TAR Bari, sez. I, sentenza 2022-05-02, n. 202200588

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2022-05-02, n. 202200588
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202200588
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2022

N. 00588/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01057/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1057 del 2016, proposto da
Il B s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S D M, L B, domiciliata presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari, n.6;

contro

Comune di Celle San Vito, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con domicilio eletto presso lo studio Giandonato Uva in Bari, via Giand. Petroni, n. 3;

per l'annullamento

- della nota prot. 2016/0001514 U del 22.4.2016, nella parte in cui il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Cella S. Vito attesta la natura civica delle particelle di proprietà dell'odierna ricorrente e precisamente quelle distinte al Catasto dei terreni al foglio n.17, p.lle 19,20,21,22,23,25,10,11,24,29 e 30;

-della Delibera G.C. 11.1.2011 n.5;

-della Delibera C.C. 25.1.2011 n.5;

-della Delibera G.C. 19.7.2011 n.100;

-della Determina AA.GG.

1.9.2011 n.97;

-della Delibera C.C.

7.4.2012 n.4;

-della Nota 9.8.2012 Prot.n.2208;

-della Nota 18.12.2012 Prot.n.3515;

-della Delibera C.C. del 7.6.2012 n.4;

-della Delibera C.C. del 28.12.2012 n.38;

-della Nota 12.3.2013 Prot.n.795;

-di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Celle San Vito;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13.4.2022 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, la Soc. Agr. Il B s.r.l. richiede la declaratoria di nullità ovvero in subordine di annullamento di una serie di delibere comunali con le quali si è dato atto che alcuni suoi terreni sono soggetti ad uso civico perché ricompresi nel c.d. ‘Demanio Universale Crepacuore’.

La società ritiene – questo in estrema sintesi l’assunto posto a fondamento del ricorso - che il Comune abbia posto in essere una attività propria della Regione ovvero del Commissario agli usi civici e, pertanto, sostiene – in tesi- che detti atti comunali siano affetti da nullità, articolando –in subordine- più motivi di doglianza per l’illegittimità degli stessi.

Nel costituirsi l’Ente ha difeso, nel merito, l’operato dei propri organi, evidenziando la natura meramente ricognitiva dell’attività svolta, culminata con l’adozione della DCC n. 38 del 28.12.2012 (di ricognizione generale delle terre demaniali di uso civico e relativo regolamento comunale), nel fermo rispetto delle prodromiche competenze regionali (ex DPR n. 11/1972 e 616/1977) ed ancor prima di quelle del Commissario per la liquidazione degli usi civici (di cui alla L. n. 1766/1927), eccependo in primo luogo (con la memoria di costituzione dell’1.10.2016) la tardività del ricorso proposto nel 2016 a fronte ed avverso delibere comunali del 2011 e 2012.

All’udienza del 13.4.2022, invitate le parti ad interloquire, ex art. 73 cpa, non solo sulla questione di ricevibilità e tempestività, ma anche sui possibili profili di inammissibilità del ricorso, nella parte in cui rivolto avverso il certificato di destinazione urbanistica, in ragione della sua natura meramente esplicativa della pregressa attività ricognitiva conclusasi nel 2012, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Come bene eccepito dalla difesa comunale, esso si profila, in primo luogo, tardivo nella parte in cui si rivolge avverso le delibere consiliari e giuntali del 2011 e 2012.

L’azione per far valere tutti i vizi dedotti (sia di nullità sia di annullabilità) è, infatti, assoggettata a termini di decadenza (rispettivamente di 180 e 60 giorni) che, alla data di notifica del ricorso (spedito a mezzo posta il 26.7.2016), risultavano abbondantemente decorsi, ponendo come momento da cui essi hanno cominciato a decorrere quello in cui sia scaduto il termine per la pubblicazione delle delibere, secondo la previsione di cui all’art. 41 co 2 cpa relativa agli atti per cui non sia prevista la notificazione individuale.

Che tali delibere rientrino in tale categoria emerge in modo inconfutabile dalla circostanza che si tratti di atti generali, inerenti una pluralità di suoli ed il complessivo territorio comunale.

Resta, pertanto, confutato l’argomento esposto dalla ricorrente in sede di discussione orale, secondo cui, trattandosi di atti destinati alla sola ricorrente, ne sarebbe stata prescritta la notificazione individuale.

Né può valere ai fini della tempestività del ricorso la conoscenza delle delibere acquisita a seguito del rilascio del certificato di destinazione urbanistica dei suoli (ottenuta il 22.4.2016), poiché per gli atti soggetti a pubblicazione, la disciplina normativa inerente il decorso del termine di impugnazione rende irrilevante la conoscenza effettiva.

Il ricorso, poi, nella parte in cui è rivolto avverso il predetto certificato risulta inammissibile attesa la natura meramente dichiarativa (e per ciò non autonomamente lesiva), in parte qua, della attestazione contestata.

Nel merito il ricorso è, comunque, infondato.

Esso muove dall’assunto che l’Ente, adottando le delibere in questione (che hanno operato la ricognizione degli usi civici gravanti sulle terre comunali), abbia usurpato le competenze regionali, restando ormai la Regione l’unico Ente competente all’accertamento degli stessi. Il tutto sul presupposto – ancor più a monte- che nessun uso civico gravi sulle terre di proprietà della ricorrente.

L’assunto fondamentale delle doglianze, tuttavia, riposa su di un erroneo presupposto.

In primo luogo, infatti, il Comune non ha proceduto ad attività di accertamento e valutazione (di cui all’art. 29 L. n.1766/1927, ormai di competenza regionale) di usi civici mai accertati, ma ad attività di ricognizione di precedenti attività già espletate ben prima della devoluzione delle relative competenze del Commissario liquidatore alle Regioni.

Nessuna usurpazione di competenze regionali si è, dunque, verificata, avendo al contrario proceduto l’Ente a verificare e “ricognoscere” lo stato di accertamento e le attività di indagine storico- giuridiche già espletate in un remoto passato, al fine di poter esercitare le proprie competenze amministrative (pacificamente esistenti, per come riconosciuto dalla stessa ricorrente, in base alla normativa di settore ed in particolare in base all’art. 43 RD n.332/1928).

In secondo luogo – e la considerazione risulta ancor più pregnante – è rimasto del tutto sfornito di adeguata prova documentale l’unico e fondamentale aspetto su cui riposano le rivendicazioni della ricorrente: ossia che le terre in questione non siano gravate di usi civici.

Poste e riconosciute, infatti, le competenze regionali reclamate dalla stessa ricorrente, l’assenza di usi civici sulle terre in questione ben avrebbe potuto (e dovuto) essere dimostrata mediante una certificazione del competente servizio regionale che, tuttavia, la ricorrente non si è premurata di richiedere e versare in atti (verosimilmente poiché non avrebbe potuto contenere la invocata e sperata attestazione di assenza dell’onere contestato).

Nello specifico, poi, tutte le doglianze sono destituite di fondamento.

E’ infondata la prima con cui si deduce la nullità, ex art. 21 septies L. n. 241/1990, degli atti impugnati per difetto di attribuzione e incompetenza assoluta, sull’assunto che l’Ente comunale avrebbe usurpato le competenze regionali.

La doglianza è fuori mira non solo per le considerazioni già svolte ma anche perché, attese le sicure competenze comunali nella materia in questione (ex art. 43 cit.), l’ipotesi ricadrebbe, al più in quella di incompetenza relativa.

E’ infondata la seconda censura di incompetenza e violazione di legge (nonché di eccesso di potere per carenza dello stesso), con cui si ripropone – in sostanza - la medesima prima doglianza, ma in chiave di annullabilità, in quanto l’Ente, per come già chiarito ha svolto attività di ricognizione di precedenti attività di indagine e accertamento, funzionale all’esercizio dei propri poteri amministrativi, giustificabile e ammissibile secondo il principio dei poteri impliciti (essendo, cioè, funzionale ad esercitare poteri riconosciuti dalla legge).

E’ infondata la terza doglianza con cui si contesta l’adozione del regolamento (DCC n. 38 del 28.12.2012) comunale sulle terre demaniali di uso civico, sul presupposto che sarebbe mancata la necessaria attività prodromica di competenza regionale o, ancor prima, del Commissario liquidatore (art. 42 RD 332/1928).

Il regolamento comunale, infatti, muove proprio dalla ricognizione della pregressa attività già espletata e, pertanto, risulta coerentemente inserito nell’alveo procedimentale previsto dalla normativa di settore.

Infine, analoga sorte merita la quarta doglianza con cui si contesta la legittimità del certificato di destinazione urbanistica, asserendone la natura parimenti usurpativa di competenze regionali (sull’assunto che l’Ufficio adottante avrebbe compiuto una attestazione non consentita, in quanto non preceduta dalla necessaria attività regionale), poichè, come già evidenziato, l’attestazione compiuta non è frutto di autonome determinazioni dell’Ufficio, bensì meramente esplicativa di quanto risultante dalle delibere in questa sede censurate.

Per le ragioni suesposte il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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