TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-07-26, n. 201600879

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-07-26, n. 201600879
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201600879
Data del deposito : 26 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00463/2016 REG.RIC.

N. 00879/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00463/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 463 del 2016, proposto dal luogotenente dei carabinieri A B rappresentato e difeso dall’avvocato C B presso il quale ha eletto domicilio a Genova in via Roma 11.1;

contro

Ministero della difesa in persona del ministro in carica
Ministero dell’interno in persona del ministro in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, domiciliati presso l’ufficio;

per l'annullamento

del provvedimento 18.3.2016, n. 241459/T15 del comando generale dei carabinieri

dell’atto 4.3.2016, n. 123/H1 del servizio centrale di protezione


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il luogotenente A B si ritiene leso dalle determinazioni indicate nell’epigrafe, per il cui annullamento ha notificato l’atto 8.6.2016, depositato il 14.6.2016, affidato a censure in fatto e diritto e corredato dalla richiesta di una misura cautelare.

Le amministrazioni statali si sono costituite in causa con memoria chiedendo respingersi la domanda, ed hanno depositato uno scritto difensivo corredato da documenti

Il collegio può pronunciare una sentenza brevemente motivata, viste la completezza del contraddittorio, la proposizione della domanda cautelare e la sufficienza degli elementi di prova, resa nota alle parti la presente determinazione.

Sono impugnati gli atti con cui il sottufficiale interessato è stato trasferito d’autorità dal nucleo operativo di protezione Liguria ad un ufficio amministrativo del comando legione Liguria dei carabinieri: l’interessato espone di avere dedicato un’importante fase della vita lavorativa al delicato lavoro connesso alla protezione dei collaboratori di giustizia, sì che ritiene penalizzante per la sua professionalità lo spostamento in un ufficio amministrativo, ancorchè della città di Genova in cui egli già prestava servizio.

La misura modificativa del rapporto di servizio è stata disposta dopo che l’interessato aveva rivelato ad una collega, a lui legata da un rapporto sentimentale, il contenuto di un documento destinato a rimanere riservato: lo scritto riportava la denuncia di un collaboratore di giustizia sulle minacce che un altro collega del nucleo operativo di protezione ed ex marito della destinataria della comunicazione aveva profferito nei confronti del ricorrente.

La condotta dell’interessato è stata sottoposta al vaglio del tribunale penale di Genova, che ne ha escluso la punibilità in applicazione dell’art. 131 bis cp, valutandola di particolare tenuità, ma sottolineandone la natura colposa ed antigiuridica.

Poste tali premesse in fatto, possono essere esaminati i motivi proposti.

La doglianza relativa al mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento è infondata, visto l’orientamento giurisprudenziale (da ultimo cons. Stato, 12.5.2016, n. 1909) che ravvisa un’ipotesi di ordine nella determinazione di trasferire un militare per motivi di incompatibilità ambientale, dal che l’insussistenza di un interesse del destinatario della prescrizione rispetto al luogo od all’ufficio in cui deve avvenire la prestazione del servizio.

Non può essere condiviso neppure il profilo dedotto relativamente al lasso temporale intercorso tra i fatti e le determinazioni lesive (oltre un anno), posto che la motivazione del provvedimento del comando generale dei carabinieri espone che uno dei presupposti per la sua adozione è stato individuato nella pendenza del procedimento penale descritto, una situazione capace di porre il sottufficiale in situazione di disagio nei confronti degli altri esponenti dell’autorità e della polizia giudiziaria con cui veniva in contatto nell’espletamento del delicato incarico rivestito.

La motivazione addotta dal comando generale per disporre il trasferimento non appare poi stereotipata, come adombra invece il terzo motivo di gravame, posto che il provvedimento richiama la missiva del nucleo di protezione che richiese il 4.3.2016 di non annoverare più il ricorrente nei ranghi del reparto;
la gravità della rivelazione di notizie destinate a rimanere riservate da parte di un sottufficiale del delicato reparto indicato appare sufficiente a considerare provata la compromissione del necessario rapporto fiduciario che deve permanere, soprattutto nello svolgimento dell’attività di istituto del nucleo.

Queste considerazioni sottraggono rilievo anche alle successive censure, posto che l’incompatibilità ambientale sorta dai fatti descritti può essere meno pregiudizievole per chi opera in un ufficio amministrativo, rispetto a quanto accade a chi deve invece organizzare e proteggere la vita defilata dei collaboratori di giustizia e dei loro familiari.

Non è poi applicabile alla specie la denunciata norma introdotta dall’art. 165 del d.lvo 15.3.2010, n. 66, che riguarda i soli ufficiali delle forze armate, e per ciò stesso non influenza il rapporto dell’amministrazione con i sottufficiali.

Non è infine condivisibile l’ultimo motivo che individua nella determinazione gravata un provvedimento sanzionatorio argomentato alla stregua dell’allegazione di un’incompatibilità ambientale che l’amministrazione avrebbe addotto molto tempo dopo i fatti. Si ribadisce al riguardo che la motivazione dell’atto del comando generale menziona la missiva del nucleo protezione che chiese l’adozione della misura modificativa del rapporto di servizio, e argomenta condivisibilmente nel senso del disagio che deriverebbe allo svolgimento del servizio dai rapporti con l’autorità e la polizia giudiziaria da parte di una persona sottoposta ancora a valutazione penale.

In conclusione il ricorso è infondato e va respinto, sussistendo peraltro giusti motivi per compensare le spese della lite in considerazione della natura e della qualità del servizio prestato dal ricorrente nelle precedenti fasi della carriera.

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