TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-12-05, n. 201401812

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2014-12-05, n. 201401812
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201401812
Data del deposito : 5 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00665/2014 REG.RIC.

N. 01812/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00665/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 665 del 2014, proposto da:
G F e A A, rappresentati e difesi dall'avv. A B, presso il quale sono elettivamente domiciliati nel suo studio in Genova, via di Sottoripa, 1/35;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l'ottemperanza

della sentenza del Tribunale di Genova 11 gennaio 2011, n. 7, in giudicato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Gli odierni ricorrenti sono i genitori di un sottufficiale deceduto nel 1992, durante una “missione di pace” nella ex Jugoslavia, mentre eseguiva un intervento di manutenzione su una nave in avaria.

Con ricorso al Tribunale di Genova, Sezione Lavoro, essi avevano convenuto in giudizio il Ministero dell’interno e il Ministero della difesa al fine di ottenere i benefici previsti per le vittime della criminalità organizzata e del terrorismo, estesi alle vittime del dovere ed ai soggetti che, in forza dell’art. 1, comma 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), erano stati equiparati a queste ultime.

Il giudice adito, con la sentenza n. 7 del 11 gennaio 2011, ha riconosciuto la fondatezza della pretesa;
più precisamente, il Tribunale di Genova ha:

1) dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’interno;

2) accertato la sussistenza dei presupposti previsti dal citato comma 564 per il riconoscimento della condizione di vittima del dovere;

3) dichiarato il diritto dei ricorrenti, quali eredi del militare deceduto, alla concessione dei benefici assistenziali previsti dalla legge a favore delle vittime della criminalità e del terrorismo;

4) condannato il Ministero della difesa al pagamento delle spese di lite, liquidate nell’importo di € 3.000,00, oltre accessori di legge.

Il contenuto del diritto dei ricorrenti è stato meglio specificato dal giudice ordinario con riferimento:

a) alla speciale elargizione prevista dall’art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, richiamata dall’art. 5, comma 1, della legge n. 206/2004;

b) allo speciale assegno vitalizio non reversibile di € 1.033,00 mensili, previsto dal comma 3 dell’art. 5 citato, a decorrere dal 1° ottobre 2010;

c) all’assistenza psicologica prevista dall’art. 6, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206;

d) all’esenzione totale dal ticket per ogni prestazione sanitaria e farmaceutica, prevista dall’art. 9 della legge n. 206/2004;

e) all’assegno vitalizio ex art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407.

Come si evince dalla certificazione in atti, detta sentenza, non impugnata, è passata in giudicato.

L’Amministrazione della difesa vi ha dato esecuzione e, in particolare, ha erogato agli odierni ricorrenti l’assegno vitalizio previsto dall’art. 2 della legge n. 407/1998.

Tale beneficio, però, è stato quantificato nell’importo di € 258,03 mensili, corrispondente alle lire 500.000 originariamente previste dalla legge, anziché nella misura di € 500,00 prevista dall’art. 4, comma 238, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (“Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili”).

Essendo risultati vani i tentativi di ottenere la rideterminazione dell’assegno in via stragiudiziale, gli interessati hanno proposto il presente ricorso per ottemperanza, regolarmente notificato al Ministero della difesa in data 27 giugno 2014 e depositato il successivo 4 luglio, con cui chiedono che venga ordinata l’esatta esecuzione della menzionata sentenza del giudice ordinario e che, in conseguenza, sia rideterminato l’assegno loro spettante nell’importo di € 500,00 mensili, soggetto alla perequazione prevista dall’art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, con decorrenza dal 1° gennaio 2006.

L’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova si è costituita in giudizio in rappresentanza dell’intimato Ministero della difesa, opponendosi all’accoglimento del ricorso in quanto infondato nel merito.

Sostiene la difesa erariale che la legge n. 350/2003 avrebbe aumentato l’importo dell’assegno de quo (da € 258,03 a € 500,00) limitatamente alle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo, mentre la categoria delle vittime del dovere, che non viene espressamente richiamata dal testo normativo, non potrebbe considerarsi beneficiaria dell’incremento.

La stessa sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, d’altronde, ha fatto esclusivo riferimento alla legge n. 407/1998 istitutiva del beneficio, senza richiamare la normativa successiva di rideterminazione del suo importo.

Il ricorso è stato chiamato all’udienza camerale del 20 novembre 2014 e ritenuto in decisione.

La questione giuridica introdotta nel presente giudizio è stata recentemente affrontata dalla giurisprudenza amministrativa che, con la sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 6156 del 20 dicembre 2013, ha affermato principi coerenti con la tesi qui proposta dalla parte ricorrente.

Ha precisato il giudice d’appello, con tale pronuncia, che le vigenti disposizioni normative equiparano, ai fini del riconoscimento della spettanza dell’assegno de quo , la categoria delle vittime del dovere a quelle del terrorismo e della criminalità organizzata: l’evoluzione della normativa di settore evidenzia un chiaro intento perequativo del legislatore, cosicché non esiste alcuna ragione sostanziale che giustifichi l’esclusione dell’adeguamento dell’assegno nei confronti di una categoria di soggetti già in precedenza equiparati agli originari assegnatari della provvidenza in questione.

La posizione dell’amministrazione, pertanto, non può essere condivisa, poiché fonte di una “ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di soggetti posti sullo stesso piano in relazione alle conseguenze fisiche di tipo negativo riportate in occasione di eventi di violenza comune e terroristica”.

Sul piano formale, il giudice d’appello ha anche rilevato come il d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, nel disciplinare i tempi e le modalità di erogazione dell’assegno in parola, non abbia inciso in senso restrittivo sull’ambito dei beneficiari, come si evince dal fatto che l’art. 1 fa espresso riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate.

Il successivo art. 4 dello stesso d.P.R., relativamente alla corresponsione dell’assegno vitalizio mensile, menziona direttamente l’importo originariamente previsto dalla legge n. 407/98 (€ 258,23 pari a lire cinquecentomila) ai soli fini dell’individuazione del beneficio in questione, senza voler cristallizzare la misura dell’assegno stesso.

L’applicazione dei principi e dei chiarimenti interpretativi di cui sopra, che il Collegio condivide e fa propri, comporta la diagnosi di fondatezza del presente ricorso che, in conseguenza, deve essere accolto.

Va ordinato al Ministero della difesa, pertanto, di dare puntuale esecuzione alla sentenza del Tribunale di Genova, Sezione Lavoro, n. 7 del 11 gennaio 2011, con attribuzione ai ricorrenti dell’assegno vitalizio ex art. 2 della legge n. 407/1998 nella misura di € 500,00 mensili, con la perequazione automatica di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 503/1992.

L’Amministrazione provvederà all’adeguamento della somma dovuta entro sessanta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, salva la successiva nomina di un commissario ad acta su richiesta di parte.

Le spese di lite devono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente e sono equamente liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi