TAR Salerno, sez. I, sentenza 2011-07-12, n. 201101258

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2011-07-12, n. 201101258
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201101258
Data del deposito : 12 luglio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01662/2010 REG.RIC.

N. 01258/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01662/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1662 del 2010, proposto da:
M C, rappresentato e difeso dagli avv. G L e I T, con domicilio eletto in Salerno, via M. Salernitani n. 31 presso lo studio dell’avv. F;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele n.58;

per l'annullamento:

1. del decreto prot. n. 333-D/33881 del 3.5.2010, notificato in data 8.7.2010del Direttore generale della Pubblica scurezza – Capo della Polizia del Ministero dell’Interno, con il quale è irrogata al ricorrente “La sanzione disciplinare della deplorazione congiunta alla pena pecuniaria nella misura di 3/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo”;

2. della nota prot. n. 0204/C.P.D./Cat. 2.8/2010 del 19.02.2010, notificata in data 8.7.2010, con la quale il Consiglio provinciale di disciplina della Questura di Salerno, all’esito del procedimento disciplinare attivato nei confronti del ricorrente, ha proposto l’irrogazione della sanzione impugnata sub 1.;

3. ove occorra, della nota prot. n. 0203/Uff.Pers./Cat. 2.8/2010 del 30.1.2010, non conosciuta, di trasmissione delle risultanze dell’istruttoria disciplinare condotta nei confronti del ricorrente;

4. ove occorra, della relazione istruttoria del funzionario incaricato del 25.1.2010;

5. ove occorra, della nota prot. n. 2.8/042 del 4.1.2010;

6. ove occorra, delle note prott. n. 2712/Uff. pers. Cat. 2.8/2009 del 27.11.2009 e n. 2713/Uff. Pers. Cat. 2.8/2009 del 27.11.2009 con le quali la Questura di Salerno ha attivato il procedimento disciplinare a carico del ricorrente a distanza di dieci anni dalla conoscenza delle circostanze per le quali ha ritenuto di procedere nei suoi confronti;

7. ove occorra, della nota prot. n. 180/Ris. Displ.09 del 19.11.2009 con la quale il Compartimento della Polizia stradale per la Campania e il Molise ha richiesto alla Questura di Salerno di attivare il procedimento disciplinare a carico del ricorrente;

8. di ogni altro atto, ancorché non conosciuto, connesso, collegato, presupposto, consequenziale.

Nonché per la condanna dell’amministrazione, datrice di lavoro, alla ripetizione delle somme illegittimamente trattenute sul trattamento del ricorrente, maggiorate di interessi e rivalutazione, e al risarcimento degli ulteriori danni subiti per effetto del procedimento disciplinare impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2011 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso, notificato il 21 ottobre 2010 e depositato il successivo 29, C M, Sovrintendente della Polizia di Stato in servizio presso la sottosezione stradale di Eboli, ha impugnato il decreto del Capo della Polizia del 3 maggio 2010, insieme agli atti ad esso a vario titolo collegati. Con tale decreto, il ricorrente ha subito la sanzione della deplorazione congiunta alla pena pecuniaria nella misura di 3/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

Ha dedotto articolati motivi di censura in conseguenza dei quali ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, dei provvedimenti impugnati, la ripetizione delle somme indebitamente percepite dall’amministrazione ed il risarcimento dei danni subiti.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato per conto del Ministero dell’Interno e, con memoria, ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza cautelare n. 1116 del 3 dicembre 2010, questa Sezione ha respinto la richiesta di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati;

La Terza sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 198 del 21 gennaio 2011, ha accolto l’appello cautelare ed ha rimesso la causa a questo Tar per la sollecita definizione nel merito.

In vista dell’udienza pubblica del 7 aprile 2011, le parti hanno depositato memorie con le quali hanno ribadito le rispettive posizioni.

La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- La controversia in esame concerne la legittimità della sanzione disciplinare della deplorazione congiunta a pena pecuniaria irrogata al ricorrente, C M.

In sede cautelare, questo Tar ha respinto la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, avendo considerato che la conclusione del procedimento penale, a mezzo di decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione, rendesse ininfluente il decorso del termine di centoventi giorni previsto dall’art. 9 del d.p.r. 737/1981 per l’attivazione dell’iniziativa disciplinare.

Le conclusioni interinali di questo Tar sono state poi smentite, in sede di appello cautelare, dal Consiglio di Stato.

Re melius perpensa, il Collegio ravvisa fondati elementi per rivedere le proprie posizioni e considerare il ricorso meritevole di accoglimento.

2.- Con il primo motivo di censura, il ricorrente –oltre a dolersi dell’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, arbitrarietà, sviamento, irrazionalità, ingiustizia manifesta- deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 9 del d.p.r. 25.10.1981, n. 737. Il menzionato articolo riporta la normativa relativa alle sanzioni disciplinari per il personale dell'amministrazione di pubblica sicurezza e regolamenta i relativi procedimenti;
si duole inoltre dell’eccesso di potere.

Il motivo è fondato.

Il citato art. 9 prescrive che “quando da un procedimento penale, comunque definito, emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di giorni 120 dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione.”

Nel caso in esame, il procedimento penale a carico del ricorrente si è concluso, in data 6.2.2009, con il decreto di archiviazione del G.I.P., comunicato alla Questura di Salerno il successivo 10. Ebbene, tale decreto rileva, da un lato, che i reati ascritti agli indagati, tra i quali il ricorrente, risultano essere prescritti ;
dall’altro, considera la sostanziale “infondatezza della notizia di reato in quanto gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non appaiono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”.

E’ sufficiente questo dato per considerare l’odierno ricorso supportato da sufficienti elementi di fondatezza, dovendo apprezzarsi il contenuto sostanzialmente assolutorio della pronuncia conclusiva del procedimento penale;
è evidente allora che, su queste premesse, l’inizio del procedimento disciplinare è avvenuto oltre i termini stabiliti dal’art. 9 d.p.r. 737/1981.

Infatti, l’atto di avvio del predetto procedimento, la nota del 27.11.2009 con la quale è stato nominato il Funzionario istruttore, è stato assunto 290 giorni dopo la comunicazione all’amministrazione del decreto di archiviazione e 294 giorni dopo la relativa pubblicazione.

Il tenore letterale del menzionato art. 9 che si richiama ad un “procedimento penale, comunque definito” non può che comprendere situazioni, come quella in esame, nella quale la fase delle indagini preliminari si è conclusa con archiviazione della “notizia criminis”.

Non è stato quindi rispettato il termine imposto dall’art. 9 citato.

3.- Col secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 103 d.p.r. n. 3/1957, in relazione all’art. 31 del d.p.r. n. 737/1981, nonché l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, arbitrarietà, sviamento, irrazionalità, ingiustizia manifesta.

Al riguardo, l’amministrazione ha ritenuto non applicabili i termini prescritti dall’art. 9 d.p.r. n. 737/1981 poiché, a suo avviso, la nozione di “procedimento penale” corrisponderebbe a quella di “processo penale”, con esclusione della fase delle indagini. Pertanto, sempre secondo l’amministrazione, presupposto per l’applicazione della citata disposizione sarebbe la formale contestazione dell’ipotesi di reato in capo all’indagato e, quindi, la trasformazione della sua posizione soggettiva in quella di imputato. Da ciò deriverebbe che il decreto di archiviazione disposto dal G.I.P., in sede di indagini preliminari, non potrebbe essere equiparato ad una sentenza, ossia al tipo di pronuncia richiesto per l’applicazione del termine di cui al più volte indicato art. 9 d.p.r. n. 737/1981.

Le considerazioni dell’amministrazioni non sono condivisibili.

Il rapporto d’impiego del personale della Polizia dello Stato si svolge in regime di diritto pubblico;
in particolare, riguardo al profilo disciplinare, tale rapporto è governato dal d.p.r. n. 737/1981, normativa avente carattere speciale rispetto alla generalità del pubblico impiego, per il quale si applica invece l’art. 103 del d.p.r. n. 3/1957, norma di carattere generale.

Ciò comporta che, qualora non sia possibile invocare la disciplina dell’art. 9 d.p.r. n. 737/1981 che, come sopra esaminato, stabilisce termini precisi per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti del personale della Polizia, non può che farsi riferimento all’art. 103 d.p.r. n. 3/1957;
questo perché il personale della Polizia rientra comunque nella categoria generale del personale di pubblico impiego in regime di diritto pubblico. Secondo questa disposizione, “L’ufficio del personale che abbia comunque notizia di una infrazione disciplinare commessa da un impiegato svolge gli opportuni accertamenti preliminari e, ove ritenga che il fatto sia punibile con la sanzione della censura, rimette gli atti al competente capo ufficio;
negli altri casi contesta subito gli addebiti all’impiegato invitandolo a presentare le giustificazioni”.

Può osservarsi che il menzionato art. 103 d.p.r. 3/1957, diversamente dall’art. 9 d.p.r. 737/1981, non indica un termine per la contestazione degli addebiti, ossia per l’inizio dell’azione disciplinare. Ciò impone all’amministrazione il dovere di procedere con immediatezza, una volta che sia venuta a conoscenza della condotta potenzialmente rilevante ai fini disciplinari, per evidenti ragioni di garanzia del pubblico dipendente che non può essere passibile di sottoposizione sine die ad un procedimento disciplinare.

Il procedimento disciplinare aperto nei confronti del ricorrente è quindi tardivo con riferimento non solo alla disciplina speciale di cui all’art. 9 d.p.r. 737/1981 ma anche alla disciplina generale di cui al menzionato art. 103 d.p.r. n. 3/1957. Dagli atti emerge infatti che nella nota del 24.4.1999, il Ministero degli Interni si è riservato di procedere in tal senso, salvo poi rimanere inerte.

La violazione del principio dell’immediata contestazione comporta l’illegittimità del provvedimento disciplinare, essendo stato adottato in violazione del diritto di difesa dell’interessato

Appare evidente, secondo un elementare rispetto del principio del contraddittorio e della difesa, che il lungo tempo trascorso tra la data in cui le condotte, alla base della contestazione, sono state assunte, e quella dell’inizio dell’azione disciplinare, finiscono per deprimere il principi del contraddittorio e della difesa del dipendente il quale è messo nella oggettiva difficoltà di ricostruire, ai fini difensivi, la vicenda (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1.4.2009, n. 2034).

4.- Fondato si palesa anche il terzo motivo, col quale parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 9, 11 e 31 d.p.r. n. 737/1981 e art. 103 d.p.r. 3/1957.

Al riguardo, l’art. 11 del d.p.r. n. 737/1981 dispone che “quando l’appartenente ai ruoli del’amministrazione di pubblica sicurezza viene sottoposto, per gi stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del provvedimento penale con sentenza passata in giudicato”.

La censura è fondata per la semplice considerazione che, nel caso di specie, il procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente è iniziato solo nel 2009, una volta che il relativo procedimento penale era già concluso.

5.- Infine, è fondato il quarto motivo di ricorso, col quale parte ricorrente per altri profili censura la violazione delle sopra indicate norme posto che il procedimento disciplinare, a suo avviso, non avrebbe potuto essere impugnato, anche alla luce del contenuto sostanzialmente assolutorio del decreto di archiviazione del 6.2.2009.

Sul punto il Collegio, come già rilevato al punto 2., osserva che il decreto valuta nel complesso infondata la notizia di reato, per inidoneità degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari a sostenere l’accusa in giudizio.

6.- Per quanto sopra il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati ed obbligo dell’amministrazione di ripetere le somme indebitamente trattenute per effetto della sanzione disciplinare irrogata, oltre rivalutazione ed interessi come per legge.

Non può invece aderirsi alla richiesta di risarcimento dei danni a fronte delle obiettive incertezze circa l’esatta applicazione della normativa di riferimento, tali da privare l’azione amministrativa del carattere di illiceità;
va inoltre considerato il contenuto completamento satisfattivo della pronuncia di accoglimento ed, infine, l’assoluta mancanza di elementi di prova a conforto dei lamentati pregiudizi subiti.

Le oggettive incertezze riguardanti l’esatta interpretazione delle norme applicabili in questa materia, inducono a compensare integralmente le spese tra le parti costituite.

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