TAR Catania, sez. II, sentenza breve 2019-04-03, n. 201900712

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza breve 2019-04-03, n. 201900712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201900712
Data del deposito : 3 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2019

N. 00712/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01944/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 1944 del 2018, proposto da O C e G P, rappresentati e difesi dall'avvocato D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Siracusa, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A B, sito in Catania, via M. Cilestri, n. 41;

per l'annullamento:

del decreto di espropriazione definitivo n.9 del 23/07/2018;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Siracusa, con i relativi allegati;

Visti i documenti successivamente prodotti in giudizio dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2019 il Cons., dott.ssa Federica Cabrini;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuta la sussistenza dei presupposti per la immediata definizione del ricorso con sentenza in forma semplificata, del che si è dato avviso alle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha impugnato il decreto definitivo di esproprio emesso dal Comune di Siracusa in data 23/7/2018 ed avente ad oggetto il fabbricato sito in Siracusa, via Minniti nn. 4, 6, e 8, già oggetto di procedura espropriativa avviata con deliberazione di G.M. n. 1976 del 25/8/1997, comportante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, per la quale le parti hanno sottoscritto in data 13/3/1999 verbale di accordo bonario, concordando l’ammontare dell’indennità di espropriazione interamente versata già in data 15/12/1999.

Detto decreto è stato adottato in esecuzione di quanto disposto da questo T.a.r., sez. II, con sentenza 7/6/2018, n. 1184, la quale, nel giudizio avente ad oggetto l’accertamento della presunta illiceità dell’occupazione con conseguente riconoscimento del diritto alla restituzione e al risarcimento del danno, ha dichiarato l’obbligo del Comune di provvedere (entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza) alla restituzione dell’immobile ovvero alla sua acquisizione, escludendo la sussistenza di qualsiasi obbligo risarcitorio.

Parte ricorrente contesta la legittimità del decreto di esproprio deducendo tre motivi di ricorso.

Il Comune di Siracusa si è costituito in giudizio depositando memoria e documenti e chiedendo il rigetto del gravame.

Alla camera di consiglio del 27/3/2019, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il ricorso è stato trattenuto in decisione sussistendo i presupposti per la definizione con sentenza in forma semplificata, del che è stato dato avviso alle parti.

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati poiché sarebbero stati adottati da organo incompetente (il dirigente) anziché dal Consiglio comunale invocando l’art. 42, c. 2, lett. l), d.lgs. n. 267/2000 in tema di “alienazioni e acquisti immobiliari”.

Osserva in contrario il Collegio innanzitutto che detta norma che non si applica nella Regione Siciliana in quanto non recepita (v. art. 14, lett. o), dello Statuto regionale a norma del quale la Regione ha potestà legislativa esclusiva in materia di “regime degli enti locali”).

D’altra parte, secondo quanto statuito dal T.a.r. Palermo sez. III, con sentenza 15/11/2011, n. 2127: “la materia contrattuale in generale e quella relativa agli acquisti degli immobili anche mediante provvedimenti di natura espropriativa è rimessa (vieppiù secondo l’ordinamento nazionale – n.d.r.) alla competenza dell’organo dirigenziale il quale vi provvede sulla base di più norme convergenti:

a) l’art. 45, c. 1, d. lgs. n. 80/1998, poi trasposto (quanto alle autonomie locali) nell’art. 107, c. 5, d. lgs. n. 267 del 2000, ai sensi del quale «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti»;

b) l’art. 6, c. 2, l. 15 maggio 1997, n. 127, oggetto di rinvio ex art. 2, c. 3 l.r. n. 23/1998 (ed il cui testo risulta oggi trasposto nell’art. 107 d. lgs. n. 267/2000), la cui elencazione di fattispecie di natura gestionale (v. c. 3) non è di carattere tassativo;

c) l’art. 13 l.r. 23 dicembre 2000, n. 30 - successiva a quella menzionata dalla difesa della parte ricorrente - che ha attribuito la relativa competenza al responsabile del procedimento di spesa mediante modifica dell'articolo 1 l.r. 11 dicembre 1991, n. 48, nella parte in cui attribuiva la competenza in materia contrattuale alla giunta comunale”.

Il primo motivo di ricorso, pertanto, è infondato, dovendosi indubbiamente ritenere che il provvedimento impugnato appartiene alla competenza del dirigente e non del consiglio comunale.

Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione dell’art. 42 bis, cc. 1 e 4, d.p.r. n. 327/2001 – difetto di motivazione ed eccesso di potere, atteso che il bene non potrebbe essere acquisito in quanto non utilizzato per scopi di interesse pubblico.

Anche detto motivo è infondato, in punto di diritto perché nel caso di specie non si applica l’art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 (v. in tal senso la sentenza di questo T.a.r., sez. II, 7/6/2018, n. 1184, che ha costituito presupposto del provvedimento impugnato), e finanche in punto di fatto atteso che:

- parte ricorrente non ha fornito prova contraria in ordine alla circostanza che l’immobile sia stato e sia utilizzato per scopi di pubblico interesse (quale Centro sociale e quale sede del 118), come indicato nel provvedimento stesso e nella memoria del Comune e come risulta dalla delibera di G.M. n. 255/2005, che lo destinò illo tempore a sede della Guardia medica;

- risulta dalla documentazione in atti che il Comune intende comunque utilizzare l’immobile anche per altri scopi (v. delibera di G.M. n. 3/2019 relativa alla concessione alla Pro Loco di Siracusa, quale soggetto deputato alla valorizzazione del territorio), eventualmente dandolo in concessione a titolo oneroso così da poterne conseguire addirittura un utile (v. determina dirigenziale n. 272 del 29/12/2016, avente ad oggetto l’avvio della procedura ad evidenza pubblica per la concessione onerosa di immobili comunali, determina prodotta in atti dalla stessa parte ricorrente), e ciò è ad avviso del Collegio dimostrazione dell’esistenza dell’interesse pubblico all’acquisizione dell’immobile.

Ne consegue l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.

Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta in sostanza l’illegittimità del provvedimento contestandosi l’erroneità della citata sentenza di questo T.a.r., sez. II, 7/6/2018, n. 1184. Rileva il Collegio che non si ravvisano fondati motivi per discostarsi dai principi espressi con detta sentenza, peraltro sulla base di specifici precedenti di questo T.a.r. (v. sentenza n. 21/3/2012, n. 710, confermata dal C.g.a.r.s. con sentenza 11/3/2014, n. 112);
d’altra parte, la sentenza n. 1184/2018, sia pur appellata avanti ad C.g.a.r.s. con ricorso r.g. n. 82/2019, non è stata sospesa e quindi ha costituito legittimo presupposto dell’adozione del provvedimento impugnato.

In conclusione il ricorso in quanto infondato, va rigettato.

Tenuto conto della peculiarità della vicenda e della parziale novità delle questioni trattate (specie in punto di competenza all’adozione del provvedimento impugnato), le spese del giudizio possono eccezionalmente compensarsi tra le parti (restando comunque esclusa la rifusione dell’importo pagato a titolo di contributo unificato).

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