TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-10-17, n. 202417954

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-10-17, n. 202417954
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202417954
Data del deposito : 17 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/10/2024

N. 17954/2024 REG.PROV.COLL.

N. 15713/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15713 del 2019, proposto da C C Multimedia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A V, D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, Consip Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento,

previa sospensione, dei seguenti atti:

1) delibera del Consiglio ANAC n. 1059, adottata in data 13.11.2019, notificata in pari data, con la quale l'Autorità: a) ha disposto l'iscrizione nell'Area B del casellario informatico dell'annotazione non interdittiva circa la revoca dell'abilitazione della Soc. C C alle Categorie nn. 7, 11 e 14 del Me.PA, per aver reso false dichiarazioni in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 80, c. 5, lett. c), d.lgs. 50/2016;
b) ha comminato una sanzione pecuniaria pari ad euro 500,00;

2) nota ANAC prot. n. 93998 del 22.11.2019, notificata in pari data, di comunicazione del provvedimento sanzionatorio;

3) provvedimento CONSIP prot. n. 38203/2018 del 21.11.2018 di segnalazione ai sensi dell'art. 80, c. 12, d.lgs. 50/2016 e per gli effetti dell'art. 213, c. 13, d.lgs. 50/2016;

4) art. 8 del Regolamento ANAC per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’art. 213, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

5) ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, se ed in quanto lesivi, quali: 5.1)

Linee guida ANAC n. 6, approvate con delibera del Consiglio dell'Autorità n. 1293 del 16 novembre 2016;
5.2) nota di comunicazione di avvio del procedimento USAN/18/95711/VL, prot. n. 13544 del 19.2.2019;
5.3) nota di comunicazione delle risultanze istruttorie, prot. n. 85024 del 25.10.2019;
5.4) provvedimento CONSIP prot. n. 35212/2018 del 31.10.2018 di revoca dell'abilitazione alle categorie nn. 7, 11 e 14 del Me.PA.;
5.5) provvedimento CONSIP prot. n. 30771/2018 del 2.10.2018;
5.6) art. 29 del Regolamento unico ANAC in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, del 26.2.2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione e di Consip Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 21 giugno 2024 il dott. F M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente ha impugnato, unitamente agli atti presupposti e connessi indicati in epigrafe, la delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione n. 1059 del 13 novembre 2019 con cui è stata iscritta l’annotazione nel Casellario informatico della revoca dell’abilitazione della ricorrente con riferimento alle categorie nn. 7, 11 e 14 del Me.PA, con contestuale irrogazione di una sanzione pecuniaria, per falsa dichiarazione resa dal ricorrente in sede di partecipazione alla gara per la partecipazione al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'art. 36, comma 6, del d.lgs. 18 aprile 2016 n.50, indetta da Consip S.p.A.

L’istante ha dedotto l’illegittimità dell’atto in ragione di articolati motivi di ricorso, chiedendone l’annullamento, previa concessione di tutela cautelare.

Si è costituita l’Anac, contestando il ricorso.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza di smaltimento del 21 giugno 2024.

Il ricorso è infondato.

Giova ricordare l’iter storico processuale della vicenda.

La stazione appaltante Consip S.p.A., con segnalazione acquisita dall’Anac in data 21 novembre 2018, ha comunicato la revoca dell’abilitazione dell’operatore economico COM CAVI S.p.A. dal Me.PA., categorie 7, 11 e 14, nell’ambito della gara finalizzata alla partecipazione al mercato elettronico della pubblica amministrazione, per falsa dichiarazione resa dal legale rappresentante, ai fini della dimostrazione del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c).

In particolare, la stazione appaltante ha comunicato che, in data 13 agosto 2018, in sede di rinnovo delle dichiarazioni rilasciate per l’abilitazione alle categorie del Me.PA. il ridetto legale rappresentante non aveva comunicato una sentenza di condanna del Tribunale di Pavia del 19 ottobre 2017, n. -OMISSIS-, divenuta irrevocabile in data 1 dicembre 2017, emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. a carico del Presidente del Collegio dei Sindaci, per i reati di cui agli artt. 216, 223 e 219 della Legge Fallimentare.

In relazione a quanto segnalato dalla stazione appaltante, l’Autorità, con nota del 19 febbraio 2019, ha comunicato alle parti l’avvio del procedimento sanzionatorio ai sensi degli artt. 80, comma 12, e 213, comma 13, del d.lgs. 50/2016.

Articolatasi l’istruttoria come descritta in atti di causa, l’Autorità, ha comunicato alle parti, con prot. n. 93988 del 22.11.2019, la Delibera n. 1059, assunta dal Consiglio nell’adunanza del 16 novembre 2019, con la quale è stata disposta l’annotazione non interdittiva nel Casellario informatico della falsa dichiarazione resa dalla C C e l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Tanto premesso in fatto, il Collegio rileva l’infondatezza del ricorso.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che l’Autorità avrebbe violato il termine di 180 giorni di conclusione del procedimento di annotazione delle informazioni comunicate dalle stazioni appaltanti o da altri soggetti, di cui al Regolamento ANAC per la gestione del Casellario informatico dei contratti pubblici del 6 giugno 2018.

Mentre, per mezzo della seconda doglianza, l’esponente deduce l’illegittimità dell’iscrizione nel casellario informatico dell’annotazione relativa alla sanzione adottata dall’Autorità, per carenza di istruttoria e di motivazione.

Entrambe le contestazioni devono essere disattese.

Deve precisarsi che l’Autorità ha provveduto ad annotare la condotta dell’operatore economico C C non in quanto “notizia utile”, bensì come sanzione per la dichiarazione mendace, ai sensi della normativa di riferimento.

Ed invero, in base all’art. 213, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, “L’Autorità gestisce il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’articolo 80”, e nel caso di specie, come risulta anche dalla delibera impugnata, la condotta della ricorrente integra “una dichiarazione mendace in ordine al possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) con riflessi, data la natura del reato ascritto, in ordine al possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 1, lett. b-bis) del d.lgs. 50/2016 in materia di condanne definitive per reati concernenti false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile”.

L’Autorità, pertanto, è stata costretta, in modo sostanzialmente necessitato, a determinarsi in tal modo, senza dover fornire una particolare motivazione, se non il riferimento al reato omesso.

Nel caso di specie rileva il Regolamento Unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC del 26 febbraio 2014, applicabile ratione temporis al procedimento avviato nei confronti dell’operatore economico, per falsa dichiarazione resa in ordine al possesso dei requisiti generali o speciali di qualificazione, in relazione al quale i termini del procedimento risultano assolutamente rispettati.

Ed infatti: - la segnalazione della stazione appaltante è stata trasmessa a questa Autorità in data 21 novembre 2018;
- l’amministrazione ha avviato il procedimento sanzionatorio in data 19 febbraio 2019, nel rispetto del termine di 90 giorni;
- la memoria dell’operatore economico, con richiesta di audizione, è stata trasmessa in data 19 marzo 2019, con conseguente sospensione di complessivi giorni 28 dall’avvio del procedimento alla memoria di parte;
- la convocazione per l’audizione è stata comunicata in data 19 marzo 2019, audizione svolta poi il 28 maggio successivo, con sospensione di giorni 70 tra la convocazione dell’audizione e la data di effettiva audizione;
- la comunicazione delle risultanze istruttorie è avvenuta in data 25 ottobre 2019 (150 giorni effettivi trascorsi);
- la replica dell’operatore economico alle risultanze istruttorie è pervenuta in data 4 novembre 2019 (con sospensione di 10 giorni per repliche/difese dalla comunicazione delle risultanze istruttorie alle repliche dell’operatore);
- il provvedimento del Consiglio è stato adottato nel corso dell’adunanza del 13.11.2019 (159 giorni effettivi trascorsi dal momento dell’avvio del procedimento, al netto delle sospensioni;
- il provvedimento è stato notificato in data 22 novembre 2019 (168 giorni effettivi trascorsi dal momento dell’avvio del procedimento, al netto delle sospensioni).

Ne consegue che i termini di conclusione del procedimento sono stati rispettati in quanto il procedimento sanzionatorio, avviato il 19 febbraio 2019, si è concluso regolarmente il 22 novembre 2019, in complessivi 168 giorni.

Tanto osservato sui primi due motivi di ricorso, si rileva l’infondatezza pure della terza doglianza, con cui l’istante deduce di non aver reso una falsa dichiarazione nei confronti della stazione appaltante, in quanto assume di aver diligentemente estratto periodicamente il casellario giudiziale di tutti i soggetti facenti parte della compagine societaria, ivi incluso il ridetto presidente del collegio sindacale, e che nessuna condanna risultava a carico del medesimo.

Osserva il Collegio che la ricorrente ha conosciuto la sentenza di condanna definitiva a carico del predetto soggetto “sensibile” in data 21.2.2018, a seguito di apposita segnalazione da parte di Ferservizi S.p.A. e che, ciò nonostante, la ricorrente ha provveduto ad informare la stazione appaltante solo in data 13.8.2018, a distanza di 6 mesi.

Dunque emerge la negligenza della società esponente nel rendere edotta la stazione appaltante in un arco temporale irragionevolmente lungo, in violazione dei principi di lealtà, affidabilità contrattuale e professionale posti a fondamento dei rapporti tra partecipanti alla gara e stazione appaltante.

Anche il quarto motivo di ricorso è infondato.

Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente rappresenta l’insussistenza di un onere dichiarativo a suo carico, posto che la sentenza riguarderebbe fatti non imputabili direttamente alla società e si riferirebbe a condotte risalenti nel tempo estranee all’attività imprenditoriale della società medesima.

Si tratta di una impostazione che non può essere condivisa e che, anzi, postulerebbe una inammissibile dissociazione in termini di responsabilità, che, come dedotto in modo condivisibile dalla difesa erariale, potrebbe incentivare condotte opache da parte dei concorrenti in gara, disincentivandoli dal porre in essere uno sforzo di diligenza imprescindibile per la tutela dei principi di lealtà e affidabilità contrattuale operanti nelle gare pubbliche.

Nel caso di specie, il comportamento dell’operatore economico appare improntato, se non a colpa grave, quantomeno a negligenza, intesa quest’ultima come estrema superficialità in merito alle infedeli dichiarazioni rese, utilizzate ai fini dell’ammissione alla gara.

Per altro, il giudice amministrativo ha già chiarito che, in quanto le cautele da porre in essere in occasione della partecipazione ad un pubblico appalto vanno improntate alla massima diligenza, non è corretto distinguere concettualmente l’impresa (in quanto tale, un’entità puramente giuridica) dai soggetti – di cui all’art. 80 comma 3 – per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera sul mercato.

E ciò perché produrrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese.

Con la conseguenza che deve essere confermato il generale principio in base al quale nell’ambito delle condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti, ai fini dell'esclusione dalla gara, vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell'impresa.

Con l’ultimo motivo di ricorso, controparte sostiene che la sanzione pecuniaria irrogatale, pari a 500,00 euro, sia illegittima in quanto mancante dei presupposti di legge per la sua emissione.

Anche tale ulteriore motivo di ricorso risulta infondato.

Si ricorda che l’art. 213, comma 13, del d.lgs. 50/2016 prevede che "Nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n.689, l'Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000.

Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell'Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l'eventuale sanzione penale, l'Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 50.000. Con propri atti l'Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza".

Nel caso di specie, la ricorrente ha fornito una dichiarazione mendace in ordine al possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), con riflessi, data la natura del reato ascritto, in ordine al possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 1, lett. b-bis), del d.lgs. 50/2016 in materia di condanne definitive per reati concernenti false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile e l’Autorità ha applicato una sanzione più che congrua e proporzionata pari al minimo edittale, in ragione della colpa non grave ravvisata in capo all’operatore.

Alla luce delle superiori considerazioni, il Collegio rileva la legittimità della delibera gravata e della sanzione ad essa collegata, non risultando l’esistenza dei vizi denunciati.

Il ricorso deve dunque essere respinto perché infondato.

Sussistono le condizioni di legge per compensare le spese di lite tra le parti in causa.

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