TAR Roma, sez. III, sentenza 2015-03-10, n. 201503934

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2015-03-10, n. 201503934
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201503934
Data del deposito : 10 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09042/2010 REG.RIC.

N. 03934/2015 REG.PROV.COLL.

N. 09042/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9042 del 2010, proposto dal Maggiore M S, rappresentato e difeso dagli avvocati L A, M V S ed A P, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Angelisanti - Polini in Roma, via Etruria, 65;

contro

CRI - Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

1) dell’ordinanza commissariale n. 255 del 26 maggio 2010 con la quale si è imposta al ricorrente la ripetizione della somma di Euro 60.136,75;

2) nonché della determinazione dirigenziale del 25.5.2010 n. 53 quale atto presupposto;

(atto di costituzione ex art 10 D.P.R. n. 1199/71 a seguito di trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al P.d.R. originariamente proposto).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di CRI - Croce Rossa Italiana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica presentato il 26 luglio 2010 il Maggiore della Croce Rossa Italiana, M S, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza del Commissario straordinario della Croce Rossa Italiana segnata in epigrafe, con la quale l’ente gli ha reso noto di dovere procedere al recupero, nei suoi confronti, della somma di euro 60.136,75, a titolo di retribuzioni non dovute perché corrisposte in eccesso, in quanto il ricorrente – contrariamente a quanto affermato dalla CRI in precedenti determinazioni - dopo avere assolto agli obblighi di leva in qualità di ufficiale delle FF.AA. dal 9.1.1986 al 9.4.1987, successivamente, nel periodo intercorso dal 24.9.1988 al 20.9.1993, non avrebbe rivestito i gradi di ufficiale nelle varie chiamate temporanee in cui ha prestato servizio presso il Corpo Militare della C.R.I.;
viceversa lo stesso è stato chiamato in servizio in qualità di ufficiale (tenente commissario) dal 21.9.1993 all’1.10.1993 e, quindi, è stato in servizio continuativo da ufficiale del Corpo Militare C.R.I. dal 18.10.1993 (cfr. nota CRI, Uff. Stralcio n. 7512.10 del 20.4.2010, allegata al doc. 3 ric.).

Lo scomputo, dal complessivo periodo di servizio presso la C.R.I., del suddetto intervallo temporale nel corso del quale il ricorrente ha svolto in realtà il proprio servizio nella qualità si sottoufficiale (maresciallo), ha determinato, secondo l’Ente resistente, la doverosa riduzione, rispetto a quanto in precedenza erroneamente riconosciuto, del periodo di servizio utile ai fini della decorrenza del beneficio economico costituto dalla c.d. “omogeneizzazione stipendiale”, introdotta dall’ art. 2 punto 3) della legge n. 250 del 3.7.2001 che ha inserito, nel testo dell’art. 5 L. n. 231 del 1990, il comma 3-bis che di seguito si trascrive: “Fino a quando non ricorrano le condizioni per l'attribuzione dei trattamenti previsti dal comma 3 agli ufficiali che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni e 23 anni dal conseguimento della nomina ad ufficiale o della qualifica di aspirante è attribuito, a decorrere dal 1° aprile 2001, lo stipendio spettante rispettivamente al colonnello e al brigadier generale e gradi equiparati. Il predetto trattamento non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica, fatta eccezione per gli ufficiali appartenenti ai ruoli del servizio permanente per i quali è previsto il diretto conseguimento del grado di tenente o corrispondente, ai quali il predetto trattamento è attribuito secondo le modalità previste dal comma 3”.

La C.R.I., con i provvedimenti impugnati, ha pertanto inteso recuperare le somme in eccesso corrisposte al Magg. Salvaticchio, in applicazione della menzionata disposizione (da considerare applicabile al personale del copro militare C.R.I., vedi in part. delibera CRI n. 32 del 16.1.2002, doc. 8 ric.), in ragione dell’erroneo calcolo dell’anzianità di servizio maturata, quantificata senza scomputare i periodi di servizio svolti quale sottoufficiale, con conseguente erronea anticipazione dell’innalzamento del livello stipendiale, rispetto ai periodi minimi prescritti di 13 e 23 anni, rispettivamente contemplati dalla norma per l’attribuzione dello stipendio corrispondente al grado di Colonnello ed a quello di Brigadier Generale.

II. Il ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 7 L. 241/1990 e dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di recupero;

2) eccesso di potere per carenza istruttoria, in quanto la CRI non ha previamente annullato in autotutela gli atti con cui il ricorrente è stato nominato dapprima sottotenente commissario con anzianità 22.6.1986, quindi promosso tenente commissario con anzianità 9.1.1990 e, infine, con decreto del Ministero della Difesa del 21.9.1993, confermato nell’anzianità della nomina nel grado di tenente.

3) eccesso di potere per contrasto con le determinazioni assunte da apposita Commissione nominata dalla CRI e conseguente provvedimento n. 32 del 16.1.2002 del Comitato centrale della CRI, con cui si ammetteva la retrodatazione del trattamento economico del personale, equiparandolo a quello delle FF.AA.;

4) eccesso di potere per contrasto con altra relazione, redatta dall’Ispettore nazionale della CRI il 15.6.2009 a seguito dell’intervento del Servizio Ispettivo di Finanza pubblica del MEF;

5) erroneità della determinazione di recupero delle somme al lordo, e non al netto, delle trattenute fiscali.

La Croce Rossa Italiana ha chiesto la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale con atto di opposizione notificato il 22 settembre 2010.

La costituzione in giudizio del ricorrente è avvenuta in data 25.10.2010.

III. – L’Amministrazione, costituitasi in data 10.11.10, ha successivamente depositato, in data 14.2.2011, la propria memoria difensiva con allegati. Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria difensiva in data 7.11.2014 e, successivamente, ha eccepito con apposito scritto l’intempestività del deposito documentale dell’Amministrazione del 7.11.2014, a suo avviso avvenuto oltre il termine, scaduto in data 6.11.2014, di gg. 40 prima dell’udienza del 17 dicembre 2014, fissata per la trattazione del ricorso nel merito.

Alla suddetta udienza di trattazione il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. – In via preliminare osserva il Collegio che deve considerarsi fondata l’eccezione relativa alla tardività del deposito documentale da ultimo effettuato dalla C.R.I., in quanto avvenuto in effetti soltanto in data 7.11.2014 e, pertanto, il giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 73 c.p.a. di quaranta giorni liberi anteriori alla pubblica udienza. Poiché quest’ultima era stata fissata e si è effettivamente svolta il giorno 17 dicembre 2014, il termine ultimo per il deposito di documenti era il 6 novembre. Ne consegue lo stralcio e la non rilevanza di tali documenti ai fini del decidere.

2. – Nel merito il ricorso è soltanto in parte fondato, nei limiti di cui appresso.

2.1. – Non ha pregio il primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento a causa della omessa indicazione del responsabile del procedimento nell’atto dell’Ispettore Nazionale CRI del 20 gennaio 2010 (doc. 4 ric.).

Al riguardo si osserva che - in disparte la circostanza per cui dalla nota del 20 gennaio 2010 si evincono sia la ragione del preannunziato recupero che l’Ufficio competente ad effettuarlo - per consolidata e condivisibile giurisprudenza la doverosità del recupero da parte dell'Amministrazione delle somme indebitamente corrisposte ai propri dipendenti esclude che l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento configuri di per sé causa di illegittimità della ripetizione, sia ex art. 21 octies L. 7 agosto 1990 n. 241 perché, trattandosi di atto completamente vincolato e non autoritativo, il suo contenuto non sarebbe stato diverso, sia in quanto l'eventuale mancanza del preavviso non influisce sulla debenza delle somme né sulla possibilità di difesa del destinatario perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio di reciproco e paritetico dare/avere, può sempre far valere le sue eccezioni nell'ordinario termine di prescrizione (Consiglio di Stato sez. III, 4.9.2013 n. 4429).

2.2. – Neppure i motivi secondo, terzo e quarto (esaminabili congiuntamente per la loro logica connessione) possono essere accolti.

Ciò che nella circostanza rileva, infatti, non è l’eventuale autoannullamento di precedenti atti favorevoli alla corresponsione delle somme poi ravvisate non dovute, quanto la obbligatorietà di tale recupero.

Peraltro, nello stesso provvedimento impugnato del 26 maggio 2010 (doc. 1 ric.) si dà atto che i precedenti atti favorevoli al ricorrente, e comportanti l’esborso poi riconosciuto indebito, erano stati annullati dalla CRI mediante provvedimento ex artt. 21 octies e nonies L. 241 del 1990 dell’Ispettore Nazionale del Corpo Militare il quale, con propria determinazione dirigenziale n. 53 del 25.5.2010 (doc. 3 ric.) anch’essa impugnata, in esecuzione delle ordinanze commissariali CRI nn. 91/2009, 37/2009 e 77/2010 emesse a seguito dell’indagine amministrativa condotta dal SIFIP del MEF nella CRI, aveva disposto “l’annullamento in autotutela ….della Determinazione stipendiale n. 85 del 14.04.2009 inerente al trattamento economico attualmente in godimento, nonché di tutte le precedenti determinazioni che hanno portato alla formazione del medesimo atto annullato”.

Con riferimento agli ulteriori profili censurati dal ricorrente il Collegio non ritiene di discostarsi da quanto già affermato da questo TAR in casi analoghi al presente (vedi in particolare TAR Lazio, Sez. III quater 23.11.2011, n. 9208;
più recentemente, Sez. III 20.10.2014, n. 10531): in base alla lettera della legge (art. 2 punto 3) L. n. 250 del 3.7.2001 che ha inserito, nel testo dell’art. 5 L. n. 231 del 1990, il comma 3-bis) che identifica il dies a quo della “omogeneizzazione stipendiale” nella nomina ad ufficiale, richiedendo nel contempo anche la continuità del servizio reso “senza demerito” in tale qualità, la ratio della disposizione in argomento è quella di dare il dovuto riconoscimento alla specifica professionalità degli ufficiali, sicché nel computo dell’anzianità di servizio, ai fini considerati, non può essere incluso il periodo in cui il soggetto non abbia svolto il servizio nella qualità di ufficiale, nella specie, della C.R.I.;
mentre è stato giustamente valutato il servizio pregresso reso dal ricorrente in quella veste, nelle FF.AA..

Può aggiungersi che la norma richiama un altro elemento costitutivo della fattispecie, vale a dire quello di aver prestato servizio da Ufficiale “senza demerito”. Consegue, come logico corollario di tale premessa, che se il soggetto non ha svolto il servizio nella qualità di ufficiale non è possibile documentare la modalità del servizio stesso, che deve essere stato reso “senza demerito”.

Come ritenuto dalla menzionata sentenza di questo TAR n. 9208 del 2011, “…il prematuro percepimento, da parte dei ricorrenti, della c.d. omogeneizzazione stipendiale (….) ha comportato l’obbligo, da parte dell’Amministrazione, di attivare il recupero di quanto erroneamente corrisposto al predetto personale.

Il Collegio ritiene, con riguardo alla problematica del recupero delle somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione, di non ignorare come talvolta la giurisprudenza (T.A.R. Campania, Napoli, VII, 12.12.2007, n. 16222) abbia sostenuto che siffatto recupero non costituirebbe un atto assolutamente vincolato, trattandosi, nella sostanza, di un atto di autotutela che dovrebbe, pertanto, tener conto del "peso" del recupero sulla situazione concreta, dell'affidamento ingenerato nel dipendente, nonché dello stato di buona fede dello stesso (Cons. Stato, VI, 28.6.2007, n. 3773;
V, 13.7.2006, n. 4413;
15.10.2003, n. 6291), attesa la natura discrezionale puntualizzata dallo stesso art. 21-nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990.

Il Collegio ritiene, tuttavia, di aderire all’indirizzo giurisprudenziale prevalente che ritiene legittimo il recupero delle somme non tenendo conto della buona fede del percipiente e considerando il recupero come un atto dovuto non rinunziabile espressione di una funzione pubblica vincolata (ex multis, Cons. Stato, IV, 24.5.2007, n. 2651;
12.5.2006, n. 2679;
22.9.2005, nn. 4964 e n. 4983;
T.A.R. Toscana, I, 8.11.2004, n. 5465;
T.A.R. Sicilia, Catania, II, 12.8.2003, n. 1272;
T.A.R. Lazio, Latina, 11.2.1993, n. 143). In capo all'Amministrazione che abbia effettuato un pagamento indebitamente dovuto ad un proprio dipendente si riconosce, perciò, una posizione soggettiva che deve essere qualificata come diritto soggettivo alla restituzione, alla quale si contrappone, avendo gli atti che si riferiscono ad un credito derivante da un rapporto di impiego natura paritetica e non autoritativa, una correlativa obbligazione del dipendente…..In definitiva la Sezione ritiene di fare proprio il principio della normale ripetibilità di tali crediti da parte della P.A, perché il recupero delle somme indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici ha natura di atto dovuto ex art. 2033 c.c., con la conseguenza che la buona fede del percettore rileva ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente. Pertanto lo stato psicologico del debitore, in ipotesi in buona fede, di per sé non preclude l'attività di recupero dell'indebito, ma impone l'obbligo di una più approfondita valutazione degli interessi implicati, in particolare sotto il profilo del grado di lesione di quello del dipendente.

Ne consegue che l'interesse del dipendente a trattenere gli emolumenti percepiti non può prevalere su quello pubblico alla ripetizione delle somme erogate indebitamente, che è di per sé sempre attuale e concreto (Cons. Stato, IV, 8.6.2009, n. 3516;
V, 23.3.2004, n. 1535;
T.A.R. Veneto, III, 2.4.2009, n. 1072;
T.A.R. Lazio, Roma, I-ter, 8.6.2009, n. 5466;
I, 1.4.2008, n. 2764;
T.A.R. Campania, Salerno, I, 7.3.2006, n. 237), inoltre, l'obbligo ex lege di recupero preclude la facoltà di rinunciare agli effetti favorevoli del decorso del tempo (Cons. Stato, IV, 11.12.2001, n. 6197)”.

3. – E’ invece fondato, e va accolto, l’ultimo motivo, con cui il ricorrente lamenta che la CRI abbia proceduto al recupero delle somme non dovute al lordo, invece che al netto, delle trattenute fiscali.

E’ infatti condivisibile l’orientamento per cui la ripetizione dell'indebito nei confronti del dipendente da parte dell'Amministrazione non può che avere ad oggetto le somme da quest'ultimo percepite in eccesso, ossia quanto e solo quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente, non potendosi, invece, pretendere la ripetizione di somme al lordo delle ritenute fiscali (e previdenziali e assistenziali), dal momento che le stesse non sono mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1164).

4. – In conclusione il ricorso è fondato soltanto con riguardo al motivo sub 5) appena evidenziato e nei medesimi limiti può essere accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati nella sola parte in cui dispongono il recupero delle somme non dovute al lordo, e non al netto, delle ritenute fiscali effettuate.

La parziale reciproca soccombenza e la natura delle controversia inducono alla compensazione delle spese di lite.

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