TAR Catania, sez. I, sentenza breve 2018-05-14, n. 201800989

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza breve 2018-05-14, n. 201800989
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201800989
Data del deposito : 14 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/05/2018

N. 00989/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02132/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

in forma semplificata ex art. 60 cod. proc. amm. ;

sul ricorso numero di registro generale 2132 del 2017, proposto da D G, rappresentato e difeso dagli avvocati M B e S D, con domicilio eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Tar, in Catania, via istituto Sacro Cuore n. 22;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Università degli Studi Messina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

C, in persona del legale rappresentante p.t.;

nei confronti

M P, S G, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa adozione di misura cautelare,

1) del D.M. del 28 giugno 2017 n. 477 concernente modalità di svolgimento dei test per i corsi di laurea a ciclo unico ad accesso programmato a.a. 2017/18;

2) ove occorrer possa, di tutti gli allegati, relativi ai programmi sui quesiti delle prove di ammissione anzidette, fra cui in particolare gli allegati al D.M. 28 giugno 2017 n. 477;

3) del Bando di ammissione ai CdL in Professioni sanitarie dell'Università degli Studi di Messina;

4) del Decreto Ministeriale 10 agosto 2017 n. 618 nella parte in cui fissa in n. 2020 i posti a livello nazionale.

5) della graduatoria unica del concorso per l'ammissione ai Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie per l’a.a. 2017/2018 pubblicata sul sito di Ateneo, in particolare relativa al CDL di Fisioterapia, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso di laurea e dei successivi scorrimenti nella parte in cui non consentono l'iscrizione delle parte ricorrente;

6) del D.R. di approvazione della graduatoria e delle prove di concorso della sede universitaria ove parte ricorrenti ha svolto la prova di accesso;

7) del diniego di ammissione opposto a parte ricorrente;

8) dei verbali della Commissione del concorso dell’Ateneo ove parte ricorrente ha svolto la prova di ammissione e di quelli delle sottocommissioni d’aula;

9) ove occorra del D.M. 577/2017, con specifico riferimento all'art. 10 comma 3, ove interpretato nel senso che anche per le professioni sanitarie non sarebbe consentita la distribuzione dei posti liberi non occupati dai non comunitari, ai comunitari e del bando di ammissione in parte qua;

10) di ogni altro atto prodromico, connesso, successivo e conseguenziale ancorché non conosciuto, nella parte in cui lede gli interessi del ricorrente;

per l'accertamento :

del diritto del ricorrente di essere ammesso ai Corsi di laurea in questione e di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a causa del diniego all’iscrizione opposta

per la condanna in forma specifica ex art. 30, comma 2, c.p.a. :

delle Amministrazioni intimate all’adozione del relativo provvedimento di ammissione ai corsi di laurea per cui è causa, nonché, ove occorra e, comunque, in via subordinata, al pagamento delle relative somme, con interessi e rivalutazione, come per legge.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Messina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

RILEVATO, in via preliminare, che sussiste la competenza di questo Tribunale a decidere la presente controversia atteso che:

a) il ricorrente, con dichiarazione contenuta nella memoria depositata il 16/03/2018 e ribadita all’odierna Camera di Consiglio, ha provveduto a rinunziare all’impugnativa dei DD.MM. gravati con il ricorso introduttivo, sicché non trova applicazione l’art. 13, comma 4 bis, c.p.a.;

b) sotto altro profilo, nel caso di specie, non viene in rilievo una “graduatoria unica nazionale”, prevista solo con riferimento a corsi di laurea diversi da quello in interesse;

RITENUTO che sussistono i presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;

PREMESSO in fatto ed in diritto tutto quanto dedotto dalle parti;

CONSIDERATO che con la censura di cui al primo motivo di ricorso il ricorrente contesta le domande di logica deducendo la violazione dell’art. 4, comma 1, della L. 2 agosto 1999 n. 264 secondo cui “l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli Atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi di scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi” ;

- che il D.M. del 28 giugno 2017 n. 477, cui l’Ateneo resistente si è correttamente riferito, per un verso, al comma 1 dell’art. 7, stabilisce che il confezionamento del test è rimesso alle singole Università, per un altro, al comma 2, prevede che “la prova di ammissione verte sugli argomenti di cui al precedente art. 2, comma 2, ed è definita sulla base dei programmi di cui all'Allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto”.

RITENUTO, quindi, che:

- la modalità di prova non è stata autonomamente regolamentata dall’Ateneo, ma ha trovato, così come dovuto, la sua fonte nel predetto D.M. 477/17, che “obbliga” le Università ad adottare una certa tipologia di selezione, secondo la quale, ai sensi dell’art. 2, comma 2, sopra indicato “la prova di ammissione consiste nella soluzione di sessanta quesiti che presentano cinque opzioni di risposta, tra cui il candidato deve individuarne una soltanto, scartando le conclusioni errate, arbitrarie o meno probabili, su argomenti di: cultura generale e ragionamento logico;
biologia;
chimica;
fisica e matematica. Sulla base dei programmi di cui all'Allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto, vengono predisposti: due (2) quesiti di cultura generale;
venti (20) di ragionamento logico;
diciotto (18) di biologia;
dodici (12) di chimica;
otto (8) di fisica e matematica”;

- la sequenza (e il contestato numero per materia) dei test, il cui solo contenuto è rilasciato al singolo Ateneo, è compiutamente regolamentata dal predetto D.M., sicché lo stesso va impugnato, ove si vogliano introdurre, così come avvenuto con la censura in esame, doglianze circa l’esatta consistenza delle singole materie da testare;

RITENUTO che, come premesso, parte ricorrente ha rinunciato alla impugnazione dei presupposti DD.MM., ivi compreso quello in esame, sicché la censura va dichiarata inammissibile;

RITENUTO che la censura con cui si contesta l’affidamento diretto dell’attività di gestione delle varie fasi della prova selettiva al CINECA, oltre a risultare generica, non è in grado, in quanto tale, di incidere sull’esito della prova, né, sotto tale profilo, il ricorrente fornisce dimostrazione alcuna;

RITENUTO, quanto alla presunta violazione del divieto di anonimato, che - al di là del carattere generico e astratto delle censure (per cui, essendo la griglia del test con il codice alfanumerico depositata in un contenitore aperto, la Commissione avrebbe potuto appurare il codice segreto riportato sul compito del candidato) - l’assenza di momenti valutativi nell’assegnazione del punteggio unitamente all’automatismo e all’immediatezza della correzione della prova, rendono la riferibilità della scheda ad un singolo soggetto di per sé inidonea ad agevolare ipotetici favoritismi nella valutazione della prova selettiva (salva la prova, nella specie del tutto assente, di manomissioni o sostituzione di schede);

RITENUTO - quanto al motivo con cui la parte ricorrente lamenta la violazione del principio di certezza della paternità dell’elaborato (potendo, secondo le istruzioni d’Ateneo, tutti i candidati correggere, aggiungere o modificare le risposte rassegnate dopo la fine della prova e dopo essersi confrontati per ore, con l’intera aula al momento della sottoscrizione della scheda anagrafica) - che non vengono dalla stessa indicati specifici episodi anomali, sicché, anche sotto questo profilo deve escludersi il rischio di scambi di elaborati oggettivamente difficili da realizzare in concreto;
né l’indicazione, peraltro assente, di modalità di consegna dell’elaborato ritenute preferibili da parte ricorrente, perché ritenute di maggior garanzia per la regolarità della procedura selettiva sarebbero tali da escludere, in termini assoluti e astratti, episodi di frode, copiatura o scambio;

RITENUTO che anche le restanti censure, relative alla validazione delle domande somministrate secondo standards internazionali e alla loro strutturazione, non meritano di essere accolte ritenendo il Collegio di non discostarsi dalla prevalente giurisprudenza secondo cui:

- la scelta di quali quesiti d’area sottoporre ai candidati e la decisione su validazione e neutralizzazioni, appartengono senz’altro a una sfera di discrezionalità dell’amministrazione estremamente ampia, e sindacabile in via esclusiva entro i limiti esterni, assai angusti, individuati dalla giurisprudenza in consimili giudizi (TAR Lazio, sez. Terza bis, 02/03/2018 n. 2318;
Cons. Stato, sez. VI, 08/02/2016 n. 506);

- la censura riguardante la concreta individuazione delle domande ritenute non attinenti all’area di specializzazione (o, secondo la prospettiva del ricorrente, errate) “impinge nel merito di valutazioni tecniche, come tale inammissibile poiché sollecita il giudice amministrativo a esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 del cod. proc. amm., fatto salvo il limite – qui non valicato - della abnormità della scelta tecnica” (Cons. Stato, sez. VI, 18/09/2017 n. 4358);

RITENUTO, in conclusione, che il ricorso deve essere rigettato e che le spese, tenuto conto della natura degli interessi sottesi alla presente controversia, possano eccezionalmente compensarsi tra le parti costituite, nulla dovendo dichiararsi nei confronti dei controinteressati non costituti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi