TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-10-21, n. 201104896

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-10-21, n. 201104896
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201104896
Data del deposito : 21 ottobre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03635/2011 REG.RIC.

N. 04896/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03635/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3635 del 2011, proposto da:
A B, rappresentato e difeso dall'avv. R L, con il quale elett.te dom. in Napoli, via Depretis,78 c/o Avv. F.Landolfi;

contro

Comune di Caserta in Persona del S p.t.-n.c.

nei confronti di

E U M T, rappresentato e difeso dall'avv. L A, con il quale elett.te dom. presso Stefano Sorgente in Napoli, V. Po N.1 P.Co Parva Domus;

per l'annullamento

dei risultati delle operazioni elettorali per l’elezione del S e consiglio comunale di Caserta del 15 e 16 maggio 2011;

del verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio comunale di Caserta relativo alle elezioni del 15-16 maggio 2011,nella parte in cui assegna al ricorrente 361 voti di preferenza anziché 366,

dell’estratto del verbale delle operazioni elettorali dell’Ufficio centrale nella parte di cui sopra;

degli atti correlati e preordinati alla proclamazione ed in particolare del modello 303-AR contenente il prospetto dei voti di preferenza nella parte in cui nella sezione 3 assegna al candidato B tre voti anziché quattro;
della sezione n. 10 in cui gli assegna 5 voti in luogo di 8;
della sezione n. 42 in cui gli assegna 3 voti in luogo di 4;
della sezione n. 11 in cui gli assegna voti 1 e non gli riconosce voti 6,e comunque nella parte in cui non sono stati assegnati o annullati voti non ritenuti validi, della sezione n. 65 in cui gli assegna voti 1 e non gli riconosce voti 4,e comunque nella parte in cui non sono stati assegnati o annullati voti non ritenuti validi,

e per la declaratoria del diritto del ricorrente ad essere proclamato eletto al Consiglio comunale di Caserta con 375 voti di preferenza

e nel ricorso incidentale proposto da



TRESCA

Enrico Umberto Maria rapp.to e difeso come sopra

contro

B Andrea rapp.to e difeso come sopra

nonché

Comune di Caserta-n.c.

per l’annullamento

nella parte relativa alle sezioni 33,52,59,67, dei verbali delle indicate sezioni elettorali

e o per la riforma totale o parziale dei risultati elettorali nei limiti di cui alla impugnativa incidentale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di E U M T ed il ricorso incidentale dallo stesso proposto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il Cons. A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente è stato candidato nella lista PD - Partito democratico per l’elezione a consigliere comunale presso il Comune di Caserta alle elezioni amministrative del 15-16 maggio 2011;
si è classificato primo dei non eletti riportando 361 voti validi di preferenza , preceduto dal collega di partito dott. T , ultimo candidato eletto;

lamenta che non gli siano state attribuite una serie di preferenze, tali da consentirgli di raggiungere e superare la posizione del controinteressato, sì da determinare la sua elezione al Consiglio comunale.

A sostegno del ricorso deduce che i voti attribuiti non corrisponderebbero ai voti ascoltati dai rappresentanti di lista, o da persone presenti nei seggi in sede di spoglio, ovvero a quelli espressi in suo favore da una serie di elettori, dei quali allega dichiarazioni giurate in tal senso.

Inoltre aggiunge che in alcune sezioni sarebbe stata contrassegnata la lista del partito di appartenenza PD, segnando il voto di preferenza per il candidato B, su casella di lista collegata al candidato S della coalizione, e votando anche altro candidato S, senza che venisse conteggiata la preferenza espressa al candidato consigliere, o addirittura annullando l’intera scheda nonostante la validità del voto disgiunto.

In altri casi sarebbe stato contrassegnato il nome del candidato S collegato alla lista del PD con indicazione di preferenza per il B, e barrando nel contempo una diversa lista;
anche in tali ipotesi il voto non sarebbe stato assegnato o sarebbe stato annullato.

Lamenta pertanto eccesso di potere, violazione degli artt. 68 e 69 TU 570/60, violazione dell’arrt. 72 D. Leg. 267/2000, della legge 81/1993 artt 6 e 7 , dell’art. 57 co 2 TU 570/60.

Chiede che in via istruttoria vengano acquisite schede valide e nulle e verbali delle sezioni nn. 3,10, 11, 42, 65;
in queste sezioni assume (cfr. pagg. 8 e 9 del ricorso ) che vi sarebbe stata assegnazione di voti inferiori a quelli effettivi, nonché mancata assegnazione e /o annullamento di voti al ricorrente, chiamati dagli scrutatori e non ritenuti validi, il tutto per un minimo di 14 voti ( 1 voto nella sezione n. 3;
3 voti nella sezione n. 10, 5 voti nella sezione n. 11, 1 voto nella sezione n. 4 , 3 voti nella sezione n. 65).

Aggiunge poi ( pag. 10 del ricorso) che “ numerosi “ voti di preferenza sarebbero stati dichiarati nulli in sede di scrutinio, indicando due tipologie di vizi ( afferenti al voto disgiunto), con richiesta di istruttoria nelle stesse sezioni che sarebbero le stesse per le quali è stata spiegata la censura principale.

Si è costituito in giudizio il candidato T, opponendosi al ricorso principale e spiegando controricorso incidentale ;
ha eccepito in primo luogo l’inammissibilità della domanda avversa per mancata indicazione dell’errore o degli errori compiuti dal seggio nella mancata attribuzione delle preferenze, per genericità delle doglianze, per inidoneità assoluta delle prove addotte.

In via gradata ha spiegato ricorso incidentale, relativamente alle sezioni 33, 52,59 e 67 ove denuncia sussistere discordanze tra i voti indicati nel modello 220 AR e quelli riportati nel modello 303 AR : nelle sezioni nn. 33 e 52 ci sarebbe un errore a favore del B con attribuzione di 7 voti in eccesso,mentre nelle sezioni nn. 59 e 67 ci sarebbe un errore in danno del T, per un totale di quattro voti.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Caserta.

Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame si pone all'attenzione del Collegio la questione della prova ammissibile in materia di ricorso elettorale.

Come è noto, nei giudizi elettorali, anche se l'onere del ricorrente di specificare i motivi di gravame va valutato con minor rigore (stante l'impossibilità per l'interessato di prendere visione integrale del materiale e dovendosi necessariamente rimettere alle indicazioni provenienti da terzi, le quali non sempre sono precise ed esaurienti), tuttavia, ai fini dell'ammissibilità del ricorso sotto il profilo di una sufficiente specificazione dei motivi, occorre quantomeno <<l'indicazione della natura e delle caratteristiche essenziali dei vizi dedotti, delle sezioni in cui le irregolarità si sono verificate e del numero (ancorchè approssimativo) delle schede contestate>>
(C.d.S., Sez. V, n. 199/97.

Va richiamato, al riguardo, il costante e pacifico orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, secondo cui con il ricorso elettorale devono essere specificate le censure avverso l'atto di proclamazione degli eletti (Sez. V, n. 476/96, n. 241/96, n. 611/94), poichè non può consentirsi che doglianze generiche (o meramente ipotizzanti la sussistenza di tipologie astratte di vizi) conducano ad un'amplissima istruttoria ed alla conseguente proposizione di motivi aggiunti (Sez. V, n. 588/97, n. 1618/96, n. 528/81).

Infatti, in materia elettorale, il Legislatore non ha previsto una giurisdizione di tipo obiettivo (tendente cioè ad accertare quale sia stato comunque l'effettivo responso della competizione elettorale) ma di tipo soggettivo, in quanto <<anche al fine di contemperare tutti gli interessi in conflitto, ha inteso dare rilievo al principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico (che ha uno specifico rilievo nella materia elettorale), prevedendo la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo e il rigoroso termine di decadenza di trenta giorni, entro il quale gli atti vanno posti in contestazione e decorso inutilmente il quale i risultati elettorali diventano inattaccabili (per la parte che non è stata oggetto di tempestiva contestazione)>>
(cfr. C.d.S., Sez. V, n. 1618/96).

In applicazione dei suesposti principi (che il Collegio condivide pienamente) al caso di specie, si deve ritenere che le deduzioni svolte dal ricorrente nella prima censura siano inammissibili, in quanto, pur contenendo una analitica indicazione delle sezioni in cui si sarebbe verificata la mancata attribuzione dei voti di preferenza in favore del B, non sono accompagnate da alcun elemento di riscontro probatorio (o quantomeno da alcun principio di prova, come dichiarazioni di atto notorio di persone presenti allo spoglio) e quindi appaiono rivolte unicamente a provocare in sede processuale una non consentita rinnovazione delle operazioni elettorali, mediante un riesame dei voti in detta sezione.

Tale rinnovazione generalizzata dello scrutinio non è evidentemente consentita, essendo ormai pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale il ricorso elettorale non introduce una giurisdizione di diritto obiettivo, con cui si debba accertare quale sia stato l’effettivo responso delle urne elettorali, poichè il giudice amministrativo non può riesaminare (direttamente o tramite suoi incaricati) tutta l’attività svoltasi durante le operazioni (cfr. C. di S., sez. V, 30 maggio 1997, n. 588;
Tar Lecce, II Sez., 2 ottobre 1997, n. 489;
C. di S. Sez. V, 2 dicembre 1988, n. 1726, Sez. V, 3 marzo 1999, n. 225;
da ultimo Sez. V, 15 febbraio 2001, ).

E’, pertanto, necessario che le specifiche censure siano supportate da concreti elementi di riscontro delle asserite irregolarità , tali da costituire quanto meno un principio di prova, circa la sussistenza delle medesime, conformemente del resto a quanto unanimemente sostenuto in proposito dalla giurisprudenza (cfr. C. di S., Sez. V, 4 febbraio 1998, n. 146, secondo cui in materia di ricorsi elettorali è sufficiente proporre espresse censure sulle irregolarità delle operazioni, prospettate in termini di ragionevolezza e sostenute per lo meno da qualche riscontro obiettivo diverso dalla mera asserzione;
Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 738, secondo cui nel giudizio in materia elettorale non sono proponibili motivi dedotti in forma generica o privi di allegazioni specifiche e concrete, i quali si risolvano in definitiva in supposizioni od illazioni tendenti ad ottenere un riesame in sede giurisdizionale, quasi d’ufficio, dell’operato dei seggi elettorali).

Non può invero ritenersi soddisfatto l’onere di specificità dei motivi allorché il ricorrente prospetti vizi generici (CdS sez V 9.2.2001 n. 593) ovvero formuli le doglianze in via ipotetica o dubitativa, deducendo – come nella specie- errori nella attribuzione dei voti senza identificare il tipo di errore che si ritiene essere stato commesso (CdS sez V 15.2.2001 n. 796).

Nella specie, conclusivamente le doglianze spiegate nella prima censura, con cui il ricorrente rivendica l’attribuzione di ulteriori quattordici voti di preferenza individuale non individuano le irregolarità che avrebbero inficiato le corrispondenti operazioni di scrutinio, in quanto il ricorrente non specifica il motivo della mancata attribuzione di tali preferenze;
afferma al riguardo a pagina 8 “l’esistenza di un errore di calcolo o di un errore materiale,che ha viziato il procedimento di formazione dell’atto finale”, senza altre indicazioni.

Sotto altro aspetto giova, altresì, rilevare che il ricorso è inammissibile anche in quanto sfornito del benché minimo supporto probatorio;
in particolare non può avere alcuna valenza probatoria la dichiarazione di elettori che asseriscono in alcune delle sezioni indicate in ricorso di avere espresso preferenze in favore del ricorrente ( nella sezione n. 3 ,quattro dichiarazioni di voto da parte di altrettanti elettori;
nella sezione n. 10 ,una dichiarazione di voto da parte di un elettore, il quale nel contempo afferma di avere assistito allo spoglio di detta sezione, ove ha sentito più volte, per circa 7 o 8 volte, nominare il candidato B in sede di spoglio;
nella sezione n. 42 , una dichiarazione di voto di un elettore, il quale nel contempo afferma di avere assistito allo spoglio di detta sezione, ove ha sentito più volte, per circa 3 o 4 volte, nominare il candidato B in sede di spoglio;
nella sezione n. 11 ,una dichiarazione di voto di un elettore;
nella sezione n. 65 una dichiarazione del rappresentante di lista della sezione n. 61, la quale dichiara di essersi trattenuta anche presso la sezione n. 65 ove ha sentito 2 o 3 volte nominare il nome del B, nonché presso la stessa sezione 65 una dichiarazione di voto di una elettrice- per un totale di otto dichiarazioni sostitutive non indicate in foliario e non numerate).

Con tali dichiarazioni si tende ad evidenziare una irregolarità nello spoglio dei voti o nello scrutinio conseguente basandosi soltanto su alcune dichiarazioni di voto postume, effettuate perciò in piena violazione del principio di segretezza del voto reso nell’urna elettorale.

Invero, come ribadito dalla giurisprudenza, nei giudizi elettorali innanzi al giudice amministrativo, è inammissibile l'assunzione di una prova testimoniale, in base alla quale dimostrare che uno o più elettori hanno votato per il ricorrente, in quanto tale testimonianza sarebbe contraria alla regola costituzionale della segretezza del voto e, quindi, all'ordine pubblico (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 maggio 1997 n. 520, TAR. Lazio sez II bis n.12453/2006).

La questione del limite alla prova testimoniale nei giudizi elettorali , essendo i poteri istruttori del giudice limitati alle sole risultanze documentali, è stata esaminata ex professo e dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 85/2004, sulla base della considerazione che il verbale delle operazioni elettorali contiene la negazione del fatto dedotto a fondamento della domanda ;
e che l’efficacia di piena prova del verbale non può essere messa in discussione con mezzi diversi dalla querela di falso a norma dell’articolo 2700 c.c.

Pertanto la prova testimoniale, ancorché introdotta attraverso il deposito di dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio di soggetti che affermano di avere votato per una certa lista o un certo candidato, è inammissibile ( cfr CdS V 26 giugno 2000 n. 3631).

Ma il principio di prova addotto è inammissibile per quelle dichiarazioni di voto che contengono anche la attestazione di avere assistito in parte alle operazioni di scrutinio da parte dell’elettore.

Il B in tali casi adduce le dichiarazioni di soggetti terzi ( peraltro non rappresentanti di lista ma meri elettori trattenutisi per lo spoglio ) i quali, presenti alle operazioni di spoglio avrebbero sentito, in sede di scrutinio, che in talune sezioni elettorali alcuni voti <chiamati>
dal presidente di seggio in suo favore di non sarebbero stati in realtà assegnati risultando verbalizzato un numero di preferenze inferiore.

Ritiene il Collegio che censure di tal fatta non possano tuttavia superare l’esame preventivo della ammissibilità processuale.

Le stesse infatti si fondano su mere percezioni sensoriali di soggetti che avrebbero percepito, in talune sezioni elettorali puntualmente indicate, una non fedele trasposizione nei verbali delle dichiarazioni di voto espresse dagli elettori. Ma di tali pretese incongruenze nessun indizio è dato scorgere dall’esame dei predetti verbali, ove nessun reclamo o contestazione di sorta risulta essere stata articolata dagli aventi titolo, il che è sufficiente a ritenere inammissibile per genericità e astrattezza il proposto gravame e le censure ivi articolate, incapaci di inficiare la forza probante dei verbali di sezione, aventi valore ed efficacia di atto pubblico in quanto promananti da pubblico ufficiale.

Si riconosce invece valore di principio di prova alle dichiarazioni dei rappresentanti di lista perché gli stessi, pur non essendo componenti del seggio elettorale, sono tuttavia soggetti che svolgono nei seggi funzioni regolate dalla normativa elettorale, partecipando a tutte le operazioni e svolgendo funzioni di controllo del procedimento elettorale (CdS sez. V 23.1.2006 n. 168).

Tuttavia le dichiarazioni prodotte dal B non consistono in dirette annotazioni dei rappresentanti di lista, ma in mere percezioni uditive di alcuni elettori che hanno reso le postume dichiarazioni di voto di cui sopra, percezioni affidate ad una presenza occasionale e saltuaria nella sede delle operazioni di scrutinio.

In un solo caso è stata prodotta la dichiarazione di soggetto diverso,ossia di un rappresentante della lista PD presso altra sezione, ma proprio in quanto si tratta di rilevatore nominato per una diversa sezione elettorale, la sua presenza necessariamente saltuaria non consente di ritenere ammissibile una prova o un principio di prova fornito attraverso rappresentazioni solo parziali delle operazioni elettorali.

Va poi esaminato il secondo motivo, con la quale il ricorrente adduce essere avvenuto un preteso annullamento di schede in suo danno, nelle stesse sezioni di cui alla prima doglianza, senza peraltro indicare il numero delle schede coinvolte da tale vizio .

La censura – anche in tal caso sfornita di un accettabile principio di prova, in quanto viene fondata su “ notizie ricevute “ e “ sommari controlli” - non sfugge alla sanzione di genericità , che si impone qualora il ricorrente, pur indicando il tipo di vizi ed il numero delle sezioni elettorali in cui tale situazione si è verificata, ometta di esprimere anche in via approssimativa il numero di schede le cui preferenze sarebbero state ingiustamente annullate ;
ciò all’evidente scopo di evitare che l’indicazione dei voti contestati si trasformi in un mero espediente per provocare un generale riesame delle schede elettorali in sede di giudizio (CdS sez V 4.2.1998 n. 196).

Invero il B deduce che “ numerosi “ voti di preferenza sarebbero stati dichiarati nulli in sede di scrutinio, richiamando in via esemplificativa due tipologie di espressione della preferenza a suo dire valide. La mancata quantificazione del numero di schede e la configurazione imprecisa della censura ( che non chiarisce nella prima ipotesi se sia stata barrata la lista del B;
mentre nella seconda ipotesi espressamente dichiara essere stata barrata una lista diversa – ipotesi quest’ultima che ricade nella inefficacia del voto di preferenza individuale) comportano la inammissibilità anche del secondo motivo di doglianza.

Conclusivamente il Collegio deve dichiarare inammissibile il presente ricorso, col quale in definitiva il ricorrente, sulla scorta di doglianze prive di ogni possibilità di verifica estrinseca, mira a realizzare una inammissibile riedizione dello spoglio elettorale che dovrebbe investire tutte le schede elettorali delle sezioni in cui si assume, senza alcun fondamento oggettivo, la ricorrenza delle erronee attribuzioni.

Il ricorso principale va in definitiva dichiarato inammissibile e per l’effetto, venendo meno l’interesse concreto ed attuale del ricorrente incidentale, va dichiarato inammissibile anche il gravame incidentale.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore del controinteressato costitutio.

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