati medesimi;
ne discende l’inammissibilità della eventuale domanda giudiziale mirante a ottenere il risarcimento dei danni subiti per la perdita dei beni, pari al valore venale degli stessi, sia pure per equivalente;
diversamente opinando, si darebbe luogo a un’indebita locupletazione (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 5 giugno 2013, n. 901), sicché il risarcimento del danno deve coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, cioè al momento in cui la Pubblica Amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42-bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. V, 23 maggio 2018, n. 3368).

13. In applicazione dei principi esposti, discende:

1) l’obbligo “civilistico” di Roma Capitale di procedere al ripristino del diritto di proprietà della ricorrente, mediante restituzione dell’area illegittimamente occupata, detenuta e trasformata in assenza di titolo legittimante, previa demolizione dei manufatti ivi eventualmente realizzati e salva la facoltà di continuare ad utilizzare l’area in questione purché sia acquisita legittimamente, mediante lo strumento autoritativo previsto dall’art. 42bis, d.P.R. n. 327/2001, con le conseguenze patrimoniali indicate, ovvero con gli ordinari strumenti privatistici con il consenso della ricorrente anche in relazione ai corrispettivi patrimoniali da acquisirsi;

2) la condanna di Roma Capitale al risarcimento del danno da occupazione illegittima per tutto il periodo in cui parte ricorrente è stata privata del possesso dell’area sopra indicata;
ovvero, dal momento in cui l’occupazione è divenuta illegittima fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (restituzione del bene ovvero adozione del provvedimento di cui al citato art. 42-bis).

14. Ciò posto quanto all’an dei diritti azionati, in ordine al quantum risarcitorio va precisato che il risarcimento del danno per occupazione illegittima, secondo la costante giurisprudenza, deve coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione (ovvero dalla scadenza del periodo di occupazione legittima) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero fino alla restituzione dell’area o al suo legittimo acquisto, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42 - bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (T.A.R. Toscana, sez. III, 29.11.2013, n. 1655), confluendo peraltro in tale ultima ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato, nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante, come evincibile dal richiamato disposto del comma 3 del citato art. 42 bis.

15. Tale valore d’uso corrispondente, come detto, al danno sofferto da parte ricorrente per l’illecita prolungata occupazione del terreno di sua proprietà, può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, comprensivo del valore del soprassuolo relativo alle opere legittimamente realizzate in virtù di titolo edilizio, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42 bis comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (T.A.R. Napoli, sez. V, 22.10.2021, n. 6651;
T.A.R. Basilicata, 7.03.2014, n. 182;
T.A.R. Liguria, sez. I, 14 dicembre 2012).

16. Con riferimento alla domanda di risarcimento, il Collegio ritiene di poter applicare, limitatamente all’obbligazione pecuniaria, l’art. 34, comma 4, del c.p.a. e, anche in ragione dei poteri equitativi e della “ratio” dell’art. 42 - bis d.P.R. n. 327/2001, di dover condannare Roma Capitale, secondo il proprio orientamento in materia, al pagamento del danno conseguente all’illegittima detenzione dell’area di proprietà della ricorrente, per il periodo di occupazione illegittima, fino alla restituzione dell’area medesima (oppure fino alla regolarizzazione della fattispecie con acquisizione sanante), quantificandolo, in via equitativa, nella somma pari al 5% annuo del valore venale del bene, comprensivo del valore del soprassuolo relativo alle opere legittimamente realizzate in virtù di titolo edilizio, oltre interessi legali dalla data della presente decisione sino al soddisfo.

17. Quanto alla determinazione del valore venale del bene, quale parametro per la quantificazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione, Roma Capitale dovrà proporre, in favore di parte ricorrente, entro il termine di 180 gg. dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza, se anteriore, il pagamento delle somme dovute, da quantificare alla luce dei criteri di seguito esposti, pagamento da effettuare poi, su accordo delle parti, nei 120 gg. successivi.

18. In specie, la stessa dovrà:

a) utilizzare il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili);

b) devalutare i valori medi a mq. indicati per la porzione di terreno interessata, fino a portarli alla data di inizio del periodo di occupazione illegittima;

c) applicare a questi ultimi gli interessi nella misura del 5% per ogni anno di occupazione fino alla data di restituzione (oppure fino alla regolarizzazione della fattispecie);

d) sulla somma così liquidata decorreranno inoltre gli interessi legali ex art. 1282 comma 1 c.c. dalla data di pubblicazione della sentenza, sino al soddisfo.

19. In via subordinata, laddove l’amministrazione resistente, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, voglia evitare la restituzione con contestuale ripristino dei luoghi, essa potrà optare per la regolarizzazione postuma della vicenda ablatoria de qua e, pertanto, perseguire la via dell’acquisizione sanante ex art. 42 bis del D.P.R. 327/2001, avendo cura di porre in essere tutti gli adempimenti previsti dal succitato articolo.

20. In sostanza, in linea con quanto previsto dal diritto comune con riguardo alle obbligazioni cd. “con facoltà alternativa”, è consentito all’amministrazione comunale di adempiere all’obbligo restitutorio, oggetto della condanna principale recata dalla presente sentenza, mediante una diversa modalità satisfattiva rappresentata dal meccanismo di cui all’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001.

21. In tal caso, qualora il Comune deliberi, così come prospettato in questa sede, di voler salvaguardare l’opera realizzata e le finanze pubbliche e di provvedere nel senso di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto mediante l’esercizio del potere previsto dall'art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, l’indennizzo dovuto dovrà essere liquidato secondo gli indicatori fissati dalla predetta disposizione, sia a titolo di pregiudizio patrimoniale che di pregiudizio non patrimoniale. Resta ferma la giurisdizione del giudice civile sulle controversie riguardanti in concreto la determinazione dei relativi importi (cfr. SS.UU. 15283/2016).

22. Il Collegio dispone, pertanto, che l’eventuale procedimento ex articolo 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 sia avviato e concluso nel termine di giorni 180 (centottanta) dalla comunicazione della presente sentenza o, se anteriore, dalla notificazione della stessa, e che il pagamento dei corrispettivi dovuti, laddove accettati dalla controparte, siano versati nei successivi 120 giorni.

23. Il Collegio ritiene, dunque, che il ricorso meriti accoglimento nel senso di ordinare all’amministrazione nei termini indicati sopra:

- in via principale, la restituzione del bene illegittimamente occupato (previo rispristino dei luoghi e risarcimento del danno da occupazione temporanea illegittima);

- in alternativa, l’acquisizione del bene mediante l’emanazione del provvedimento previsto dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, con il connesso pagamento dei corrispettivi previsti dalla citata disposizione.

24. Tenuto conto della complessità delle vicende sottese alla controversia e della destinazione delle aree in questione, il Collegio ritiene di disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

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