TAR Napoli, sez. I, sentenza 2015-01-30, n. 201500615

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2015-01-30, n. 201500615
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201500615
Data del deposito : 30 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03965/2013 REG.RIC.

N. 00615/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03965/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3965 del 2013, proposto da:
P.P.G. Industries Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante ing. B S, rappresentata e difesa dagli avv.ti F F A e G B, con domicilio eletto in Napoli, presso lo studio dell’avv. E M Z, al viale Gramsci, 16;

contro

Commissario Straordinario del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale per la Provincia di Napoli, non costituito;

nei confronti di

Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, non costituita;

per l'annullamento

del decreto n. 80 del 24 aprile 2013 del Commissario straordinario del Consorzio A.S.I. di Napoli, pubblicato sul B.U.R.C. n. 23 del 6 maggio 2013, recante approvazione delle tariffe per i servizi consortili idrici, di colletta mento, di raccolta e depurazione, per l’anno 2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2015 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

P.P.G. Industries Italia S.p.A., titolare di uno stabilimento sito in Caivano nell'Area di Sviluppo Industriale per la Provincia di Napoli, ha premesso di aver stipulato con il Consorzio ASI un contratto per la fornitura idrica, che prevede la corresponsione di un corrispettivo sulla base dei consumi trimestrali di acque ed un canone trimestrale per il servizio di depurazione.

La società ricorrente ha esposto di aver già impugnato davanti a questo T.A.R., con ricorso .

R.G. n. 3989 del 2012, il decreto n. 59 del 19 marzo 2012, recante “Approvazione Tariffe Servizio idrico integrato anno 2012 agglomerato ASI”.

Con l’odierno ricorso, l’instante ha chiesto l’annullamento dell’ulteriore decreto n. 80 del 24 aprile 2013, pubblicato sul B.U.R.C. n. 23 del 6 maggio 2013, con cu il Commissario straordinario del Consorzio A.S.I. di Napoli ha approvato le tariffe per i servizi consortili idrici, di collettamento, di raccolta e depurazione, per l’anno 2013.

A sostegno della nuova domanda giudiziale, la ricorrente ha formulato quattro motivi di diritto coi quali ha dedotto i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

L’intimato Consorzio A.S.I. di Napoli non si è costituito in giudizio.

Con successiva memoria parte ricorrente, richiamando i precedenti favorevoli della Sezione, ha insistito nella richiesta di accoglimento del gravame.

All’udienza del 14 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Va rilevato che l’impugnato decreto n. 80 del 24 aprile 2013 è stato adottato nello stesso giorno in cui era fissata l’udienza di trattazione dei ricorsi proposti da altri soggetti avverso le precedenti determinazioni tariffarie (decreto n. 108 del 23 maggio 2011 e n. 59 del 19 marzo 2012), cosicché l’autorità emanante non ha potuto tener conto delle sentenze pronunciate da questa Sezione nn. 2363-2364, depositate l’8 maggio 2013, recanti accoglimento dei gravami ed annullamento degli atti con gli stessi impugnati. Ancorchè non possa configurarsi la violazione delle decisioni, atteso che, come si è detto, le stesse non erano state ancora pubblicate al momento dell’emissione del nuovo provvedimento, nondimeno quest’ultimo ripete gli stessi vizi già censurati con le suddette pronunce, avendo posto a base degli aggiornamenti tariffari le determinazioni caducate da questo T.A.R.

In particolare, con la sentenza n. 2363/2013, la Sezione ha osservato quanto segue: “ L’interpretazione del meccanismo di determinazione e di revisione della tariffa del servizio idrico prospettato dal Consorzio resistente (secondo cui l’esigenza di copertura dei costi legittimerebbe un aumento senza sostanziali limitazioni), infatti, finirebbe per trasformare il sistema basato sulla tariffa determinata ex D.M. 1 agosto 1996 in una sorta di appalto “remunerato a piè di lista” con sostanziale annullamento del rischio d’impresa per il gestore (e sua deresponsabilizzazione) e accollo all’utenza dei maggiori costi del servizio rispetto a quelli inizialmente stimati. Il sistema previsto dal D.M. 1 agosto 1996 (cd. metodo normalizzato) costituisce un’applicazione del meccanismo del price cap (limite di prezzo), cioè del sistema tariffario basato sulla fissazione di un limite oltre il quale la tariffa non può aumentare;
l’effetto del sistema è quello di responsabilizzare il gestore che, dato il limite di prezzo, potrà massimizzare il suo profitto solo attraverso il controllo e la riduzione dei suoi costi. Il citato decreto prevede quindi un meccanismo di determinazione della tariffa iniziale (articolo 4), che avviene sulla base delle previsioni di un piano finanziario, stabilendo al successivo articolo 5 il limite (cd. limite di prezzo k) entro il quale essa può essere annualmente aumentata (distinguendo tra il primo anno di applicazione del sistema e gli anni successivi). Pertanto l’aumento oltremodo significativo (dal 90% al 600%) della tariffe, sebbene motivate dall’esigenza di recuperare l’economicità del servizio, si pone in stridente contrasto con i principi e le regole che governano la materia nel periodo transitorio (annualità 2012) considerato.

Va peraltro precisato che il decreto n. 59 del 19 marzo 2012 è stato impugnato anche dalla ricorrente P.P.G. Industries Italia S.p.A., con distinto ricorso (R.G. n. 3989/2012) chiamato anch’esso all’odierna udienza pubblica.

Va poi aggiunto che con la sentenza n.2364/2013 si è rilevato quanto segue: “ […] l’assoggettamento al pagamento del servizio di depurazione presuppone e postula la concreta fruizione di tale trattamento, in virtù dei principi sanciti in materia dalla Corte costituzionale (cfr. sent. n. 335 del 2008), la quale ha chiarito che la tariffa per il servizio idrico integrato si configura infatti, in tutte le sue componenti, ivi comprese quelle riferite alla fognatura e alla depurazione, «come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel contratto di utenza. L'inestricabile connessione delle suddette componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto [...] che, a fronte del pagamento della tariffa, l'utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione». Pertanto le somme dovute dall'utente per i servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono componenti della tariffa che costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato e soggiacciono ai medesimi principi sopra enunciati (cfr. Corte cost. n. 39 del 2010). Nel caso di specie è lecito dubitare del rispetto di tali principi nella misura in cui è addebitato all’utente il canone per il servizio di depurazione, quando il trattamento delle acque è effettuato dal medesimo imprenditore con impianti debitamente autorizzati. Ed invero la circostanza che le acque reflue, già depurate, convergano verso il collettore e, per questa via, verso l’impianto di depurazione, consente l’applicazione della voce tariffaria relativa al servizio di fognatura (il cui precipuo compito è la raccolta e captazione delle acque reflue) ma non rende giustificabile la richiesta di una tariffa per una prestazione di cui il privato in concreto non fruisce.”

Oltre che per le ragioni appena evocate, l’odierno gravame si palesa fondato anche nella parte in cui denuncia la carenza di potere del Consorzio resistente nonché la violazione dell’art. 10 del d.l. n. 70 del 2011, dell’art. 21 del d.l. n. 201 del 2011 e della delibera n. 88 del 28 febbraio 2013 dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il GAS.

Anche tale questione è stata affrontata di recente da questa Sezione, con la sentenza n. 1355 del 6 marzo 2014, le cui conclusioni sono pienamente condivise dal Collegio e vanno pertanto ribadite anche nel presente giudizio.

Giova premettere, al riguardo, una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento dello specifico settore.

Gli articoli 13, 14 e 15 della legge n. 36 del 1994 (c.d. legge Galli) hanno introdotto il “servizio idrico integrato” (SII), costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua per usi civici, di fognatura e depurazione delle acque reflue.

Gli articoli 141 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) hanno sostituito la citata legge 5 gennaio 1994, n. 36. Con specifico riferimento ai criteri da seguire nella determinazione della tariffa, l'art. 154, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, prevedeva, prima del referendum popolare svoltosi in data 12 e 13 giugno 2011, che “la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurala la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio 'chi inquina paga'. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”.

Gli esiti della richiamata consultazione referendaria sono stati proclamati con il d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, che ha determinato l'abrogazione parziale dell'art. 154, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a far data dal 21 luglio 2011, nella parte in cui prevedeva, tra i criteri per la determinazione della tariffa per il servizio idrico integrato, “l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Giova sin d'ora osservare che il comma 2 del medesimo art. 154 demanda l'attuazione di tali criteri tariffari ad un apposito decreto ministeriale (sino ad oggi non emanato), disponendo che: “il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio 'chi inquina paga', definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua”.

L'art. 170, comma 3, lett. l), del medesimo d. lgs. n. 152/2006, stabilisce infine che “fino all'emanazione del decreto di cui all'art. 154, comma 2, continua ad applicarsi il D.M. 1° agosto 1996”.

L'articolo l0, comma 14, lett. d), del d. l. 13 maggio 2011, n. 70, conv., con modificazioni, dalla l. 12 luglio 2011, n. 106, ha istituito l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, assegnando a tale organismo, tra le altre, la funzione di “predispo[rre] il metodo tariffario per la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefici dell'utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il principio del recupero dei costi ed il principio 'chi inquina paga'”.

Successivamente l'articolo 21, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. con l. 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto la soppressione dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua (comma 13) ed ha assegnato le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (comma 19), precisando che le stesse vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481.

A tal proposito, l'articolo 2, comma 12, lett. e), della legge n. 481 del 1995 – il cui ambito di applicazione è stato esteso al settore dei servizi idrici per effetto del richiamato art. 21, comma 19, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 – prevede che l'Autorità “stabilisce e aggiorna, in relazione all'andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe (..), nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualità, l'efficienza del servizio e l'adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonché la realizzazione degli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse di cui al comma l dell'articolo 1, tenendo separato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio”.

Da ultimo, l'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012 prevede che l'Autorità “definisce le componenti di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione - per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono compresi i servizi di captazione e adduzione a usi multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali, per i vari settori di impiego (..)” e “predispone e rivede periodicamente il metodo tariffario per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono compresi i servizi di captazione e adduzione a usi multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali, di cui alla precedente lettera c) sulla base del riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio sostenuti dai gestori”.

Ebbene, l'AEEG, sulla base del descritto quadro normativo, ha avviato il procedimento per l'esercizio del potere tariffario assegnatole in materia di servizi idrici ed in specie per l'adozione del provvedimento tariffario transitorio a valere dal 1° gennaio 2012 ma con effetto sulle tariffe degli utenti finali a decorrere dal 1° gennaio 2013: provvedimento da applicarsi nelle more dell'adozione del metodo definitivo (cfr. C.d.S., II, parere 25 gennaio 2013 n. 267).

Nelle more, la disciplina delle tariffe è stata altresì interessata da una fase transitoria riconducibile alle delibere adottate dal Cipe ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 20 aprile 1994, n. 373 (di trasferimento a quest’ultimo dei poteri di indirizzo già spettanti al Cip) per gli anni 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002.

La giurisprudenza amministrativa (cfr. Tar Lazio, Roma, n. 9661 del 2008) ha ritenuto che perdurasse in capo al CIPE l’obbligo di provvedere, in via transitoria e con cadenza annuale, in materia di adeguamento delle tariffe per i servizi di cui trattasi per gli anni dal 2003 al 2007.

A fondamento di tale conclusione è stato posto il seguente quadro normativo:

- il comma 3 dell’art. 2 del d.l. 17 marzo 1995, n. 79 (convertito, con modificazioni, dalla l. 17 maggio 1995, n. 172), sostitutivo del comma 2 dell'art. 17 della l. 10 maggio 1976, n. 319 (come inserito dall'art. 25, comma 4, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 1983, n. 131), secondo cui “in caso di mancata elaborazione entro il 31 luglio 1995 del metodo normalizzato di cui all'art. 13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e fino all'elaborazione dello stesso, i criteri, i parametri ed i limiti per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del servizio idrico ai sensi degli articoli 13, 14 e 15 della citata legge n. 36 del 1994, sono fissati dal CIPE, con particolare riferimento alle quote di tariffe riferite al servizio di fognatura e di depurazione;
per l'anno 1995 la deliberazione del CIPE è adottata entro il 30 settembre 1995. In conformità ai predetti parametri, criteri e limiti, gli enti gestori del servizio, con apposita deliberazione, da adottare entro il 30 ottobre di ciascun anno per l'anno successivo, possono elevare le tariffe per le acque provenienti da insediamenti civili e produttivi per adeguarle ai maggiori costi di esercizio e di investimento, al fine di migliorare il controllo e la depurazione degli scarichi e la tutela dei corpi idrici ricettori, tenendo conto, per le utenze industriali, della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate”;

- l'art. 31, comma 29, della l. 23 dicembre 1998, n. 448, secondo il quale “fino all'entrata in vigore del metodo normalizzato di cui all'articolo 13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e fermo restando che l'applicazione del metodo potrà avvenire anche per ambiti successivi non appena definita da parte dei competenti enti locali la relativa tariffa ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 13, i criteri, i parametri ed i limiti per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del servizio acquedottistico, del servizio di fognatura e per l'adeguamento del servizio di depurazione … sono fissati con deliberazione CIPE”.

Successivamente l’articolo 10, comma 28, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 23-bis, comma 8, del d.l. n. 112 del 2008, disponendo che “L'articolo 23-bis, comma 8, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, si interpreta nel senso che, a decorrere dalla entrata in vigore di quest'ultimo, è da considerarsi cessato il regime transitorio di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 1995, n. 172”.

La norma interpretativa ha, quindi, chiarito che il regime transitorio di cui all’art. 2, comma 3, del d.l. 79/95 è cessato alla data di entrata in vigore del d.l. 135/2009, ovvero alla data del settembre 2009.

Al riguardo, nessuna modificazione deriva dalla circostanza che l’articolo 23-bis in parola è stato travolto dall’esito del referendum popolare. Ed invero, il d.p.r. 18 luglio 2011, n. 113, ha disposto che l’abrogazione decorre dal giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto stesso, per cui lo stesso articolo 23-bis deve ritenersi fino ad allora rimasto vigente, avendo esplicato i suoi effetti vincolanti dalla data della sua adozione alla data di pubblicazione del sopra nominato d.P.R..

In conclusione sul punto, per il periodo antecedente alla pubblicazione del d.P.R. 18 luglio 2011, n. 113, ovvero, specificatamente, per gli anni 2010 e 2011, il regime transitorio in parola non può ritenersi operante, dovendosi comunque tener conto dell’articolo 23-bis, a tale data vigente, nella sua portata normativa sostanziale, come risultante dall’interpretazione autentica conferita dalla norma successiva del 2011.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per l'articolo 31, comma 29, della l. 23 dicembre 1998, n. 448, altra norma che pure la giurisprudenza aveva rinvenuto quale fonte dell’obbligo del Cipe di provvedere con cadenza annuale ed in via transitoria nella materia di cui trattasi (sempre con specifico riferimento agli anni dal 2003 al 2007).

Infatti, se è vero che tale ultima disposizione non è espressamente richiamata dalla norma interpretativa di cui all’art. 10, comma 28, del d.l. 70/2011, è altresì vero che è proprio all’art. 31, comma 29, della l. 448/1998 che va riconosciuto, alla data di adozione della norma interpretativa, il ruolo cardine della competenza transitoria del Cipe in materia di tariffe idriche.

Ciò in quanto l’altra norma “sostanziale” citata nella disposizione interpretativa (ovvero il ridetto art. 2, comma 3, del d.l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 maggio 1995, n. 172, sostitutivo del comma 2 dell'art. 17 della l. 319/1976, come inserito dall'art. 25, comma 4, del d.l. n. 55 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 131 del 1983), risulta, a tale data, connotata dalla caratteristica di aver formato oggetto di due disposizioni abrogatrici, l’art. 63, comma 1, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e l’art. 175, comma 1, del d. lgs. 152/06, entrambe disponenti, con tecnica legislativa non certo commendevole, l’abrogazione di tutte le norme della legge 319/1976 incompatibili con i due decreti legislativi.

Sulla scorta di tali osservazioni il T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, con sentenza n. 1437 del 2012 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della sez. IV n. 320 del 22 gennaio 2014), ha stabilito che la norma di interpretazione autentica dell’art. 23-bis, comma 8, del d.l. 112/2008, recata dall’art. 10, comma 28, del d.l. 70/2011 (necessariamente valevole, per come sopra detto, per tutto il periodo di vigenza dell’art. 23-bis oggetto di interpretazione), nell’esporre la cessazione del periodo transitorio in parola al settembre 2009, non può non riferirsi unitariamente al sistema di gestione transitorio che si intende chiarire cessato, e che viene individuato con il richiamo della disposizione che ab origine lo ha contemplato, concludendo nel senso che il CIPE legittimamente non ha provveduto in merito alla determinazione delle tariffe in parola per gli anni 2010 e 2011, in doverosa applicazione della avvenuta cessazione della propria gestione transitoria.

In questa complessa trama normativa, mentre sono sorti dubbi in relazione all’annualità 2012 (cfr. sul punto la già citata sentenza di questo T.A.R. n. 2363/2013), è indiscutibile che a partire dal 1° gennaio 2013 dovevano trovare applicazione le nuove procedure stabilite dall’AEEG con deliberazione n. 88 del 28 febbraio 2013, avente ad oggetto “Approvazione del metodo tariffario transitorio per le gestioni ex-CIPE (MTC) per la determinazione delle tariffe per gli anni 2012 e 2013”. Per quanto d’interesse nel presente giudizio, all’art.

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