TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2021-06-22, n. 202104283
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Pubblicato il 22/06/2021
N. 04283/2021 REG.PROV.COLL.
N. 03621/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3621 del 2018, proposto da
G T, rappresentato e difeso dall'avvocato M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Generale Orsini n. 40;
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, A A, B C, A C, G P, B R, E C, A I F, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
-) della disposizione dirigenziale n. 266 del 05.12.2017 8prot. 950389 del 06.12.2017, notificata in data 31.05.2018, con al quale il Comune di Napoli comunicava al ricorrente il diniego della pratica di condono edilizio (n. 118/04 - Barcode 3000118), con la quale il ricorrente chiedeva il condono edilizio delle seguenti opere realizzate in Napoli al Corso Protopisani n. 39 scala B piano 7 int. 21: “ampliamento su un preesistente terrazzo pertinenziale dell'appartamento di proprietà del richiedente, mediante strutture in profilati metallici e vetro montati su muretto di base”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 maggio 2021 il dott. Luca Cestaro, celebrata l’udienza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale ai sensi degli artt. 4 co. 1 del D.L. 28/2020 (conv. con L. 70/2020), 25 del D.L. 137/2020 e del D.P.C.S. 28.12.2020;
FATTO e DIRITTO
1 – La parte ricorrente, TAURISANO Giuseppe, impugna la disposizione dirigenziale n. 266 del 05.12.2017 prot. 950389 del 06.12.2017, notificata in data 31.05.2018, con cui il Comune di Napoli comunicava al ricorrente il diniego della pratica di condono edilizio (n. 118/04 - Barcode 3000118), relativa alle seguenti opere realizzate in Napoli al Corso Protopisani n. 39 scala B piano 7 int. 21: “ampliamento (di mq 17 circa) su un preesistente terrazzo pertinenziale dell’appartamento di proprietà del richiedente, mediante strutture in profilati metallici e vetro montati su muretto di base”.
A tanto il Comune giunge valutando negativamente l’abitabilità del bene in quanto di altezza inferiore a m. 2,60 e, in particolare, di m. 2,57. Già nella fase procedimentale (v. le osservazioni allegate al ricorso, al n. 5), la parte ricorrente ha ammesso di aver errato nel destinare l’opera a uso residenziale e ha, quindi, chiesto di poter destinare il manufatto a uso (non residenziale) di volume tecnico.
La parte ricorrente censura i seguenti vizi di violazione di legge ed eccesso di potere:
I) l’eccessiva puntigliosità dell’ente locale nel giudicare una domanda di condono, pienamente ammissibile per il resto, effettuata in totale buona fede e incolpevolmente con riferimento a un uso non ammesso in rapporto all’altezza, pure fedelmente rappresentata nella domanda di sanatoria;
II) l’omessa considerazione delle osservazioni della parte ricorrente che, oltre un anno prima dell’adozione del diniego impugnato, ha prodotto le osservazioni con cui ha chiesto, appunto, di mutare la destinazione dell’immobile oggetto della domanda di condono.
Il Comune insiste nel rigetto del ricorso evidenziando come l’errore iniziale non possa essere corretto alla luce della eccezionalità della normativa condonistica.
All’esito dell’udienza pubblica del 19.5.2021 – celebrata con le modalità descritte nell’epigrafe -, la causa era trattenuta in decisione.
2 - La descritta vicenda promana da un’istanza di condono (ex art. 32 del D.L. 269/2003 conv. con L. 326/2003, cd. terzo condono) riferita a un ampliamento, destinato a uso cucina, privo dell’altezza minima e, perciò, privo del requisito dell’abitabilità necessario per la concessione della sanatoria.
In data 23.11.2017, la parte ricorrente, in risposta al preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/1990, ha chiesto di poter rettificare l’istanza nel senso di riferirla a un locale tecnico (e non a una cucina), tipologia per cui non è richiesta l’altezza minima di 2,60 m. La parte dichiara, in particolare, che avrebbe rimosso il mobilio e gli elettrodomestici in modo da adibire effettivamente il locale a uso di volume tecnico.
L’esposizione che precede dimostra come la parte ricorrente abbia operato non una mera rettifica di un errore materiale, ma, piuttosto, un mutamento della destinazione d’uso dell’immobile ben dopo la presentazione dell’istanza e la scadenza del termine per la presentazione della medesima. Tale modo di procedere è senza dubbio inammissibile in quanto le istanze di condono devono riferirsi a immobili ultimati entro il 31.3.2003 (art. 32 co. 25 del D.L. 269/2003) e dovevano essere presentate entro il 10.12.2004 (art. 32 co. 32 del D.L. 269/2003).
La destinazione d’uso, peraltro, non è elemento formale, ma sostanziale tanto che il mutamento di destinazione d’uso tra categorie non omogenee – con relativo mutamento del carico urbanistico – è operazione per cui occorre il permesso di costruire (v., ex multis , T.A.R. Napoli, sez. VIII, 14/05/2020, n.1798 e T.A.R. Napoli, sez. VIII, 12/10/2020, n.4427).
È, quindi, manifestamente infondata la pretesa di parte ricorrente di operare una modifica dell’uso dell’immobile di molto successiva ai termini indicati onde modificare l’istanza medesima ben oltre il termine di presentazione della medesima.
3 – Peraltro, anche a voler qualificare la pretesa della parte ricorrente come un’istanza di rimessione in termini motivata sulla scorta della propria “buona fede”, essa non sarebbe accoglibile.
Difatti, come rilevato dalla difesa dell’ente locale, l’eccezionalità della disciplina condonistica impone di applicare la relativa disciplina in modo rigoroso e, quindi, di non poter derogare ai termini imposti dalla disciplina medesima se non per circostanze assolutamente eccezionali.
Invero, la stessa rimessione in termini è istituto eccezionale nella misura in cui costituisce deroga a termini che la legge qualifica perentori (v. Consiglio di Stato sez. V, 06/04/2021, n.2764 in tema di rimessione in termini nel processo amministrativo).
Ebbene, la rimessione in termini può essere concessa in virtù di circostanze eccezionali che escludano l’imputabilità della violazione del termine in capo alla parte che da esso è svantaggiata (si deve trattare di un “errore scusabile”) e sempre a condizione che la parte si attivi tempestivamente (Cassazione civile sez. III, 11/11/2020, n.25289);ciò avviene, ad esempio, in caso di contrasti giurisprudenziali in ordine all’applicabilità del termine (Consiglio di Stato , sez. II , 05/02/2021 , n. 1111).
Nel caso di specie, non ricorre alcun errore scusabile, avendo la parte ricorrente (o meglio, il tecnico da questa incarico) semplicemente omesso di considerare l’altezza minima richiesta per ottenere l’abitabilità, requisito chiaramente indicato dalle norme vigenti (v. art. 43, comma 1, lett. ‘b’ della legge n. 457 del 1978 e art. 1 del d.m. 5 luglio 1975) e necessario per ottenere la richiesta sanatoria; su tale ultimo punto, giova precisare che - come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza - la disciplina condonistica non consente alcuna deroga a tali requisiti minimi (v. C.d.S., sez. VI, n. 2575/2021 e C.d.S., sez. II, n. 8289/2020).
4 – L’esposizione che precede dimostra l’infondatezza delle censure sopra descritte, tutte relative, appunto, alla mancata considerazione della “rettifica” proposta.
Il ricorso va, pertanto, respinto poiché infondato. La peculiarità della vicenda induce alla integrale compensazione delle spese di lite.