TAR Genova, sez. II, sentenza breve 2017-02-13, n. 201700110
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Pubblicato il 13/02/2017
N. 00110/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00055/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 55 del 2017, proposto da:
G I, rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, salita Salvatore Viale 5/2;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 51242/16/Area IV della Prefettura di Genova, di revoca delle misure di accoglienza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Vista l’istanza ex art. 126 comma 3 del D.P.R. 30.5.2002, n. 115 di riesame dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già respinta con decreto 27.1.2017, n. 16 della competente Commissione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2017 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e rilevato che sussistono i presupposti per la definizione del giudizio con decisione in forma semplificata ex art. 60 c.p.a.;
Sentite sul punto le parti costituite;
Rilevato che, con il ricorso in epigrafe, la signora Imade Glory, cittadina nigeriana, ha impugnato il provvedimento 10.10.2016, prot. 51242/2016/Area IV, con il quale il Prefetto di Genova le ha revocato, ai sensi dell’art. 23 comma 1 lett. e) del D. Lgs. 18.8.2015, n. 142 (recante attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), le misure di accoglienza temporanea disposte in suo favore, a motivo del fatto che, secondo le comunicazioni del coordinatore dell’associazione Onlus “Villaggio del ragazzo”, che ospita la ricorrente nel Centro Costa Zenoglio sito in Castiglione Chiavarese, la stessa si sarebbe più volte resa responsabile di violazioni del regolamento della struttura, in particolare mediante comportamenti denigratori, irrispettosi e non collaborativi nei confronti dei collaboratori della struttura, non rientrando per tre notti nella struttura ed allontanandosi dal centro senza preventiva autorizzazione;
Rilevato come il ricorso si appalesi fondato, sotto il profilo della violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per omissione della preventiva comunicazione di avvio del procedimento di revoca, in assenza di esplicitate, particolari esigenze di celerità;
Ritenuto infatti come il provvedimento in questione, attesa la sua natura sanzionatoria (cfr. art. 20 comma 4 della direttiva del Parlamento europeo 26.6.2013, n. 2013/33/UE), rivesta un carattere eminentemente discrezionale, e postuli pertanto una valutazione in concreto della singola fattispecie e della particolare situazione della persona interessata (anche sotto il profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità delle condotte accertate - cfr. art. 20 comma 5 della direttiva n. 2013/33/UE), da effettuarsi soltanto a seguito di un pieno ed effettivo contraddittorio procedimentale (nello stesso senso cfr. T.A.R. Liguria, II, 17.10.2016, n. 1027;id., 25.7.2016, n. 846);
Ritenuto che la domanda di riesame dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già respinta con decreto 27.1.2017, n. 16 della competente Commissione, dev’essere dichiarata inammissibile per l’assenza della certificazione dell’autorità consolare, posto che da un lato non rileva l’art. 25 par. 1 della convenzione di Ginevra, non rivestendo la straniera – allo stato – la qualifica di rifugiato, dall’altro non è provata l’impossibilità di ottenere la certificazione, posto che la richiedente non ha neppure provato di averla richiesta a mezzo del suo avvocato (ciò che, comunque, non l’avrebbe esposta ad alcun tipo di rischio personale sul territorio nazionale);
Considerato che le spese di giudizio – che sono liquidate in dispositivo – debbano seguire come di regola la soccombenza;