TAR Salerno, sez. III, sentenza 2023-12-22, n. 202303033

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. III, sentenza 2023-12-22, n. 202303033
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202303033
Data del deposito : 22 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/12/2023

N. 03033/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01143/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1143 del 2023, proposto da Medical &
Dental Division S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L F, C V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ing. S G Quale Commissario Ad Acta, non costituito in giudizio;

per la declaratoria

di illegittimità del silenzio serbato in relazione alle istanze n.85446000000005 e n. 85444607000000006 presentate dalla ricorrente in data 17/10/2022, volte al rilascio della certificazione dei crediti di cui all'art.9, comma 3 bis del D.L. n.185/08 come modificato dall'art.13, comma 1, della L.12/11/11 n.183 e del successivo silenzio serbato dal Commissario ad acta nominato con provvedimento del 21/11/2022, prot 7544606000000002 e n. 7544606000000001

NONCHE' ACCERTARE l'obbligo di provvedere in relazione alle medesime istanze, mediante l'adozione di un provvedimento espresso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Salerno;

Visto l'art. 34, co. 5, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2023 il dott. Michele Di Martino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente notificato e tempestivamente depositato, la ricorrente, premesso di essere una società che svolge attività socio-sanitaria, ha allegato e dedotto che: è convenzionata con la Regione Campania, la quale, attraverso l’Asl di appartenenza provvede al pagamento degli emolumenti maturati in virtù del servizio prestato;
la Regione e per essa l’Asl Salerno, non ha provveduto al pagamento di una serie di fatture emesse in relazione ai servizi prestati;
per tale ragione, ha presentato, in data 17/10/2022, istanze ai fini del rilascio della certificazione dei crediti di cui all’art.9, comma 3 bis del D.L. 185/08, come modificato dall’art.13, comma 1, della L.12/11/11 n.183;
invero, tale disposizione prevede che per i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, su istanza del creditore, l’amministrazione rilasci, attraverso apposita piattaforma, una certificazione finalizzata a consentirne la cessione pro soluto o pro solvendo, in favore di banche o di intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente, oltre la possibilità di richiedere la compensazione con debiti iscritti a ruolo;
tale certificazione deve essere resa dall’amministrazione entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza, termine decorso il quale il creditore potrà chiedere al M.E.F. la nomina di un commissario ad acta;
stante l’inerzia della Pubblica Amministrazione, in data 21/11/2022, ha presentato le istanze n. 85446000000005 e n. 85444607000000006, per la nomina di un commissario ad acta per l’acquisizione della certificazione del credito;
tuttavia, anche tale istanza è rimasta inevasa, nonostante la nomina del commissario ad acta nella persona dell’Ing. S G;
per tali ragioni ha chiesto a questo Tribunale di condannare l’ASL Salerno ed il nominato Commissario ad acta a concludere il procedimento.

Si è costituita l’ASL resistente per resistere al ricorso.

All’udienza camerale del 7.12.2023, la causa è stata riservata in decisione.

In primo luogo, deve essere confermata la giurisdizione del G.A. a conoscere la presente controversia.

Invero, ad avviso del Collegio, non può ritenersi condivisibile l’assunto secondo il quale la controversia non apparterrebbe alla giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo l’attività posta in essere dall’amministrazione di tipo autoritativo.

Non ha, al riguardo, rilievo dirimente la circostanza che l’esercizio dello specifico potere certificativo di cui trattasi non presupponga alcuna valutazione discrezionale, poiché a fronte di attività vincolata ben può configurarsi una situazione di interesse legittimo (si pensi all’attività repressiva di abusi edilizi), dovendosi piuttosto aver riguardo alla natura e finalità del potere esercitato dall’amministrazione.

La giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. III, 9/12/2020 n.7820;
C.G.R.S. 13.09.2021 n. 802/2021) ha, al riguardo, affermato che si deve escludere che il carattere vincolato dell'attività svolta denoti ipso facto l'assenza, in capo alla P.A., di una posizione di supremazia, nonché la conseguente natura paritetica degli atti adottati dalla stessa P.A. nel rapporto con l'amministrato.

La circostanza che il potere amministrativo sia vincolato - e cioè che il suo esercizio sia predeterminato dalla legge nell' an e nel quomodo - non trasforma il potere medesimo in una categoria civilistica, assimilabile ad un diritto potestativo, ove l'Amministrazione eserciti una funzione di verifica, controllo, accertamento tecnico dei presupposti previsti dalla legge, quale soggetto incaricato della cura di interessi pubblici generali, esulanti dalla propria sfera patrimoniale: il potere vincolato, dunque, resta comunque espressione di "supremazia" o di "funzione", con il corollario che dalla sua natura vincolata derivano conseguenze non sul piano della giurisdizione, ma su quello delle tecniche di tutela (si pensi al potere del giudice in sede di giudizio sul silenzio di pronunciarsi, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a., sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio).

Del resto, che l'attività della P.A., per il solo fatto di essere vincolata, non cessi di essere attività autoritativa e di tradursi in atti aventi natura non già paritetica, bensì provvedimentale, sottoposti alla giurisdizione del G.A., emerge con chiarezza da molteplici istituti del diritto amministrativo. A mero titolo esemplificativo, si indicano i seguenti casi:

a) la materia edilizia, connotata per larga parte dall'esercizio di attività vincolata che, non per questo, cessa di essere attività autoritativa, espressione di potestà pubblicistiche. La devoluzione della materia dell'edilizia alla giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., si spiega, del resto, proprio in ragione del carattere autoritativo e pubblicistico dei poteri esercitati dall'Amministrazione nella materia in esame, in coerenza con l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., n. 204/2004 e n. 191/2006);

b) il potere del G.A., in sede di giudizio sul silenzio, di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, esercitabile, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.p.a., quando si tratti di atti vincolati, ovvero non residuino ulteriori margini di discrezionalità in capo alla P.A.: ciò, tenuto conto che il rimedio del rito del silenzio si applica in via esclusiva all'attività provvedimentale della P.A. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 1° luglio 2020, n. 4204;
Sez. IV, 2 settembre 2019, n. 6048), essendo invece escluso tale rimedio quando si tratti di pretese fondate sull'esercizio di diritti soggettivi, ovvero per ottenere l'adempimento di obblighi convenzionali o, addirittura, la stipula di accordi contrattuali (C.d.S., Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 402);

c) in terzo luogo, il dettato dell'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990, lì dove inibisce al giudice amministrativo l'annullamento dei provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, "per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Muovendo da tali, condivisibili, presupposti, se ne deve concludere che l'individuazione del giudice munito di giurisdizione sia, anche nel caso in questione, ancorata all'ordinario criterio della causa petendi, ovverosia della posizione giuridica soggettiva per la quale viene attivata la tutela giurisdizionale, il che impone la determinazione della natura dell'atto adottato dall'amministrazione, sussistendo la giurisdizione del G.A. laddove si tratti di un atto di esercizio di poteri autoritativi funzionale al perseguimento dell'interesse pubblico.

Ebbene, ad avviso del Collegio, il potere certificativo in questione ha natura pubblicistica essendo espletato dall’amministrazione in virtù della posizione di “supremazia” che la stessa riveste nell’ordinamento quale soggetto istituzionalmente preposto alla tutela di interessi pubblicistici.

L'attribuzione alla cognizione del giudice amministrativo della legittimità del rilascio della certificazione in questione deriva dalla natura di atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, emesso nell'esercizio di poteri autoritativi e che non si esaurisce in una mera operazione contabile che culmina nella certificazione del credito, essendo, invece, dal punto di vista logico e semantico, espressione di un motivato giudizio critico.

Non si tratta di attività meramente ricognitiva di documentazione, di una manifestazione di scienza e conoscenza i cui presupposti, contenuti ed effetti siano integralmente predeterminati dalla legge, poiché sottesi all’emissione del provvedimento in questione sono i poteri di verifica dell’esistenza e regolarità dell’obbligazione, del mancato intervento di cause di estinzione del debito, di modo che la corrispondente posizione dei privati interessati non risulta essere di diritto, in quanto nell’esercizio di tale potestà amministrativa di carattere autoritativo l’amministrazione non agisce iure privatorum, e correlativamente, il privato non è titolare di un diritto soggettivo.

La finalizzazione al soddisfacimento di un interesse pubblico e la procedimentalizzazione dell'attività certificatoria, per come delineata da una disciplina di carattere pubblicistico posta a suo fondamento, caratterizza in chiave autoritativo-provvedimentale l'attività amministrativa in questione, con ogni conseguenza sul criterio del riparto di giurisdizione.

Tanto doverosamente premesso in punto di giurisdizione, va ora detto che, nella specie, deve essere dichiara la cessazione della materia del contendere.

Com’è noto, l’art. 34, comma 5, c.p.a. statuisce che “ qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere ”.

Nelle ricostruzioni giurisprudenziali, la soddisfazione dell’interesse del ricorrente, all’esito della vicenda amministrativa oggetto di contenzioso, si atteggia diversamente a seconda che abbia il carattere della pienezza e della esaustività, per cui il sopravvenuto difetto di interesse opera quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova conformazione dell’assetto del rapporto tra la Pubblica Amministrazione e l’amministrato;
mentre, la cessazione della materia del contendere si determina quando l’operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell’interesse azionato (T.A.R. Napoli, sez. V, 09/08/2016, n.4051;
Tar Bari, Sez. I, 07.07.2016, n. 869;
TAR Roma, Sez. III, 31.05.2016, n. 6410).

Ebbene, applicando queste regole normative al caso di specie, ne deriva che, dalla delibazione degli atti di causa, sussistono le evidenti condizioni per una pronuncia di cessazione della materia del contendere, avendo la parte ricorrente ottenuto la soddisfazione integrale del suo interesse sostanziale, atteso che la parte resistente ha rilasciato le certificazioni richieste da parte ricorrente, depositate nell’ambito del presente giudizio.

Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, con espressa statuizione di irripetibilità del contributo unificato, avuto riguardo alla natura formale della presente decisione, tenuto conto della complessità del procedimento in oggetto e della novità della questione di giurisdizione esaminata.

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