TAR Palermo, sez. III, sentenza 2021-08-24, n. 202102455

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2021-08-24, n. 202102455
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202102455
Data del deposito : 24 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/08/2021

N. 02455/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01041/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1041 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, Ministero dell'Interno, Questura di Palermo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per l'annullamento:

1. Del Decreto n. -OMISSIS-notificato al ricorrente in data 14.05.2020, con il quale il Questore della Provincia di Palermo disponeva ai danni del sig. -OMISSIS- la revoca della licenza di porto fucile – uso tiro a volo – ed il relativo libretto nr. 426358-0 ivi compreso del provvedimento ivi citato senza indicazioni di estremi con il quale sono state ritirate le armi e le munizioni ex art. 39 TULPS e la successiva richiesta di adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi e materiali esplondenti del pari ivi citata senza indicazioni di estremi;

2. di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ancorché non conosciuto, comunque lesivo degli interessi del ricorrente, nei confronti dei quali si riserva di presentare, nei termini e secondo le modalità di legge, ricorso per motivi aggiunti, in ordine ad eventuali ulteriori profili di illegittimità riscontrati all'esito della conoscenza dei predetti atti;

E PER LA CONDANNA

dell'amministrazione intimata al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del provvedimento come sopra impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Palermo e della Questura di Palermo;

Viste le note di udienza con le quali la parte ricorrente ha chiesto che la causa passasse in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Bartolo Salone nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il sig. -OMISSIS- Pierluigi ha impugnato il decreto del Questore della Provincia di Palermo dell’11 maggio 2020, notificato in data 14 maggio 2020, con cui è stata revocata la sua licenza di porto di fucile per uso tiro al volo, in considerazione di una animata lite in famiglia verificatasi il 3 maggio 2020, che aveva reso necessario l’intervento delle forze dell’ordine richiesto dallo stesso ricorrente e dalla di lui compagna. Ha chiesto, altresì, il risarcimento del danno derivante dalla illegittimità provvedimentale.

Contro il suddetto provvedimento, il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di censura: 1) violazione dell’art. 3, l. 241/1990-eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria in ordine ai fatti dai quali poter desumere la mancanza di affidabilità del ricorrente nell’uso delle armi quale presupposto legittimante la revoca della licenza di polizia;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S approvato con R.D. 18.06.1931 nr. 773 e dell'art. 7 legge 241/1990 (non vi sarebbe inaffidabilità intrinseca nell’uso delle armi da parte del ricorrente, soggetto incensurato e vittima delle aggressioni della compagna, né obiettivo pericolo di abuso, poiché il fucile non è custodito nel luogo in cui è avvenuto il litigio e in cui vive la compagna dalla quale si è separato, ma nel domicilio dei genitori in cui il ricorrente vive dal giorno dalla data dell’ultimo litigio;
ci si duole, infine, della omessa comunicazione di avvio del procedimento in mancanza di ragioni di urgenza).

Si sono costituiti in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo con atto depositato in data 9.09.2020 il Ministero dell’Interno, la Prefettura e la Questura di Palermo, i quali, con memoria del 21.05.2021, hanno dedotto l’infondatezza del ricorso.

All’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2021 – previo deposito di memorie difensive e di documenti in vista della trattazione – la causa è stata trattenuta per la decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e dell’art. 6, comma 1, d.l. 1 aprile 2021, n. 44.

DIRITTO

Tanto premesso in fatto, il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

Con riferimento alla censura di omessa comunicazione di avvio del procedimento, articolata nel contesto del secondo motivo di ricorso, non si ravvisano ragioni per discostarsi dalla costante giurisprudenza in materia, secondo cui “ i provvedimenti in materia di armi per la loro natura precauzionale e preventiva, in quanto volti a prevenire ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, sono portatori, ex se, di una esigenza di celerità del provvedere che consente, in applicazione dell'art. 7 della l. n. 241 del 1990, di ovviare alla comunicazione di avvio. Trova, comunque, spazio residuale il disposto normativo di cui all'art. 21 octies della medesima legge sul procedimento ” (Cfr. TAR Campania, sede di Napoli, sez. V, 7 giugno 2016 n. 285 e, da ultimo, 3 giugno 2019 n. 3005). Nel caso di specie, le ragioni di urgenza si appalesano vieppiù evidenti alla luce della richiesta di intervento delle forze di polizia proveniente dagli stessi soggetti della lite familiare e dai timori manifestati dalla sig.ra -OMISSIS-agli operanti per l’incolumità propria e della propria figlia in relazione alla circostanza che il ricorrente fosse detentore di un’arma.

Parimenti infondati appaiono i rimanenti profili di censura, con i quali si contesta l’idoneità degli elementi raccolti dalla Questura a fondare, sotto il profilo istruttorio e conseguentemente motivazionale, il giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi espresso nei confronti del ricorrente.

Secondo condivisibile giurisprudenza, il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva già inclusa nella sfera giuridica del privato, bensì assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare e detenere armi sancito dall'art. 699 c.p., e ribadito dall'art. 4, comma 1, della L. n. 110/1975, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi;
ne consegue che il potere di controllo esercitato al riguardo dall'Autorità di Pubblica Sicurezza si collega all'esercizio di compiti di prevenzione delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico, ben potendo quindi essere esercitato in senso negativo sull'istanza dell'interessato, in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità di chi aspira al suo rilascio.

Pertanto la valutazione dell’amministrazione, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a vicende genericamente non ascrivibili a buona condotta.

Venendo ai fatti di causa, giova rammentare che in data 03.05.2020, il Personale dell’Ufficio Prevenzione Generale della Questura di Palermo, in servizio di Volante, interveniva presso l’abitazione dell’odierno ricorrente a seguito di apposita richiesta pervenuta al numero unico 112 per lite tra conviventi, dapprima da parte della convivente del ricorrente e subito dopo da parte dello stesso -OMISSIS-.

Raggiunti dalle Forze dell’Ordine, i conviventi rappresentavano agli operatori sopraggiunti di avere avuto un’accesa discussione e, più in generale, che il loro burrascoso rapporto di convivenza, iniziato circa tre anni addietro subito dopo la nascita della loro figlia, era turbato da liti continue.

Il ricorrente, peraltro, precisava di essere stato aggredito dalla convivente con una manacciata alla schiena e di avere reagito, dandole una spinta.

In considerazione dei gravi avvenimenti di cui sopra, confermati e descritti dal -OMISSIS- e dalla compagna, sintomatici di un rapporto litigioso e violento, al fine di evitare qualsiasi situazione di pericolo, gli Operatori procedevano al ritiro cautelativo dell’arma e delle munizioni detenute dal -OMISSIS- presso l’abitazione dei propri genitori, ove tra l’altro il ricorrente stesso aveva deciso di recarsi, nonché del porto di fucile per uso tiro a volo, dandone comunicazione sia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo che alla procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni che all’UTG – Prefettura di Palermo.

Per le ragioni prospettate si ritiene pienamente legittimo il decreto impugnato che, peraltro, non ha carattere sanzionatorio nei confronti del destinatario ma cautelativo della sicurezza pubblica, in quanto finalizzato ad evitare il pericolo per tale bene giuridico, determinato dalla possibile disponibilità di armi in capo ad un soggetto che non possa garantirne un corretto uso, e tale può essere legittimamente considerata l'interessato che, seppur non risulti gravato da precedenti penali, non poteva escludere il pericolo di eventuali abusi in ragione delle tensioni familiari e dei continui litigi che avevano indotto la compagna a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine, temendo per la propria incolumità.

Da questo punto di vista, non costituisce idonea rassicurazione il fatto che l’arma fosse custodita dal ricorrente presso la dimora dei genitori, considerati i trascorsi tra i due conviventi, sovente sfociati, come nella lite da ultimo verificatasi il 3.05.2020, in forme di colluttazione fisica. Anzi, quanto da ultimo accaduto dimostra, sul piano caratteriale, una insufficiente attitudine del ricorrente a controllare i propri impulsi, contribuendo a determinare una prognosi negativa sulla affidabilità del titolare della licenza di polizia.

I superiori rilievi dimostrano che la p.a. ha fatto buon uso, nella fattispecie, delle regole della discrezionalità amministrativa in punto di apprezzamento e valutazione dei presupposti normativi del provvedimento di mancato rinnovo della licenza di polizia, dando conto in motivazione dei criteri e delle ragioni della valutazione condotta nonché dei profili di interesse pubblico sottesi alla decisione adottata.

Per converso, non incidono sulla legittimità del provvedimento impugnato le circostanze sopravvenute alla sua adozione (segnatamente, la riconciliazione tra i due ex conviventi e l’archiviazione del procedimento penale a carico del ricorrente per il delitto di cui all’art. 572, c.p.), le quali potranno essere valutate dall’Amministrazione solo in caso di presentazione di una nuova istanza per il rilascio del porto di fucile, impregiudicate le determinazioni finali di sua competenza.

Il ricorso, pertanto, va rigettato, ivi compresa la domanda risarcitoria genericamente proposta, in mancanza della prova del danno e della precisa allegazione degli elementi costitutivi della responsabilità della p.A.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo sulla base dei parametri previsti dal d.m. n. 55/2014, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia e della media complessità delle questioni giuridiche affrontate, avendo riguardo ai minimi tariffari e senza tener conto della fase istruttoria in quanto nessuna attività difensiva rilevante è stata concretamente svolta.

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