TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-08-04, n. 201408540

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2014-08-04, n. 201408540
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201408540
Data del deposito : 4 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06526/2003 REG.RIC.

N. 08540/2014 REG.PROV.COLL.

N. 06526/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6526 del 2003, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
RETE A S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall'avv. F S, presso il quale ha eletto domicilio in Roma, Lungotevere delle Navi, 30

contro

A.G.COM. – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, 12

per l'annullamento

- della delibera n. 86/03/CSP del 6 maggio 2003, notificata il successivo 19 maggio;

- della contestazione della violazione ex art. 8, comma 7, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (CONT22/03/DGC/AEM/N°

PROC

929 del Dipartimento Garanzie e Contenzioso) del 20 febbraio 2003 e degli atti tutti del procedimento;

e con i motivi aggiunti:

- dell’atto dipartimentale del 30 giungo 2003 con cui sarebbe stata disposta la proroga di sessanta giorni del termine di conclusione del procedimento, comunicata a Rete A con nota del 3 luglio;

- della delibera n. 154/03/CSP del 16 luglio, con la quale l’Autorità ordina alla ricorrente il pagamento della somma di euro 15.492,00 quale sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 8, comma 7, l. n. 223/1990.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’A.G.Com.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° luglio 2014 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Col ricorso in esame, notificato all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito A.G.Com.) il 9 giugno 2003 e depositato il successivo 23 giugno, Rete A S.r.l., esercente l’emittente televisiva nazionale “RETE A”, premesso:

- che l’A.G.Com., con nota del 20 febbraio 2003 le aveva contestato la violazione dell’art. 8, comma 7, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (“Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”) recante disposizioni sulla pubblicità, in quanto, fermo il rispetto del limite del 15% dell’orario giornaliero di trasmissione di messaggi pubblicitari televisivi da parte di concessionari privati, Rete A avrebbe invece violato il limite del 18%, stabilito dalla stessa norma in relazione alla programmazione oraria, in particolare nei giorni del 13 e del 16 novembre 2002 e dell’11 gennaio 2003;

- che l’11 marzo aveva replicato all’Autorità osservando che: tra le 9 e le 10 del 13 novembre non aveva trasmesso «messaggi pubblicitari», ma «programmi di televendita» della durata di oltre 15’ l’uno;
tra le 13 e le 14 del 16 novembre aveva trasmesso «messaggi pubblicitari» per 4’ e 50’’, «telepromozioni» per complessivi 12’ e 12’’ e un «programma di televendita» per 15’ e 41’’;
tra le 9 e le 10 dell’11 gennaio, non aveva trasmesso «messaggi pubblicitari», ma quattro «programmi di televendita» della durata di circa 15’ l’uno;

- che, con successiva memoria del 3 aprile, aveva rappresentato all’Autorità la non assoggettabilità dei programmi di televendita al limite orario stabilito dall’art. 8, comma 7, l. n. 223/1990 per i soli messaggi pubblicitari, anche tenuto conto del disposto dell’art. 8, comma 9-bis, del medesimo testo di legge alla stregua del quale il tempo massimo di trasmissione giornaliera di pubblicità è elevato a 20% se comprende forme di pubblicità quali le televendite (cui assimilare le telepromozioni), restando fermi i limiti di affollamento giornaliero e orario di cui al comma 7 esclusivamente per le forme pubblicitarie diverse dalle televendite;

- che l’Autorità, con delibera del 6 maggio 2003, aveva tuttavia diffidato la Rete A S.r.l. a cessare dal comportamento già ritenuto illegittimo nel termine di sette giorni, comminando l’applicazione della prevista sanzione amministrativa per il caso di perdurante inadempienza;

- che tale provvedimento era motivato col fatto che il limite dell’affollamento pubblicitario orario, anche per le televendite e le telepromozioni, è comunque costituito dal 18% della programmazione oraria, stabilito dall’art. 8, comma 7, della legge n. 223/1990 e richiamato dall’art. 12 del decreto ministeriale n. 581 del 1993 secondo cui il limite del 5% (stabilito dal medesimo d.m. in relazione all’orario giornaliero di programmazione per le televendite e le telepromozioni) nell’ambito del 20% della complessiva programmazione giornaliera, così elevato per le pubblicità che siano comprensive di televendite e di telepromozioni, va osservato «fermi restando i limiti di affollamento giornaliero e orario di cui al comma 7 dell’art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223»;
per cui, in sostanza, «poiché per le televendite e le telepromozioni la normativa primaria e secondaria non fissa un ulteriore limite orario, distinto da quello generale, anche per tali forme non tradizionali di pubblicità vige il limite di affollamento pubblicitario del 18% della programmazione oraria stabilito dal più volte citato comma 7, richiamato anche dal comma 9-bis dell’art. 8 della legge n. 223/90»,

ha impugnato i provvedimenti così menzionati, deducendo articolate censure di violazione e falsa applicazione di legge e della normativa comunitaria, difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità, nella sostanza riproducendo le argomentazioni articolate nel corso della interlocuzione procedimentale.

Costituitasi l’amministrazione resistente, con ordinanza n. 3815 del 24 luglio 2003 la Sezione ha respinto la domanda cautelare articolata dalla ricorrente sulla considerazione che l’Autorità aveva prorogato di ulteriori sessanta giorni il termine per la conclusione del procedimento originariamente fissato in centoventi giorni.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 15 settembre 2003 e depositato il successivo 22 settembre, Rete A S.r.l. ha ulteriormente gravato sia la predetta proroga che la delibera del 16 luglio 2003, con la quale l’Autorità le aveva irrogato la sanzione amministrativa di euro 15.492,00 per ulteriore superamento dei limiti di affollamento pubblicitario orario nella fascia tra le 17 e le 18 del 31 maggio 2003, spiegando articolate censure di illegittimità derivata nonché di violazione di legge e del regolamento A.G.Com. adottato con delibera 425/01/CONS (art. 4, comma 2), di difetto di motivazione e dei presupposti, di contradditorietà.

Si è difesa l’Autorità chiedendo la globale reiezione dell’impugnativa e, con ordinanza n. 4888 dell’8 ottobre 2003, la Sezione ha respinto l’ulteriore domanda cautelare articolata dalla ricorrente coi motivi aggiunti.

Reiscritto il ricorso sul ruolo a seguito di istanza ex art. 1 dell’Allegato 3 (Norme transitorie) al c.p.a., esso è stato posto in decisione all’udienza dell’1 luglio 2014 sulla scorta delle ulteriori deduzioni e produzioni difensive effettuate da entrambe le parti.

DIRITTO

Premesse le circostanze di fatto appena sopra evocate, la vicenda in esame va regolata sulla scorta del quadro normativo vigente nel 2003.

A tal fine vengono innanzitutto in rilievo i commi 7 e 9-bis dell’art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante la “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”, successivamente abrogati e trasfusi nel testo unico della radiotelevisione di cui decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.

Nel loro tenore ratione temporis applicabile al caso in esame, essi disponevano rispettivamente in materia di pubblicità radiotelevisiva, per quanto qui interessa, che «la trasmissione di messaggi pubblicitari televisivi da parte dei concessionari privati per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale non può eccedere il 15 per cento dell'orario giornaliero di programmazione ed il 18 per cento di ogni ora (…)» (comma 7) e che «il tempo massimo di trasmissione quotidiana dedicato alla pubblicità da parte dei concessionari privati per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale è portato al 20 per cento se comprende forme di pubblicità come le offerte fatte direttamente al pubblico ai fini della vendita, dell'acquisto o del noleggio di prodotti oppure della fornitura di servizi, fermi restando i limiti di affollamento giornaliero e orario di cui al comma 7 per le forme di pubblicità diverse dalle offerte di cui al presente comma. Per i medesimi concessionari il tempo di trasmissione dedicato a tali forme di offerte non deve comunque superare un'ora e 12 minuti al giorno» (comma 9-bis).

Tale disciplina era dettata in attuazione delle direttive 89/552/CEE e 97/36/CE.

In particolare, disponeva l’art. 18 della direttiva 89/552/CEE che «la proporzione di tempo di trasmissione destinata agli spot di televendita, spot pubblicitari e altre forme di pubblicità, ad eccezione delle finestre di televendita di cui all'articolo 18-bis, non deve superare il 20% del tempo di trasmissione quotidiano. Il tempo di trasmissione per spot pubblicitari non deve superare il 15% del tempo di trasmissione quotidiano» (comma 1) e che «la proporzione di spot pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d'orologio non deve superare il 20%» (comma 2). L’art. 18-bis a sua volta prevedeva che «le finestre di programmazione destinate alla televendita trasmesse da un canale non esclusivamente dedicato a quest'ultima devono avere una durata minima ininterrotta di quindici minuti» (comma 1) e che «il numero massimo di finestre di programmazione giornaliere è otto. La loro durata complessiva non può superare le tre ore al giorno. Esse devono essere nettamente individuate come finestre di televendita attraverso dispositivi ottici e acustici.» (comma 2).

Tale direttiva, peraltro, come integrata dalla successiva direttiva 97/36/CE, definiva all’art. 1, lettera f), la «televendita» nei termini di «offerte dirette trasmesse al pubblico allo scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

Il complesso delle disposizioni nazionali, come detto attuative del quadro giuridico comunitario dell’epoca, è infine completato dal decreto ministeriale 9 dicembre 1993, n. 581 il quale, all’art. 12, comma 2, disponeva che «fermi restando i limiti di affollamento giornaliero e orario di cui al comma 7 dell'art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223, il tempo dedicato dai concessionari privati per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale alle offerte di cui all'art. 10 del presente regolamento [ id est le offerte fatte direttamente al pubblico] non deve superare il 5 per cento dell'orario giornaliero di programmazione nell'ambito del 20 per cento giornaliero previsto dal comma 9-bis dell'art. 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223, aggiunto dal decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483».

Dal quadro così tracciato emerge innanzitutto, peraltro in un non immediato allineamento sul punto tra le fonti interne e quelle comunitarie, che tutte le forme di pubblicità, incluse le televendite (nella loro forma spot , cioè di durata breve), soggiacciono al limite del 20% commisurato alla programmazione radiotelevisiva giornaliera , così innalzata a causa della commistione tra spot pubblicitari e spot di televendite, altrimenti fissato per i soli spot pubblicitari nella diversa misura del 15% sempre giornaliero. Solo per tali tipi di pubblicità breve, inoltre, era prevista a livello comunitario una proporzione del 20% orario , nel mentre a livello nazionale chiaramente era imposto il solo limite del 20% giornaliero per la radiodiffusione pubblicitaria ove comprendente anche offerte fatte direttamente al pubblico.

Non era invece imposto dalla disciplina interna alcun limite orario alle televendite, posto che il mantenimento dei limiti di affollamento di questo tipo (« fermo restando i limiti di affollamento giornaliero e orario di cui al comma 7 ») era espressamente limitato alle sole «forme di pubblicità diverse dalle offerte di cui al presente comma» che disciplinava appunto le televendite.

Decisiva in tal senso è la distinzione, derivante dall’ambiente comunitario, tra spot di televendita e finestre di televendita, dove la prima, di durata breve, è pertanto assimilata a qualunque altro spot pubblicitario, soggiacendo ai relativi limiti di affollamento orario e giornaliero, mentre la seconda, di durata ininterrotta di 15 minuti e segnalata all’utente tramite appositi dispositivi ottici e acustici, trova esclusivamente in queste regole la propria disciplina compiuta in ordine al profilo dell’affollamento orario.

Una conferma di tale impostazione è inoltre certamente rinvenibile sia, per come evidenziato anche dalla difesa di parte ricorrente, nell’evoluzione successiva della disciplina di settore (v. l’art. 5- bis del regolamento A.G.Com. n. 538/2001, introdotto nel 2007 e gli artt. 38, comma 2, e 40, comma 2- bis del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, che espressamente distinguono gli spot pubblicitari e di televendita dalle finestre di televendita, le quali non concorrono al computo dei limiti orari dei primi), sia dalla pronuncia della Corte di giustizia UE, Sez, I, 24 novembre 2011, n. 281 (Comm. Ce c. Regno di Spagna) la quale, in una prospettiva sostanziale, ha ragguagliato la differenza tra spot pubblicitari complessivamente intesi e «altra forma di pubblicità» alla durata del tipo di pubblicità, includendo tra i primi i messaggi pubblicitari aventi «generalmente una durata non superiore a due minuti».

Posto tale quadro normativo, nel caso di specie le contestazioni mosse alla ricorrente risultano fondate sull’errato presupposto dello sforamento di limiti di affollamento pubblicitario orario nei quali sono computate anche trasmissioni di finestre di televendita di 15’ che, come detto, rimangono invece sottratte alla disciplina evocata.

Per tale ragione il ricorso introduttivo va accolto per la violazione, ad opera dell’amministrazione, della normativa interna e di quella dell’Unione europea menzionata e vanno annullati gli atti con esso gravati.

Vanno del pari accolti, per illegittimità derivata, i motivi aggiunti pure articolati dalla ricorrente, tenuto conto che i provvedimenti con essi gravati fondano sulla ritenuta persistenza da parte di Rete A Sr.l. in un comportamento violativo dell’art. 8, comma 7, della legge 6 agosto 1990, n. 223 che, come sopra detto, non sussiste.

Dall’accoglimento dell’impugnativa discende l’annullamento degli atti complessivamente impugnati col ricorso e coi motivi aggiunti.

Le spese vanno eccezionalmente compensate in ragione della complessità della questione giuridica esaminata.

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